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L’USURA BANCARIA: Un intervento dottrinario

L’usura della legge e l’usura
della Banca d’Italia: nella mora riemerge il simulacro dell’omogeneità. La
rilevazione statistica e la verifica dell’art. 644 c.c.: finalità accostate ma
non identiche.

Roberto
Marcelli

Marcelli R., L’usura della legge e l’usura della Banca
d’Italia: nella mora riemerge il simulacro dell’omogeneità., 2015


FONTE: Rivista
di Diritto Bancario

Estremi per
la citazione:

Marcelli R.,L’usura della legge e l’usura della Banca d’Italia: nella mora riemerge il
simulacro dell’omogeneità. La rilevazione statistica e la verifica dell’art.
644 c.c.: finalità accostate ma non identiche.
, in Riv. dir. banc.,
dirittobancario.it, 3, 2015

***

SOMMARIO:-1.
Introduzione: gli interessi di mora e la soglia d’usura. – 2. ABF e Banca
d’Italia: allineati nelle modalità, discosti nei risultati. – 3. La verifica
ex art. 644 c.p. e la rilevazione statistica del TEGM: il simulacro
dell’omogeneità. –
4. La mora e il rischio di credito. – 5. Le soglie
d’usura e l’échelle de perroquet. – 6. La soglia della mora nei
conti correnti: lo scoperto di conto. – 7. Il credito in extra-fido:
un’ulteriore criticità per la verifica dell’usura. – 8. La rimozione delle
soglie d’usura: aspettando che la banca d’Italia favorisca la concorrenza. – 9.Considerazioni finali.

1. Introduzione:
gli interessi di mora e la soglia d’usura.

E’ ormai da
tempo assodato che anche gli interessi di mora, ancorché non concorrano a
determinare il TEGM, sono soggetti al rispetto delle soglie d’usura[1].

Il principio
è stato più recentemente ribadito dalla Cassazione Sez. I, n. 350/13 che ha
precisato che “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815
c.c. comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite
stabilito dalle legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque
convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori.
”.

La sentenza
della Cassazione 350/13 non prende in considerazione alcuna la rilevazione
campionaria sul tasso mora effettuata dalla Banca d’Italia nel ‘01, né il
diverso criterio di valutazione della mora indicato dalla stessa, trattandosi
di un mutuo concesso in epoca precedente la menzionata rilevazione. La verifica
dell’usura è stata accertata facendo esclusivo riferimento alla soglia
riveniente dal TEGM pubblicato dal D.M. del Tesoro relativo al II trimestre
‘98: con il criterio successivamente suggerito dalla Banca d’Italia, a seguito
della rilevazione campionaria del ‘01, l’usura non sarebbe emersa. Ma questa
circostanza non sarebbe del tutto trascurabile se si ritenesse che la
maggiorazione di 2,1 punti della mora rilevata nella menzionata indagine non è
un prezzo di mercato che muta nel tempo, ma una penale suscettibile di
un’apprezzabile stabilità nel tempo, applicata sia precedentemente che
successivamente alla rilevazione[2].

Per gli
interessi di mora si è creata una situazione simile a quella delle CMS prima
del ‘10, escluse dal TEG e menzionate a parte nei decreti ministeriali[3].
Nell’ambito della rilevazione del tasso medio di mercato, ai fini
dell’individuazione delle soglie d’usura, il tasso di mora non viene ricompreso
nel calcolo, né costituisce una Categoria a sé, distinta dalle altre che
caratterizzano il panorama del credito: la legge consente la distinzione in
categorie per le operazioni di credito, non per la natura degli interessi, e la
rilevazione del TEGM è rivolta a cogliere la fisiologia, non la patologia del
fenomeno. Tuttavia da oltre un decennio i decreti ministeriali, nella medesima
opacità che ha contraddistinto l’evidenza a latere delle CMS[4],
continuano a menzionare l’indagine campionaria[5], curata dalla Banca d’Italia
nel 2001, che aveva accertato per la mora un tasso collocato 2,1 punti al di
sopra del tasso medio corrispettivo rilevato per il complesso del campione
esaminato[6].

Sin
dalla prima comparsa nel decreto ministeriale del marzo ‘03, ad oltre sei anni
dalla legge, il richiamo alla rilevazione campionaria ha determinato confusione
e scetticismo, apparendo come un tardo rimedio alla discrasia insorta fra la
norma di legge, che assume una portata assoluta, indifferente alla natura
dell’interesse percetto, e le ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia, che dovendo
perseguire la rilevazione statistica di un dato fisiologico di mercato,
escludono espressamente la mora. Le ‘Istruzioni’ sono tuttavia nel contempo
gravate dall’art. 3 comma 2 dei decreti ministeriali di pubblicazione del TEGM,
che dispone che gli intermediari, al fine di verificare il rispetto del limite
d’usura, “si attengono ai criteri di calcolo delle ‘istruzioni per la
rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura
emanate dalla Banca d’Italia
”.

Nella
circostanza, non potendo gli intermediari seguire pedissequamente il dettato
ministeriale, la Banca d’Italia ha creduto opportuno, analogamente alla CMS,
integrare la norma predisponendo, con l’indagine campionaria del 2001, uno
specifico riferimento per la mora[7]. D’altra parte il MEF, più che sentire –
come dispone la legge – è apparso aderire alle indicazioni della Banca d’Italia
riportando in decreto la risultanza del campionamento sulla mora senza
null’altro aggiungere, rimettendo in tal modo alla valutazione degli
intermediari l’uso che a tale dato poteva darsi.

Il singolare
riferimento nei decreti ministeriali alla rilevazione campionaria dei tassi di
mora del 2001 ha creato il destro per un diverso trattamento degli stessi
rispetto ai tassi corrispettivi.

L’ABI, dopo
l’indagine sui tassi mora richiamata dal decreto ministeriale, in una lettera
circolare indirizzata alle associate (n. 4681/2003), sulla base di ‘prime
autorevoli interpretazioni della dottrina
’[8], aveva suggerito, per la
mora, l’adozione di un sofisticato criterio, successivamente mutuato dalla
Banca d’Italia per la CMS con la Circolare del 2/12/05: soglia per la mora pari
alla somma del tasso medio di mercato, individuato dalla Banca d’Italia per gli
interessi corrispettivi, e della maggiorazione di 2,1 punti percentuali, il
tutto aumentato del 50% (ora 25% + 4 punti).

Questo
criterio ha ora incontrato l’avallo della Banca d’Italia, la quale solo nella
recente comunicazione del 3 luglio 2013 ha espresso chiaramente le finalità
implicite della rilevazione campionaria della mora, riportata sistematicamente,
negli ultimi dieci anni, in tutti i decreti ministeriali di pubblicazione delle
soglie d’usura.

L’indicazione
dell’ABI, accolta all’unisono dalla Banca d’Italia, non risulta essere stata
adottata dagli intermediari più prudenti, che hanno prestato maggiore
attenzione alle pronunce nel frattempo espresse dalla Cassazione e dalla Corte
Costituzionale. Valutando opportunamente il rischio legale che ne può derivare,
gli intermediari, per lo più, mantengono la mora entro la soglie pubblicate dal
MEF per le distinte Categorie di credito, senza alcuna maggiorazione[9].
D’altra parte non è questa la sola circostanza nella quale le banche si sono
discostate cautelativamente dalle indicazioni della Banca d’Italia[10], per non
incorrere in ‘quell’aggiramento della norma penale che impone alla legge – e
non alla Banca d’Italia– di stabilire il limite oltre il quale gli interessi
sono sempre usurari
’, sancito dalla Cassazione Penale n.46669/11 per le
CMS.

Il rilievo
appare quasi naḯf,: l’art. 2 comma 4 della legge 108/96 prevede che il limite “…oltre
il quale gli interessi sono sempre usurari è stabilito nel tasso medio
risultante dall’ultima rilevazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale …”
non nel tasso riveniente dalla maggiorazione che autonomamente la Banca
d’Italia ha voluto rilevare, in termini campionari, sulla base di criteri che
non si conoscono, dopo oltre cinque anni dal varo della legge. Non vi sono
altri tassi medi pubblicati in Gazzetta oltre ai valori del TEGM, non è
pubblicato un tasso medio per la mora, non è stato mai esplicitato in Gazzetta
o nei Decreti del MEF che per la mora dovesse essere considerata la
maggiorazione di 2,1 punti, aggiungendola al tasso medio di rilevazione e
maggiorando il tutto del 50%. Né tanto meno con il provvedimento legislativo
del ‘11, che ha sostanzialmente ampliato lo spread dal 50% al 25% più quattro
punti, si è fatto menzione ad alcuna soglia per la mora[11]: prima della
recente comunicazione del 3 luglio 2013 della Banca d’Italia, solo le ‘autorevoli
interpretazioni
’ dell’ABI avevano dato un’indicazione similare (non del
tutto identica). Se questa ‘balzana’ lettura avesse acquisito in dottrina e in
giurisprudenza una qualche forma di credito, si sarebbe reiterato sulla mora
quanto accaduto per la CMS.

Non si vede
come possa prevedersi una specifica soglia per gli interessi di mora senza porsi
in contrasto con il dettato normativo che dispone la soglia per il tasso di
interesse, a qualunque titolo convenuto, sia esso corrispettivo, compensativo o
moratorio: come detto, la diversificazione del tasso soglia, prevista dalla
legge per le differenti categorie, è riferita alla natura del credito, non
dell’interesse, e alla fisiologia, non alla patologia, del fenomeno.

Creando –
con il riferimento ad una generica rilevazione campionaria, non prevista da
alcuna norma di legge – un ulteriore spread di penalizzazione entro una
diversa e più elevata soglia, ancor prima di ravvisare la ricorrenza dell’usura
concreta[12], si verrebbe a contraddire la logica della rilevazione del valore
medio fisiologico del credito come punto di riferimento al quale ancorare lo spreaddi variazione consentito dalla legge stessa. Se si inseguono i diversi gradi di
patologia con differenti tassi soglia si innesca un’ascesa che vanifica lo
spirito stesso della legge.

Il
rafforzativo ‘sono sempre usurari’ – riportato nel menzionato passaggio
dell’art. 2, comma 4, della legge 108/96, non sembra ammettere deroghe: ogni
patologia deve essere comunque ricompresa nello spread fissato dalla
legge rispetto al tasso medio di mercato, inteso quest’ultimo come un tasso
ordinario, fisiologico.

Se si crea
una Categoria per la patologia con una propria specifica soglia, viene meno il
riferimento al tasso ordinario e si vanifica lo spirito della legge, privandola
dell’inderogabilità implicita nella formulazione ‘sono sempre usurari’.

La Banca
d’Italia con le sue indicazioni, che esondano l’ambito proprio della funzione
che solo indirettamente le viene assegnata, e che vengono passivamente recepite
nei decreti del MEF, presta forme di soccorso agli intermediari che si pongono
in contraddizione con la legge 108/96 e le pronunce della Suprema Corte,
contribuendo a creare quelle zone grigie che, prima della sentenza della
Cassazione Pen. n. 46669/11, hanno seriamente pregiudicato la determinatezza e
tassatività della norma[13]. Gli stessi controlli di vigilanza risultano di
fatto edulcorati, risultando informati alle indicazioni dell’Istituto in luogo
di quelle rivenienti dalla Suprema Corte.

Con
l’inusuale chiarimento del 3/07/13, la Banca d’Italia appare voler interpretare
e integrare la Sentenza ultima della Superiore Corte n. 350/13 in tema di mora.
Nel chiarimento si puntualizza:

i) i tassi soglia non sono fissati
dalla Banca d’Italia ma determinati da un automatismo stabilito dalla legge, a
partire dai tassi medi di mercato rilevati trimestralmente dalla Banca d’Italia
e pubblicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze;

ii) la
verifica dell’usurarietà dei tassi applicati ai singoli contratti e le
conseguenti valutazioni, sotto l’aspetto civile e penale, sono rimesse
all’Autorità giudiziaria;

iii) la
Banca d’Italia, attraverso le ‘Istruzioni per la rilevazione dei tassi
effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura’ e i connessi
chiarimenti pubblicati sul sito, fornisce agli intermediari i criteri tecnici
da seguire per segnalare in modo corretto e omogeneo i TEG applicati,
utilizzati per l’individuazione delle soglie trimestrali. I Decreti
ministeriali che aggiornano i tassi soglia dispongono che gli intermediari
verifichino l’usurarietà dei tassi applicati sui singoli contratti sulla base
degli stessi criteri tecnici;

iv) le
‘Istruzioni’ della Banca d’Italia sono costantemente aggiornate per tener conto
dell’evoluzione della normativa in tema di contratti bancari e dell’innovazione
finanziaria. Tali Istruzioni possono costituire una metodologia di riferimento
per la valutazione dei casi concreti condotta dalla magistratura ma non ne
vincolano le decisioni
.

L’Istituto
Centrale appare voler ricondurre ad un automatismo di legge quella gestione dei
tassi d’usura esercitata attraverso le categorie di credito, le FAQ e, non da
ultimo, questa nuova comunicazione a chiarimento. Le ‘Istruzioni’ della Banca
d’Italia, si ribadisce, vengono costantemente aggiornate per tener conto
dell’evoluzione del mercato creditizio; vengono all’uopo richiamati, accanto
alle ‘Istruzioni’, ‘i connessi chiarimenti pubblicati sul sito’ i quali
hanno assunto la singolare funzione di modifica interpretativa delle
‘Istruzioni’[14]. Con buona pace della riserva di legge, se tali ‘Istruzioni’ e
i connessi chiarimenti – a norma dell’art. 3, comma 2 dei Decreti Ministeriali
– oltre che per la rilevazione del TEGM, dovessero essere impiegati per la
verifica del limite d’usura.

Dopo la
pronuncia espressa dalla Cassazione Pen. n. 46669/11, ancor più stridente
appare la circostanza che prima vengano richiamati i decreti ministeriali che
dispongono la verifica dell’usura con gli stessi criteri tecnici riportati
nelle ‘Istruzioni’ per la rilevazione del TEGM, per poi dover rilevare che tali
criteri non vincolano le decisioni della magistratura. Per attenuare questa
discrasia la Banca d’Italia dovrebbe osservare una stretta aderenza all’art.
644 c.p. per non incorrere nuovamente nella censura della Cassazione, evitando,
tra l’altro, interventi ‘creativi’ di campionatura non specificatamente
previsti dalla norma.

Con il
menzionato disposto ministeriale – per nulla ricompreso nei margini delegati
dalla legge 108/96, che assegna al MEF, sentita la Banca d’Italia,
esclusivamente il compito di rilevare il tasso medio di mercato – si continua,
con caparbietà, a voler riportare i criteri e il tasso da impiegare per il
rispetto dell’art. 644 c.p. ai criteri e al tasso appositamente ideati dalla
Banca d’Italia per la rilevazione del tasso medio di mercato (TEGM): risultando
le finalità diverse seppur accostate, si viene a perpetrare l’ambigua
incongruenza nella quale si è già incorsi con la CMS, esclusa nella rilevazione
del TEGM e ricompresa nella verifica del rispetto della soglia d’usura.
Colmando l’incongruenza della mora con una ‘posticcia’ rilevazione campionaria,
priva di alcun supporto normativo.

Per la mora
– come per altre fattispecie che vengono escluse dalla rilevazione del TEGM,
quali crediti in sofferenza, revocati, ecc. (cfr. paragrafo B2 delle
‘Istruzioni) – il disposto dell’art. 3, comma 2 dei menzionati decreti
ministeriali si pone in palese contraddizione con il dettato dell’art. 644
c.p.. Questa circostanza non può sfuggire ai vertici bancari che, depositari
del presidio della norma penale, sono chiamati, nella loro peculiare diligenza
professionale, a cogliere la priorità della legge e comunque adottare
comportamenti di cautela quand’anche esistesse un mero dubbio.

Nei principi
stabiliti dalla Suprema Corte (II Sez. Pen. n. 12028/10, II Sez. Pen. n.
28743/10, II Sez. Pen. n. 46669/11), sia per i criteri di aggregazione sia per
i criteri di inclusione, il TEG indicato dalla Banca d’Italia per la
rilevazione statistica del tasso medio di mercato costituisce un punto di
riferimento solo nella misura in cui risulti coerente e congruente con il
dettato dell’art. 644 c.p..

La
‘copertura’ del menzionato decreto ministeriale è stata ridimensionata dalla
Cassazione Pen. n. 46669/11 che ha ricondotto le indicazioni della Banca
d’Italia e, di riflesso, il disposto ministeriale, in un alveo propriamente
subordinato alla norma di legge; la pronuncia della Cassazione è perentoria,
ponendo un solido presidio alla tassatività della norma: “Le circolari o
direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia
vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca
d’Italia, neppure quale mezzo di interpretazione …”.

Il principio
fissato dalla Cassazione viene trovando immediato riscontro nella
giurisprudenza ordinaria: “E’ evidente pertanto che le suddette Istruzioni
della Banca d’Italia non abbiano alcuna efficacia precettiva nei confronti del
Giudice nell’ambito del suo accertamento del TEG applicato alla singola
operazione, né debbano essere osservate dagli operatori finanziari allorquando
stabiliscono il tasso di interesse di un determinato rapporto, e ciò sia perché
non sono appunto finalizzate a stabilire il TEG del singolo caso, ma a
richiedere agli intermediari dati da fornire al Ministero del Tesoro per
stabilire il TEGM da osservarsi per il trimestre successivo, sia perché
disposizioni certo non suscettibili di derogare alla legge ed in particolare la
prescrizione di cui all’art. 644 c.p. in materia di componenti da considerarsi
al fine della determinazione del tasso effettivo globale praticato. Il TEG
applicato alla singola operazione va accertato dal Giudice unicamente sulla
base dell’art. 644 c.p. che prevede che ‘per la determinazione del tasso di
interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi
titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla
erogazione del credito’ e, ove presenti, di eventuali disposizioni di legge
aventi pari forza; non hanno alcuna efficacia a tale fine le istruzioni
impartite dalla Banca d’Italia per rilevare il TEGM, sia perché non rivolte,
come si è detto, a stabilire il tasso globale effettivo di una certa singola
operazione, sia perché non aventi comunque, neppure in astratto, portata
derogatoria né integratrice della norma di cui sopra, nella parte in cui indica
come calcolare il tasso effettivo globale.
(Corte d’Appello Torino,
20/12/2013, Rel.: F. La Marca, Pres.: L. Grimaldi)[15].

Dopo le
‘difformi’ indicazioni della Banca d’Italia in tema di CMS, che hanno per lungo
tempo seriamente pregiudicato l’applicazione dei limiti d’usura, la Cassazione,
con il perentorio disvalore espresso per le circolari e direttive della Banca
d’Italia, ha voluto riaffermare la gerarchia delle fonti normative, onde
evitare il ripetersi di ‘difformi’ interventi e/o interpretazioni, che possano
pregiudicare la determinatezza e tassatività della norma.

Si può
ritenere che, con le precisazioni in tema di responsabilità e professionalità
dell’operatore bancario fornite dalla Cassazione, in presenza dell’elemento
oggettivo non rimangano spazi di copertura alle indicazioni della Banca
d’Italia che possano far escludere l’elemento soggettivo. Il precedente della
CMS non si può replicare: la Cassazione ha stabilito principi che escludono un
ulteriore scollamento dell’usura oggettiva da quella soggettiva; con la
diligenza e professionalità richiesta ai vertici bancari non si può trascurare
il principio di determinatezza e tassatività della norma penale ricondotto
esclusivamente all’art. 644 c.p., che non può essere pregiudicato dalle
‘interpretazioni’ normative offerte dalla Banca d’Italia.

Quali che
siano le ‘Istruzioni’, e ancor più le modifiche apportate dalle FAQ, la
trasposizione delle indicazioni della Banca d’Italia, dalla rilevazione del
tasso medio di mercato alla verifica del rispetto delle soglie d’usura, rimane
subordinata alla prescrizione dell’art. 644 c.p. Con questa incontrovertibile
evidenza si scontrano quei comportamenti opportunistici degli intermediari, che
ricercano ‘copertura’ nelle ambiguità insite nella norma amministrativa.

2. ABF e
Banca d’Italia: allineati nelle modalità, discosti nei risultati.

Nell’ambito
delle precisazioni di contorno al chiarimento del 3/7/13 la Banca d’Italia
assume una propria posizione in merito agli interessi di mora: ‘In ogni
caso, anche gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura. Per
evitare il confronto tra tassi disomogenei (TEG applicato al singolo cliente,
comprensivo della mora effettivamente pagata, e tasso soglia che esclude la
mora), i Decreti trimestrali riportano i risultati di un’indagine per cui ‘la
maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è
mediamente pari a 2,1 punti percentuali’. In assenza di una previsione
legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi
moratori, la Banca d’Italia adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli
intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati
di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo.’
[16].

La Banca
d’Italia, nella rilevazione campionaria curata con riferimento al III trimestre
‘01, non ha rilevato la media del tasso di mora, bensì la maggiorazione media
del tasso di mora rispetto al tasso corrispettivo: solo con la recente
comunicazione del 3/7/13 si è esplicitamente indicato il riferimento alla
soglia per la mora, reiterando il medesimo criterio della CMS soglia. Ma né al
MEF, né tanto meno alla Banca d’Italia è consentita dal disposto penale una
discrezionalità di tale portata. Né la funzione di presidio al corretto
svolgimento del rapporto di credito, assegnata alla mora, può giustificare una
specifica soglia d’usura, distinta da quella rilevata per la Categoria del
credito di riferimento.

Nel
menzionato chiarimento, si prospetta un’imprescindibile esigenza di omogeneità
di confronto per ricondurre le modalità di calcolo e i criteri di inclusione
previsti dall’art. 644 c.p. alle modalità e criteri adottati dalla Banca
d’Italia nella rilevazione statistica del TEGM e alle integrazioni operate per un
verso con le CMS, per l’altro con la mora[17]. Con questo passaggio logico si è
realizzata, per lungo tempo sino alla nota pronuncia della Cassazione Pen. n.
46669/11, un’indebita gestione amministrativa del presidio penale.

Si mira a
fondere il criterio di verifica dell’art. 644 c.p. al criterio di rilevazione
del valore medio di mercato, rimettendolo alle scelte della Banca d’Italia che,
ispirate da una marcata connotazione soggettiva, hanno subordinato e
condizionato alla più generale politica del credito la gestione delle soglie
d’usura, attraverso l’individuazione delle categorie di credito, le scelte
della formula di calcolo e i criteri di inclusione delle commissioni, oneri e
spese.

