Non può essere applicata l’aggravante della pluralità di fatti all’amministratore di società condannato per bancarotta, a meno che non si riesca a provare l’indipendenza degli episodi che hanno portato al fallimento.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza numero 8403 del 2 marzo 2011, ha accolto il ricorso dell’amministratore di fatto di un’azienda scontando la pena.
Il caso riguarda tre amministratori di fatto condannati, dopo il fallimento della srl che gestivano, per bancarotta per distrazione. La decisione presa dalla Corte d’Appello di Trento nel 2009 è stata impugnata dalle rispettive difese di fronte ai giudici della Cassazione. La condanna è stata confermata dalla quinta sezione penale di Piazza Cavour. Solo uno dei tre l’ha spuntata sulla quantificazione della pena. Infatti gli Ermellini hanno deciso che l’aggravante della pluralità dei fatti non può essere applicata nel caso in cui il disegno criminale sia unico.
Sul punto si legge in sentenza che “fondato è, al contrario, il motivo relativo all\’erronea applicazione dell\’aggravante di cui all\’art. 219 co. 2 n. 1 1. fall., considerata l\’omogeneità delle condotte violatrici della legge fallimentari, l’identità del bene leso e la sostanziale contestualità delle stesse. Onde, assai difficile risulta, soprattutto se calate nell\’ideazione di un programma criminoso, ravvisarne la reciproca autonomia, come richiesto dalla migliore dottrina. Invero, in tema di individuazione dei più fatti a cui allude la norma in esame, il giudice – ove intenda applicare l\’aggravante – deve individuare e valorizzare la possibile indipendenza strutturale e modale degli episodi criminosi (che sono costitutivi, in realtà, di una serie continuativa)”.
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REATI FALLIMENTARI: Responsabilità penale della “distrazione di risorse” all’amministratore di fatto
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