lunedì, Aprile 29, 2024
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CASSAZIONE: Causa persa per eccesso di “prolissità”




Ricorso prolisso vade retro! È notizia di questi giorni la bocciatura di un ricorso da parte degli Ermellini, perché… di lunghezza spropositata.

In effetti lo diceva già lo scrittore franceseFrançois de La Rochefoucauld “È
proprio delle menti eccelse far capire molte cose con poche parole: le
menti anguste hanno il dono di parlar molto e non dire nulla.
“.

Oggi a mettere in guardia gli avvocati dallo scrivere troppo è arrivata una pronuncia della Cassazione.



Oggetto
del contendere erano state le spese di gestione dell\’Automobil Club di
Ivrea stabilite da una sentenza della Corte d\’Appello di Torino.

Ma
il ricorso presentato dagli avvocati dell\’ACI alla terza sezione civile
della Suprema Corte non ha sortito l\’effetto sperato, anzi è stato
addirittura dichiarato inammissibile per l\’eccessiva prolissità.

I Giudici di legittimità hanno così motivato: “la pedissequa riproduzione dell\’intero, letterale contenuto degli atti processuali è del tutto superflua” e significa demandare ai Giudici della Corte il compito di selezionare le parti rilevanti.

Così,
considerando probabilmente che va contrastata qualsiasi attività che
contribuisca a ingolfare la giustizia italiana e a dilazionare ancora di
più i suoi tempi bradipeschi, gli Ermellini hanno deciso di sanzionare gli atti ridondanti e inconcludenti.
Certamente una decisione che fa riflettere, ma sarebbe forse meglio
aprire la strada all\’introduzione di una normativa che fissi in modo
chiaro un … “principio di stringatezza” dei ricorsi…

L\’Avv. Galasso in una intervista a Repubblica (Il principe del foro: “Chi non ha argomenti ama dilungarsi”)dichiara di essere d\’accordo con gli Ermellini “so
che spesso quando ci si dilunga e si sbrodola volentieri sui fatti è
perché si teme di non poter argomentare bene in punto di diritto. Quindi
la Cassazione ha ragione a ritenere che sia necessaria una buona dote
di sintesi anche per non appesantire una attività che è diventata sempre
più pressante”
.

In realtà non è la prima volta che la
Cassazione invita gli avvocati a essere concisi. Anzi la motivazione
della recente sentenza non fa altro che richiamare un principiò già
espresso nel 2012 con ordinanza n.19357. Allora la Corte aveva sancito che “Va
dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione che contenga la
pedissequa riproduzione dell\’intero e letterale contenuto degli atti
processuali dei precedenti gradi di giudizio, essendo tale ricorso
inidoneo a soddisfare il requisito della necessaria sintetica
esposizione dei fatti, finendo per affidare alla Corte la scelta di
quanto effettivamente rilevante in ordine ai motivi di ricorso
“.


Cassazione Civile ordinanza 8 novembre 2012, n. 19357

Svolgimento del processo

1.
E stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi
dell’art. 380 bis cod. proc. civ., regolarmente comunicata al pubblico
ministero e notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso
avverso la sentenza della corte di appello di Torino 23.3.11, n. 425:

“1.
— La […] spa ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione
della sentenza in epigrafe indicata, con cui — per quel che qui ancora
rileva — è stata ridotta riconosciuta la qualificazione di leasing
traslativo al contratto intercorso tra la sua dante causa Banca […]
spa e M.E.C.I. srl unipersonale e U..C. , avente ad oggetto un complesso
immobiliare ad uso industriale, con conseguenti: esclusione del diritto
della concedente ad ottenere il pagamento dei canoni impagati ed a
trattenere quelli già riscossi; condanna della concedente alla
restituzione di questi ultimi; declaratoria di inammissibilità della
domanda di equo compenso e dell’eccezione di compensazione tra questo e
le somme da restituire, come formulate dalla concedente, nonché della
domanda dell’utilizzatrice per gli interventi di manutenzione,
miglioramento ed addizione.