La Banca
d’Italia sembra restia ad uniformarsi al disposto di legge se, dopo la
‘creazione’ della ‘CMS soglia’, nonostante il richiamo della Cassazione Pen. n.
46669/11, torna a proporre una ‘Mora soglia’, determinata attraverso
un’identica metodologia.

La posizione
sull’omogeneità di confronto è ripresa e sostenuta dall’ABF: “Tornando alla
fisiologia dei mercati concorrenziali è da osservare che il criterio della
soglia individuata di tempo in tempo mediante rilevazioni di mercato esige che
i metodi di calcolo degli interessi convenzionali effettivi ed i metodi di
rilevazione della media di mercato siano perfettamente coincidenti. Ogni anche
piccola discrasia infatti si pone in contraddizione logica con la ratio della
disciplina dell’usura. Del resto, la Banca d’Italia ha da tempo colto questo
aspetto e perciò rende pubblici e quindi trasparenti i metodi mediante i quali
perviene a calcolare i tassi medi rispetto alle diverse tipologie di credito,
consentendo quindi di svolgere confronti perfettamente simmetrici con i tassi
convenzionali effettivi previsti dai singoli contratti.
”. (Decisione n.
77/14 del Collegio di Coordinamento).

Più
recentemente il Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario e Finanziario
(ABF 19/3/14), sulla base della carenza di omogeneità del confronto, perviene
alla radicale soluzione di escludere gli interessi di mora dal rispetto del
tasso soglia: non essendo i tassi di mora oggetto di rilevazione, si esclude
l’ipotesi che i tassi soglia rilevati con riferimento al TEGM possano costituire
un limite anche all’esigibilità di interessi moratori. Nella decisione dell’ABF
si disconosce la possibilità di impiegare la rilevazione campionaria del 2001
curata dalla Banca d’Italia ai fini della verifica dell’usura, ma si riconosce
l’esigenza della perfetta simmetria tra i costi che intervengono nel rapporto
creditizio e quelli censiti nella rilevazione statistica impiegata per
l’individuazione del tasso soglia: “Così come sarebbe palesemente scorretto
confrontare gli interessi pattiziamente convenuti per una data operazione di
credito con i tassi soglia di una diversa tipologia di operazione creditizia,
così come sarebbe palesemente scorretto calcolare nel costo del credito
convenzionalmente pattuito gli addebiti a titolo di imposte, altrettanto
scorretto risulta calcolare nel costo del credito pattuito i tassi moratori che
non sono presi in considerazione ai fini della individuazione dei tassi soglia,
perché in tutti i casi si tratta di fare applicazione del medesimo principio di
simmetria
”.

Conclusivamente– afferma il Collegio – si deve ribadire che non possono essere assoggettati
alla disciplina relativa agli interessi usurari elementi di costo del credito
che non siano contemplati nel calcolo dei tassi soglia
”[18].

Con
l’omogeneità del confronto si mira a presidiare le scelte adottate dalla Banca
d’Italia. Dalla mancata inclusione della mora nella rilevazione del TEGM l’ABF
fa discendere l’inapplicabilità alla stessa dell’art. 644 c.p.. Si riconosce
nel contempo all’art. 1384 c.c. il presidio all’eventuale riduzione di penali
eccessive, non escludendo l’applicazione dell’art. 1344 c.c. nel caso si
configuri l’aggiramento delle disposizioni delle soglie d’usura[19].

Non si può
trascurare la funzione anche remunerativa che accosta gli interessi di mora
agli interessi corrispettivi. L’art. 1224 c.c., nel consentire gli interessi
moratori anche nel caso in cui il creditore non ha subito alcun danno,
valorizza negli stessi il vantaggio derivante al debitore dalla disponibilità
della somma finanziata. D’altra parte la distinzione fra interessi
corrispettivi e moratori risulta attenuata nelle stesse pronunce della
giurisprudenza: “gli interessi corrispettivi su di una somma di denaro
decorrono dalla data in cui il relativo credito abbia acquistato carattere di
liquidità ed esigibilità, a nulla rilevando ogni eventuale indagine sulla
colpevolezza del ritardo nell’inadempimento da parte del debitore, e senza che
il creditore sia tenuto ad alcun atto di costituzione in mora, trovando
l’obbligazione da interessi corrispettivi il proprio giuridico fondamento nella
sola esigibilità della somma, e rappresentando la relativa decorrenza una
conseguenza automatica del ritardo subito dal creditore nel godimento di quanto
dovutogli
”[20].

L’istituto
della mora, nell’evoluzione del mercato creditizio, è stato affiancato da
strumenti di più marcata deterrenza al corretto rispetto degli impegni
finanziari assunti. Per l’operatore economico il pagamento della mora comporta
riflessi assai più modesti di quelli rivenienti dalla segnalazione alla
Centrale dei Rischi. I presidi all’insolvenza hanno subito nel tempo una
diversa evoluzione. A differenza delle transazioni commerciali, nel mercato
creditizio un significativo ruolo di presidio ad un più stringente rispetto
degli impegni assunti nei confronti dell’intermediario bancario è assunto oggi
dalla Centrale dei Rischi. Le peculiari e dettagliate informazioni contenute in
quest’ultima, nel loro costante e tempestivo aggiornamento, offrono diverse e
più pregnanti opportunità di prevenzione e di tempestiva reazione allo stato di
crisi finanziaria. La segnalazione di morosità espressa dalla Centrale dei
Rischi, alla quale gli operatori economici vengono mostrando una crescente
attenzione per le ripercussioni immediate sulle loro disponibilità di credito,
costituisce un presidio molto più stringente e selettivo di un aumento del
costo del credito. L’operatore economico, che si trova già in fase di
decozione, viene presidiato già in sede di erogazione del credito.

Ancorché
agli interessi di mora – tramite una maggiorazione sul tasso corrispettivo,
spesso distintamente esplicitata in contratto – venga dall’ordinamento
assegnata anche una funzione sanzionatoria all’inadempimento del debitore, ciò
non di meno, come stabilisce la Cassazione n. 5286/00, il ritardo colpevole non
può giustificare un’obbligazione eccessivamente onerosa e contraria al
principio generale posto dalla legge. Proprio la combinazione, negli interessi
di mora, di una componente remunerativa e una componente sanzionatoria e le
agevoli circostanze di elusione che si creerebbero in contratti predisposti
unilateralmente dall’intermediario, hanno sospinto l’assimilazione degli
interessi di mora ai corrispettivi, nel rispetto dei limiti di soglia. D’altra
parte non si può trascurare che storicamente gli interessi di mora hanno
costituito il canale privilegiato nella pratica dell’usura.

Non appare
giustificata una deroga ai limiti d’usura, specifica per gli interessi di mora,
giustificata dalla presenza dei presidi posti dall’art. 1384 c.c. e 1344 c.c.
Né questa può essere dedotta dalla circostanza che gli interessi di mora non
sono ricompresi nei costi rilevati per la determinazione del TEGM.

Con lo
stesso principio di omogeneità di confronto, senza che possa intervenire alcun
altro presidio, risulterebbero esclusi dall’applicazione del 644 c.p. i crediti
revocati, i crediti in sofferenza e le altre forme creditizie previste al punto
B2 delle ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia, che non vengono ricompresi nella
determinazione del TEGM[21].

Ancor più,
verrebbe vanificato il portato della legge 108/96 e l’applicazione della
sanzione prevista dall’art. 1815 c.c. 2° comma, per il periodo dal 1997 al
2010, per tutti i rapporti di credito concessi in conto, in cui l’applicazione
della Commissione di Massimo Scoperto, non ricompresa nel TEGM, abbia condotto
a debordi delle soglie. E infatti, l’ABF, con precedente pronuncia, aveva già
escluso la CMS dalla verifica dell’usura, motivando: “… è da rilevare che il
Collegio non può condividere l’assunto che nel calcolo del tasso soglia
rilevante ai fini della normativa sull’usura si debbano includere anche gli
oneri commissionali anche anteriormente alla entrata in vigore della legge di
conversione del d.l. 29 novembre 2008, n. 185. Sotto questo profilo il richiamo
alla sentenza della Corte di Cassazione n. 12028/10 non appare pertinente
atteso l’inequivoco tenore letterale della disposizione contenuta nell’art.
2-bis, comma 2, l. n. 2/2009, il quale fa decorrere tale inclusione dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 29 novembre 2008, n. 185.
Prima di allora, dunque, il calcolo dei tassi soglia non comprendeva quanto
corrisposto a titolo di commissione di massimo scoperto
[22].

L’ABF nella
decisione assunta si discosta significativamente dalle pronunce espresse dalla
Cassazione Pen. n.12028/10 e n. 46669/11. La Cassazione Penale n. 46669/11
precisa: “La Banca d’Italia solo dall’agosto 2009, in applicazione di tale
nuova normativa
(D.L. 29/11/08, n. 185, art. 2 bis, comma 1, convertito
nella l. 28/1/09, n. 2) ha emanato le nuove istruzioni per la rilevazione
dei tassi globali medi ai sensi della legge sull’usura, ricomprendendo nel
calcolo delle varie voci la commissione di massimo scoperto, correggendo una
prassi amministrativa difforme.
”.

Con ciò la
Cassazione non intendeva certo disapplicare le soglie d’usura al periodo
precedente il 2010. L’algoritmo impiegato nella valutazione del Tribunale di
Palmi, riesaminata dalla Cassazione Pen. 46669/11, utilizzava il criterio della
CMS soglia, mentre l’algoritmo fatto proprio dal Gup di Ascoli Piceno nella
sentenza esaminata dalla Cassazione Pen. n. 12028/10 faceva riferimento alla
ordinaria formula del TAEG, ricomprendendo nella stessa le CMS. In entrambe le
sentenze non si è ritenuta inapplicabile alla fattispecie esaminata la soglia
d’usura, né si è esclusa la CMS dalla verifica.

La sentenza
della Cassazione n.46669/11 precisa: “… anche la CMS deve essere tenuta in
considerazione quale fattore potenzialmente produttivo di usura, essendo
rilevanti ai fini della determinazione del tasso usurario, tutti gli oneri che
l’utente sopporta in relazione all’utilizzo del credito, indipendentemente
dalle istruzioni o direttive della Banca d’Italia …”
. Il termine
‘indipendentemente’ lascia trasparire chiaramente la distinzione e separazione
della ‘verifica’ dell’usura dalla ‘rilevazione’ statistica del tasso medio di
mercato.

Lo stesso
principio di omogeneità potrebbe sostenersi per le spese di assicurazione e/o
per gli altri oneri, prima esclusi e solo da ultimo ricompresi nel calcolo del
TEGM con le ‘Istruzioni’ ‘09, con un’indubbia vanificazione del presidio
d’usura per il periodo sino a tutto il ‘09.

Si
disapplica l’art. 644 c.p., non perché manchi l’atto amministrativo di
completamento della norma penale, ma perché il criterio di rilevazione del
tasso medio di mercato, posto a base dello stesso atto amministrativo si
discosta dal criterio di verifica dell’usura dell’art. 644 c.p..

Con questo
principio la tassatività e determinatezza della norma viene ricondotta alle
scelte discrezionali effettuate dalla Banca d’Italia con le ‘Istruzioni’ per la
rilevazione del TEGM, con le FAQ di chiarimento e con la rilevazione a
latere
della mora. Fuori dai criteri di inclusione del calcolo del TEGM
fissati dalla Banca d’Italia non vi sarebbe soglia, la norma risulterebbe
inapplicabile per indeterminatezza del confronto. Il principio di omogeneità
nei termini esposti condurrebbe a smantellare significativamente il presidio
all’usura posto dalla legge: le vicende della CMS ne forniscono un’evidenza.

Lo stesso
principio di aderenza alle ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia, per la verifica
dell’usura, condurrebbe ad impiegare diversi metodi di calcolo del tasso,
annualizzando gli oneri solo dal ‘10, disattendendo per i tredici anni
precedenti il concetto di tasso effettivo, sancito dalla legge 108/96 e
definito univocamente – dai Babilonesi ai giorni nostri – in ogni manuale di
matematica[23].

Aspetto
ancor più rilevante, una stretta applicazione del principio fissato dall’ABF
lascerebbe inapplicabili le soglie d’usura alle diverse forme di finanziamento
nelle quali non interviene l’intermediario bancario, ivi comprese quelle
previste dalla legge 231/02: anche le forme criminali di usura, impiegando di
norma modalità discoste dalle ordinarie categorie bancarie, risulterebbero
prive della stretta simmetria con le soglie rivenienti dalla rilevazione della
Banca d’Italia[24].

Assai labili
appaiono le argomentazioni del Collegio a sostegno della stretta omogeneità fra
criteri di rilevazione statistica ai fini del TEGM e criteri di verifica delle
soglie d’usura. In una precedente decisione (n. 77/2014) il Collegio di
Coordinamento aveva osservato che: “Rilevare periodicamente il livello medio
dei tassi significa non solo ammettere che il tasso di interesse possa variare
nel tempo, ma significa anche che il livello dei tassi di mercato non è mai
predicabile come eccessivo, ingiusto o altro; in quanto viene assunto come il
punto di equilibrio tra i prenditori e i prestatori di denaro quando operano in
un mercato regolamentato ed in situazione di concorrenza.
” (…) “Si deve
quindi assumere che la finalità perseguita dalla normativa che considera
l’usura un illecito – sia civile che penale – ma considera usurari solo i tassi
che superano una data soglia variabile nel tempo e basata su rilevazioni di
mercato, sia quella di evitare discriminazioni mediante le quali alcuni
individui, o gruppi, accedono al credito a condizioni fortemente deteriori
rispetto ad una media di mercato.
” (…) ” per arrivare al principio: “il
criterio della soglia individuata di tempo in tempo mediante rilevazioni di
mercato esige che i metodi di calcolo degli interessi convenzionali effettivi
ed i metodi di rilevazione della media di mercato siano perfettamente
coincidenti
”.

Di riflesso,
secondo il Collegio di Coordinamento dell’ABF, o vengono impiegati per la
verifica del rispetto delle soglie d’usura i criteri che la Banca d’Italia ha
discrezionalmente adottato per la rilevazione del valore medio di mercato, o
rimane inapplicato il presidio all’usura.

La
specifica ed esclusiva argomentazione prospettata dal Collegio non appare
reggere per la mora un vaglio di concretezza. Non risulta affatto dicotomica la
distinzione fra interessi corrispettivi e interessi di mora. La Cassazione non
ha previsto, come fatto per le CMS (Cass. n. 12028/10), l’inclusione della mora
nel TEG di rilevazione (Cass. n. 350/13), ma ne ha stabilito l’assoggettamento
alle soglie ed ha precisato ‘che la legge n. 108 del 1996 ha individuato un
unico criterio ai fini dell’accertamento del carattere usurario degli interessi
(la formulazione dell’art. 1, 3° comma, ha valore assoluto in tal senso) e che
nel sistema era già presente un principio di omogeneità di trattamento degli
interessi, pur nella diversità di funzione, come emerge anche dall’art. 1224,
1° comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che se prima della mora erano
dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori
sono dovuti nella stessa misura
.

Per le
finalità di presidio dell’usura, non ha alcun senso prevedere una specifica
soglia d’usura per il costo del credito in una fase di patologia: non è questo
lo spirito della legge che ha voluto ancorare all’ordinario tasso di mercato il
margine entro il quale ricomprendere ogni forma di patologia; il costo di
quest’ultima, nella sua ricorrenza eventuale, è già compreso, come rischio, nel
diverso tasso corrispettivo richiesto dall’intermediario sulla base del merito
di credito del prenditore.

La presenza
di una circostanza di patologia, alla quale è associato un incremento del
rischio, viene riconosciuta anche dall’ABF (Collegio di coordinamento 19/3/14)
che ricomprende nella maggiorazione del tasso di mora la funzione di copertura
del maggior rischio in cui incorre il rapporto: “E’ anche da considerare la
diversa intensità del rischio creditorio sottesa alla determinazione della
misura degli interessi corrispettivi da un lato e degli interessi moratori
dall’altro. Infatti la prima misura incorpora il presupposto della puntualità
nei pagamenti dovuti, mentre la seconda incorpora l’incertezza relativa al
momento della solutio, posto che il soddisfacimento delle ragioni creditorie
non è più affidato alla fisiologica esecuzione del contratto, ma ai rimedi che
assistono il creditore deluso, il quale può anche rimanere tale per sempre. Da
ciò deriva la necessità logica di differenziare la misura dei due tipi di
interessi”.

Anche in
questa lettura tuttavia non si giustifica che, in caso di inadempimento, per il
tasso preconcordato, remunerativo del maggior rischio di insolvenza, debba
prevedersi una diversa e più elevata soglia d’usura. La legge prevede la
rilevazione di un dato fisiologico di mercato: i costi che si discostano
dall’ordinario sono da ricomprendere nello spread previsto dalla
legge[25].

3.La
verifica ex art. 644 c.p. e la rilevazione statistica del TEGM: il simulacro
dell’omogeneità.

L’art. 644
c.p. individua con precisione cosa ricomprendere nel valore dell’interesse da
raffrontare con il limite di usura. Ai fini dell’usurarietà, il concetto di
interesse si discosta dal senso ordinario e civilistico del termine, risultando
assimilato al costo, onnicomprensivo di ogni forma di onere e spesa, a
qualsiasi titolo, che accompagna l’erogazione del credito: l’unica eccezione
prevista è data dalle imposte e tasse, da riversare all’Amministrazione
finanziaria.

La
Banca d’Italia non può intervenire in alcun modo nella determinazione del tasso
da porre in confronto con la soglia d’usura, non avendone la funzione, né le è
stato attribuito alcunché dalla legge 108/96 che, anche per la rilevazione,
demanda questo compito al MEF. Le legge dispone un procedimento per pervenire
alla fissazione del tasso soglia che non prevede neanche l’automatica
assunzione dei dati rilevati dalla Banca d’Italia: quest’ultima assolve una
funzione semplicemente consultiva ed è previsto altresì anche un eventuale
correttivo, riferito al tasso ufficiale di sconto, per pervenire
all’indicazione del tasso soglia.

Anche al MEF
la legge n. 108/96 demanda esclusivamente la rilevazione trimestrale del tasso
effettivo globale medio (TEGM) – comprensivo di commissioni, remunerazioni a
qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse – riferito ad
anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari.
Nello spirito della legge si
persegue l’individuazione del tasso fisiologico di mercato, costituito dalla
media dei tassi ordinariamente impiegati dagli intermediari finanziari.

Il
legislatore ha ritenuto opportuno adottare un parametro di riferimento
flessibile, sinergico ed endogeno al mercato degli stessi operatori tenuti al
rispetto della soglia. Alla determinazione di tale valore sintetico di
riferimento (TEGM) non possono concorrere tipologie di crediti e elementi di
costo che, discostandosi dall’ordinario per motivi particolari o di patologia,
altererebbero il “
normale prezzo” del credito applicato alla clientela[26].

Per altro il
concetto di ‘fotografia’, più volte richiamato dalla Cassazione, impone una
metodologia di calcolo informata ad una chiara e trasparente oggettività.

Dal tasso
medio di mercato si diparte poi lo spread (25% più quattro punti, 50%
prima del D.L. 70/11) entro il quale ricomprendere la remunerazione per i
peculiari aspetti di patologia e rischio insiti nello specifico finanziamento:
oltre la soglia si ritiene la criticità eccessiva e l’erogazione del credito
inefficiente e usuraria[27]. Nella misura in cui il TEGM incorporasse elementi
di patologia, diversi dall’ordinario margine di rischio di credito, indurrebbe
una falsa rappresentazione del mercato e un’indebita lievitazione del tasso di
riferimento. La patologia si differenzia dalla norma per il venir meno del
carattere di ordinarietà: lo spread dal tasso medio di mercato praticato
dall’intermediario esprime la misura del livello di maggior rischio assumibile.
Nella fattispecie patologica entrano elementi ulteriori, non compresi
nell’ordinario margine fisiologico: proprio la misura economica del maggior
rischio, che nella verifica deve trovare spazio nello spread, consente
di apprezzare lo scostamento dall’ordinario e la presenza o meno dell’usura.
Ponendo all’interno del tasso medio di riferimento elementi di patologia, che
fuoriescono dall’ordinario, si vanificherebbe il presidio all’usura, in quanto,
anziché contenere i tassi anomali, limitandoli e tenendoli accostati a quelli
ordinari di mercato, si verrebbe ad indurre un accostamento del tasso
fisiologico a quello patologico.

Assai
articolate risultano le Istruzioni, adottate dalla Banca d’Italia, per la
rilevazione e calcolo dei tassi medi di mercato, rappresentativi delle
condizioni vigenti nel trimestre di riferimento. La rilevazione circoscrive
l’ambito di osservazione, per ciascuna Categoria, alle operazioni
ordinarie e correnti del trimestre. Per gli oneri e le spese, il criterio
adottato è quello di ricomprendere le spese ordinariamente ricorrenti
nell’operazione e di escludere le spese e gli oneri connessi ad eventi di
patologia del credito[28]. Taluni oneri (CMS, mora, spese di assicurazione
ecc..) non sono stati inizialmente compresi nella rilevazione del TEGM in
quanto sono stati ritenuti non ricorrenti ordinariamente nella formazione del
prezzo del credito, ma questo non significa che non debbano essere ricompresi
nella verifica del rispetto della soglia d’usura: detti oneri non sono avulsi
dal credito e proprio su di essi si appunta spesso il debordo della soglia
d’usura.

Con le
‘Istruzioni’ del ‘09, la Banca d’Italia, oltre alla CMS, ha ricompreso nel
calcolo del TEGM anche altre spese prima escluse: si può presumibilmente
ritenere che tali spese prima applicate occasionalmente, sono divenute negli
anni ‘00, come le CMS[29], ricorrenti ordinariamente nelle operazioni di
credito.

La rilevazione
del TEGM ha una finalità statistica sua propria, volta a cogliere un dato medio
di mercato: le stesse ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia parlano di ‘obbligo
di segnalazione per la rilevazione ai fini statistici
’. I valori del TEG
segnalati dalle banche che, adeguatamente aggregati, vanno a comporre il TEGM
pubblicato trimestralmente dal MEF, devono rispettare criteri e modalità di
calcolo coerenti con tale finalità. La verifica del rispetto della soglia
d’usura concerne una diversa finalità e un distinto processo di calcolo. La
rilevazione statistica ricomprende l’operatività ordinaria, la verifica
dell’usura ricomprende tutto, ordinario e patologico. I criteri di rilevazione
statistica sono fissati dalla Banca d’Italia, quello di verifica è unico ed è
fissato dalla legge.

