domenica, Aprile 28, 2024
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CENSURA NOTARILE: Omissioni e ritardi nella denuncia di fatti penalmente rilevanti; consegna alle parti di certificazioni relative ad atti mai stipulati: omessa custodia di documenti e del sigillo notarile: prosecuzione dei rapporti professionali con sogg

        

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 novembre 2013, n.
25408

Professioni liberali – Notariato – Disciplinare notaio –
Articolo 28 L. n. 89 del 1913 – Divieto di ricezione di atti

 

Svolgimento del processo

 

1. La Commissione Regionale di disciplina per la
Toscana, con provvedimento del 14 luglio 2011, inflisse al notaio dott. D. M. S.
la sanzione disciplinare della sospensione della professione, per la durata di
un anno.

La Corte di appello di Firenze, adita dal notaio,
respinse il reclamo (decisione del 5 gennaio 2012).

2. Avverso la suddetta decisione, D. M. S. ha
proposto ricorso con tre motivi.

2.1. All\’adunanza camerale del 12 marzo 2013 è stata
disposta: la rinnovazione della notifica all\’avvocato, che difendeva il
Consiglio notarile dei distretti riuniti di Siena e Montepulciano dinanzi alla
Corte di appello; l\’integrazione del contraddittorio, ex art. 331 cod. proc.
civ., al Procuratore Generale presso la Corte di appello di Firenze.

Nel termine stabilito, il ricorso è stato ritualmente
notificato alle suddette parti.

Il Consiglio notarile ha depositato procura speciale
per la discussione.

La Procura Generale intimata non svolge difese.

 

Motivi della decisione

 

1. La sanzione della sospensione della professione
per la durata di un anno è stata inflitta al notaio per aver violato:

a) – l\’art. 28 della legge 16 febbraio 1913, n. 89,
costituendo in un atto un soggetto inesistente (non essendo il Gruppo Europeo di
Interesse Economico, “GEIE”, ancora iscritto nel registro delle imprese), con
conseguente carenza di legittimazione dell\’amministratore del GEIE alla stipula
dell\’atto (in contrasto con l\’art. 54 del R.d. 10 settembre 1914, n. 1326) ed,
inoltre, stipulando una sequenza di atti non compatibili con la natura e la
funzione del GEIE; procedendo allo scioglimento del GEIE, assegnando le aziende
alberghiere senza tener conto delle ragioni del socio escluso e dei creditori
delle società fallite, pur in ipotesi di scioglimento ex lege a seguito
dell\’esclusione del socie estero;

b) – l\’art. 147, lett. a) della legge n. 89 del 1913,
ponendo in essere, nel periodo tra il giugno del 2009 e il luglio del 2010, una
serie di comportamenti, quali: omissioni e ritardi nella denuncia di fatti
penalmente rilevanti; consegna alle parti di certificazioni relative ad atti mai
stipulati; omessa custodia di documenti e del sigillo notarile; prosecuzione dei
rapporti professionali con soggetti che il notaio aveva individuato essere
autori di furti di documenti e di uso fraudolento del sigillo, denunciandoli
solo nel luglio del 2010.

1.1. La Corte di appello di Firenze, nel rigettare il
reclamo del notaio avverso la decisione del Consiglio notarile, ai fini che
ancora rilevano nella presente decisione, ha argomentato secondo le seguenti
linee essenziali.

1.2. Ha ritenuto non rilevanti le argomentazioni
giuridiche spese dal reclamante per mettere in risalto il carattere di atti non
proibiti dalla legge e di atti non nulli ai fini della non riconducibilità al
divieto di cui all\’art. 28 cit. (secondo la giurisprudenza di legittimità che
richiede la nullità degli stessi). Ha sostenuto: da un lato, che tutti gli atti
posti in essere vanno valutati complessivamente, rispetto all\’art. 28 e all\’art.
147 cit., che punisce chi compromette la reputazione e il decoro della classe
notarile, e non singolarmente facendo leva sul carattere opinabile della loro
nullità; dall\’altro, che sarebbe riduttivo considerare i singoli atti ai fini
della loro nullità, o meno, “non potendo la legge consentire atti coordinati e
finalizzati a scopi illeciti”, anche considerando il collegamento tra l\’art. 28
e 27.

