venerdì, Maggio 3, 2024
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DIRITTO ALL’OBLIO: Non ci sono certezze, ogni storia va valutata singolarmente


Il Garante: va trovato il giusto equilibrio tra privacy e memoria collettiva

La
privacy al tempo dei big data. Sarà questo il tema centrale della
relazione al Parlamento che il Garante, Antonello Soro, terrà domani. La
protezione dei dati personali aggregati e conservati in archivi sempre
più grandi e spesso immateriali, come le nuvole informatiche del cloud, o
sparsi in tante appendici tecnologiche, come telefonini, tablet,
personal computer: questa è la sfida del futuro. “La partita si gioca – sottolinea Soro – nella
società digitale. Sempre di più, infatti, la vita si sposta là e il
punto di sofferenza dei diritti è lì che è più elevato, perché al
momento ci sono meno presidi”
.

Come
insegna la recentissima vicenda sul diritto all\’oblio e l\’annuncio di
Google di correre ai ripari. C\’è voluta, però, una sentenza della Corte
di giustizia europea, che a metà maggio ha affermato che i motori di
ricerca sono comunque responsabili del trattamento dei dati personali
“pescati” su siti gestiti da terzi. Dunque, se un cittadino reputa che
le informazioni che lo riguardano non siano aggiornate, può chiederne la
rettifica o la deindicizzazione, cioè l\’impossibilità di risalire a
esse, direttamente al motore di ricerca. È quello che gli addetti ai
lavori chiamano diritto all\’oblio.

“Uno dei meriti dell\’intervento dei giudici europei – commenta Soro – è che il diritto all\’oblio è stato riconosciuto come tale. Non è più
una suggestiva espressione utilizzata nei dibattiti tra giuristi o
nell\’ambito giornalistico: è un diritto che ha immediate ricadute sulla
dignità personale e sulla protezione dei dati”
. Ma c\’è di più. La sentenza della Corte Ue, prosegue il Garante, rappresenta “una
rivoluzione, perché ha affermato la giurisdizione europea anche su
motori di ricerca che hanno una sede esterna al Vecchio continente”.
Come è, appunto, per Google, che ha il quartier generale in quel di Mountain View, in California.

Infine,
c\’è un terzo aspetto, conseguenza di quanto deciso dai giudici Ue. È
notizia dei giorni scorsi che Google ha deciso di dare corso alla
sentenza pubblicando sul web un modulo attraverso il quale si può
chiedere di rimuovere dal motore di ricerca informazioni personali non
veritiere o sorpassate. A stabilire i criteri dell\’applicazione del
diritto all\’oblio sarà un comitato di esperti che l\’azienda statunitense
ha insediato. “È positivo – sottolinea Soro – che Google
non si sia messa in un atteggiamento di resistenza, ma abbia accettato
la sfida. Una sfida complessa, perché mette, a livello di giurisdizione
europea, i motori di ricerca in una condizione simile a quella degli
editori. Riconosce che i motori di ricerca non sono semplicemente un
meccanismo che opera attraverso algoritmi, ma devono assumersi la
responsabilità di tutto quello che si muove nella rete. E qui si apre
una pagina nuova, sulla quale tutti ci stiamo confrontando”
.

Tema che nella relazione di domani il Garante non mancherà di affrontare. “Finora il cittadino che chiedeva di deindicizzare un\’informazione personale trovata su internet – spiega Soro – si
rivolgeva all\’editore del giornale che aveva pubblicato la notizia e
nel cui archivio quel dato si trovava. Ora, invece, può chiamare in
causa direttamente il motore di ricerca. Ma la notizia su cui si chiede
di intervenire non è detto che, come accade quando ci si rivolge a un
editore, provenga da sito di carattere giornalistico o da un archivio
strutturato. Google, infatti, raccoglie le informazioni più varie da
ogni piccolo sito o all\’interno delle discussioni che avvengano online.
Il rischio, allora, è che l\’applicazione del diritto all\’oblio causi in
maniera irreversibile la perdita di informazioni”
.

Qui
entra in gioco il difficile bilanciamento tra privacy e diritto del
cittadino a essere informato, compromesso che la sentenza Ue non ha
affidato ai motori di ricerca. Google, dunque, ha fatto un passo non
richiesto. Ha accettato di cimentarsi in un compito improbo, rimettendo
tutto nelle mani del comitato di saggi e dei criteri che saranno messi a
punto per rispondere alle richieste dei cittadini.

“Il problema – afferma il Garante – è che i criteri indicati dal comitato direttivo saranno quelli di Google,
non del diritto europeo. Ogni volta che, sulla base di quei criteri, si
deciderà di accogliere una richiesta, si aprirà un\’incertezza, perché
si potrebbe mettere a rischio la memoria collettiva. Non penso, dunque,
che possa essere Google a garantire il bilanciamento tra il diritto
all\’oblio e quello all\’informazione chiesto dalla sentenza. Semmai
Google può concorrere. Credo sia necessario trovare meccanismi
attraverso i quali affermare il ruolo delle Autorità di garanzia. Si
tratterà di studiare come. È un terreno aperto”.

Bisognerà
fare in fretta. Le richieste di diritto all\’oblio sono già in arrivo.
In tutta Europa sono più di 12mila. E in Italia? “Non abbiamo una notizia diretta, perché le segnalazioni non arrivano a noi. Posso, però, dire – conclude Soro – che
nell\’ultimo anno c\’è stata una forte accelerazione dei nostri
interventi riguardo alle richieste inoltrate agli editori. E bisogna
considerare che sono solo una parte, perché si tratta delle pratiche che
gli editori hanno ritenuto di non poter accogliere”
.

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