Sul piano
tecnico-scientifico si possono elaborare più metodologie ed algoritmi per
conseguire una corretta rilevazione del valore medio di mercato, in funzione
dello scopo che la media stessa deve assolvere nel tempo, coerentemente con
l’evoluzione del mercato[30]. Al contrario la rilevazione del costo del
credito, nel chiaro ambito normativo disposto dall’art. 644 c.p., non lascia
spazio a formule e criteri diversi da quelli indicati dalla norma. Vanno tenute
distinte le finalità e i criteri indicati dal comma 4 dell’art. 644 c.p., dalle
finalità e criteri metodologici indicati dalla Banca d’Italia nelle Istruzioni
per la rilevazione del tasso effettivo medio globale.

D’altra
parte il criterio stabilito dall’art. 644 c.p. non può essere soggetto alle
modifiche e deroghe riportate nelle ‘Istruzioni’, date dalla Banca d’Italia
agli intermediari finanziari per le segnalazioni statistiche dei TEG impiegati
per la determinazione del tasso medio di mercato (TEGM). La Banca d’Italia, in
più edizioni successive, ha rivisitato le ‘Istruzioni’, modificando le poste
rientranti nel TEG impiegato nella determinazione del TEGM e aggiustando la
formula di calcolo impiegata nella rilevazione, accompagnando in tal modo i
mutamenti intervenuti nel tempo nella fisiologia del mercato[31]. Oltre
all’ultimo intervento che, cogliendo lo spunto dalle indicazioni della legge n.
2/09, ha modificato sostanzialmente sia i criteri di inclusione che la
metodologia di calcolo del TEG[32], nelle otto versioni precedenti sono state
apportate variazioni e precisazioni agli oneri da considerare nel calcolo del
TEG.

La
determinazione del valore medio fisiologico di mercato può ben comportare nel
tempo delle modifiche nei criteri di rilevazione statistica per cogliere i mutamenti
che intervengono nelle condizioni ordinariamente praticate dagli intermediari.
Tali aggiustamenti non possono comportare modifica alcuna nei criteri di
calcolo e di inclusione dei costi nel tasso impiegato per la verifica
dell’usura: quest’ultimo, determinato dal principio disposto dall’art. 644
c.p., rimane immutato nel tempo, né tanto meno, essendo rimasto immutato il
portato dell’art. 644 c.p., potrebbero rimanere altrettanto immutate le
‘Istruzioni’ della Banca d’Italia.

Non è
trascurabile la circostanza che la rilevazione del TEG disposta dalle
‘Istruzioni’ della Banca d’Italia è rivolta sostanzialmente ad individuare il
tasso medio praticato dal mercato, non necessariamente quello pattuito
contrattualmente: “La rilevazione svolta dalla Banca d’Italia sui tassi
effettivi globali medi distingue due tipologie di crediti:

– per i
finanziamenti a utilizzo flessibile sono rilevati i TEG praticati nel trimestre
per tutti i conti in essere anche se si tratta di contratti stipulati in
precedenza. Le forme tecniche che ricadono in questa fattispecie sono le
aperture di credito in conto corrente, gli anticipi su crediti e sconto di
portafoglio commerciale, il factoring e il credito revolving.

– per i
finanziamenti con un piano di ammortamento predefinito (credito personale,
credito finalizzato, leasing, mutui, prestiti contro cessione del quinto e
della pensione, altri finanziamenti) viene rilevato il TEG relativo ai nuovi
contratti stipulati nel trimestre. Per questa tipologia di crediti la verifica
sul rispetto delle soglie è compiuta solo al momento della stipula del
contratto, in cui la misura degli interessi è stabilita.
[33]”.

I due valori
– tasso medio di mercato e tasso contrattualmente pattuito in contratto da
sottoporre a verifica – ancora una volta, sono accostati, non coincidenti[34].
La verifica dell’usura riguarda sostanzialmente, ancorché non esclusivamente,
le condizioni pattuite contrattualmente[35]. L’offerta, per un’apertura di
credito, di un tasso debordante la soglia d’usura non rientra nella
segnalazione prevista dalle ‘Istruzioni’, che censisce i tassi praticati, non
quelli offerti; se tale offerta trovasse applicazione nelle condizioni
praticate non potrebbe rientrare nella (successiva) segnalazione per la
determinazione della media di mercato: il sistema informatico dovrebbe
rifiutare il dato, segnalando la distonia; se invece fosse, in fase
applicativa, sottoposta a cimatura, la segnalazione risulterebbe regolare, ma
si configurerebbe egualmente usura, in quanto riportata in contratto.

L’apparente
distonia fra quanto indicato nelle Istruzioni e quanto inequivocabilmente
disposto dal 4° comma dell’art. 644 c.p. trova spiegazione nel diverso ruolo
svolto dalla rilevazione statistica del tasso effettivo globale medio e dalla
verifica del rispetto della soglia d’usura.

Si possono
condividere o non condividere la formula e i criteri che, nella funzione
rimessale dalla legge 108/96, attraverso il MEF, sono stati impiegati dalla
Banca d’Italia per la rilevazione del tasso effettivo medio globale di mercato
(TEGM), ma non si possono confondere con questi i perentori, inequivocabili e
assai più semplici termini di determinazione del tasso effettivo globale
stabiliti dall’art. 644 c.p..

La Banca
d’Italia, nella discrezionalità tecnica che le deriva, attraverso il MEF, dalla
legge 108/96, deve impiegare il modello di rilevazione statistica che meglio
accosti la rilevazione del tasso medio di mercato al tasso previsto dall’art.
644 c.p. I criteri di rilevazione dovrebbero essere informati a principi di estrema
oggettività e trasparenza per non inficiare il compito affidatole, tramite il
MEF, dalla legge. Le scelte tecniche operate dalla Banca d’Italia appaiono,
invece, pervase da significative carenze di oggettività, che, nell’equivoco fra
rilevazione statistica e verifica, sono state rivolte a condizionare la
rilevazione del TEGM ad esigenze di salvaguardia dei comportamenti degli
intermediari, in una prospettiva più generale di gestione del credito. Ben si
comprende che la Banca d’Italia sia protesa a rafforzare la stabilità
dell’intermediario, oltre che a favorire il più ampio afflusso di credito
all’impresa e al consumatore: quest’ultimo, tuttavia, potrebbe trovare
limitazioni e razionamenti in situazioni e circostanze nelle quali le soglie
d’usura impedissero un’adeguata copertura dei rischi assunti
dall’intermediario.

Rimane
concettualmente distinta l’operazione di verifica del rispetto della soglia che
ciascuna banca effettua sui tassi attivi applicati alla clientela,
dall’operazione di rilevazione del TEG che la banca segnala trimestralmente
alla Banca d’Italia, sulla base delle ‘Istruzioni’ da questa impartite per la
rilevazione del TEGM. La prima non può che rimanere immutata, nelle modalità e
poste da considerare, rimanendo vincolata al dettato dell’art. 644 c.p., la
seconda deve necessariamente seguire i dettami della Banca d’Italia; quanto
previsto dall’art. 3, comma 2, dei D.M. del MEF non può certo sovrapporsi e
sostituirsi all’art. 644 c.p.

I criteri di
formazione dei due tassi risultano accostati, ma rimangono distinti e separati:
non è stabilito dalla legge alcun criterio di omogeneità, né questa può
semplicisticamente essere dedotta dalla circostanza che la legge 108/96 indica,
per la rilevazione del TEGM, la stessa terminologia ‘commissioni,
remunerazione a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse
’,
utilizzata per l’accertamento del tasso usurario.

L’art. 1,
comma 1, della legge 108/96 afferma: “Per la determinazione del tasso di
interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi
titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla
erogazione del credito.”
.

L’art. 2
comma 1, afferma poi: “Il Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d’Italia e
l’Ufficio Italiano dei Cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale
medio, comprensivo di commissioni, di remunerazione a qualsiasi titolo e spese,
escluse quelle per imposte e tasse,…”
.

Il primo
aggregato è riferito alla pattuizione contrattuale, il secondo aggregato è
riferito all’ordinario uso di mercato. Le due distinte prospettazioni
presentano notevoli ambiti di prossimità, che tuttavia non si risolvono in una
piena identità. Non si può trascurare questa sostanziale differenza ed
escludere, con l’ABF, ogni ‘piccola discrasia’ nei criteri di inclusione
e di calcolo, per assicurare una ‘perfetta coincidenza’ con i criteri di
rilevazione: questo assunto, quando non è un irriflesso pregiudizio, appare
un’improponibile lettura che sottrae alla norma penale il presidio oggettivo per
rimetterlo alla discrezionalità dell’Organo Amministrativo: “(…) il
procedimento per la determinazione dei tassi soglia analiticamente descritto
dal legislatore della riforma, esclude, per puntualità di riferimenti,
qualsiasi elusione del principio di riserva di legge in materia penale, nulla
essendo lasciato a scelte di opportunità o a valutazioni non fondate su
rigorosi criteri tecnici: al contrario, è proprio la linea di
‘obiettivizzazione’ del fatto tipico che ora caratterizza la figura descritta
dall’art. 644 cod. pen. a rendere la fattispecie senz’altro esente da quelle
perplessità di insufficiente determinatezza che, in passato, erano state
adombrate al suo riguardo
.”[36].

La formula e
i criteri di inclusione forniti dalla Banca d’Italia nelle “Istruzioni” per la
rilevazione del TEGM, congiuntamente alla presenza, a latere nei decreti
ministeriali, di indicazioni per le CMS e per gli interessi di mora, hanno
determinato confusione ed ambiguità, inducendo comportamenti non pienamente
uniformi e coerenti con il dettato normativo.

L’equivocità
e confusione è stata sostanzialmente determinata dalla circostanza che i
decreti del MEF – discostandosi dalla funzione loro assegnata dalla legge –
hanno accostato i due concetti di tasso sopra esposti, riportando all’art. 3,
comma 2: “Le banche e gli intermediari finanziari, al fine di verificare il
rispetto del limite di cui all’art. 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n.
108, si attengono ai criteri di calcolo delle istruzioni per la rilevazione del
tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura emanate dalla
Banca d’Italia.”.
Con ciò prefigurando, per il principio di incorporazione
della norma extra-penale nel precetto, un’apprezzabile discrasia: i menzionati
‘criteri di calcolo’, estesi ai ‘criteri di inclusione’ e trasposti dal
processo di rilevazione statistica al processo di verifica, appaiono, per più
aspetti, in conflitto con il dettato letterale dell’art. 644 c.p..

L’art. 644
c.p. non può subire nove letture diverse a seconda dei cambiamenti disposti
dalla Banca d’Italia per la rilevazione del tasso medio di mercato, che per
altro risultano discostarsi apprezzabilmente dai termini ‘oggettivi’ assegnati
dalla legge.

Questo ha
colto la Cassazione Pen. n. 46669/11, che ha inviato un primo fermo segnale di
‘difformità’ riferito alle CMS, che potrebbe non rimanere isolato, risultando
perpetrarsi interventi che esulano dagli stretti compiti oggettivi assegnati
dalla legge 108/96 all’Organo Amministrativo.

La
circostanza che i decreti del MEF, nel demandare alla Banca d’Italia la
rilevazione del TEGM, prevedano all’art. 3 che le banche impieghino i criteri
di calcolo del TEG, oltre che per la segnalazione ai fini del TEGM, anche per
la propria verifica di rispetto della soglia d’usura – esteso dall’algoritmo di
calcolo ai costi da ricomprendere nello stesso – viola il principio della
riserva di legge in materia penale, esondando dagli aspetti compiutamente
definiti nell’articolata struttura della legge 108/96.

Costituisce
una mirata e preordinata forzatura il passaggio logico, diffusamente sostenuto
dalle parti interessate, di ritenere che, non essendo la mora compresa nella
determinazione del TEGM, non debba neanche essere compresa nel calcolo del
tasso per la verifica dell’usura, né si può richiamare a giustificazione
un’imprescindibile esigenza di omogeneità di confronto, non prevista in alcun
punto dalla legge.

Il
legislatore poteva, come in ordinamenti di altri paesi, riferire la soglia ad
un parametro fisso, o all’Euribor o altro parametro del mercato finanziario: ha
privilegiato un più stretto riferimento endogeno alle specifiche categorie di
credito. Da qui far discendere che, così come la Banca d’Italia, nella
discrezionalità tecnica che le compete, determina il parametro di riferimento
(TEGM), nei medesimi termini vada curata altresì la verifica dell’usura, appare
contraddire il principio di tassatività e determinatezza che l’ordinamento
riconduce alla norma penale, la quale, nella sua formulazione, è chiara ed
inequivocabile, sia nella modalità di calcolo (TAEG), sia nei criteri di
inclusione[37].

La norma di
cui all’art. 644 c.p. è una norma parzialmente in bianco in quanto per
determinare il contenuto del precetto ha bisogno di un valore, la
determinazione del TEGM, non certo i criteri di calcolo e di inclusione
stabiliti dalla Banca d’Italia. Rilevato il TEGM e pubblicate le soglie,
appaiono inconferenti le modalità di rilevazione: la norma penale è completata.

Né tanto più
si può riproporre per la mora l’analogo e specioso algoritmo di calcolo
suggerito dalla Banca d’Italia per la CMS nella Circolare del 2/12/05, otto
anni dopo il varo della legge, travisando sostanzialmente il portato dell’art.
644 c.p.[38]

Secondo lo
schema suggerito dalla Banca d’Italia per le CMS, si veniva ad introdurre
surrettiziamente, per una medesima operazione, oltre ad un tasso soglia,
distinto per classi di importo e per Categoria, una Commissione soglia (valore
medio indicato in decreto + 50%), rilevata con una metodologia del tutto
singolare e senza distinzione alcuna di Categoria (importo, durata, rischio e
garanzia)[39].

Si è reso
necessario attendere tredici anni prima che, con un intervento legislativo a
chiarimento e tre successive sentenze della Suprema Corte (II Sez. Pen. n.
12028/10, II Sez. Pen. n. 28743/10, II Sez. Pen. n. 46669/11), si pervenisse a
includere la CMS nel corretto rispetto dell’art. 644 c.p.[40]. Un’analoga
intrusione surrettizia – connotata dalle medesime incongruenze metodologiche –
si vuole ora effettuare con la rilevazione campionaria della mora.

4. La mora e
il rischio di credito.

Appare
opportuno approfondire le ragioni di coerenza logico-finanziaria che sottendono
l’art. 644 c.p. e i principi di determinazione del tasso medio di mercato.

La
remunerazione del denaro assume, di regola, valori crescenti con il rischio
dell’impiego[41]: l’intermediario interponendosi fra risparmiatore ed
imprenditore si fa carico del rischio e della selezione delle imprese
meritevoli di finanziamento. Risultando le risorse finanziarie limitate, queste
vengono allocate privilegiando le iniziative più affidabili, suscettibili di
conseguire risultati economici in grado di coprire compiutamente i fattori
della produzione, ivi compresa la remunerazione del capitale impiegato.

L’interesse
percepito dall’intermediario, oltre ai costi del servizio, deve remunerare
adeguatamente il risparmio raccolto e coprire i rischi assunti, così che i
costi dei finanziamenti con esito negativo vengono di fatto spalmati
proporzionalmente sui finanziamenti aventi un esito positivo[42]. La
moderazione del costo è pertanto riposta in una corretta allocazione del
credito, in grado di discriminare efficientemente le iniziative economiche e
massimizzare il rapporto rendimento/rischio. Si tende a privilegiare gli impieghi
a minor rischio per i quali un minor interesse è sufficiente a coprire e
stabilizzare i costi del servizio prestato.

Nel mercato
del credito i tassi praticati dagli intermediari si distribuiscono secondo il
merito di credito assegnato al prenditore di fondi al momento
dell’erogazione/rinnovo (finanziamenti a termine) o in via continuativa
(finanziamenti a revoca). Al crescere del rischio del prenditore e/o
dell’iniziativa finanziata crescerà il tasso richiesto.

La legge
pone un limite alla remunerazione del denaro, sia per evitare che il costo del
denaro venga a comprimere eccessivamente la remunerazione degli altri fattori
produttivi, sia per favorire l’allocazione delle risorse finanziarie verso
impieghi meno rischiosi e più stabili, contemperando tuttavia l’esigenza di non
precludere iniziative imprenditoriali che per la loro originalità ed
innovazione comportano un rischio più alto del capitale impiegato
nell’iniziativa stessa.

In un libero
mercato del credito limitazioni amministrative ai tassi del credito
risulterebbero inefficienti e controproducenti sul piano del razionamento del
credito[43]: le soglie d’usura risulterebbero ridondanti in quanto gli effetti
virtuosi della concorrenza esplicherebbero autonomamente l’azione di calmierare
il costo del credito, allineando efficientemente i tassi praticati ai costi e
ai rischi stimati in una corretta classificazione del merito di credito,
sospingendo ai margini gli intermediari meno efficienti.

In presenza
di vischiosità di mercato, forme di cartello e situazioni di oligopolio, che
ostacolano la concorrenza, i tassi praticati dagli intermediari tendono a
cogliere rendite di posizione, elevandosi oltre la copertura del rischio, sino
ad erodere significativamente l’utilità marginale del prenditore di fondi.

In assenza
di una libera concorrenza, l’allocazione efficiente del credito viene
significativamente compromessa. In tali circostanze la presenza di soglie
d’usura limita l’aggressività opportunistica dell’intermediario che
frequentemente è posto, nei confronti del prenditore dei fondi, in una
posizione di dominanza. La soglia d’usura costituisce un valido presidio a
tutela del consumatore e della miriade di micro-imprese per le quali il credito
bancario costituisce l’unica alternativa di finanziamento.

Per talune
categorie di credito, meno esposte alla concorrenza, il tasso soglia rilevato
trimestralmente – nella modalità endogena stabilita dalla legge 108/96 – può
tuttavia assumere una funzione di riferimento per la fissazione dei tassi nel
trimestre successivo, così da determinare una lievitazione del tasso soglia
indotta unicamente dalla politica di accostamento dei tassi praticati a quelli
soglia (échelle de perroquet)[44].

L’esperienza
francese di rimozione parziale delle soglie non può essere sic et simplicitertrasposta in Italia: i margini di concorrenza presentano, in buona parte
del mercato del credito nazionale, apprezzabili carenze. L’esperienza italiana
mostra che, in assenza di un’efficiente concorrenza, la trasparenza e
l’informazione rimangono armi spuntate: senza un rigido presidio normativo, si
va incontro a fenomeni di abuso di posizione privilegiata e/o dominante.

Per evitare
un eccessivo effetto di razionamento del credito – derivante da una soglia che
non consentirebbe una piena copertura delle iniziative più rischiose – a
differenza della normativa francese, quella italiana ha previsto i limiti
d’usura su un più ampio numero di categorie, prevedendo altresì uno spreadpiù alto, al 50% del valore medio, innalzato ulteriormente nel maggio 2011 al
25% più quattro punti[45].

Ponendo un
limite alla remunerazione del denaro si vengono implicitamente ad escludere
quelle iniziative il cui rischio, vuoi per la natura dell’impresa, vuoi per la
precarietà dei fattori produttivi che intervengono, risulta eccessivo.
L’intermediario potrà allocare le risorse raccolte selezionando le iniziative
che gli consentono, entro il limite di remunerazione fissato dalla legge, di
coprire adeguatamente costi, rischi e servizio prestato: lo spread sul
tasso medio di mercato fissato dalle legge 108/96 rappresenta l’arco di maggior
rischio assumibile rispetto ad un ordinario impiego della medesima Categoria di
credito.

La
distribuzione dei tassi fra i vari prenditori assumerà forme diverse, in
funzione della tipologia di credito, dell’eventuale presenza di garanzie, della
fase ciclica del mercato, ecc. In un dato momento, per una determinata
Categoria di credito, i prenditori di fondi si distribuiranno (numericamente)
fra un valore minimo del tasso, collocato poco sopra l’Euribor/Eurirs (prossimo
al costo della raccolta) ed un valore massimo del tasso, pari alla soglia
d’usura. Il valore medio del tasso praticato suddivide i prenditori di fondi in
due parti: una prima metà, alla quale viene concesso credito ad un tasso inferiore
alla media ed una seconda metà alla quale viene concesso credito a tassi via
via crescenti sopra il tasso medio sino al tasso soglia.

Al valore
medio del tasso corrisponde un merito di credito ordinario, il baricentro al
quale fa riferimento la legge 108/96. Ciascuna classe di merito di credito dei
prenditori di fondi viene dall’intermediario, per una medesima operazione,
caricata di un tasso diverso, più alto o più basso del valore medio, in
funzione del valore atteso degli insoluti della classe. Per i tassi superiori
alla media, l’intermediario ha valutato una criticità del credito superiore,
per la quale è necessario che il prenditore di fondi corrisponda una
maggiorazione di interesse idonea a colmare le più frequenti ricorrenze di
insolvenze che statisticamente presenta la classe di merito in cui è posto.

L’intermediario,
all’atto dell’erogazione del credito, valuta il rischio che va ad assumere e
questo rischio deve trovare completa copertura entro il margine di variazione,
dal tasso di raccolta maggiorato dei costi, alla soglia prevista per la
specifica Categoria di credito. I crediti con rischi implicanti un tasso
superiore alla soglia risultano rigettati.

Se poi il
finanziamento concesso, successivamente all’erogazione, viene a deteriorarsi
sino all’insolvenza, l’intermediario risulterà coperto dalla maggiorazione –
applicata all’intero aggregato di creditori posti nella medesima classe –
stimata congruente statisticamente con il rischio di insolvenza assegnato al
prenditore di fondi.

La legge 108/96,
nel prevedere distinte soglie d’usura per categorie omogenee di credito, ha
voluto prendere in considerazione il rischio oggettivamente presente in
ciascuna tipologia di credito: nel mutuo ipotecario, ad esempio, il rischio si
presenta assai inferiore alle aperture di credito e parallelamente la soglia
d’usura risulta apprezzabilmente più bassa. Lo spread (25% + 4 punti)
dal tasso ordinario è rivolto a coprire il maggior rischio che il cliente e/o
l’iniziativa presenta rispetto al rischio di un’ordinaria operazione di credito
della Categoria di riferimento. Risultano conseguentemente finanziabili le
iniziative il cui rischio risulta coperto entro il limite del tasso soglia. Se,
all’interno di ciascuna Categoria di credito si distinguesse la clientela e/o
le iniziative nelle classi di rating A, B, C, prevedendo una specifica soglia
d’usura per ciascuna classe, si aggirerebbe la norma alzando l’asticella
dell’usura al crescere del rischio all’interno di una medesima categoria di
credito.