Ha rilevato che il notaio non poteva trincerarsi
dietro l\’obbligo (art. 27 I. n. 89 del 1913) di prestare il ministero quando
richiesto; né poteva avere rilievo il principio, in astratto corretto, che il
notaio non ha un dovere di ingerenza per la verifica della liceità dello scopo
dell\’atto negoziale perseguito dai contraenti. Tanto perché risultava dagli atti
la sua consapevolezza (sulla non compatibilità di vari atti con la natura del
GEIE, sulla circostanza che i commercialisti che a lui si erano rivolti non si
facessero troppi scrupoli, sull\’essere stato informato che un soggetto era stato
minacciato di morte) in ordine alla illiceità.

1.3. Quanto agli altri comportamenti, secondo la
Corte di merito, le <disquisizioni in diritto> del reclamo non hanno
rilievo, avendo il notaio ammesso nell\’audizione di aver consegnato, sia pure
per errore, un certificato relativo a un atto mai stipulato e che un altro atto
gli era stato sottratto; nonché di essersi accorto, nel febbraio del 2010, che i
soggetti con cui era in rapporto avevano sottratto e alterato documenti,
denunciando solo successivamente il fatto; con la conseguenza, sempre secondo la
Corte, che viene disciplinarmente punita l\’attività propria del notaio e non di
terzi e il ritardo nella denuncia di comportamenti di terzi.

2. I primi due motivi di ricorso sono strettamente
connessi. Si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e 147 lett.
a) della legge n. 89 del 1913, unitamente a insufficiente e contraddittoria
motivazione. Violazione e falsa applicazione dell\’art. 54 del r.d. n. 1326 del
1914, unitamente a omessa motivazione.

2.1. Le censure relative alla violazione dell\’art. 28
e all\’art. 147 cit. (primo motivo) si svolgono lungo due direttrici
intrecciate.

2.1.1. Una mette in risalto l\’interpretazione
restrittiva dell\’art. 28 cit. da parte della giurisprudenza di legittimità, nel
senso della ricomprensione dei soli atti nulli. Quindi, per escludere la nullità
rispetto ad un atto in cui è parte un soggetto inesistente (non essendo il
Gruppo Europeo di Interesse Economico, “GEIE”, ancora iscritto nel registro
delle imprese), richiama la giurisprudenza formatisi per le società per azioni
(art. 2331 cod. civ.) nel senso della inefficacia dell\’atto; mette in evidenza
l\’analogia della suddetta fattispecie con quella all\’esame, relativa al GEIE,
sulla base della legislazione (regolamento europeo e norme statali per
l\’applicazione) che prevede l\’iscrizione per la costituzione di un soggetto,
quale centro di imputazione di rapporti giuridici, e la responsabilità
illimitata e solidale dei componenti del gruppo per atti compiuti dal gruppo
prima della sua iscrizione, se il gruppo non assume gli obblighi dopo
l\’iscrizione. Evidenzia come la Corte di appello abbia ritenuto irrilevanti tali
argomentazioni giuridiche nella propria motivazione.

2.1.2. L\’altra direttrice di censura mette in risalto
la violazione del principio della tipicità dell\’illecito da parte della Corte di
merito. Tale violazione si sarebbe realizzata con il ritenere non rilevanti i
singoli atti da esaminare sotto il profilo della nullità, o meno, degli stessi;
con il ritenere rilevante, invece, la lettura complessiva degli stessi sotto il
profilo della liceità della scopo, assumendosi come accertata la consapevolezza
della illiceità; con il ritenere rilevante la considerazione complessiva degli
atti sulla base dell\’art. 28 e dell\’art. 147 I. n. 89 del 1913, accomunando
illeciti diversi e senza considerare la sanzione diversa (art. 138 della stessa
legge) prevista solo per il primo; così giungendo ad integrare una nuova
categoria di atti “coordinati e finalizzati a scopi illeciti”, dai contorni
evanescenti, ricadenti nella previsione dell\’art. 28 cit.

2.2. Rispetto all\’art. 54 reg. not. (secondo motivo)
denuncia l\’omessa motivazione, non avendo la Corte di merito speso
argomentazioni specifiche. Con riferimento alla specie, mette in evidenza come
la carenza di legittimazione dell\’amministratore del GEIE alla stipula dell\’atto
si colleghi all\’essere parte dell\’atto un gruppo non iscritto nel registro delle
imprese.