2. – Anche la Banca
[…] ricorre, con ricorso notificato alle stesse date del precedente
ma preso in carico dai notificanti con numero successivo di cronologico e
depositato presso questa corte in tempo immediatamente successivo,
avverso la medesima sentenza, sviluppando un unitario motivo, in tutto
analogo al primo dei motivi sviluppati dall’altra ricorrente.

3.
– I due ricorsi, da riunirsi – ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. –
perché dispiegati contro la stessa sentenza, possono essere trattati in
camera di consiglio — ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis cod.
proc. civ., essendo soggetto alla disciplina dell’art. 360 bis cod.
proc. civ. (di cui all’art. 47, co. 1 lett. a), della legge 18 giugno
2009, n. 69) – per esservi dichiarati inammissibili, per quanto appresso
indicato.

4. — La prima delle ricorrenti si
duole: con un primo motivo (a ventiquattro facciate a ritroso dalla fine
del suo ricorso, rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art.
1526 cod. civ., sì come ritenuto applicabile per analogia al contratto
di leasing, in relazione all’art. 67 quater della Legge fallimentare”),
dell’applicata distinzione tra leasing traslativo e di godimento, con
conseguente esclusione, una volta inquadrata la fattispecie nel primo,
del diritto a trattenere i corrispettivi già incassati e a percepire
quelli per i periodi successivi all’inadempimento dell’utilizzatore,
sostanzialmente ritenendo superata tale distinzione alla stregua della
riforma della legge fallimentare; con un secondo motivo (a due facciate a
ritroso dalla fine del primo ricorso, rubricato “violazione dell’art.
2560 cpv. cod. civ. in relazione alla condanna in solido di […] alla
restituzione, ai sensi dell’art. 1526 del codice civile, in favore
dell’ex utilizzatore delle somme da questi versate in costanza di
contratto di leasing”), della propria condanna, in qualità di
cessionaria, alla restituzione delle somme pagate dall’utilizzatore.

5.
— La seconda delle ricorrenti si duole con unitario motivo (a ventidue
facciate a ritroso dalla fine del suo ricorso successivo, rubricato
“violazione e falsa applicazione dell’art. 1526 cod. civ., sì come
ritenuto applicabile per analogia al contratto di leasing, in relazione
all’art. 67 quater della Legge fallimentare”), dell’applicata
distinzione tra leasing traslativo e di godimento, con conseguente
esclusione, una volta inquadrata la fattispecie nel primo, del diritto a
trattenere i corrispettivi già incassati e a percepire quelli per i
periodi successivi all’inadempimento dell’utilizzatore, sostanzialmente
ritenendo superata tale distinzione alla stregua della riforma della
legge fallimentare.

6. – I controricorrenti
M.E.C.l. unipersonale in liq.ne e C.U. , con separati controricorsi,
invocano la piena conformità della gravata sentenza alla giurisprudenza
di legittimità in tema di distinzione tra leasing traslativo e di
godimento e comunque contestano nel merito le tesi difensive delle
controparti, quanto al secondo motivo del primo ricorso argomentando per
la piena correttezza della soluzione della corte territoriale in punto
di solidale condanna di quelle, siccome non fondata sul capoverso
dell’art. 2560 cod. civ..

7. – I due ricorsi
sono inammissibili perché contengono una esposizione del fatto,
necessaria ai sensi dell’art. 366 n. 3 cod. proc. civ., articolata sulla
pedissequa riproduzione degli atti dei gradi di merito, che si protrae,
sui trecentoquarantaquattro fogli del primo ricorso e sui
trecentoquarantadue del secondo (molti dei quali stampati in modalità
fronte – retro e quindi su entrambe le facciate), per i primi
trecentodiciannove di essi, con scarse inserzioni, tra l’uno e l’altro,
di testi di presentazione dello scritto processuale immediatamente
successivo.