La
distinzione di soglia può essere riferita alla natura oggettiva del rischio
insito nella tipologia di credito, mai al rischio associato al cliente e/o
all’iniziativa finanziata che, invece, deve essere compreso entro lo spreadprevisto dalla norma. E’ questo il fondamentale discrimine implicito nella ‘classificazione
delle operazioni per categorie omogenee
’, disposto dalla legge 108/96.

La mora
interviene in un momento successivo all’erogazione: a parte temporanei e
modesti ritardi nei pagamenti, la mora è un significativo indicatore di
deterioramento del credito. Porre la mora in una diversa Categoria, con limite
di soglia più alto, equivale ad addossare, una seconda volta, sul prenditore di
fondi le conseguenze di quel rischio che l’intermediario ha già valutato e spesato
originariamente nel tasso corrispettivo richiesto.

Separando
dal credito ordinario il credito in mora e prevedendo per quest’ultimo un più
alto tasso soglia si opera una distinzione che la legge non consente. Nel
credito in mora non si configura una diversa Categoria di credito ma un credito
che – salvo i casi di momentanee ed impreviste carenze di liquidità – si
presenta deteriorato, in un momento successivo all’erogazione. Non si ravvisa
alcuna natura oggettiva della tipologia di credito diversa dallo scadimento del
merito di credito. L’obbligazione originatasi con il mutuo o con il
finanziamento in conto è unica e alla stessa vanno congiuntamente riferiti i
costi corrispettivi e moratori senza discriminazione alcuna fra la fase
fisiologica e quella patologica. Alla mora non corrisponde alcuna erogazione,
ma esclusivamente un cambiamento nel piano di rimborso, con un tasso diverso:
si conviene, in altri termini, che il credito erogato possa seguire, entro i
limiti e le modalità contrattualmente stabiliti, un piano di ammortamento più
ampio nel tempo nel quale, per una parte o tutto il capitale erogato, ai tassi
corrispettivi seguono i tassi di mora.

La morosità
alla scadenza non determina un nuovo credito, ma più semplicemente una modifica
del piano di rientro, a condizioni modificate. Non è concepibile una soglia
della mora distinta da quella del tasso corrispettivo: il credito è unico e, in
caso di inadempimento, al tasso corrispettivo sul capitale ancora in scadenza
si accompagna il tasso di mora sulle rate scadute il cui pagamento risulta
differito nel tempo. Sotto questo aspetto, la penale insita nella maggiorazione
del tasso di mora rispetto al tasso corrispettivo non è dissimile dalle spese
di incasso e legali che vengono incluse nella verifica dell’usura.

Per il
limite d’usura la norma fa esplicito riferimento al tasso effettivo annuo
(TAEG), riferito al credito erogato, riconoscendo implicitamente il computo di
interessi su interessi nei finanziamenti al di sopra del breve termine, prassi
ordinariamente impiegata sul mercato finanziario. E’ riconosciuto il computo,
non il pagamento di interessi su interessi: nei mutui viene di regola indicato
sia il tasso effettivo (TAEG), ricomprendente capitalizzazione, oneri e spese,
sia il corrispondente tasso semplice (TAN), pagato alle singole scadenze,
congiuntamente agli oneri e spese, ma è il tasso effettivo che deve essere
comparato alla soglia d’usura.

La legge non
consente la previsione contrattuale di un tasso effettivo debordante la soglia,
neanche in via eventuale; tutte le ipotesi contrattualmente previste devono
soggiacere ai limiti di legge: diversamente si creerebbero agevoli canali di
elusione.

Non ha alcun
senso il semplice confronto della mora con la soglia d’usura. Il tasso di mora
costituisce un tasso semplice, riferito alla rata e/o al capitale scaduto,
mentre quello che, al momento pattizio, occorre riferire alla soglia è il tasso
effettivo annuo del credito erogato, sia nello scenario di pieno rispetto del
piano di ammortamento convenuto, sia in ogni possibile scenario alternativo nel
quale – a seguito dell’inadempimento ad una o più scadenze, con l’applicazione
del maggiore interesse di mora e il mutamento nel piano di rimborso – si
modifica conseguentemente il tasso effettivo annuo del credito erogato[46].

Nella
circostanza indicata, il tasso effettivo annuo risultante dai ritardati
pagamenti sarà la combinazione ponderata dei tassi corrispettivi e tassi di
mora convenuti. Si può mostrare che la mora, che si cumula nel tempo in
capitalizzazione semplice, entro margini dipendenti dal tasso corrispettivo,
della durata del finanziamento e dalla modalità di ammortamento, può ben
estendersi moderatamente oltre il tasso soglia senza pregiudicare il fermo
presidio della soglia d’usura, posto al rendimento effettivo del credito
concesso, comprensivo sia degli interessi corrispettivi sia degli eventuali
interessi moratori nei quali può incorrere il mutuatario nel piano di rimborso
del finanziamento ricevuto[47].

Nel
contratto si prevede un tasso diverso e alternativo per differenti ipotesi,
fissando una misura dell’interesse più elevata ove il rapporto entri in una
condizione di patologia, cioè il mutuatario, non risultando in condizioni di
rispettare i termini contrattuali, apporti implicitamente una modifica al piano
di ammortamento, alla quale corrisponde un innalzamento del rendimento
effettivo riconosciuto al mutuante sul credito originariamente erogato.

Risulta
incongruente prevedere, per il credito originariamente erogato, prima
l’ordinaria soglia della Categoria di appartenenza del credito e
successivamente una soglia più elevata al verificarsi della patologia, anziché
ricomprendere quest’ultima nello spread connesso al valore medio
relativo alla Categoria di riferimento: si pretenderebbe misurare un tasso
medio della patologia sul quale stabilire un limite d’usura più elevato in un
momento successivo all’erogazione. In presenza di morosità alla scadenza, di
riflesso al maggior rischio emerso nel mancato pagamento verrebbe alzata
l’asticella di riferimento e il tasso risulterebbe significativamente innalzato
proprio quando il prenditore, in difficoltà economico-finanziarie, non dispone
di liquidità né di finanziamenti alternativi.

Lo spreaddal tasso medio di mercato rilevato dalla Banca d’Italia, nello spirito della
legge, è volto a coprire ogni componente di patologia del rapporto creditizio.
L’intermediario bancario, con il tasso medio copre i costi di raccolta,
struttura, organizzazione e il rischio ordinario del credito, oltre al margine
di profitto; con il differenziale fra il valore medio del tasso fisiologico e
il margine superiore della soglia d’usura può compiutamente ammortizzare i
rischi eccedenti l’ordinario, le relative sofferenze, con i nocumenti che da
queste statisticamente derivano, stimati all’atto dell’erogazione.

Il
legislatore, nel ricomprendere entro la soglia d’usura gli interessi,
commissioni e spese inerenti al credito, a qualunque titolo percepiti, non ha
necessariamente disconosciuto la diversa funzione degli interessi di mora e
degli interessi corrispettivi, né ha inteso precludere una penale nel caso di
mancato pagamento. Ha voluto invece porre, all’atto dell’erogazione, un limite
superiore perentorio, entro il quale ricomprendere tutti i costi del credito,
relativi ad ogni criticità e/o patologia presente e eventuale. In questo si
qualifica il presidio all’usura.

Se il tasso
praticato dall’intermediario si colloca nell’intorno del valore medio di
mercato, vi sono ampi margini per una maggiorazione della mora[48]. Se, invece,
il tasso praticato si colloca a ridosso della soglia d’usura, già sconta il
rischio di insoluto alla scadenza; l’intermediario non incontra ulteriori costi
oltre quelli il cui rischio è già statisticamente coperto dal tasso
corrispettivo più elevato. Nulla impedisce all’intermediario di limitare le
iniziative finanziate entro un tasso corrispettivo che consenta altresì
un’adeguata mora a presidio di comportamenti opportunistici di inadempimento
alla scadenza.

La soglia
d’usura, – ancor più nel valore ampliato dal D.L. 13 maggio 2011 n. 70,
convertito nella legge 106/11 – si colloca su un limite apprezzabilmente
discosto dal valore medio, che rappresenta appunto l’interesse usualmente
richiesto dal mercato. Ricomprendendo la penale della mora nel limite di
soglia, si rimette all’intermediario la gestione completa dello spreadda aggiungere al valore medio rilevato, così che possa nella sua
discrezionalità stabilire – con riferimento al margine necessario a coprire il
maggior rischio di credito – quanto ricomprendere nel tasso corrispettivo e
quanto porre a deterrente di facili comportamenti di inadempimento. Se sceglie
di applicare un tasso corrispettivo a ridosso della soglia, già sconta la
maggiore eventualità che alla scadenza il pagamento non venga onorato: il danno
eventuale è già compreso statisticamente nel maggior tasso corrispettivo
richiesto.

D’altra
parte l’evento di morosità, quando non è imputabile ad occasionalità a priori
imprevedibili, è riconducibile ad una valutazione fallace dei flussi di cassa
da parte del cliente ma deriva altresì da una concessione di credito basata su
una fallace istruttoria dell’intermediario, che ha stimato attendibile e
capiente il business plan del cliente.

Se
l’intermediario ha correttamente esperito la valutazione del merito di credito,
il connesso rischio di insolvenza e il corrispondente tasso di copertura, la
percentuale di inadempimenti a cui va incontro non apporta un danno ulteriore
oltre quello previsto nel tasso corrispettivo. La mora ha una funzione di
deterrenza e il beneficio economico che ne deriva all’intermediario – eventuale
solo nel singolo caso, ma statisticamente stimabile nella globalità della
clientela – integra la copertura del rischio precedentemente stabilito, facendo
lievitare più rapidamente il costo del credito nel caso in cui l’insolvenza si
protragga[49]. Salvo le occasionali e momentanee carenze di liquidità, la mora
interviene più incisivamente in uno stato di patologia che, se protratto a
lungo, pregiudica la stessa possibilità di recupero dell’equilibrio
economico-finanziario. Prevedendo un’apposita Categoria per il credito in mora,
con una soglia più alta, si tradisce lo spirito della norma alzando l’asticella
del confronto e realizzando lo stesso effetto di un allargamento dello spread.

Per altro,
si favorirebbe un meccanismo di lievitazione del tasso oltre l’ordinaria soglia
proprio quando, in presenza di uno stato di difficoltà finanziaria, la dominanza
dell’intermediario diviene massima, non avendo l’operatore economico altra
scelta che subire la condizione sospensiva prevista nel contratto di adesione
sottoscritto inizialmente.

Creando una
Categoria surrettizia per la mora, risulterebbe agevolmente favorita, ancor più
di quanto sperimentato con le CMS[50], una serie di successivi rialzi del
relativo tasso medio e di riflesso del tasso soglia (échelle de perroquet).

L’aggregato
dei costi da inserire nella verifica dell’usura deve esaustivamente ricomprendere
ogni onere sopportato per l’erogazione del credito, fisiologico e patologico,
salvo le imposte e tasse. Va da sé che un rigido criterio di equiparazione,
nella formula e nel contenuto, alla metodologia impiegata dalla Banca d’Italia
per la rilevazione dei valori medi di mercato conduce inevitabilmente a
travisare i dettami e le finalità perseguite dalla legge n. 108/96[51].

Le posizioni
espresse dalla Banca d’Italia e dall’ABF in merito ad una imprescindibile
omogeneità e simmetria fra i criteri di rilevazione e di verifica dell’usura
palesano una rigida stereotipia[52]. Con la prospettata omogeneità dei diversi
principi di calcolo e di inclusione, si verrebbe illegittimamente a traslare la
tassatività dell’art. 644 c.p. nella tassatività delle ‘Istruzioni’ impiegate
dalla Banca d’Italia per la rilevazione del tasso medio di mercato. La norma
non riserva affatto “compiti ‘creativi’ alla pubblica amministrazione,
affidando a questa margini di discrezionalità che invaderebbero direttamente
l’area penale riservata alla legge ordinario”
[53]; non lascia margini,
né nei criteri di calcolo che non abbisognano di alcuna definizione in quanto
di comune impiego in materia finanziaria, né nei criteri di inclusione per i
quali il principio stabilito dall’art. 644 c.p. rimane chiaro ed ineludibile.

Per altro –
come rileva De Poli[54] – il TEGM indicato dal MEF, una volta che sia fatto
oggetto di pubblicazione nella G.U., costituisce pienamente ed esclusivamente
il necessario ed unico tertium comparationis per il giudice, posto che,
ai sensi della l. 108/96, art. 2 comma 4, “il limite previsto dal comma 3
dell’art. 644 c.p., oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è
stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella
G.U. ai sensi del comma 1 relativamente alle categorie di operazioni in cui il
credito è compreso, aumentato della metà
” (ora aumentato di un quarto, cui
si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali). Di
riflesso ‘il giudice deve considerare quale misura di riferimento al fine di
valutare l’usurarietà dell’agire bancario solo il TEGM, non essendo autorizzato
ad effettuare altri confronti’
.

I calcoli e
i criteri di determinazione del TEGM rimangono fuori dalla pubblicazione delle
soglie: il valore del TEGM, una volta pubblicato nel decreto ministeriale,
acquisisce una sua autonomia, realizzando il completamento della norma penale.

Tale aspetto
viene ripreso e sviluppato in una recente sentenza della Corte d’Appello di
Torino: “Per chiarezza, va innanzitutto evidenziato che le Istruzioni della
Banca d’Italia, di cui si discute nella presente causa, non sono dettate al
fine di indicare in generale come debba essere conteggiato il TEG, ossia il
tasso effettivo globale applicato dalla banca sulla singola operazione con il
cliente, ma sono rivolte alle banche e agli operatori finanziari per rilevare
il TEGM, ossia il tasso effettivo globale medio applicato per operazioni
omogenee in un determinato periodo, sulla base del quale il competente
Ministero dell’Economia e delle Finanze emana trimestralmente un decreto nel
quale indica appunto il TEGM e il conseguente tasso soglia ai fini
dell’usura.”.
La Corte – che nella circostanza era stata chiamata a
valutare l’inclusione della polizza assicurativa nel calcolo del TEG[55],
ritenuta non corretta in quanto elemento di disomogeneità con la determinazione
del TEGM – ha osservato: “va rilevato che la usurarietà o meno di un TEG, da
effettuarsi mediante il procedimento di comparazione con il tasso soglia di cui
al D.M. relativo al periodo interessato, è strettamente ancorata ad un
parametro di natura oggettiva, costituito appunto da quanto pubblicato con D.M.
sulla Gazzetta Ufficiale; in altre parole la norma integratrice della
fattispecie penale di cui all’art. 644 c.p., con riflessi anche civilistici, è
costituita dall’art. 2 della L. 108/96 e quest’ultima fa esclusivo riferimento
al dato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale per il periodo di riferimento a
cura del Ministero. (…) il procedimento per pervenire alla fissazione del tasso
soglia trimestrale con D.M. del Tesoro, non prevede l’automatica assunzione dei
dati rilevati dalla Banca d’Italia, la quale ha funzione semplicemente
consultiva al pari dell’U.I.C., ed inoltre stabilisce anche un correttivo,
riferito al tasso ufficiale di sconto, per pervenire alla indicazione del tasso
soglia. Non può dunque effettuarsi una automatica equiparazione fra le
risultanze delle rilevazioni della Banca d’Italia e il TEGM, sia dal punto di
vista formale, atteso che quest’ultimo è stabilito con D.M. del Tesoro solo
‘sentita la Banca d’Italia’, sia dal punto di vista sostanziale perché la norma
prevede comunque ipotesi di correttivi da apportarsi dal ministero competente.
Non può quindi ritenersi corretto il rilievo dell’appellante circa il fatto che
la comparazione, ai fini dell’accertamento del superamento del tasso soglia,
debba essere effettuata fra il TEG e il TEGM rilevato dalla Banca d’Italia; la
comparazione va invece condotta fra il TEG e il tasso soglia fissato per il
periodo indicato con D.M. pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, alla cui
determinazione certo concorrono le rilevazioni della Banca d’Italia ma che non
costituiscono esse stesse il ‘secondo termine di paragone’, con conseguente
irrilevanza del loro eventuale illegittimo procedimento di formazione
.” La
sentenza conclude: “In ogni caso l’integrazione dell’art. 644 c.p. – norma
penale in bianco – non viene effettuata certamente, ai sensi della L. 108/1996,
dalle Istruzioni della Banca d’Italia via via emanate nel tempo ma, per il
tramite dell’art. 2 della citata legge, dalla rilevazione pubblicata
trimestralmente sulla Gazzetta Ufficiale con D.M. del Ministero del Tesoro
.[56]”.

Risulta
pretestuoso sollevare un principio di non contraddizione per pretendere la
perfetta omogeneità dei criteri di verifica con i criteri di rilevazione del
TEGM. Le voci di costo non incluse nella rilevazione rimangono spesateentro il margine consentito dalla legge (25% + 4 punti). In tal senso, entro
tale margine vanno ricomprese le CMS sino al provvedimento legislativo che ne
ha obbligato linclusione tra i costi oggetto della rilevazione della
Banca dItalia: in termini analoghi vanno intesi gli altri costi – in
primis le spese di assicurazione – prima escluse e poi incluse nelle ultime Istruzionidel 09.

Certamente
motivi di equità e contiguità concettuale suggeriscono un accostamento del TEG
impiegato per la rilevazione statistica del tasso medio di sistema (TEGM) al
tasso impiegato per l’applicazione dell’art. 644 c.p., non certamente il
viceversa.Non è previsto alcun criterio di omogeneità, che risulterebbe
impraticabile oltre che illogico, non potendosi condizionare le finalità
dell’art. 644 c.p. alle finalità di rilevazione del TEGM.

Né la
rilevazione campionaria del ‘01 sugli interessi di mora può essere intesa come
un’integrazione per ricondurre i criteri tecnici di verifica a quelli di
rilevazione statistica, trascurando che i primi, quelli di verifica,
ubbidiscono ai principi fissati dall’art. 644 c.p. e spetta eventualmente ai secondi
omogenizzarsi ai primi: il viceversa configurerebbe un ulteriore aspetto di
gestione dell’usura che la riserva di legge non consente[57].

Occorre
tenere separati i due criteri, funzionali a obiettivi accostati ma non
sovrapponibili, senza pretese di assoluta omogeneità che non trovano ragione
nella natura delle diverse finalità perseguite; l’intermediario può darsi
criteri funzionali e coerenti con l’art. 644 c.p. nel rispetto delle soglie
vigenti, rimanendo al tempo stesso ligio alle ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia
nella segnalazione dei tassi per la rilevazione del valore medio di mercato
(TEGM). E’ una falsa immagine il letto di Procuste che gli intermediari
avanzano nel prospettare l’obbligo di soggiacere alle disposizioni impartite
dall’Organo di Vigilanza. Non si tratta di discostarsi dalle direttive
dell’Organo di Vigilanza, alle quali fa riferimento l’art. 3, comma 2 dei
Decreti ministeriali di pubblicazione delle soglie d’usura. Nulla impedisce
all’intermediario finanziario di adottare una politica dei prezzi del credito
coerente con i limiti impliciti nelle ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia che al
tempo stesso rispetti il più stringente dettato dell’art. 644 c.p..

Non vi è chi
non possa notare, nel chiarimento della Banca d’Italia in materia di tassi di
mora, un’apprezzabile discrasia fra quanto riportato nello stesso e quanto
stabilito dalla norma di legge e dalle pronunce in materia espresse dalla
Cassazione[58].

Come già
accennato anche l’ABF ha disconosciuto la validità dei criteri prospettati
dalla Banca d’Italia[59]. La posizione assunta dalla Banca d’Italia nella
comunicazione del 3/7/13 in materia di tassi di mora appare stridente e
fuorviante per i debiti riflessi di emulazione indotti nei comportamenti
bancari, che contrastano altresì con i principi di ‘sana e prudente
gestione’[60].

Poiché la
previsione legislativa non ha ritenuto di contemplare una specifica soglia per
i tassi di mora, considerandoli alla stregua dei tassi corrispettivi e
compensativi, la Banca d’Italia, nell’esercizio del suoi controlli di
Vigilanza[61], avvalendosi di una rilevazione parziale e vetusta[62], elabora
una soglia per la mora, in analogia alla CMS soglia della Circolare del
2/12/05, priva di alcun sostegno normativo, giurisprudenziale e dottrinale.

Come già
accaduto in altre circostanze – ancor più dopo le recenti statuizioni della
Cassazione Penale – gli operatori bancari più prudenti si vengono astenendo
dall’accogliere le indicazioni fornite dalla Banca d’Italia, se non altro
considerando opportunamente che “… il ragionevole dubbio sulla liceità o
meno deve indurre il soggetto ad un atteggiamento più attento, fino cioè,
secondo quanto emerge dalla sentenza 364/1988 della Corte Costituzionale,
all’astensione dall’azione se, nonostante tutte le informazioni assunte,
permanga l’incertezza sulla liceità o meno dell’azione stessa, dato che il
dubbio, non essendo equiparabile allo stato d’inevitabile ed invincibile
ignoranza, è inidoneo ad escludere la consapevolezza dell’illiceità (cfr. in
tal senso Sez. 6, Sentenza n. 6175 del 27/03/1995 Ud. (dep. 27/05/1005) Rv.
201518).
[63].

Gli
operatori bancari più prudenti sono stati ingiustificatamente penalizzati,
sospinti ai margini del mercato da parte degli operatori bancari che
opportunisticamente hanno acquisito maggiori margini di profitto, trascurando
le indicazioni della suprema Corte, confidando nell’accondiscendenza
dell’Organo di Controllo e valutando conveniente il trade off fra i
maggiori margini percepiti e i costi reputazionali, legali e di ripetizione dell’indebito
sopportati nei ricorsi giudiziari che inevitabilmente e copiosamente sono
insorti con le scelte adottate.

Con il
chiarimento prospettato dalla Banca d’Italia, si crea un ulteriore varco
interpretativo che tende a riproporre lo iato fra l’elemento oggettivo e
soggettivo d’usura: tuttavia – dopo le menzionate valutazioni espresse dalla
Cassazione sulle indicazioni e circolari della Banca d’Italia e
sull’ineludibile responsabilità dei vertici bancari che non ammette circostanze
scusanti l’ignoranza dell’effettivo limite d’usura (art. 5 c.p.) – non sembrano
ravvisarsi margini che possano ledere il principio di tassatività e
determinatezza della fattispecie penale.