3. Preliminarmente, è opportuna la sintetica
individuazione delle censure rivolte alla sentenza, quali emergono dai due
motivi di ricorso in esame. Il ricorrente critica l\’utilizzazione congiunta
dell\’art. 28 e dell\’art. 147 della legge notarile, rispetto ad un gruppo di atti
(quelli individuati con la lett. a) nel par. 1), mettendo in risalto: la
violazione del principio della tipicità dell\’illecito disciplinare; la
violazione dell\’interpretazione restrittiva dell\’art. 28, quale risultante dalla
giurisprudenza di legittimità; la rilevanza della giurisprudenza relativa
all\’art. 2331 cod. civ. al fine di escludere la nullità di uno degli atti
considerati unitariamente dalla Corte di merito: quello in cui è parte un
soggetto ancora non esistente. Rispetto a tale atto mette in evidenza come la
carenza di legittimazione dell\’amministratore si colleghi all\’essere parte
dell\’atto un gruppo non iscritto nel registro delle imprese.

Resta fuori da censura specifica quella parte della
sentenza, di cui si è detto (cfr par. 1.3.), che ha argomentato rispetto alla
accertata sussistenza di altri comportamenti (quelli individuati con la lett. b)
nel par. 1) rilevanti ai fini dell\’art. 147 cit.

Le censure meritano accoglimento.

3.1. Nessun dubbio può sussistere in ordine alla
radicale diversità degli illeciti disciplinari, regolati rispettivamente
dall\’art. 28 e dall\’art. 147 legge notarile.

La prima e decisiva differenza si fonda sul carattere
tipizzato dell\’illecito di cui all\’art. 28, contrapposto al carattere atipico
dell\’illecito previsto dall\’art. 147.

Ai fini che rilevano nella presente controversia,
mentre l\’art. 28 vieta al notaio – individuando una eccezione al generale dovere
di prestare il suo ministero ogni volta che ne è richiesto ex art. 27 della
stessa legge – di ricevere o autenticare atti “espressamente proibiti dalla
legge o manifestamente contrari al buon costume o all\’ordine pubblico”; l\’art.
147, prevede una fattispecie disciplinare a condotta libera, sanzionando il
notaio che “compromette, in qualunque modo, con la propria condotta, nella vita
pubblica o privata, la sua dignità e reputazione o il decoro e prestigio della
classe notarile” (art. 147, lett. a), come sostituito dal d.lgs. n. 249 del
2006, applicabile ratione temporis.)

Alla diversità degli illeciti si connette la
diversità delle sanzioni previste. Il notaio che contravviene alla disposizione
dell\’art. 28 “è punito con la sospensione da sei mesi ad un anno” (art. 138
legge notarile, nella formulazione modificata dal d.lgs. n. 249 del 2006,
applicabile ratione temporis). Il notaio che pone in essere una condotta idonea
a compromettere l\’interesse meritevole di tutela del decoro e prestigio della
classe notarile “è punito con la censura o con la sospensione fino a un anno o,
nei casi più gravi, con la destituzione” (art. 147 cit.).

3.1.1. Nell\’ordinamento si è andato progressivamente
affermando il principio della necessaria tipizzazione degli illeciti
disciplinari, quale attuazione estensiva del principio di legalità, tutelato
dalla Costituzione espressamente (art. 25 Cost.) in riferimento alla confinante
materia penale (in materia lavoristica, Cass. 23 agosto 2006, n. 18377; Cass. 18
giugno 1996, n. 5583). Principio che si pone quale necessario complemento alla
attuazione del diritto di difesa (art. 24), che sarebbe vanificato, o quantomeno
largamente svuotato di contenuto, se le condotte punibili attribuibili al
soggetto al quale si assicura la difesa nel procedimento giurisdizionale (e nel
procedimento amministrativo) non fossero ex ante precisamente individuate dal
legislatore.

Proprio la sempre maggiore valenza attribuita alla
tipicità dell\’illecito, ha condotto verso interpretazioni restrittive degli
illeciti costruiti dal legislatore con condotte a forma libera. E, per restare
entro il perimetro della specie ora all\’attenzione della Corte, l\’art. 147 cit.
è stato ritenuto rispettoso del principio di tipicità, riferibile agli illeciti
disciplinari, essendo individuato con chiarezza l\’interesse meritevole di tutela
(dignità e reputazione del notaio, decoro e prestigio della classe notarile) e
risultando la condotta sanzionabile individuabile sulla base dalla sua idoneità
a compromettere tale interesse. Con la conseguenza che, pur essendo a forma
libera la condotta, il suo contenuto, sebbene non tipizzato, è integrato dalle
regole di etica professionale e, quindi, dal complesso dei principi di
deontologia oggettivamente enucleabili dal comune sentire di un dato momento
storico, (da ultimo, Cass. 23 marzo 2012, n. 4720).

