venerdì, Maggio 3, 2024
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COLLABORAZIONI A PROGETTO NELLA RIFORMA” FORNERO”: Chiarimenti del Ministero del Lavoro

 Come noto, la legge n. 92/2012 ha modificato, tra l’altro, la disciplina
delle collaborazioni a progetto di cui agli artt. 61 e s.s. del d.lgs.
n.276/2003, introducendo alcune restrizioni finalizzate a contrastare un
utilizzo non corretto dell’Istituto.

Con la Circolare n. 29 dell\’11 dicembre 2012, il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali ha fornito dei chiarimenti interpretativi sulle nuove
disposizioni introdotte dalla citata legge 92 in materia di collaborazioni a
progetto.

La circolare si sofferma in particolare sui requisiti di ammissibilità di un
contratto di collaborazione a progetto quali il risultato finale da raggiungere
e la non coincidenza con l’oggetto sociale del committente, fornendo al contempo
indicazioni al personale ispettivo su come impostare la vigilanza su tale
tipologia contrattuale.

Sotto questo profilo, peraltro, la circolare riporta un elenco di attività
che, comportando lo svolgimento di “compiti meramente esecutivi o ripetitivi”,
risultano poco compatibili con un contratto progetto e quindi oggetto di
possibile contestazione.

Vediamo nel dettaglio i contenuti salienti del documento, tenuto conto che le
disposizioni di cui all’art.1 commi 23 e 24 – cui si riferisce la circolare del
Ministero del lavoro – si applicano ai contratti di collaborazione stipulati
successivamente al 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della legge 92
(art.1, comma 25).

1) Requisiti del progetto

Il contratto deve essere riconducibile “ad uno o più progetti specifici” e
non più a “programmi di lavoro o fasi di esso” come indicato nella precedente
formulazione dell’articolo.

Ai sensi del novellato art. 61, d.lgs. 276/2003, il progetto resta l’unico ed
indispensabile requisito cui ricondurre i rapporti di collaborazione coordinata
e continuativa sottoscritti successivamente al 18 luglio 2012, data del’entrata
in vigore della legge n.92.

Infatti, secondo la nuova disposizione “i rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di
subordinazione, di cui all\’articolo 409, numero 3), del codice di procedura
civile, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati
dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore”. Il riferimento della
precedente formulazione dell’articolo, “anche a programmi di lavoro o fasi di
esso” è stato eliminato per la difficile individuazione, in concreto, di tali
fattispecie.

2) Collegamento ad un determinato risultato finale

Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato
finale in quanto è esplicitamente richiesta la “descrizione del progetto, con
individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si
intende conseguire” e non più la sua mera indicazione.

Ora è necessario descrivere dettagliatamente l’attività prestata dal
collaboratore in relazione alla quale si raggiungerà un determinato risultato
che deve essere obiettivamente verificabile.

L’indicazione del risultato finale è parte integrante del progetto ed
elemento necessario ai fini della validità del contratto di cui diviene ora
condizione imprescindibile.

3) Non coincidenza con l’oggetto sociale del committente

Il progetto “non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto
sociale del committente”.

Il progetto, pur avendo ad oggetto attività rientranti nel normale ciclo
produttivo dell’impresa e quindi non necessariamente caratterizzato dalla
straordinarietà od occasionalità deve pur sempre distinguersi da essa,
individuando un risultato finale o un tipo di attività che si affianca al core
business aziendale senza confondersi con esso per la sua autonomia di contenuti
ed obiettivi, anche qualora gli stessi si traducano in attività rientranti
nell’oggetto sociale del committente.

Il legislatore avalla le conclusioni cui era già pervenuta la giurisprudenza
(es. fornito dalla circolare sent. Trib. Milano 18 luglio 2011) in ordine alla
necessaria specificità e, di conseguenza, genuinità del progetto.

4) Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente
esecutivi o ripetitivi

“Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi
o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati
dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale”.

Questo è un ulteriore elemento in funzione del quale individuare la genuinità
e quindi la non routinarietà delle attività legate allo svolgimento
dell’attività oggetto del contratto a progetto.

I compiti “meramente esecutivi” si riferiscono a mansioni che non prevedono
alcun margine di autonomia da parte del collaboratore.

I compiti “meramente ripetitivi” si riferiscono allo svolgimento di attività
tali da non richiedere, in virtù della loro stessa natura e per il contenuto
delle mansioni, specifiche indicazioni di carattere operativo dal parte del
committente.

La circolare riporta poi, ai fini di una più facile individuazione delle
attività rientranti in questa categoria da parte del personale ispettivo, un
elenco esemplificativo delle attività difficilmente inquadrabili nell’ambito di
una collaborazione a progetto.

5) Corrispettivo

Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato
alla quantità ed alla qualità del lavoro eseguito e “non può essere inferiore ai
minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività,
eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni
caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle
mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti
collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei
datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a
livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli
decentrati”.

Il compenso minimo del collaboratore va individuato dalla contrattazione
collettiva sulla falsariga di quanto avviene per i rapporti di lavoro
subordinato in base al principio stabilito dall’art. 36 della Costituzione.

La circolare specifica che il legislatore si riferisce alle retribuzioni
minime e non a tutto il complesso delle voci retributive eventualmente previste
dai contratti collettivi.

Come sottolinea il documento del Ministero, il testo novellato dell’art.63,
comma 1 del d.lgs. 276/2003, comporta una abrogazione implicita della disciplina
sul compenso del contratto a progetto introdotta dalla finanziaria 2007 che
prevedeva come parametro di riferimento “i compensi normalmente corrisposti per
prestazioni di analoghe professionalità anche sulla base dei contratti
collettivi di riferimento”.

In assenza di contrattazione collettiva specifica e “a parità di estensione
temporale dell\’attività oggetto della prestazione” il compenso non può essere
comunque inferiore “alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi
nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure
professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello
del collaboratore a progetto”.

6) Profili sanzionatori

L’art.69, comma 1, del d.lgs.276/2003 dispone che la mancata individuazione
del progetto determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato.

L’elemento progettuale è una conditio sine qua non del contratto stesso, in
mancanza del quale il rapporto di lavoro viene automaticamente trasformato in
quello che il legislatore considera il contratto dominante e la forma comune del
rapporto di lavoro ossia il rapporto di lavoro a tempo indeterminato (art.1,
commi 1 lett.a) l.92/12).

La circolare specifica inoltre che l’assenza del progetto e la conseguente
trasformazione del contratto si verifica anche qualora lo stesso non presenti
uno dei requisiti essenziali richiesti per la sua individuazione.

Il comma 2 dell\’articolo 69 disciplina l’ipotesi in cui il collaboratore
esegua le prestazioni con modalità analoghe a quelle dei lavoratori subordinati.
In questo caso vige una presunzione relativa di subordinazione. L’onere della
prova è rimessa in capo al Committente che potrà dimostrare in giudizio la
genuinità della collaborazione.

Non si preclude certo al collaboratore di svolgere le medesime attività dei
lavoratori dipendenti, purché siano svolte con modalità organizzative diverse.
Di contro, anche qualora il collaboratore svolge attività diverse ma con le
medesime modalità caratterizzanti la prestazione resa da lavoratori dipendenti
(ad esempio l’assoggettamento al potere direttivo, ecc.) la presunzione della
subordinazione troverà applicazione.
La presunzione relativa non si applica per “le prestazioni di elevata
professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi
stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale con specifiche clausole” anche se l’intervento delle parti
sociali non condiziona l’applicabilità della presunzione visto che il termine
usato dal legislatore “possono” indica che tale individuazione è meramente
facoltativa.

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