5. Le soglie
d’usura e l’echelle de perroquet.

Più
recentemente si assiste a una fenomenologia di comportamenti degli intermediari
che, se diffusa a buona parte del sistema, può condurre a scardinare in
prospettiva le soglie d’usura e nell’immediato ad eludere i presidi ad una
corretta gestione dei tassi e condizioni praticati sul credito in conto
corrente.

Come detto
in precedenza, sul piano tecnico-pratico l’intermediario, facendo riferimento
al costo della provvista, stabilisce le condizioni di credito applicate in
funzione dell’affidamento del cliente e del merito di credito dell’iniziativa
che deve essere finanziata: i tassi praticati vengono così distribuiti in un
arco di valori compresi fra un minimo prossimo all’Euribor ed un massimo pari
alla soglia d’usura.

Taluni
intermediari hanno iniziato a prevedere, per il credito in conto corrente, sia
esso apertura di credito, anticipazione o altro, un tasso variabile che,
anziché essere collegato all’ordinario parametro di finanziamento praticato dal
mercato, quale l’Euribor, viene riferito direttamente al tasso soglia,
sottraendo a questo uno spread fisso in funzione del merito di credito
del cliente.

In altri
termini, la tariffazione del credito in conto corrente di tali intermediari
assume a riferimento base il tasso soglia, il valore massimo di tasso
praticabile al cliente – variabile in funzione delle modifiche apportate
trimestralmente dal MEF sulla base della rilevazione dei TEGM condotta dalla
Banca d’Italia – per poi stabilire la decurtazione fissa, in rapporto al merito
di credito del cliente stesso. Anziché aggiungere uno spread al costo
della provvista, si impiega uno spread sottrattivo al valore massimo
consentito dalla soglia d’usura. A questo tasso vengono poi affiancati gli
altri oneri, commissioni e spese (CDF, CIV, spese chiusura, ecc..). La mora,
per contro, viene sistematicamente posta eguale al tasso soglia.

Tale sistema
di tariffazione, per taluni aspetti è all’apparenza assimilabile ad una
ordinaria parametrazione ai tassi di mercato, risultando il TEGM, sul quale è
costruito il tasso soglia, funzione del valore medio del costo del credito
espresso dal mercato. Ma la parametrazione è sul valore del tasso soglia, non
su quello del TEGM: solo quest’ultimo è un parametro finanziario di mercato,
per altro spurio ricomprendendo altre voci di costo.

Ciò comporta
una discrasia che induce un’artificiosa e perversa lievitazione dei tassi che
viene a ledere significativamente il mercato del credito. Contiene infatti una
super-indicizzazione al valore medio del mercato, in quanto ad ogni variazione
di quest’ultimo fa corrispondere la variazione incrementata del 25%,
incorporata nella soglia. Se poi il tasso dovesse scendere anziché salire,
rimarrebbe pur sempre nella discrezionalità della banca di modificare, con
‘giustificato motivo’ le condizioni.

A parità di
altre condizioni, le variazioni del tasso di mercato possono giustificare
un’analoga variazione del tasso praticato: priva di giustificazione appare una
variazione maggiore. Inoltre l’effetto risulta ulteriormente distorto dalla
circostanza che la variazione del tasso praticato al cliente viene
implicitamente indicizzata anche a valori di costo che affiancano il tasso di
interesse. Infatti, il valore medio del mercato (TEGM) è ricavato dal TEG
segnalato dagli intermediari che si compone sia dell’interesse in senso stretto
commisurato al credito concesso, sia delle commissioni, oneri e spese
commisurate all’accordato. Così che anche un aumento delle commissioni, oneri e
spese mediamente praticate dal mercato induce, attraverso la lievitazione del
TEGM, un automatico aumento del tasso di interesse praticato al cliente, che si
aggiunge, raddoppiando l’incidenza, se anche l’intermediario adegua le
commissioni, oneri e spese ai nuovi livelli di mercato. Di fatto, una parte
delle competenze trimestrali, cioè a dire gli interessi in senso stretto, viene
indicizzato con un acceleratore del 25% alla variazione del TEGM che, come
noto, si compone, oltre che degli interessi in senso stretto, di tutti quegli
oneri (commissioni, spese, assicurazione, spese legali, ecc.) che accompagnano
ed integrano sostanzialmente l’interesse nel comporre l’aggregato complessivo
delle competenze.

Risulta
alquanto vessatorio ed ingiustificato ancorare le variazioni del tasso di
interesse anche a parametri che con questo non hanno alcuna connessione: una
variazione delle commissioni di istruttoria, o dei fidi accordati,
determinerebbe una variazione dell’interesse praticato, anche laddove non vi
sia fido, per di più con un fattore di accelerazione del 25%.

Si configura
nella circostanza descritta un’ingiustificata lievitazione dei costi del
credito con aspetti impropri di duplicazione. Per fattispecie diverse, ma che
presentavano analoghi aspetti di lucro ingiustificato o costi duplicati, l’ABF
è intervenuto censurando il comportamento dell’intermediario[64].

Il
menzionato sistema di tariffazione lascia trasparire la scarsa concorrenza del
mercato del credito e la significativa dominanza dell’operatore bancario nei
finanziamenti in conto: anziché partire dal costo della raccolta e dagli oneri
di copertura dei costi, per stabilire il proprio margine di intermediazione, si
parte dal margine massimo praticabile per sottrarre la minore copertura del
rischio che il cliente presenta rispetto allo standard. Da un punto di vista
sistemico si può ravvisare in tali comportamenti quella che A.A. Dolmetta
configura come ‘una rendita da posizione (quale species facente parte del
genus espressivo dell’approfittamento da posizione), le cui implicazioni reali
vanno colte – pure questo è evidente – con riferimento non al singolo rapporto,
bensì alla misura di serialità immessa col prodotto sul mercato
’[65].

Si può
cogliere in questo ‘perverso’ sistema di tariffazione taluni aspetti di
clausola potestativa e di carenza di buona fede, che altresì contrastano con i
principi ispiratori dell’art. 118 TUB. Se la banca alza le condizioni di conto
alla nuova clientela, induce attraverso la segnalazione del proprio TEG alla
Banca d’Italia, una lievitazione del TEGM rilevato sul mercato, realizzando per
questa via, anche per la clientela precedente, una modifica in peius del
tasso di interesse, senza che questa clientela possa esercitare alcun diritto
di recesso ex art. 118 TUB. Anche l’introduzione di nuovi oneri avrebbe un
effetto di lievitazione del TEGM e di riflesso dei tassi praticati. Se
l’intermediario ha un rilievo nazionale e dimensionale, l’influenza sul TEGM è
concreta, se invece ha un rilievo territoriale e circoscritto l’influenza
risulterà assai marginale; ma questo aspetto non sembra particolarmente
significativo, visto le cospicue fattezze di oligopolio che contraddistinguono
i rapporti creditori.

Un’analoga
vessatoria incongruenza si riscontra per la mora quando questa viene posta pari
al tasso soglia. La mora, come detto, si articola in una componente
corrispettiva e in una componente prettamente penale: quest’ultima è spesso
specificatamente individuata nello spread, in misura fissa, aggiunto al
tasso corrispettivo. Per la componente più propriamente corrispettiva, la mora
può ben accompagnare i mutamenti del tasso di interesse, mentre per la
componente più propriamente penale assai labile appare la parametrazione a
commissioni di istruttoria, spese di assicurazione ed altri oneri che
intervengono nella determinazione del TEGM, per altro accelerate del 25%.

Per altro
porre direttamente in contrato la mora pari al tasso soglia pone altresì
problemi di rispetto dell’art. 644 c.p. comma 3, secondo periodo (usura in
concreto). In tali circostanze, infatti, soprattutto se il tasso corrispettivo
risulta marcatamente discosto dal tasso di mora, si verrebbe a pattuire nel
caso di una carenza, anche solo momentanea di liquidità, che non pregiudichi
una sana condizione patrimoniale, condizioni sproporzionate rispetto al tasso
medio praticato per operazioni di credito similari. Sull’usura in concreto, che
non ha ricevuto sino ad oggi una particolare attenzione da parte degli
intermediari, si è soffermata una recente sentenza della Cassazione (Cass.
Pen., II Sez. 7 maggio 2014, n. 18778). Tale sentenza – nel puntualizzare come
il legislatore abbia previsto, accanto all’usura presunta (pattuizione di un
tasso di interesse eccedente il tasso soglia), una distinta ed autonoma
fattispecie di cd. usura in concreto, collegata a quella presunta da un implicito
nesso di sussidiarietà – ha espresso, per la prima volta, una serie di principi
di diritto che non mancheranno di esplicare i loro effetti soprattutto in
materia di scoperto e di mora[66].

Per la
remunerazione del finanziamento è ordinario e rispondente ai canoni di mercato
un riferimento variabile con i tassi di mercato. Assai meno giustificata appare
la predeterminazione del danno implicita nella mora in funzione di una
variabile che presenta una connessione scarsa, se non nulla, con il danno stesso.
Non bisogna trascurare che si tratta di clausole inserite in ‘contratti di
adesione’ dove frequentemente ricorre un’asimmetria informativa e dove
l’intermediario assume una posizione dominante, con scarse alternative in un
mercato del credito dove l’offerta risulta dispiegata su condizioni uniformi,
scarsamente informate ai principi di concorrenza. Anche in tali circostanze si
possono ravvisare aspetti di vessazione, di lucro ingiustificato, che appaiono
in contrasto con i principi ispiratori dell’art. 118 TUB.

In entrambe
le circostanze illustrate non ricorrono le modifiche unilaterali delle
condizioni contrattuali disciplinate dall’art. 118 TUB, ma la parametrazione
posta direttamente nel contratto originario, viene sostanzialmente a
precostituire variazioni che eludono il disposto dell’art. 118 TUB che, tra
l’altro, prevede al 4° comma: ‘Le variazioni dei tassi di interesse adottate
in previsione o in conseguenza di decisioni di politica monetaria, (…), si
applicano con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente.’
.

Nella
tariffazione commisurata alla soglia d’usura, più che la variazione dei tassi,
è la stessa originaria condizione contrattuale che reca pregiudizio al cliente.
La circostanza che la banca, in un’apertura di credito, si riservi la
possibilità di revocare il fido e conseguentemente applicare un tasso pari alla
soglia d’usura, presenta aspetti di vessatorietà, per altro di misura
indeterminata, non risultando la soglia propriamente un parametro di mercato.
Il cliente non conosce il tasso e la penale di mora che andrà a subire nel caso
di mancato rientro entro i brevi termini ordinariamente concessi: l’adesione al
contratto lo impegna a pagare il tasso massimo consentito dalla legge.

Un
indistinto ed indifferenziato accostamento delle condizioni praticate alle
soglie d’usura solleva un serio rischio di incorrere nelle circostanze di usura
stigmatizzate dalla Cassazione n. 18778/14.

Su un piano
sistemico, un significativo addossamento automatico alle soglie d’usura dei
tassi praticati alla generalità della clientela ingenera il menzionato effetto
dell’’échelle de perroquet’, consistente in un processo che,
prescindendo dal costo della raccolta e dalla copertura dei rischi assunti,
innesca una successione di rialzi del tasso praticato alla clientela. Il
riferimento endogeno ai tassi praticati dagli stessi intermediari sottoposti
alle soglie, comporta, nel sistema di tariffazione descritto, che ad un rialzo
del tasso soglia segue – attraverso l’automatico addossamento – un rialzo del
tasso medio che provoca un ulteriore rialzo del tasso soglia e così via, in una
spirale ascendente senza soluzione di continuità.

Se la
descritta architettura, riscontrata nei piani di tariffazione praticati da
taluni operatori bancari, nell’indifferenza dell’Organo di Vigilanza, trovasse
diffusione all’intero sistema bancario, verrebbe rapidamente scardinato ogni
presidio all’usura disposto dal legge 108/96.

6. La soglia
della mora nei conti correnti: lo scoperto di conto.

La
giurisprudenza si è sinora occupata principalmente della clausola di mora
riportata nei finanziamenti per i quali è previsto il rimborso rateale. Tale
clausola ricorre anche nei finanziamenti in conto, ma per tali forme di
credito, con l’introduzione, a partire dal ‘10, della nuova Categoria ‘Scoperti
senza affidamento’ si è offerta una celata e più consistente forma di interessi
moratori.

Nella scarsa
trasparenza delle ‘Istruzioni’ e soprattutto delle FAQ di delucidazione, gli
intermediari, collocando i fidi revocati nella nuova Categoria degli ‘Scoperti
senza affidamento’, possono maggiorare i tassi corrispettivi del 30% ed oltre,
nel rispetto della più alta soglia prevista per questa nuova Categoria di
credito. Gli interessi dovuti sul credito revocato si vengono a configurare, a
tutti gli effetti, come interessi moratori e la creazione di una Categoria dove
gli intermediari fanno confluire tale forma di patologia è un alternativo escamotagetecnico per introdurre una soglia più alta per gli interessi di mora nei
rapporti di conto[67].

Si è assunta
a ‘Categoria’ una forma di credito che dovrebbe ricoprire un ruolo marginale e
che ha una scarsa connotazione fisiologica di ordinarietà[68]. Le Categorie di
credito previste dalla legge 108/96 sono quelle usualmente previste in un
ordinato mercato del credito. Lo ‘scoperto’ non è una tipologia di credito
ordinario, è uno stato del rapporto che per altro dovrebbe avere una natura di
occasionalità e temporaneità. La norma demanda al MEF il compito di rilevare il
valore medio fisiologico del mercato per le ordinarie Categorie di credito, che
funga da riferimento per stabilire il limite oltre il quale il tasso diviene
usurario. Se si assurge a ‘Categoria’ uno stato del credito nella sua
evoluzione patologica si scardina il fondamento stesso della norma. Innalzando
l’asticella dal credito fisiologico a quello patologico, con un effetto del
tutto analogo all’ampliamento dello spread di maggiorazione prevista
dalla legge (25% + 4 punti), si innalza il punto di riferimento, riconducendo
la patologia a valore medio di mercato.

L’usura si
radica nel momento del bisogno: nella circostanza dello scoperto – sia per ‘le
concrete modalità del fatto’, sia per le ‘condizioni di difficoltà economica o
finanziaria’ – appaiono altresì ricorrere le condizioni contemplate dall’art.
644 c.p. là dove stabilisce: “Sono altresì usurari gli interessi, anche se
inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo
alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni
similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro
o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o
promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria
”.

Nello
‘Scoperto’ i tassi praticati risultano frequentemente inferiori alla soglia
unicamente perché si è innalzata quest’ultima, creando una Categoria di credito
per la patologia. Lo scoperto quando si protrae nel tempo con il consenso della
banca viene a costituire un affidamento di fatto[69]. Rimane difficile
riscontrare per tali forme di affidamento implicito una diversa natura che ne
giustifichi un’apposita Categoria con soglie d’usura maggiorate di un terzo.

Il mancato
pagamento alla scadenza costituisce un consistente segnale di deterioramento
del credito. Non si può fondere e confondere il deterioramento del merito di
credito che accompagna il mancato pagamento con la penale posta a presidio
della regolarità dei pagamenti alla scadenza. Allineando il tasso di mora,
praticato nello scoperto, al tasso che l’intermediario valuterebbe necessario
per coprire il rischio di insolvenza, che si è manifestato in un momento
successivo all’erogazione, si perviene a tassi inusuali, fuori dall’ordinario.
Già ora taluni intermediari pongono espressamente la mora pari al tasso soglia
della Categoria degli ‘Scoperti senza affidamento’.

Se si
ricomprendono nella determinazione del TEGM anche circostanze di patologia del
credito, non avrebbe più senso il margine (25% + 4 punti) sul tasso medio di
mercato. Questo serve a coprire i maggiori rischi rispetto al tasso medio, non
ad offrire un ulteriore margine di variazione rispetto al maggior tasso
necessario a coprire il rischio patologico. Per analogia, sarebbe come
prevedere, in un contratto di assicurazione vita, un innalzamento del premio
e/o una riduzione del capitale assicurato al verificarsi del primo infarto.

Questo è
quello che si è surrettiziamente introdotto nelle aperture di credito in conto
corrente con l’enucleazione della nuova Categoria degli ‘Scoperti senza
affidamento’. L’introduzione di tale Categoria di credito ha dato la stura ad
un incremento di oltre il 30% del tasso praticato per i crediti revocati e
posti nella nuova Categoria. I crediti in conto revocati, sulla base delle
‘Istruzioni’ della Banca d’Italia, vengono esclusi dalla rilevazione del TEGM.
Ma se il credito non viene prontamente saldato, prima del giro a sofferenza,
viene per lungo tempo mantenuto nella Categoria ‘Scoperti senza affidamento’
con una lievitazione del tasso ben superiore all’ordinario spreadprevisto per la mora. Se poi tali scoperti vengono altresì compresi nella
segnalazione statistica alla Banca d’Italia, ne risulta compromesso lo stesso
valore del TEGM, e quindi della soglia[70].

Quando si
verifica l’evento di morosità, il tasso può ricomprendere la penale prevista
contrattualmente a presidio del corretto rispetto delle scadenze, ma questo non
può essere lo spunto per adeguare il tasso corrispettivo al deterioramento del
credito. Tale fenomeno ha fatto presumibilmente lievitare il tasso della
Categoria anche per gli ordinari, fisiologici, temporanei e modesti scoperti di
conto.

La Categoria
‘Scoperto senza affidamento’, introdotta dalla Banca d’Italia a partire dal 1°
gennaio ‘10, fisiologicamente dovrebbe ricomprendere forme di credito di breve
momento e di importo modesto, rispondenti ad esigenze occasionali ed
impreviste: una modesta Categoria di credito, di scarsa dimensione economica.

La nuova
Categoria ha presentato, sin dalla sua introduzione, tassi che si collocano ai valori
massimi delle 25 categorie censite, contendendo il primato alle carte revolvinge divenendo in poco tempo una significativa fonte di profitto per gli
intermediari.

Prima del
‘10 gli scoperti senza affidamento erano ricompresi nelle aperture di credito
con una soglia, nella fascia di importo più basso, del 17% circa: con le
modifiche ai criteri di rilevazione del TEG e lo scorporo in due distinte
categorie, la soglia degli ‘Scoperti senza affidamento’ è balzata sino al
29,9%, marcando un divario di oltre il 50% dalla soglia prevista per i conti
affidati (19,28%)[71]. Nei trimestri successivi i tassi degli ‘Scoperti senza
affidamento’ si sono solo in parte ridimensionati mantenendo, rispetto ai tassi
sugli affidamenti, un marcato divario, nell’ordine del 30% ed oltre[72].

http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/marcelli1.jpg

Anche in
questa circostanza le ‘Istruzioni’, alle quali vengono accompagnate FAQ confuse
e incongruenti, offrono una equivoca e opaca copertura e gli intermediari ne
vengono cogliendo il lato opportunistico[73].

A fronte di
tassi maggiorati di un terzo, estesi a tutti i crediti revocati o concessi in
scoperto, i benefici che derivano al bilancio dell’intermediario sopravanzano
di gran lunga i modesti rischi di usura che, per la determinatezza e
tassatività della norma penale, vengono giudicati al più limitati all’usura
civile.

Del resto
anche per l’ABF, secondo il principio stabilito per la mora, i fidi revocati,
non compresi nella rilevazione del TEGM rimarrebbero esclusi dal rispetto delle
soglie d’usura.

Non si
ritiene che un credito scaduto e non saldato possa essere automaticamente
collocato in una Categoria con soglia d’usura più elevata, per le medesime
riflessioni che si prospettano per il tasso di mora: non vi è alcuna nuova erogazione
e la Categoria rimane quella inizialmente pattuita. Al manifestarsi della
patologia e soprattutto a discrezionalità dell’intermediario, si alzerebbe
l’asticella effettuando un cambio di soglia. Non sembra sia questo lo spirito
che informa la legge 108/96. Con il medesimo principio si potrebbe disporre una
progressione di ‘asticelle’ al rialzo, prevedendo il passaggio a categorie
diverse, ad esempio, per scoperti oltre i 180 gg., per i crediti incagliati o
in sofferenza.

La
regolamentazione del fido è pervasa da un’apprezzabile opacità: nelle FAQ e
nelle ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia si disciplina, il fido, il fido
operativo nonché il ‘fido interno’ accordato al cliente, ma non formalizzato né
comunicato: queste distinzioni sono pervase dalla più completa opacità. La
confusione della regolamentazione della Banca d’Italia, unendosi all’asimmetria
informativa e alla dominanza dei contratti di adesione, crea spazi
discrezionali di ampio raggio rimessi all’intermediario.

L’introduzione
della Categoria degli ‘Scoperti senza affidamento’ appare preordinata a creare
una differenziazione, non in funzione del rischio associato alla natura del
credito concesso, bensì in funzione del rischio di credito del cliente. Se si
rimette alla discrezionalità dell’intermediario la concessione del credito
nella Categoria degli affidamenti o degli scoperti, si vengono a depotenziare
in larga misura i vincoli d’usura.

L’esperienza
passata delle CMS, poste al di fuori del TEG, ha mostrato che ogni
‘smagliatura’ offerta dalle ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia, soprattutto
nelle categorie più chiuse alla concorrenza, viene opportunisticamente colta
per ampliare il costo del credito.

Se si
introduce nel comparto del credito rivolto all’impresa una Categoria marginale
con tassi marcatamente elevati, è scontato il deflusso in tale Categoria dalle
altre forme di credito. In un mercato pressoché privo di concorrenza è
l’intermediario che stabilisce la natura, le condizioni e la durata del
credito.

Sul piano
contrattuale, risultando rimessa all’intermediario la discrezionalità di porre
il medesimo credito nell’una o nell’altra Categoria, si rafforza la dominanza
della banca sul cliente. In ogni momento la banca, con un brevissimo preavviso,
può revocare il fido e, oltre a determinare una repentina criticità nella
situazione di liquidità dell’operatore, può di fatto innalzare il tasso del
30%[74].

La Banca
d’Italia sembra indifferente agli aspetti di problematicità che il fenomeno
degli scoperti solleva; al contrario, nella Relazione sull’analisi d’impatto
della Delibera CICR di attuazione dell’art. 117 bis, ha auspicato
l’allargamento della Categoria riservata agli ‘Scoperti senza affidamento’ alla
componente extra-fido del credito affidato[75].