3.1.2. Rispetto a questi principi, a valenza
costituzionale, evidente risulta l\’illegittimità dell\’operazione ermeneutica
compiuta dalla Corte di merito. Questa, infatti, a fronte di una imputazione di
una serie di atti (di cui alla lett. a) del par. 1) compiuti dal notaio in
violazione dell\’art. 28, ha ritenuto di poter prescindere dalla riconducibilità
di ciascuno di essi nell\’ambito della categoria di atti “espressamente proibiti
dalla legge” e di poterli considerare unitariamente sotto il profilo della
liceità della scopo. Ed ha ritenuto di poter fondare tale interpretazione sulla
– non ben precisata dal punto di vista normativo – riconduzione agli artt. 28 e
147 I. n. 89 del 1913; così accomunando illeciti diversi e senza considerare la
diversa sanzione (art. 138 per il primo e stesso art. 147 per il secondo); così
giungendo ad integrare un nuovo illecito, caratterizzato dall\’essere gli atti,
indipendentemente dalla loro nullità, “coordinati e finalizzati a scopi
illeciti”. In definitiva, anche a prescindere dalla portata attribuibile al
principio di legalità e tipicità nel campo degli illeciti disciplinari,
certamente non è consentita la creazione di un illecito dai confini incerti ad
opera del giudice, come effettuato dalla Corte di merito con la sentenza
impugnata.

3.2. In ordine all\’area di applicazione dell\’art. 28,
la giurisprudenza di legittimità è stata percorsa negli anni da una linea
evolutiva in direzione di un\’interpretazione sempre più circoscritta e
restrittiva.

A partire dal 1997 (Cass. 11 novembre 1997, n. 11128)
si è affermato che il divieto imposto dall’articolo 28 comma primo n. 1 della
legge 16 febbraio 1913, n. 89, sanzionato con la sospensione a norma dell\’art.
138 comma secondo, di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge” attiene
ad ogni vizio che dia luogo ad una nullità assoluta dell\’atto, con esclusione,
quindi, dei vizi che comportano l\’annullabilità o l\’inefficacia dell\’atto
(ovvero la stessa nullità relativa) ed è sufficiente che la nullità risulti in
modo inequivoco. Il superamento di precedenti arresti (esemplificativamente,
Cass. 10 novembre 1992, n. 12081), che ricomprendevano nel divieto tutti gli
atti contrari a disposizioni di legge, e cioè non aderenti alle norme giuridiche
di ordine formale e sostanziale per essi previste a pena di nullità o
annullabilità, è stato approfonditamente argomentato sulla base dei lavori
preparatori della legge e dell\’interpretazione sistematica della stessa, oltre
che giustificato alla luce del principio costituzionale di eguaglianza e
ragionevolezza di cui all\’art. 3 Cost. (cfr motivazione della sentenza
richiamata).

La giurisprudenza successiva lo ha più volte ribadito
(da ultimo Cass. 30 gennaio 2013, n. 2220; Cass. 1 febbraio 2008, n. 3526).

Negli ultimi anni, con plurime decisioni, la Corte,
pronunciandosi su fattispecie nelle quali era in questione la nullità delle
clausole compromissorie inserite in statuti societari, in violazione dell\’art.
34 del d.Igs. 17 gennaio 2003, n. 5, ha fatto concreta applicazione del
principio della necessaria inequivocità della nullità, affermando che “II
divieto per il notaio di ricevere atti nulli sussiste solo quando la nullità
dell\’atto sia inequivoca ed indiscutibile, dovendosi intendere l\’avverbio
espressamente, che nell\’art. 28 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 qualifica la
categoria degli “atti proibiti dalla legge”, come “inequivocamente”; pertanto,
tale divieto si riferisce a contrasti dell\’atto con la legge che risultino in
termini inequivoci, anche se la sanzione della nullità deriva solo attraverso la
disposizione generale dell\’art. 1418, primo comma, cod. civ., per effetto di un
consolidato orientamento interpretativo giurisprudenziale o dottrinale. ” (Cass.
11 marzo 2011, n. 5913; Cass. 20 luglio 2011, n. 15892; Cass. 13 ottobre 2011,
n. 21202, nelle quali ultime si dà rilievo anche alla decorrenza della non
equivocità).