8. – Ma le sezioni unite di questa
Corte hanno stabilito che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini
del requisito di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa
riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è —
per un verso — del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che
si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda
processuale si è articolata, mentre – per altro verso – è inidonea a
soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto
equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto
(anche quello di cui occorre sia informata), la scelta di quanto
effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Cass. Sez. Un., 11
aprile 2012, n. 5698); in tal modo confermando una analoga tendenza
interpretativa già invalsa presso le sezioni semplici (tra le molte:
Cass., ord. 22 settembre 2009, n. 20395; Cass. 16 marzo 2011, n. 6279;
Cass., ord. 23 novembre 2011, n, 24749; Cass. 9 febbraio 2012, n. 1905).

9.
– Per come sono stati strutturati entrambi i ricorsi, essi – da
riunirsi ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. – sono quindi
inammissibili per inosservanza del disposto del n. 3 dell’art. 366 cod.
proc. civ., come interpretato dalla giurisprudenza, ormai anche delle
sezioni unite, di questa corte di legittimità: e si propone pertanto la
relativa declaratoria”.

Motivi della decisione

II.
Non sono state presentate conclusioni scritte, ma tutte le parti hanno
depositato memoria – anzi i controricorrenti anche producendo
documentazione – ed i loro difensori hanno chiesto di essere ascoltati
in camera di consiglio.

III. A seguito della
discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il
Collegio, preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi, in
quanto proposti contro la medesima sentenza, di condividere i motivi in
fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne
fare proprie le conclusioni, non potendo giustificarsi il suo
superamento alla stregua delle repliche contenute nella memoria
depositata dalle ricorrenti. Infatti, le concrete modalità di redazione
dei due ricorsi impediscono l’enucleazione del fatto, secondo quanto
ribadito dalla giurisprudenza richiamata nella relazione ed alla quale
ritiene doveroso il Collegio assicurare continuità, così privando detti
atti di quegli specifici requisiti di contenuto-forma assolutamente
indispensabili.

IV. Pertanto, ai sensi degli
artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ,, i ricorsi riuniti vanno dichiarati
inammissibili, con condanna delle soccombenti ricorrenti – tra loro in
solido per l’evidente comunanza della causa – al A pagamento delle spese
del giudizio di legittimità in favore delle controparti, tra loro in
solido per analogo motivo.

V. Compete ai
controricorrenti altresì la liquidazione delle spese del procedimento ai
sensi dell’art. 373 cod. proc. civ., conclusosi con ordinanza di
accoglimento da parte della corte territoriale: al riguardo, spetta
invero a questa Corte (Cass. 22 luglio 2011, n. 16121; Cass., ord. 25
marzo 2009, n. 7248; Cass. 11 febbraio 2009, n. 3341), una volta
prodotti i relativi documenti con le forme e i termini dell’art. 372
cod. proc. civ. (in atti rinvenendosi la notifica a controparte in data
4.10.12), liquidare le relative spese, attesa la funzionalizzazione di
tale sub-procedimento al giudizio di legittimità; peraltro, proprio tale
suo inserimento funzionale impone, in applicazione del principio di
tendenziale ed esaustiva omnicomprensività della liquidazione dei
“compensi”, nel sistema di cui all’articolo 9 del decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo
2012, n. 27, di comprenderli in quelli del giudizio di legittimità, con
adeguata ed apposita – ma non separata – considerazione, verso il limite
massimo previsto dal vigente d.m. 20 luglio 2012, n. 140 (“regolamento
recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di
un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente
vigilate dal ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27?): dovendo esso applicarsi anche a tale
fattispecie alla stregua dei principi desumibili da Cass. Sez. Un., 12
ottobre 2012, n. 17406.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, li dichiara inammissibili;

condanna
la […] spa e la Banca […] spa, ciascuna in persona del rispettivo
legale rappresentante p.t. e tra loro in solido, al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità in favore della M.E.C.I. spa uni
personale in liq.ne – in pers. del leg. rappr.nte p.t. – e di C.U. , tra
loro in solido, liquidate in Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per
esborsi.

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