Con gli
interventi operati, la Banca d’Italia esercita un ruolo attivo nel diritto, un
compito ‘creativo’ che le risulta precluso. Appare orientato ad un senso di più
ragionevole sintonia con il principio di legge separare le aperture di credito
garantite da quelle non garantite, per l’elemento oggettivo della garanzia che
modifica la natura e il rischio del credito, oltre che l’onere a carico del
cliente. Le ‘Istruzioni’ prevedono nella rilevazione tale distinzione nella
Categoria delle Aperture di credito, ma non una differente soglia, come effettuato
per la sotto-Categoria degli Scoperti senza affidamento. Le garanzie reali e
personali richieste spesso presentano una dimensione multipla del credito
concesso. La garanzia richiesta dall’intermediario è una sorta di utilità che
integra l’interesse richiesto: appare coerente con l’art. 644 c.p. una
specifica distinzione ad essa riferita. Per altro ciò segnala uno scadimento
dello stesso processo di selezione del credito, rimesso più alla garanzia
prestata che alla qualità dell’iniziativa finanziata. L’intermediario non è un
Monte dei Pegni, nel quale la garanzia esaurisce e assorbe completamente la
scelta del finanziamento, senza alcuna condivisione delle sorti del prenditore.
Nell’allocazione del credito l’intermediario, nei limiti propri al ruolo al quale
è preposto, deve farsi carico della responsabilità e rischio dell’iniziativa
imprenditoriale selezionata e finanziata: il piano industriale, il know howe la capacità imprenditoriale devono costituire le migliori condizioni di
garanzia, di sviluppo e, conseguentemente, di ritorno economico.

Appare per
altro poco rispondente alle esigenze dell’operatore economico la concessione
del credito sotto la forma del fido a revoca, che pone lo stesso in una
condizione di estrema precarietà e dipendenza dall’intermediario: è questa una
circostanza che assume in Italia una dimensione ragguardevole, maggiore di
quanto si riscontra in altri Paesi.

Lo scoperto
di conto non dovrebbe costituire un’ordinaria forma di credito. Se si
accompagna ad una criticità nella situazione di liquidità, incorpora una
gradazione di patologia, non dissimile dal credito scaduto e non pagato. Non
appare congruente con una corretta gestione del credito favorire erogazioni e
situazioni oltre i limiti del fido o in assenza di fido, che possono protrarsi
per lunghi periodi e/o per importi significativi a tassi marcatamente più
elevati. Sia negli scoperti senza fido che nell’utilizzo del credito in
extra-fido, per evitare anomalie e facili comportamenti opportunistici, si
rende necessaria una regolamentazione più stringente: il fenomeno sembra aver
già assunto una dimensione ragguardevole, più ampia di quella fisiologica.

La legge
prevede la classificazione delle operazioni per categorie omogenee, ‘tenuto
conto della natura, dell’oggetto, dell’importo, della durata, dei rischi e
delle garanzie’
. La distinzione del rischio va riferita alla natura
oggettiva della tipologia di credito, chiaramente definita e circostanziata,
non all’elemento soggettivo del cliente che dovrebbe trovare copertura nello spreaddi legge. Creando, nella stessa tipologia di credito, soglie diversificate
d’usura in funzione del rischio del cliente si introduce un elemento di
discrezionalità che vanifica gli obiettivi della legge[76]: teoricamente,
scalettando il rischio si perverrebbe facilmente a valori della soglia
indefinitamente crescenti, che svilirebbero la funzione dello spread dal
tasso medio di mercato disposto dalla legge.

Introdurre,
all’interno di una medesima tipologia di credito, un’ulteriore distinzione,
oltre che per l’importo, anche per classi di rischio, è tecnicamente del tutto
equivalente ad un ampliamento dello spread. Se per le aperture di
credito si prevede la partizione nelle classi di rischio A (affidati) e B (non
affidati), ipotizzando un tasso medio originario della Categoria pari al 6% al
quale corrisponde un tasso medio del 4% per la partizione A e un tasso medio
dell’8% per la partizione B, la soglia d’usura passerebbe dall’11,50% (6% + ¼
di 6% + 4 punti) al 14% (8% + ¼ di 8% + 4 punti), potendo l’intermediario
bancario, nella sua discrezionalità, spostare agevolmente il credito dalla
partizione A alla B.

E’ quello
che si è fatto con lo scorporo, dalla Categoria delle aperture di credito, di
quelle prive di fido e quello che ulteriormente si prevede di introdurre con lo
scorporo del credito extra-fido dal credito affidato per ricomprenderlo
anch’esso nello ‘Scoperto senza fido’.

Già ora gli
‘Scoperti senza fido’ vengono assumendo una dimensione che travalica i limiti
fisiologici. Il fenomeno non sembra rimasto nei limiti di marginalità. Le
statistiche sono al riguardo carenti: l’informazione rimane al momento
ristretta negli ambiti riservati delle politiche aziendali degli intermediari e
in quelli relativi alle rilevazioni della Banca d’Italia, che non vengono rese
disponibili.

La
distinzione introdotta e quella che si vorrebbe introdurre all’interno delle
aperture in conto corrente creano una distorsione nello stesso mercato del
credito, con il prevedibile esito di favorire spinte opportunistiche degli
intermediari, volte da un lato a condizionare maggiormente la concessione del
fido alla presenza di garanzie e dall’altro ad espandere gli extra-fido e gli
scoperti privi di fido.

7. Il
credito in extra-fido: un’ulteriore criticità per la verifica dell’usura.

Più
recentemente si è diffusa la pratica di prevedere contrattualmente, accanto al
tasso per il fido, un diverso tasso, più elevato, per l’extra-fido.
L’extra-fido presenta concettualmente connotazioni che lo accostano al credito
scaduto/revocato e in mora: in entrambe i casi si ha una forma di scoperto. Il
prenditore di fondi dispone di un capitale non affidato: nel primo caso, con il
consenso dell’intermediario, nel secondo caso, subito dall’intermediario[77].

A parte
scoperti di modesto importo e di breve momento – che assumono, a livello di
sistema una dimensione modesta – appare alquanto pregiudizievole e poco
trasparente la circostanza nella quale la banca acconsente acché il fido
concesso venga sistematicamente e costantemente sconfinato per importi di
rilievo, applicando condizioni di tasso, commissioni e spese più esose[78].

Quando la
banca prevede in contratto tassi e condizioni distinte per la parte compresa
entro il fido e per l’eventuale extra-fido, non appare corretto, nella verifica
d’usura, calcolare il complessivo costo del credito nel trimestre sommando gli
interessi, spese ed oneri applicati entro il fido con quelli più elevati
praticati per l’extra-fido.

In generale,
se, nel medesimo trimestre, sono convenute condizioni e tassi distinti, per
separate linee di credito, ancorché relative alla medesima Categoria e
insistenti sul medesimo conto, non appare rispondente al dettato normativo
operare un’aggregazione degli interessi ed oneri trimestrali e determinare in
tal modo un tasso unico, risultante dalla media dei valori applicati[79].

Analogamente,
nel momento in cui l’intermediario acconsente a pagamenti oltre il fido
concesso, sui quali di norma applica tassi e condizioni distinti, di fatto
risulterebbe accordare un ulteriore finanziamento, seppur eventuale, momentaneo
e condizionato all’assenso volta per volta dell’intermediario, giuridicamente
distinto dal fido accordato. Non sembra configurarsi nella circostanza
un’estensione del finanziamento in essere.

Il criterio
di considerare esclusivamente l’aggregazione degli interessi entro il fido ed
oltre il fido risulterebbe disattendere lo spirito della norma che
espressamente punisce “chiunque si fa dare o promettere, sotto qualsiasi
forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di
altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari”
. Il disposto normativo
non sanziona la previsione e l’applicazione di tassi mediamente usurari,
ma più semplicemente la previsione e l’applicazione di tassi usurari[80].
Qualora la banca abbia praticato, anche per la sola parte di credito in
extra-fido, condizioni di tasso, spese ed oneri superiori alla soglia d’usura,
sembra corretto ritenere che questa non possa essere elusa con una metodologia
di verifica che, fondendo tassi più alti con tassi più bassi, riconduca il
valore medio al di sotto della soglia. Inoltre, non predeterminando un limite
superiore all’esposizione in extra-fido, si può configurare un’estensione del
credito (fido ed extra-fido), sino a superare la soglia nello stesso valore
medio complessivo. In tal modo la pattuizione non esclude l’usurarietà e può
ben essere soggetta alla sanzione prevista dall’art. 1815 c.c., 2° comma[81].

La sentenza
della Cassazione Pen. n. 46669/11, in un passaggio per il vero poco chiaro, sembra
confermare quanto esposto: “Né possono avere rilievo le differenziazioni del
tasso operato in caso di conto corrente non affidato – in cui il credito
erogato è superiore al fido concesso, rispetto al conto corrente affidato – in
cui l’utilizzo avvenga regolarmente nei limiti del fido, dovendo, comunque, la
banca non superare il tasso soglia normativamente previsto indipendentemente
dalla circostanza che nel caso di conto corrente non affidato la banca debba
fronteggiare un inatteso e irregolare utilizzo del credito da parte del
cliente, che, pur rappresentando un costo per l’eventuale scorretto
comportamento del cliente, non può comunque giustificare il superamento del
tasso soglia …
”.

Oltre tutto
sul piano contrattuale, se si pervenisse ad introdurre, come prospettato dalla
Banca d’Italia, una confluenza nella Categoria degli ‘Scoperti senza
affidamento’ dei crediti in extra-fido, risultando rimessa all’intermediario la
discrezionalità di porre il medesimo credito nell’una o nell’altra Categoria,
con un divario delle soglie di circa un terzo, si rafforzerebbe la dominanza
della banca sul cliente.

Con la
ventilata modifica, prospettata dalla Banca d’Italia nella Relazione
sull’analisi d’impatto della Delibera CICR di attuazione dell’art. 117 bis, si
verrebbe ad ampliare apprezzabilmente la menzionata Categoria degli ‘Scoperti
senza affidamento’, dando la stura a comportamenti opportunistici degli
intermediari che, nelle loro valutazioni discrezionali, possono lesinare la
concessione del fido e tollerare al contempo lo scoperto di conto e lo scoperto
oltre il fido, anche continuativo e di importo significativo. Rimarrebbe nella
completa discrezionalità dell’intermediario l’attribuzione del credito al fido,
all’extra-fido o allo scoperto, stabilendo se concedere o meno il fido, la
natura a revoca o a scadenza, l’ammontare eventualmente accordato al tasso
ordinario e gestire poi l’extra-fido e lo scoperto con i più ampi margini di
flessibilità e entro i limiti di soglia, maggiorati di un terzo, previsti dalla
nuova Categoria[82]. Già da tempo i nuovi contratti di conto corrente
riportano, accanto al tasso previsto per il fido, un tasso più alto per
l’eventuale extra-fido, oltre alle commissioni di istruttoria veloce introdotte
con il D.L. 6/12/11 n. 201.

Con
l’inclusione nella Categoria ‘Scoperto senza fido’ del credito in extra-fido si
verrebbe a tracimare ulteriormente ogni ragionevole limite di usura, in una
delle più diffuse forme di credito. Se dalle aperture di credito si scorpora la
parte non affidata, questa presenterà un tasso medio più alto al quale verrà
applicato uno spread maggiorato per la determinazione della soglia:
poiché la Categoria di attribuzione del credito non è oggettivamente insita
nella natura del credito stesso ma è riposta nella discrezionalità
dell’intermediario, si vanifica completamente il presidio della soglia d’usura.

8. La
rimozione delle soglie d’usura: aspettando che la Banca d’Italia favorisca la
concorrenza.

La soglia
d’usura, nell’evoluzione subita con la legge 108/96, si è ampliata verso
finalità di protezione dell’operatore economico dall’eccessivo potere nella
disponibilità dell’intermediario finanziario di fissare il prezzo del denaro.

L’usura
nella realtà moderna assume fattezze assai complesse, con risvolti peculiari,
propri all’ambito e alle circostanze nelle quali si realizza. Non vi è dubbio
che l’usura criminale presenti aspetti che si discostano profondamente
dall’usura bancaria, se non altro per le connotazioni di ‘violenza’ fisica,
oltre che psicologica, che la caratterizza. La legge 108/96, seppur concepita
come presidio generale all’usura, è calata propriamente sulla realtà bancaria,
elemento di congiunzione istituzionale fra i centri di formazione del risparmio
e di impiego delle risorse finanziarie[83].

La
problematica assume aspetti e caratteristiche diverse per le operazioni di
investimento e per i finanziamenti al consumo. Per questi ultimi, accanto a
valutazioni economiche di impulso alla domanda, intervengono valutazioni umane
e sociali, legate alla possibilità di ridurre il risparmio di precauzione e di
anticipare l’utilizzo della futura crescita delle disponibilità di reddito. Al
credito si riconosce un pregnante elemento di inserimento sociale e di
dinamismo economico[84].

Sul fronte
del credito al consumo le soglie d’usura presidiano fenomeni di
sovra-indebitamento, indotti da allettanti proposte non compiutamente
trasparenti che possono favorire un accesso poco responsabile al consumo
immediato, senza una compiuta consapevolezza del costo del finanziamento e
delle disponibilità future. D’altro canto le soglie d’usura possono indurre
l’esclusione dal credito di imprenditori e famiglie che, pur presentando un
merito di credito più basso (credito sub-prime), risultano comunque solvibili.

Anche gli
imprenditori che accedono al credito frequentemente non percepiscono
compiutamente il costo del prestito: posti nell’immediata esigenza o in una
visione ottimistica dei ricavi dell’investimento da finanziare, trascurano le
conseguenze di un costo elevato che, procrastinato nel tempo, si avvita in una
spirale ascendente che pregiudica rapidamente ogni possibilità di rimborso[85].

Il dibattito
in merito alla dimensione dei riflessi, positivi e negativi, sulla protezione
dell’operatore economico, imprenditore e consumatore, sulle problematiche della
limitazione all’accesso al credito, dei prezzi del credito, dei riflessi sulla
concorrenza e del sovra-indebitamento rimane aperto, risultando ampi studi e
ricerche che avvalorano ora un aspetto ora l’altro, senza pervenire a
conclusioni dirimenti. Permane assai problematico valutare ed apprezzare la
dimensione e rilevanza dei benefici economici e sociali indotti da una soglia
d’usura in rapporto ai risvolti di limitazione allo sviluppo economico.

Nel corso
della storia la pratica di una soglia massima al tasso di interesse e il
presidio a forme endemiche di anatocismo hanno spesso costituito una norma che
ancora oggi risulta apprezzabilmente diffusa in numerosi paesi, soprattutto nel
credito al consumo.

Un libero e
perfetto mercato del credito non abbisogna di limiti e controlli: il prezzo
espresso dal mercato tende a commisurarsi al costo della provvista, della
natura del credito e del rischio dell’iniziativa finanziata, senza oneri
impropri.

Un mercato
del credito efficiente rende più onerosi e controproducenti i limiti
amministrativi, potendo esprimere una flessibilità dei tassi che si adegua
costantemente alla natura e rischio della domanda e al costo e disponibilità
dell’offerta.

Stringenti
limitazioni ai tassi inducono da un lato una generale moderazione al costo del
credito favorendo il consumo e le iniziative economiche, ma al tempo stesso
possono determinare un più selettivo razionamento, impedendo l’accesso al
credito a quelle iniziative che pur solvibili presentano un elevato rischio.
Non si può trascurare che frequentemente le innovazioni comportano un maggior
rischio che richiede un più alto interesse del capitale finanziato: limitazioni
al costo del denaro possono pregiudicare il dispiegarsi di tali iniziative.

Si ritengono
funzionali limitazioni amministrative al costo del credito nella misura in cui
risulta carente un’efficiente concorrenza del mercato che possa minimizzare il
prezzo di equilibrio della domanda ed offerta di credito.

Nel processo
evolutivo di maturazione verso un efficiente mercato del credito, la presenza
di limiti ai tassi tutela gli operatori economici più deboli, ma in uno stadio
più maturo detti limiti, se eccessivamente restrittivi, possono divenire per
contro fonte di distorsioni e pregiudizio per lo stesso funzionamento del
mercato. Una diffusa letteratura in materia segnala i pregnanti rischi
finanziari ed economici che possono derivare da eccessivi condizionamenti ai
tassi del credito, che possono sopravanzare i benefici che con la normativa si
intende perseguire[86].

La presenza
di limitazioni ai tassi di interesse è una pratica assai diffusa, realizzata
attraverso modalità ed intensità alquanto diversificate che rispecchiano
dappresso la sensibilità e cultura, l’organizzazione e lo sviluppo del mercato
del credito[87].

Lo sviluppo
economico del Paese può trovare un adeguato modello di sostegno e protezione in
‘calibrati’ vincoli amministrativi ai tassi fintanto che il mercato del credito
non acquisisca un sufficiente grado di trasparenza e concorrenzialità[88]. Mano
a mano che il mercato del credito evolve su superiori livelli di maturità ed
efficienza, scemano i benefici apportati dai vincoli amministrativi e si
palesano i costi ed inefficienze che ne derivano.

L’articolazione
dei parametri previsti a presidio dei tassi praticati nelle specifiche
categorie di credito, se attentamente posti entro ampi limiti che consentano un
corretto dispiegamento del mercato del credito, non configura una forma
surrettizia di amministrazione dei tassi creditizi. Assume invece una
significativa funzione surrogatoria di un’efficiente concorrenza, contrastando
un drenaggio abusivo di risorse, non commisurato al costo del credito, che
sortirebbe riflessi di significativa incidenza nello sviluppo produttivo e
nell’equilibrio dei rapporti fra credito e consumo. Nei comparti del mercato
creditizio calmierati da una proficua concorrenza, i limiti imposti divengono
ininfluenti e laschi, più propri ad una funzione residuale, di presidio a forme
patologiche del credito.

Il mercato
del credito risulta in Italia ancora in una fase iniziale. La concorrenza, con
le riflesse sinergie di calmiere, è pressoché assente in buona parte delle
categorie di credito. Il prezzo del credito si discosta significativamente dal
costo della provvista, tendendo a schiacciarsi sull’utilità marginale del
prenditore. La soglia d’usura dello ‘Scoperto senza affidamento’ si colloca ad
oltre 100 volte l’Euribor a tre mesi[89].

Lungi dal
porre problemi di razionamento del credito, le soglie, nei dilatati margini di
operatività sopra indicati, sono parse assumere una forma di copertura a
comportamenti opportunistici che hanno condotto il costo del credito su livelli
tra i più alti in Europa: in tali circostanze il costo del credito presenta per
l’impresa nazionale un sovraccarico economico, alla stregua di quello
energetico e fiscale.

La
confusione e le incertezze che hanno accompagnato l’applicazione della
normativa dell’usura ne hanno ostacolato un efficiente presidio, generando
forme di opportunismo non tempestivamente controllate e rimosse.

La presenza
sul mercato di una diffusa schiera di intermediari non è in grado, da sola, di
assicurare una situazione di concorrenza: vari vincoli ne impediscono una
compiuta esplicazione. I costi relativi allo spostamento dei rapporti bancari,
accresciuti dagli oneri informativi necessari a comparare le diverse offerte
del mercato costituiscono seri ostacoli ad un libero mercato del credito.

Non sembrano
riscontrarsi le condizioni che possano giustificare una rimozione delle soglie
d’usura, come sostenuto dalla Banca d’Italia[90], mentre si avverte l’esigenza
di una rivisitazione dei criteri, di maggiore trasparenza e definizione dei
ruoli e funzioni assegnati dalla legge 108/96 all’Organo Amministrativo, oltre
che un esercizio più incisivo e pervasivo dei poteri di vigilanza, previsti
dall’art. 5 del TUB, con riguardo all’osservanza delle disposizioni in materia
creditizia.

Una
depenalizzazione dell’usura bancaria, così come insistentemente sostenuto dopo
la rimozione di tale presidio in Francia, renderebbe oltremodo più aggressive
le politiche di prezzo praticate dagli intermediari creditizi, informandole
esclusivamente al trade-off costi benefici, senza alcuna remora di sostanziale
rilievo. Un più pervasivo monitoraggio dell’Organo di Vigilanza e un apparato
sanzionatorio più incisivo appare una condizione necessaria e propedeutica.

Le soglie
d’usura italiane, dopo il recente ampliamento dello spread sul tasso
medio di mercato, si collocano su valori marcatamente discosti sia dai valori
medi di mercato, sia soprattutto dai costi di raccolta degli intermediari
finanziari. In tali circostanze appare poco plausibile ritenere che una
rimozione (totale o parziale) delle soglie d’usura possa consentire un più
ampio accesso al credito.

Per le
imprese francesi, dopo la parziale rimozione delle soglie d’usura, alcune
indagini e analisi hanno evidenziato – pur nella difficoltà di trarre
valutazioni certe ed incontrovertibili – indicatori che lasciano trasparire un
miglior accesso al credito, ma le limitazioni in Francia erano ben più
stringenti di quelle italiane. Non appaiono trasponibili alla situazione
italiana le considerazioni e valutazioni che in Francia hanno seguito la
riduzione dei limiti al costo del credito. Sussistono connotazioni peculiari al
tessuto industriale, al mercato del credito e ai parametri di contorno
dell’assetto normativo italiano: la dispersione dei tassi sul territorio
nazionale è particolarmente estesa e la presenza di una soglia può risultare lasca
e sostanzialmente inefficace per aree territoriali e comparti produttivi a
minor rischio e più selettiva per aree e comparti produttivi a maggior rischio;
tuttavia assai labili appaiono i margini di esclusione dal credito
riconducibili alle soglie d’usura: con gli attuali valori appare modesta la
fascia di clientela che, pur solvibile, presenta un rischio di credito
richiedente un margine di copertura più ampio di quello consentito.

D’altra
parte, accanto al credito direttamente rivolto al consumo, la peculiare
diffusioni di micro imprese pone una pregnante esigenza di tutela e
protezione[91].

In Italia il
credito bancario rimane prioritario coprendo il 91% dei finanziamenti totali
(dati BCE). La quasi totalità delle imprese italiane sono PMI, distinte in
PMI-retail (fatturato fino a 5 milioni e finanziamenti fino a 1 milione) e
PMI-corporate (fatturato compreso tra 5 e 50 milioni e finanziamenti superiore
a 1 milione). L’importanza della PMI è particolarmente accentuata in Italia
dove assorbe l’81% della forza lavoro contro il 46% del Regno Unito e il 39% di
Francia e Germania (dati Eurostat 2008).