3.2.1. Allora, la Corte di merito avrebbe dovuto
esaminare ciascun atto compiuto dal notaio, e imputatogli come violazione
dell\’art. 28 (cfr. lett. a del par.1), per verificarne l\’inequivoca nullità,
comminando la sanzione corrispondente ai sensi dell\’art. 138, solo se almeno uno
di essi fosse risultato avere le caratteristiche della inequivoca nullità.

Invece, nella sentenza impugnata si ritiene di poter
prescindere da tale verifica considerando gli atti nel loro insieme come atti
coordinati e finalizzati a scopi illeciti; sembrerebbe, in sé non illeciti, ma,
insieme miranti a scopi illeciti.

3.3. In questa prospettiva, assume rilievo la censura
avanzata dal ricorrente per far valere, rispetto al primo degli atti rispetto ai
quali si imputa al notaio la violazione dell\’art. 28, (l\’aver costituito in un
atto soggetto, GEIE, non registrato), la mancanza di nullità dello stesso, oltre
alla conseguente irrilevanza della prescrizione dell\’art. 54 del regolamento
notarile, derivando la presenza dell\’amministratore del GEIE nell\’atto,
dall\’essere parte di un atto un soggetto in formazione.

3.3.1. Secondo il ricorrente, l\’atto nel quale è
parte il GEIE, non ancora registrato secondo la normativa di settore, non è
nullo, ma inefficace rispetto al GEIE. Richiama, a tal fine, la giurisprudenza
di legittimità formatasi in riferimento alla disciplina codicistica delle
società di capitali, rispetto ad atti posti in essere in nome e per conto della
società, prima della loro iscrizione nel registro delle imprese.

3.3.2. In effetti, la giurisprudenza relativa
all\’art. 2331 cod. civ. è, pacifica, in accordo con la dottrina, nel ritenere
solo inefficace nei confronti della società l\’atto in cui è parte una società
ancora in formazione. Sia che si inquadri la fattispecie normativa in quella
della rappresentanza senza rappresentato, sia che la si inquadri in quella della
rappresentanza senza poteri, la legittimazione, la validità e l\’ammissibilità di
tale attività in nome di società non iscritta sono ricavabili proprio dal
dettato legislativo (art. 2331, secondo comma cod. civ.), che disciplina la
responsabilità illimitata e solidale verso i terzi di coloro che hanno agito.
Tanto è sufficiente ai fini dell\’esclusione di tale atto dal novero di quelli
ricompresi nell\’art. 28 dell\’ordinamento notarile, restando irrilevante, ai
nostri fini, i tempi e i modi nei quali la responsabilità della società, poi
costituita, si sostituisce a quella degli agenti e dei casi in cui quella di
questi ultimi persiste a tutela dei terzi, (argomentando da Cass. 26 luglio
2012, n. 13287; Cass. 5 maggio 1989, n. 2127; Cass. 9 giugno 1972, n. 1795).

3.3.3. Tale principio è linearmente estensibile al
caso, rilevante nella specie, di Gruppo Economico di Interesse Europeo (GEIE),
non ancora registrato.

In effetti, anche in questa ipotesi, la normativa di
settore disciplina, accanto alla iscrizione nel registro delle imprese (artt. 1,
6, 39 del Reg. (CEE) 25 luglio 1985, n. 2137; artt. 1, 2 e 3 del d. Igs. 23
luglio 1991, n. 240, “Norme per l\’applicazione del Reg. CEE n. 2137 del 1985) la
responsabilità solidale dei membri di un costituendo gruppo per gli atti posti
in essere prima della registrazione (art. 9, comma 2, Reg. CEE n. 2137 del
1985).

3.3.4. Consegue che l\’atto in argomento non rientra
sicuramente tra gli atti nulli, il cui rogito è vietato dall\’art. 28, e che,
come correttamente rilevato dal ricorrente, non viene in questione la disciplina
dell\’art. 54 del regolamento notarile. Infatti, se parte dell\’atto rogando può
legittimamente essere una società costituenda, non può porsi il problema della
esistenza della autorizzazione del soggetto che interviene da parte della
società ancora in fase di costituzione. E, comunque, non è contestato che ad
intervenire nell\’atto sia stato l\’amministratore della costituenda società.

