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RESIDENZA: Dichiarazione sostitutiva per il cambio di residenza

Essendo rimasto
single, ho chiesto all’anagrafe del mio Comune il cambio di residenza:
dall’alloggio precedentemente occupato a quello del piano sottostante, entrambi
di proprietà di mio padre, che è di circa 186 metri quadrati
e nel quale la mia famiglia mi mette a disposizione una camera grande con
accesso indipendente con bagno. L’addetto allo sportello rifiuta la domanda di
cambio e invoca il Dl 28 marzo 2014, n.47, convertito in legge 23 maggio 2014
(misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e
per l’Expo 2015), per cui ritiene necessario esibire un contratto di affitto o
una scrittura di comodato gratuito (in ogni caso, con registrazione all’agenzia
delle Entrate) tra me e mio padre.

La richiesta
dell’addetto all’anagrafe è legittima? In caso di risposta negativa, quali
azioni posso avviare per il riconoscimento del mio diritto?

S. L. – SUCCIVO

R I S P O S T A

Dalla lettura dell’articolo 5 del Dl
47/2014, convertito, con modificazioni, in legge 23 maggio 2014, emerge la
volontà del legislatore di combattere il fenomeno delle occupazione abusive di
immobili, che si riferisce sia ai contratti per i servizi pubblici sia alla
residenza. Nel caso in questione, tuttavia, non si è in presenza di una occupazione
“abusiva” e “senza titolo”, poiché la dichiarazione di assenso del proprietario
dell’immobile può essere considerata a titolo sufficiente per dimostrare la non
estraneità con l’unità immobiliare in questione. Prassi, questa, già
consolidata presso numerose amministrazioni comunali. Inoltre, è la stessa
norma che prevede espressamente la possibilità di rilasciare una dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà, ex articolo 47 del Dpr 28 dicembre 2000,
n.445, in alternativa agli atti citati nel quesito, vincolando così l’addetto
all’anagrafe a procedere con l’iscrizione anagrafica. In caso contrario, lo
stesso potrebbe essere imputabile del reato di rifiuto di atti d’ufficio ex
articolo 328 del codice penale, e l’atto di rifiuto potrebbe essere impugnato
innanzi al Tar competente. Occorre, infine, rammentare le sanzioni in cui si
può incorrere per eventuali dichiarazioni non veritiere, e il potere che il
Comune ha di effettuare eventuali controlli.

DAL”IL SOLE 24 ORE” DEL 22 DICEMBRE
2014

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