L’Eurobarometro
2009 segnala le maggiori difficoltà di accesso al credito delle PMI italiane a
causa dei più elevati tassi di interesse, dei maggiori costi di finanziamento e
soprattutto dell’aumento delle richieste di garanzie[92]. Da un’indagine
condotta dal Financial Times e ripresa dal Sole 24 Ore, per un tipico
finanziamento a medio termine le imprese italiane pagano un tasso medio del
6,24% contro il 4,1% dell’impresa francese e il 4,04% dell’impresa tedesca.

La soglia
d’usura deve essere posta su valori sufficientemente accostati ai valori
espressi dal mercato per evitare l’acquisizione di rendite ‘abusive’ a carico
di imprenditori e consumatori, ma al tempo stesso deve essere sufficientemente
discosta per non condizionare il libero svolgimento del mercato del credito e
consentirne l’accesso ad ogni iniziativa economicamente efficiente. Il mercato
deve poter esprimere tassi che variano entro margini idonei ad allineare il
costo del credito al rischio dell’iniziativa finanziata, sino a quel valore
massimo tendenziale di rischio oltre il quale il costo stesso del finanziamento
pregiudica l’investimento. “Sul piano della teoria economica, la
correlazione tra rischio e rendimento non ha un andamento sempre crescente.
Oltre un certo livello, nessun aumento di tasso può compensare l’aumento del
rischio, anzi l’onerosità del tasso aggrava il rischio in una spirale perversa.
La curva di offerta dei prestiti – che raffigura la quantità di credito offerta
dagli intermediari in funzione del prezzo a cui il finanziamento viene erogato
– diviene a quel punto anelastica, insensibile al tasso”
[93].

La soglia
d’usura pone pertanto un delicato equilibrio, dove gli effetti virtuosi e
perversi sono connessi in un particolare rapporto di trade-off, reso
complesso e multi-variegato in funzione della diversificazione geografica e di
settore economico, oltre che dimensionale.

Le soglie
d’usura, nonostante le inefficienze applicative, hanno esercitato, negli ultimi
diciotto anni, una forma di tutela a favore di imprenditori e consumatori,
sopperendo alle marcate inefficienze del mercato del credito. Senza un corretto
equilibrio, che contemperi la stabilità dell’intermediario alla concorrenza del
mercato del credito, ogni forma di rimozione delle soglie d’usura sortirebbe
unicamente un indebito travaso economico dalle classi economico-sociali più
deboli.

9.
Considerazioni finali.

La marcata
tensione a cogliere le opportunità di un mercato del credito affetto da
un’endemica carenza di concorrenza, dove il prezzo del denaro si forma più
sull’utilità marginale del prenditore che sul costo del servizio del datore,
sospinge gli intermediari ad utilizzare pieghe normative e risvolti elusivi per
massimizzare i profitti, valutando, nel calcolo dei costi/benefici, di esiguo
rilievo i riflessi reputazionali e giudiziari dei comportamenti opportunistici
adottati[94].

Quella dei
crediti revocati, posti nella Categoria degli ‘Scoperti senza affidamento’,
congiuntamente ai tassi extra-fido in esubero delle soglie d’usura, costituisce
alcune delle più recenti ‘forzature’ messe in campo per eludere od edulcorare
il presidio dell’usura.

Criticità si
riscontrano altresì nei criteri di annualizzazione, disapplicati in talune
circostanze, nei finanziamenti ipotecari in conto corrente e nei mutui che, se
erogati in due tranche, una prevalente iniziale e l’altra a ‘stato avanzamento
lavori’, non rientrano nella Categoria dei ‘Mutui’ ma in quella residuale degli
‘Altri finanziamenti’, con una soglia marcatamente più elevata. Oltre allo
Scoperto senza affidamento, enucleato dalla Categoria delle Aperture di
credito, gli altri finanziamenti alle imprese sono stati spostati nella
Categoria residuale, con evidenti riflessi di innalzamento della soglia.

Non sono
disponibili elementi statistici dimensionali delle categorie contemplate nelle
‘Istruzioni’ ma le modifiche e gli andamenti dei tassi più recenti sembrano
segnalare un’estensione dimensionale della categoria residuale, alla quale non
corrisponde affatto alcun criterio di omogeneità, come previsto dalla
legge[95].

Il
legislatore, nel fissare prima al 50%, poi al 25% più quattro punti, lo scarto
massimo dal tasso medio espresso dal mercato, ha stabilito un limite assoluto
di invalicabilità del costo del credito, quale che sia il titolo al quale viene
esatto detto costo. Non ha tuttavia previsto un limite unico, ma ha inteso
modellare la limitazione in funzione di caratteri di omogeneità connessi alla
natura, oggetto, importo, durata, rischio e garanzia, rimettendo all’Organo
Amministrativo il compito di individuare categorie di credito omogenee. Nel
concetto di omogeneità, con le distinzioni indicate dalla legge, si è colta una
flessibilità discrezionale per allentare il limite d’usura attraverso
successivi frazionamenti del credito in categorie la cui omogeneità appare in
taluni casi informata a speciosi criteri, con delimitazioni e dettagli –
riportati nelle ‘Istruzioni’ e, più recentemente nelle FAQ – che assumono
fattezze di scarsa oggettività. In diciotto anni di applicazione dei limiti
d’usura, in plurimi interventi, è stato ampliato il numero di categorie e
classi da 15 a 25, inducendo un allentamento dei limiti d’usura non certo
inferiore a quanto disposto con il provvedimento legislativo (legge 106/11) che
ha modificato lo spread, portandolo dal 50% al 25% più quattro punti[96].

Gli
intermediari finanziari vanno cogliendo le smagliature delle Categorie previste
nelle ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia distribuendo le erogazioni di credito
prevalentemente nelle Categorie con soglie d’usura maggiori, piegando
all’occorrenza le condizioni contrattuali ai laschi parametri di inclusione
previsti nelle ‘Istruzioni’ stesse. Gli escamotage posti in campo sono i
più vari, nella totale impotenza della clientela che subisce gli articolati
costrutti contrattuali sui quali, nel formale rispetto della libertà
contrattuale, la Banca d’Italia non ritiene di poter intervenire.

Si assiste
da lungo tempo ad una continua e pervicace tensione degli intermediari bancari
a ricercare margini di profitto in forme contrattuali e comportamenti
giuridicamente estremi, confidando nei tempi lunghi impiegati dalla
giurisprudenza per dirimere dubbi, contraddizioni e discrasie. Le circostanze
di scarsa chiarezza e definizione delle regole di condotta pregiudicano la
stessa concorrenza nel mercato del credito, inducendo comportamenti
‘aggressivi’ volti ad acquisire margini di profitto, attraverso strategie di
prezzo e condizioni di credito, collocate su posizioni border line, dove
i limiti di demarcazione legale non trovano un’unanime e condivisa
individuazione.

Le
ristrettezze nell’offerta del credito e l’anomala dimensione che è venuto
assumendo il credito a revoca e a breve termine – ampiamente scollegato dalle
esigenze finanziarie dell’impresa – determinano una situazione di oligopolica
dominanza. In questa cornice del mercato, l’ampio ricorso allo ius variandiper modificare le condizioni contrattuali, vanifica ogni spinta alla concorrenza:
ogni ragionata selezione e comparazione degli intermediari creditizi, con gli
apprezzabili costi di spostamento dei rapporti, si scontra con l’instabilità e
la precarietà delle nuove condizioni economiche ricevute dall’intermediario.

Ancorché la
norma penale abbia accostato, in maniera poco consona con la diversa natura,
l’usura bancaria all’usura criminale, ciò non è valso a moderare i
comportamenti bancari
[97].
Nelle pieghe della normativa secondaria si è trovato il pretesto di
un’apparente discordanza per eludere la soglia d’usura, confidando, come ultima
sponda, nella generale prudenza che, di regola, accompagna l’operato della
Magistratura penale. Per contro viene
riversato nelle aule dei Tribunali un
marcato quantitativo di vertenze, per ricorrenti ed uniformi irregolarità, la
cui patologica dimensione denuncia la confusione e opacità della
regolamentazione, nonché la lacunosità e scarsa incidenza dei controlli
dell’Organo di Vigilanza[98].

Una diffusa
elusione delle soglie d’usura induce una lievitazione dei costi e dei rischi
generali d’impresa, con conseguenti limitazioni all’espansione degli
investimenti e tassi più elevati di default, con pregiudizio, in ultima
istanza, dello stesso sviluppo economico. Per altro verso vengono oltremodo
appesantite le condizioni economiche del settore Famiglie, risultano frenati i
consumi ed esasperate le problematiche umane e sociali.

Le soglie
d’usura sembrano indurre, in una tacita collusione, un indebolimento della
concorrenza, assumendo la veste di valori di riferimento nell’assunzione delle
decisioni sul prezzo del credito. La modalità endogena di rilevazione del tasso
soglia sortisce, fra un trimestre e il successivo, un effetto perverso di
crescita (échelle de perroquet) nella misura in cui l’intermediario
finanziario è sospinto a praticare tassi prossimi alla soglia.

Non si
dispone del dettaglio delle statistiche di rilevazione dei tassi curate dalla
Banca d’Italia per la determinazione delle soglie d’usura, ma l’evoluzione dei
tassi praticati dopo l’introduzione dell’Euro segnala, per talune categorie di
credito, andamenti di crescita che potrebbero essere ricondotti al noto effetto
dell’’échelle de perroquet’, che in Francia viene attentamente
monitorato e presidiato. In particolari segmenti del credito al consumo e alle
imprese – privi di concorrenza, caratterizzati da asimmetria informativa e
vincolati da rapporti negoziali di maggiore dipendenza dal credito – l’effetto
di trascinamento verso il tasso soglia del tasso medio sembra assumere una
pregnante rilevanza.

Per evitare
l’effetto di trascinamento del tasso medio verso il tasso soglia, occorre
sganciare il secondo dal primo, così che un accostamento al tasso soglia non
venga ad alimentare un innalzamento del tasso medio, che poi viene impiegato
per determinare un nuovo e più alto tasso soglia. Questo effetto distorsivo
della lievitazione del tasso soglia può essere evitato assumendo a riferimento
tassi esterni, correlati ma non direttamente dipendenti dai tassi di
finanziamento. Una soluzione praticabile può essere individuata in un tasso
che, anziché essere riferito al costo medio rilevato sul mercato del credito,
sia riferito al costo di approvvigionamento dell’intermediario. Si potrebbe
assumere a riferimento il tasso Euribor o il tasso di rifinanziamento della
BCE, per i finanziamenti legati ai tassi monetari e un benchmark di riferimento
analogo – tassi Eurorirs o BTP decennali – per i finanziamenti a più lungo
termine. Con riferimento a tali parametri potrebbe essere stabilito, Categoria
per Categoria, un moltiplicatore e uno spread assoluto, che possono
essere agevolmente stimati sulla base della lunga serie di statistiche che dal
‘97 la Banca d’Italia rileva per la determinazione del tasso soglia. Un’attenta
valutazione degli effettivi costi di intermediazione in ciascuna Categoria di
credito può altresì consentire di individuare le correzioni al moltiplicatore
che permettano di stemperare quelle divergenze con il prezzo del credito
riconducibili alle scelte di opportunità dell’intermediario volte a
condizionare le effettive esigenze dell’operatore economico[99]. Una scelta
così orientata porrebbe per altro fine ad ogni forma di discrasia, opacità e
indeterminatezza che ha accompagnato le rilevazioni trimestrali del TEGM,
mantenendo la flessibilità e diversificazione delle soglie d’usura, ma
restituendo una più cristallina trasparenza al parametro di completamento della
norma penale.

Le
‘Istruzioni’, chiarimenti ed indicazioni della Banca d’Italia, travalicando il
ristretto ambito di competenza attribuitole dalla legge 108/96, hanno
ampiamente condizionato l’applicazione delle soglie d’usura, inducendo criteri
di verifica improntati a scarsa trasparenza e sospinta soggettività, più
funzionali, in un’ottica di stabilità, a edulcorare i limiti di legge e coprire
i rischi legali dell’operato degli intermediari, che a tutelare gli
utilizzatori del credito.

La Corte
Costituzionale ha più volte precisato che il rinvio della norma penale alla
fonte subordinata è legittimo in tanto in quanto la legge indichi con
sufficiente puntualità i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti del
provvedimento integratore del precetto. La Cassazione, anche recentemente, ha
ribadito che la riserva di legge è rispettata, risultando affidato alla Banca
d’Italia e al MEF solo il compito di fotografare i tassi di mercato[100].

La carenza
non è nella legge, ma rimane nell’impiego ‘difforme’ della norma
amministrativa. Gli interventi della Banca d’Italia appaiono andare ben oltre ‘l’atto
meramente ricognitivo, destinato a ‘fotografare’ l’andamento dei tassi
finanziari distinti per classi omogenee di operazioni, secondo parametri di
certezza ed obiettività’
.

Le norme
amministrative che fungono da determinazione del precetto penale sollevano
delicati problemi di oggettività con i connessi riflessi sul principio di
tassatività che presiede la norma penale. A fronte della ‘fotografia’
reiteratamente richiamata dalla Cassazione, traspaiono interventi dell’Organo
Amministrativo che richiamano le pitture di Ferdinando Botero.

Le criticità
dell’intervento della Banca d’Italia si pongono sia sul lato della rilevazione
dei tassi per la determinazione delle soglie d’usura, sia sul lato delle
interferenze con la verifica dell’usura.

La scelta
del metodo di calcolo del tasso effettivo, dei criteri di raccolta dei dati
statistici, dei criteri di individuazione delle categorie omogenee, incide
significativamente sulla determinazione delle soglie e, se intesa in senso
creativo, libera eccessivi margini ‘in bianco’ della norma penale: la discrezionalità
amministrativa deve trovare contenimento e limiti invalicabili nell’oggettività
dei criteri stessi.

Le
‘Istruzioni’ della Banca d’Italia per la rilevazione del tasso medio di mercato
– anche dopo le correzioni apportate nel 2009 – in più aspetti si pongono in
contraddizione con il criterio di verifica del rispetto del tasso soglia
dettato dall’art. 644 c.p.

In primis,
la formula di calcolo del TEG, impiegata dalla Banca d’Italia per la
determinazione del TEGM si discosta apprezzabilmente dal tasso annuo effettivo
richiamato dalla norma di legge. La formula ideata dalla Banca d’Italia è del
tutto sconosciuta alla matematica finanziaria. Con tale formula si realizza un
improprio allentamento del vincolo disposto dall’art. 644 c.p. che prevede
espressamente il riferimento al credito erogato: “Per la determinazione del
tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a
qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate
alla erogazione del credito.”.

Introducendo
una discriminazione fra interessi da un lato e commissioni, oneri e spese
dall’altro, nel TEG indicato dalla Banca d’Italia[101], ai primi si applica il
previsto disposto normativo, riferendoli al credito erogato, mentre ai secondi
si applica un diverso e più edulcorato vincolo, riferendoli al credito
accordato o, al più, al massimo credito concesso nel trimestre. Tale anomalia è
stata prontamente colta dagli intermediari finanziari, che hanno alimentato una
rapida proliferazione di oneri e spese, solo da ultimo arginata
dall’introduzione della commissione onnicomprensiva di affidamento e dalla
commissione di istruttoria veloce[102]. Un’altra rilevante contraddizione è
emersa nel criterio di annualizzazione delle commissioni, oneri e spese, introdotto
nella formula di calcolo del TEG con le nuove ‘Istruzioni’ ‘09, ma
apprezzabilmente edulcorato con le successive modifiche apportate dalle FAQ.
Così che uno stesso ammontare, che addebitato come interesse farebbe debordare
la soglia, addebitato invece come onere o spesa, risulterebbe rispettoso della
soglia.

Ancorché la
Cassazione ritenga che ”non v’è dubbio che la legge abbia determinato con
grande chiarezza il percorso che l’autorità amministrativa deve compiere per
‘fotografare’ l’andamento dei tassi finanziari
” (Cassazione Pen. n.
12028/10), si assiste ad un ingiustificato e reiterato interventismo che fa
della ‘fotografia’ un simulacro. Dalla lettura delle FAQ, assurte ad
integrazione delle ‘Istruzioni’, si colgono pregnanti elementi pervasi da un’accentuata
discrezionalità, forse funzionali alla gestione del credito, ma che appaiono
poco congruenti con il principio di oggettività che dovrebbe presiedere la
definizione delle Categorie e dei TEG di rilevazione del TEGM.

Con i
recenti provvedimenti legislativi è stata soppressa l’iniqua CMS ed è stato
posto fine ad un impiego ‘sconsiderato’ di oneri e spese, riconducendo ad
un’unica voce, commisurata ai costi, le spese di istruttoria e di affidamento
che accompagnano la concessione del fido e dello scoperto.

Onde evitare
che tali oneri, nell’evenienza di anomale sproporzioni con il credito erogato,
conducano il TEG praticato oltre la soglia, gli operatori bancari si sono
dotati di algoritmi di ‘cimatura’ che automaticamente riportano entro il tasso
soglia gli importi addebitati.

La formula
della Banca d’Italia, con l’inclusione nel TEG di tali spese fisse, è divenuta
anacronistica, essendo venuta meno la già labile motivazione della sua inedita
formulazione. Le commissioni di istruttoria e affidamento – afferenti il
servizio preliminare di messa a disposizione dei fondi, distinto dal credito
utilizzato – sono ormai regolate da specifiche norme e potrebbero anche essere
escluse dalla verifica dell’usura, mentre le altre spese potrebbero ben
rientrare, senza distinzione alcuna, nella tradizionale formula degli interessi
(TAEG).

Le frequenti
modifiche e cambiamenti che intervengono nella classificazione e rilevazione
statistica, non trovano spiegazione in alcuna analisi e documentazione resa
disponibile dalla Banca d’Italia: gli stessi dati rilevati rimangono esclusi
all’informazione. Gli andamenti storici dei TEG rilevati sollevano apprezzabili
perplessità che andrebbero fugate ponendo a disposizione analisi e dati di
dettaglio per comprenderne compiutamente l’evoluzione[103]. La ritrosia ad una
maggiore informazione sembra voler escludere interferenze e critiche che
imporrebbero una maggiore spiegazione e trasparenza delle scelte operate dalla
Banca d’Italia. La delicata funzione di imparzialità, oggettività e
professionalità rimessa all’Istituto Centrale richiederebbe una maggiore
attenzione alle pronunce della Cassazione, a garanzia che i rapporti di
coerenza della norma subordinata alla legge penale rimangano nei limiti
previsti dall’art. 25 della Carta Costituzionale.

Gli aspetti
di conflitto d’interesse, rivenienti dalla circostanza che i dati sono forniti
dagli stessi soggetti al cui controllo la norma è rivolta, dovrebbero altresì
suggerire un fermo presidio sanzionatorio alla precisione e correttezza delle
informazioni trasmesse e un utilizzo più incisivo dei poteri di Vigilanza
rivenienti dall’art. 5 del TUB per assicurare, anche sul fronte
dell’applicazione dei tassi alla clientela, una corretta rispondenza dei
comportamenti ai principi stabiliti dalla legge sull’usura.

Nel rispetto
della funzione assegnata al giudice, la Banca d’Italia potrebbe altresì
esercitare la sua proverbiale moral suasion per indirizzare gli
intermediari creditizi ad astenersi da comportamenti border line che
potrebbero risultare illeciti.

Le
indicazioni, spesso parziali e di favore, prospettate dalla Banca d’Italia,
appaiono più dirette ad amministrare la verifica dell’usura che a curare una
corretta rilevazione statistica del tasso medio di mercato. Attraverso il
disposto dell’art. 3 comma 2 dei decreti ministeriali, si vorrebbero trasporre
i margini ‘accomodati’ della rilevazione statistica del TEGM alla verifica del
rispetto della soglia d’usura. Sembrano perpetrarsi quegli spazi di scarsa
trasparenza e di conflitto con la norma penale che hanno consentito in passato
l’ampio ricorso al favor rei, in presenza di significative lesioni al
rispetto della legge[104].

Seppur
tendenzialmente accostati, se non si tengono distinti i criteri di rilevazione
del tasso medio (TEGM) dai criteri di verifica del rispetto della soglia,
continuano a permanere ampie zone di criticità dove la rilevazione del TEGM non
fotografa l’effettivo tasso di mercato e la verifica dell’usura mutua dai criteri
di rilevazione aspetti in aperto conflitto con i principi dell’art. 644 c.p..
Comportamenti opportunistici degli intermediari, dietro la formale copertura
dell’art. 3, comma 2 dei decreti ministeriali e le confuse indicazioni della
Banca d’Italia, hanno per lungo tempo reiterato problemi di determinatezza e
tassatività della norma, aprendo il varco a condotte che, pur oggettivamente
illecite, non hanno integrato il reato penale per mancanza dell’elemento
soggettivo.

La norma che
regola l’usura è chiara, semplice, di immediata comprensione ed applicazione.

La norma
amministrativa, rivolta alla rilevazione di un dato statistico, risulta al
contrario articolata in dettagli e specificazioni necessari a cogliere
compiutamente il dato fisiologico medio di mercato. Le perplessità ed
incertezze insorgono quando i criteri di calcolo ed inclusione della
rilevazione statistica vengono trasposti sulla norma di legge penale, ponendo
una variegata casistica di fattispecie concrete nelle quali il TEG risulta
entro la soglia, mentre il tasso annuo effettivo (TAEG) richiamato dalla norma
si colloca, anche apprezzabilmente, al di sopra della soglia.

Con i fermi
principi di responsabilità e di stretto rispetto dell’art. 644 c.p. fissati
dalla Cassazione Penale n. 46669/11 – senza alcun riconoscimento di delega al
MEF e alla Banca d’Italia, salvo la ‘fotografia’ dei tassi di mercato – è stata
ristabilita la determinatezza e tassatività della norma penale, ripristinando
la dignità dell’art. 644 c.p.: dopo la menzionata pronuncia non sembra si possa
escludere, anche sotto il profilo soggettivo, il reato d’usura, in quei
comportamenti degli operatori bancari riferiti esclusivamente alle indicazioni
e ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia.

Con la
recente pronuncia della Cassazione n. 18778/14, anche all’usura concreta (3°
comma, art. 644 c.p.) è stato restituito un definito ed oggettivo ambito di
applicazione, al quale gli intermediari sono chiamati a prestare una pari
attenzione.