3.4. In conclusione, fermo restando l\’accertamento da
parte della sentenza di merito, con argomentazioni non contestate in questa
sede, della riconducibilità di una serie di condotte (“omissioni e ritardi nella
denuncia di fatti penalmente rilevanti; consegna alle parti di certificazioni
relative ad atti mai stipulati: omessa custodia di documenti e del sigillo
notarile: prosecuzione dei rapporti professionali con soggetti che il notaio
aveva individuato essere autori di furti di documenti e di uso fraudolento del
sigillo, denunciandoli solo nel luglio del 2010) all\’illecito atipico di cui
all\’art. 147 lett. a) cit.. i motivi di ricorso in esame vanno accolti sulla
base del seguente principio di diritto: “II divieto per il notaio di ricevere
atti “espressamente proibiti dalla legge», ai sensi dell\’art. 28 della I. n. 89
del 1913, comprende solo atti la cui nullità, verificata per ciascuno di essi,
sia inequivoca, con conseguente esclusione degli atti solo inefficaci rispetto
al soggetto nel cui nome (e conto) siano redatti (quale nella specie l\’atto in
cui parte è un GEIE non ancora iscritto secondo le prescrizioni del Reg. CEE n.
2137 del 1985 e del d.lgs. n. 240 del 1991); né a diverse conclusioni può
pervenirsi valutando unitariamente una serie di atti alla luce della unitarietà
dello scopo illecito, assumendo come possibile una lettura congiunta dell\’art.
28 e dell\’art. 147 della stessa legge, che invece disciplinano illeciti
radicalmente diversi collegandoli a diverse sanzioni, risolvendosi una simile
interpretazione nella creazione giurisprudenziale di una condotta illecita dagli
incerti confini, in violazione del principio di legalità e tipicità, tutelato
dalla Costituzione espressamente (art. 25 Cost.) in riferimento alla materia
penale, ma che si va progressivamente affermando nell\’ordinamento anche per gli
illeciti disciplinari, nei limiti in cui la sua lesione concretizzi di riflesso
anche una violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.)”.

3.4.1. In definitiva, la Corte di merito dovrà
esaminare partitamente gli atti, sinora unitariamente considerati (e, quindi –
eccetto il primo relativo alla costituzione in un atto di un soggetto non
registrato, la cui nullità è esclusa per quanto detto sopra – tutti gli atti di
cui alla lett. a) del par.1), per verificare l\’eventuale ricorrenza della
nullità, anche alla luce dell\’art. 1418, secondo comma cod. civ., dovendosi
intendere lo stesso articolo richiamato nell\’art. 28 in argomento (cfr. in
motivazione, Cass. n. 11128 del 1997, cit.).

Né vi sono ostacoli a che la Corte di merito, per
l\’ipotesi che non rinvenga nullità ascrivibili all\’art. 28, possa considerare
tutta la serie di atti in esame rispetto all\’art. 147, unitamente all\’altra
serie di comportamenti di cui si è detto (rispetto alla ricomprensione dei quali
ha già argomentato con statuizioni non censurate nel ricorso), al fine di
determinare la pena in concreto, nell\’ambito di quella prevista dallo stesso
art. 147 cit.

4. Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia
violazione dell\’art. 144 I. n., unitamente a vizi motivazionali, lamentando
l\’omessa applicazione delle attenuanti generiche.

La censura resta logicamente assorbita
dall\’accoglimento de primi due motivi di ricorso.  

5. In conclusione, accolto il primo e secondo motivo
di ricorso, con assorbimento del terzo, va cassata in relazione la sentenza
impugnata e la causa è rinviata – anche per le spese del presente giudizio –
alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che deciderà la
controversia applicando il principio di diritto (di cui al par. 3.4.), fermo
restando l\’accertamento della violazione dell\’art. 147 lett. a), non censurata
in questa sede, rispetto ai comportamenti attribuiti al notaio sub lett. b par.
1. 

P.Q.M. 

Accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso;
dichiara assorbito il terzo motivo; cassa in relazione ai motivi accolti la
sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla
Corte di appello di Firenze, in diversa composizione.

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