Se poi
l’Organo di Vigilanza non esplica compiutamente i poteri che gli rivengono
dall’art. 5, più recentemente rafforzati nell’art. 127 del T.U.B., il presidio
della norma rimane affidato esclusivamente alla Magistratura. Nei tempi
ritardati di quest’ultima, i fenomeni di reato, per la stessa dinamica del mercato[105],
si vengono diffondendo a buona parte degli intermediari finanziari determinando
un continuo flusso seriale di ricorsi giudiziari.

Si avverte
l’esigenza di evitare discrasie, interpretazioni ed indicazioni che si
frappongono ad una verifica dell’usura riferita esclusivamente al dettato
letterale dell’art. 644 c.p[106], rimuovendo la prescrizione che continua ad
essere riportata nell’art. 3, comma 2 dei decreti del MEF di pubblicazione
delle soglie d’usura, oltre al richiamo negli stessi all’indagine campionaria
della Banca d’Italia del 2001: tali enunciati costituiscono lo sparuto velo al
quale si appoggiano i più sospinti comportamenti opportunistici degli
intermediari. La pronuncia della Cassazione è categorica: “La materia penale
è dominata esclusivamente dalla legge e la legittimità si verifica solo
mediante il confronto con la norma di legge (art. 644, comma 4, c.p.) …
”,
e precisa: “Le circolari e le istruzioni della Banca d’Italia non
rappresentano una fonte di diritti ed obblighi …”
aggiungendo
ulteriormente: “Le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di
legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla
vigilanza della Banca d’Italia, neppure quale mezzo di interpretazione,
trattandosi di questione nota nell’ambiente del commercio che non presenta in
se particolari difficoltà…”
[107].

Nell’attenzione
alla verifica del rispetto dell’art. 644 c.p. occorre altresì non trascurare
debordi occasionali e di scarso rilievo, se non riconducibili a casi isolati ed
errori accidentali, non seriali. Con una platea estesa a milioni di
correntisti, anche un modesto sforamento, se diffuso all’intera compagine,
apporta al bilancio dell’intermediario importi significativi: in tali
circostanze, l’elemento soggettivo, la volontà di praticare usura, trascende lo
specifico rapporto di conto e va individuata nella ricorrenza ed estensione del
fenomeno e nella sua incidenza e rilevanza nel bilancio dell’intermediario.

Una maggiore
trasparenza e chiarezza normativa si può conseguire recependo in radice lo
spirito espresso nella menzionata Cassazione Penale riconoscendo, anche nelle
disposizioni amministrative, la netta separazione fra i criteri di rilevazione
del tasso medio di mercato ed i criteri di verifica della soglia d’usura.
Seppur accostate le finalità rimangono distinte e la ricerca di una inesistente
omogeneità di calcolo finisce per condizionare da un lato la rilevazione
statistica e distorcere dall’altro la verifica del rispetto dell’art. 644 c.p..

Nella
definizione delle Categorie si rende opportuna una maggiore oggettività dei
criteri di omogeneità che discriminano una Categoria dall’altra. Recuperando i
margini decisionali che la legge gli affida, il MEF, in termini di maggiore
trasparenza, potrebbe richiedere alla Banca d’Italia un’analisi dei dati di
dettaglio provenienti dalla rilevazione statistica operata trimestralmente,
onde monitorare l’omogeneità e la dinamica delle Categorie di credito,
sottoponendo, nella trasparenza, a consultazione pubblica le modifiche che si
intendono apportare alla classificazione del credito in Categorie, non
trascurando per altro che ogni aumento del numero di Categorie – passate dalle
15 iniziali alle attuali 25 – induce un allentamento dei limiti d’usura.

Lasciando
impregiudicata la responsabilità del rispetto delle soglie all’intermediario
bancario e circoscrivendo il giudizio di verifica al semplice e chiaro
enunciato dell’art. 644 c.p., la Banca d’Italia potrebbe al più esprimere –
all’unisono con la Corte Suprema e separatamente dai criteri statistici di
rilevazione del valore medio del mercato (TEGM) – una propria autorevole
valutazione sui principi di coerenza con il dettato dell’art. 644 c.p. e di
cautela negli eventuali margini di dubbio che dovessero insorgere. Tali indicazioni,
ove condivise, potrebbero guidare gli intermediari nella predisposizione dei
piani tariffari del costo del credito e nei processi informatici di ‘cimatura’,
già ampiamente impiegati nel calcolo e nell’addebito di interessi, oneri e
spese.

Chiariti i contorni
normativi e riportati ad unità le espressioni di consenso alla corretta
applicazione dell’art. 644 c.p. non rimarrebbero margini operativi a spinte
opportunistiche che si alimentano e diffondono nelle zone grigie della
normativa.

Gli
intermediari finanziari avvertono la confusione del coacervo di indicazioni che
promanano dall’ABI, dalla Banca d’Italia, dall’ABF e dalla Cassazione, ben
consapevoli che solo quest’ultima è istituzionalmente designata a fornire la
corretta lettura ed indirizzo della norma; le altre indicazioni, pur
provenienti da istituzioni di prestigio, si risolvono in autorevole ‘opinioni,
che tuttavia non possono pregiudicare la determinatezza e tassatività della
norma[108].

In queste
circostanze, valutata la generalità delle incertezze e incongruenze
determinatesi, che pregiudicano significativamente i comportamenti degli
intermediari – sospinti spesso dalle esigenze di bilancio e dai vincoli di
mercato, a perpetrare condotte border line – si avverte anche da parte
di questi ultimi uno stato di diffuso disagio e l’esigenza di un’urgente
definizione e chiarificazione del quadro normativo, che contemperi altresì, nei
comportamenti passati, le incertezze insorte con le rilevanti sanzioni previste
dalla norma.

In una
prospettiva di più ampio periodo, alla rimozione delle smagliature e
incongruenze insorte nel quadro normativo, deve accompagnarsi un’accelerazione
del processo di revisione del quadro del credito che riconduca alla libera
concorrenza le funzioni principe di calmiere dei tassi di interesse e di
efficiente allocazione del credito.

[1]“Non
v’è ragione per escluderne l’applicabilità anche nell’ipotesi di assunzione
dell’obbligazione di corrispondere interessi moratori risultati di gran lunga
eccedenti lo stesso tasso soglia: va rilevato, infatti, che la legge 108 del
1996 ha individuato un unico criterio ai fini dell’accertamento del carattere
usurario degli interessi (la formulazione dell’art. 1, 3° comma, ha valore
assoluto in tal senso) e che nel sistema era già presente un principio di
omogeneità di trattamento degli interessi, pur nella diversità di funzione,
come emerge anche dall’art. 1224, 1° comma, del codice civile, nella parte in
cui prevede che se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore
a quella legale “gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura. Il
ritardo colpevole, poi, non giustifica di per sé il permanere della validità di
un’obbligazione così onerosa e contraria al principio generale posto dalla
legge”
(Cassazione n. 5286/00).

L’art. 1,
comma 1, D.L. 394/00, di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p.,
riconduce alla nozione di interessi usurari quelli convenuti ‘a qualsiasi
titolo’
e la relazione governativa che accompagna il decreto fa esplicito
riferimento a ogni tipologia di interesse, ‘sia esso corrispettivo,
compensativo o moratorio’
.

La Corte
costituzionale, chiamata ad esprimersi nei giudizi di legittimità
costituzionale sollevati dalla legge n. 24/01 (Interpretazione autentica della
legge 108/96), ha precisato, in un obiter dictum, che: ” Va in ogni
caso osservato – ed il rilievo appare in sé decisivo – che il riferimento,
contenuto nell’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli
interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile – senza
necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche
dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli
interessi moratori.”
(Corte Cost. n. 29/02).

Da ultimo,
anche l’art. 2 bis del D.L. 29/11/08, n. 185 convertito in legge 28/1/09 n.2
non opera alcuna distinzione con riferimento alla natura degli interessi
quando, al comma 2, prevede: “Gli interessi, le commissioni e le provvigioni
derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione,
a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei
fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione
dell’articolo 1815 del codice civile, dell’articolo 644 del codice penale e
degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108”.

[2]Il
caso esaminato dalla Cassazione riguardava un mutuo concesso ad un tasso
corrispettivo del 10,50% ed un tasso di mora maggiorato di 3 punti (13,50%): il
tasso medio di mercato, previsto dal D.M. 23/2/98, era pari all’8,29% (soglia
d’usura 12,435%). La Corte d’Appello aveva ritenuto che ‘la maggiorazione
del 3% prevista per il caso di mora non poteva essere presa in considerazione,
data la sua diversa natura, nella determinazione del tasso usurario
’. Parte
ricorrente aveva dedotto il contrasto con quanto previsto dal D.M. 27/3/98 in
quanto doveva tenersi conto della prevista maggiorazione di 3 punti in caso di
mora. Al riguardo la Suprema Corte ha stabilito: “La stessa censura (sub b),
invece, è fondata in relazione al tasso usurario perché dalla trascrizione
dell’atto di appello risulta che parte ricorrente aveva specificamente
censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto con il tasso soglia senza
tenere conto della maggiorazione di tre punti a titolo di mora, laddove,
invece, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p., e dell’art. 1815 c.c.,
comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito
dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a
qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori”
(Cass.
09.01.2013, N. 350; Cfr. anche Cass. 11/1/13, n. 602 e 603).

Come si può
desumere dalle circostanze rappresentate, il tasso corrispettivo risulta
inferiore al tasso soglia vigente e la maggiorazione della mora, pari a 3
punti, risulterebbe inferiore al valore di 3,15 punti che si otterrebbe –
seguendo il criterio suggerito dall’ABI e fatto proprio dalla Banca d’Italia –
considerando la maggiorazione di 2,1 punti rilevata nell’indagine campionaria
del 2001/02, aumentata del 50%.

[3]Pur
nella sostanziale differenza riconducibile alla circostanza che le CMS
avrebbero dovuto essere ricomprese nel calcolo del TEG risultando oneri
ricorrenti che si aggiungono ordinariamente agli interessi, mentre la mora,
facendo riferimento ad una fase patologica del rapporto, non può essere
ricompresa nel calcolo del TEG funzionale alla rilevazione del tasso medio
fisiologico di mercato.

[4]La
giustificazione a suo tempo espressa dalla Banca d’Italia nella Circolare n.
47429 del 1/10/96 appare alquanto anodina: ‘analogamente a quanto avviene in
Francia, ove vige una normativa sull’usura che ha ispirato la legge 108/96, la
commissione di massimo scoperto è oggetto di autonoma rilevazione
’.

[5]Il
Decreto ministeriale del 25 marzo 2003 riporta nella Nota Metodologica:

Rilevazione
degli interessi di mora

La Banca
d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi hanno proceduto a una rilevazione
statistica riguardante la misura media degli interessi di mora stabiliti
contrattualmente. Alla rilevazione è stato interessato un campione di banche e
di società finanziarie individuato sulla base della distribuzione territoriale
e della ripartizione tra le categorie istituzionali.

In relazione
ai contratti accesi nel terzo trimestre del 2001 sono state verificate le
condizioni previste contrattualmente; per le aperture di credito in conto
corrente sono state rilevate le condizioni previste nei casi di revoca del fido
per tutte le operazioni in essere. In relazione al complesso delle operazioni,
il valore della maggiorazione percentuale media è stato posto a confronto con
il tasso medio rilevato.

Esigenze di
trasparenza avrebbero richiesto maggiori informazioni sul campionamento
effettuato dalla Banca d’Italia.

[6]Art.
3, 4° comma: “I tassi effettivi globali medi di cui all’art. 1, comma 1, del
presente decreto non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente
previsti per i casi di ritardato pagamento. L’indagine statistica condotta nel
2001 ai fini conoscitivi dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio italiano dei cambi
ha rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al
campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita
contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1
punti percentuali
.”.

[7]Il
campionamento curato dalla Banca d’Italia ha evidenziato un tasso medio di mora
del 2,1%. La rilevazione – : riferita al III trimestre ‘01, curata nel corso
del ‘02 e comunicata nel II trimestre ‘03 – presenta una marcata opacità: non
si dispone infatti di alcuna informazione di dettaglio sulle modalità e criteri
di rilevazione ed elaborazione dei dati. Il campionamento presenterebbe la
stessa incongruenza che ha caratterizzato la rilevazione della CMS la cui media
(semplice) era rilevata esclusivamente sulle operazione che prevedevano tale
onere e non sull’intero universo campionato (Cfr. nota 39 a pag. 33).

[8]Il
riferimento è al parere della prof.ssa Severino di Benedetto che non ha
incontrato alcun seguito in dottrina. In tale parere viene affrontata anche
l’eventualità che la maggiorazione della mora superi il valore di 2,1 punti
maggiorato del 50%, cioè 3,15 punti, e si sostiene che la circostanza non è
sufficiente a configurare l’usura se l’interesse corrispettivo, incrementato
del maggior margine di mora, rimane comunque inferiore alla soglia d’usura
maggiorata di 3,15 punti. Tale costrutto verrà integralmente ripreso e proposto
dalla Banca d’Italia per le CMS nella Circolare 2/12/05, svelando lo spirito
con il quale vengono gestite le ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia: “L’atteggiamento
manifestato appare conforme alla tradizionale propensione della Banca d’Italia
a trovare elementi di giustificazione ed eventualmente di razionalizzazione
delle prassi – troppo spesso unilateralmente applicate dagli istituti di
credito – piuttosto che a contrastare pratiche contrattuali talora dissonanti
con la disciplina dei contratti bancari. E per la verità è singolare che la
Banca d’Italia nell’affrontare in modo diretto la questione della CMS, non
prenda posizione, nemmeno di sfuggita, sul primo problema che la legge n.
108/96 (alla quale costantemente si richiama alla lettera) pone quale profilo
prioritario, e cioè che questa commissione di massimo scoperto costituisce, in
realtà, una remunerazione del credito concesso al cliente della banca.”
.
(P. Dagna, Profili civilistici dell’usura, pag. 403, CEDAM, 2008).

[9]Nel
prevedere tassi di mora compresi entro i limiti d’usura pubblicati per la
Categoria di appartenenza, vengono altresì incluse, in particolare per i mutui,
clausole di salvaguardia che mantengono comunque la misura degli interessi di
mora entro i limiti fissati dalla legge 108/96. “Né appare fondata la
richiesta di sospensione, per quanto concerne il dedotto superamento del tasso
soglia, atteso che il contratto di mutuo che disciplina il rapporto tra le
parti esplicitamente, sul punto, all’art. 4 contiene che ‘ la misura di tali
interessi non potrà mai essere superiore al limite fissato ai sensi dell’art. 2
co. 4 della l. 7/3/96 n. 108, dovendosi intendere, in caso di teorico
superamento di detto limite, che la loro misura sia pari al limite medesimo’
.”
(Tribunale Napoli, M. Cacace,8/1/14).

Un
atteggiamento analogo tengono le banche, nel richiedere un tasso di mora non
superiore alla soglia pubblicata, nella precisazione del credito delle
procedure esecutive e concorsuali.

[10]In
sede di applicazione delle nuove ‘Istruzioni’ ‘09 della Banca d’Italia, con
riferimento al periodo transitorio, buona parte delle banche ha dimostrato una
maggiore avvedutezza e cautela di quanto suggerito dalla Banca d’Itala. Nel
passaggio dalle CMS alle commissioni sostitutive di affidamento e di scoperto,
le ‘Istruzioni’ del ‘09, in maniera alquanto incauta, riportano: “Si ritiene
opportuno precisare che le nuove istruzioni prevedono che fino al 31.12.09
(periodo transitorio) restano pertanto esclusi dal calcolo del TEG per la
verifica del limite di cui al punto precedente (ma vanno inclusi nel TEG per
l’invio delle segnalazioni alla Banca d’Italia): a) la CMS e gli oneri
applicati in sostituzione della stessa
, come previsto dalla legge 2 del
2009; b) gli oneri applicati alla clientela per i passaggi a debito di conti
non affidati, fino a concorrenza delle spese addebitate ai clienti per la
liquidazione trimestrale dei conti affidati; c) gli oneri assicurativi imposti
per legge direttamente a carico del cliente (anche per il tramite
dell’intermediario).

Tale
opinione appare confliggere, oltre che con la ratio della legge usura
(L. 108/1996), con l’art 2 bis della stessa legge 28/1/2009, n. 2, che prevede
che ‘il limite previsto dal terzo comma dell’art. 644 del codice penale,
oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina
vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà
effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni’
e quindi gli oneri
applicati in sostituzione delle CMS non potevano che essere ricompresi nel
calcolo del TEG.

[11]Vista
la difficile situazione economica, nella quale si registra un più elevato tasso
di morosità, il legislatore avrebbe dovuto manifestare una più attenta
sensibilità al riguardo, quanto meno lasciando invariata la maggiorazione che,
invece, risulterebbe ridotta (dal 50% al 25%) nel criterio indicato dalla Banca
d’Italia.

[12]Nella
fattispecie considerata il maggior tasso risulterebbe di fatto subito: la
situazione di difficoltà economica che si configura nella circostanza, incide
sulla libera determinazione a contrarre e condiziona l’accettazione della
sproporzione delle prestazioni del cliente:“Per quel che concerne la tutela
penale, la pattuizione strumentale di interessi moratori di importo elevato può
rientrare nell’ambito della fattispecie di usura prevista dal 3° comma
dell’art. 644 c.p. (la c.d. “usura residuale) che in questo caso potrebbe
trovare applicazione molto più frequentemente di quanto si è ipotizzato
all’atto della sua introduzione (…) l’interpretazione logica conduce a ritenere
che la norma debba applicarsi anche ad ipotesi in cui il tasso fissato dai
contraenti è superiore al limite di legge. Il caso degli interessi moratori
pattuiti ad un tasso eccessivo ed altresì superiori ad un determinato
tasso-soglia si attaglia perfettamente a questa eventualità, proprio perché si
è visto come gli interessi moratori esulino tendenzialmente dal sistema delle
rilevazioni trimestrali”
(Giudice Fabrizio Vanorio della Procura della
Repubblica di Palermo, Atti della relazione, I reati dell’usura: la struttura
della fattispecie, le tecniche d’indagine ed i rapporti fra autorità inquirenti
e le banche, tenuto al Seminario organizzato da ABI e Consiglio Superiore della
Magistratura in Roma nei giorni 1-2 marzo 2005).

D’altra
parte la norma non esprime un principio dicotomico assoluto condizionato al
TEGM di rilevazione. “Di suo, il TEGM propone un alto grado di rigidità:
come ha rilevato dottrina autorevole, ‘non può approvarsi che, se … il tasso
c.d. soglia è del 20%, chi ha pattuito un interesse del 20,01% perde tutto e
chi ha pattuito un interesse del 19,90% possa conservalo tutto’. Da
quest’angolo visuale, l’articolazione complessiva del sistema vigente si
preoccupa di colmare il gap: più il carico economico si avvicina alla linea di
confine e meno occorrono ulteriori elementi di fattispecie perché la
sproporzione risulti in concreto rilevante. In un certo senso, il nostro
sistema attuale propone un continuum: la prossimità alla soglia propone il
rischio dell’operazione
” (A.A. Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari.
Regole, Ed. Zanichelli, 2013).

[13]Per
fatti risalenti agli anni precedenti, il Gip del Tribunale di Caltagirone
(dott. M. Gennaro, sentenza 21/6/12), non ha ritenuto di procedere non ‘perché
il fatto non costituisce reato’, bensì ‘per insussistenza dei fatti’. Nella
circostanza, il Gip – nel considerare le incertezze e le diverse metodologie di
inserimento delle CMS – ha ritenuto che “non si vede in quale modo sia
possibile, in un sistema siffatto, tener conto ‘a posteriori’ della CMS nel
calcolo del tasso usurario senza violare irrimediabilmente il principio di
tassatività dell’illecito penale, principio com’è noto direttamente ritraibile
dall’art. 25 Cost.”.

[14]In
maniera alquanto impropria e singolare, con le FAQ del 1° dicembre ‘10 si è
modificato, con decorrenza dal trimestre di rilevazione ottobre-dicembre 2010,
il criterio di annualizzazione previsto dalle ‘Istruzioni’. La modifica,
rimuovendo in parte l’annualizzazione, ha risvolti economici apprezzabili,
risulta priva di fondamento logico-finanziario e si pone in contrasto con il
dettato dell’art. 644 c.p. che, ancorché interessi, oneri e spese siano
calcolati trimestralmente, pone il riferimento al ‘tasso effettivo annuo’.

[15]Cfr.
anche Corte d’Appello Cagliari 26/3/14; Tribunale di Roma 23/1/14; Corte
d’Appello Milano 22/8/13; Tribunale Brindisi 9/8/12; Tribunale Pordenone
7/3/12; Tribunale Alba 18/12/10. In senso contrario Tribunale di Torino,
dott.ssa M. Giusta, 17/2/14, n. 1244; Tribunale Ferrara, dott. A. Rizzieri,
21/5/14, n. 592.

[16]Aumentando
i TEG medi di 2,1 punti, l’effetto della penale sulla soglia si commisura a
3,15 punti (con lo spread del 50%). In considerazione della natura di
penale della maggiorazione, si poteva, secondo taluni, applicarla direttamente
alla soglia, senza alcun incremento del 50% (ora 25%).

[17]La
sentenza della Cassazione Pen. n. 46669/11 ha ritenuto, nelle circostanze
esaminate, incensurabile il riferimento dei giudici di merito alla CMS soglia
nella verifica dell’usura, ma nelle due precedenti sentenze della Cassazione
Pen. n. 12028/10 e n. 28743/10, il giudice di merito aveva fatto riferimento,
per la metodologia di verifica dell’usura, alla usuale formula del TAEG.

[18]A
sostegno della tesi sopra riportata, il Collegio di Roma, in una successiva
decisione dell’11/4/14, richiama anche l’art. 19, 2° e 3° paragrafo, della
direttiva 2008/48/CE che stabilisce: ‘2. Al fine di calcolare il tasso annuo
effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad
eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la
mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di
credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al
consumatore all’atto dell’acquisto, in contanti o a credito, di merci o di
servizi’.’ 3. Il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato
sull’ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo
convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei
termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito’
.

Da questo il
Collegio fa discendere la negazione in linea di principio che il tasso degli
interessi moratori sia suscettibile di determinare il superamento del limite
imperativamente posto dall’art. 644, 3° comma c.p. e dell’art. 4, 2° comma,
della legge 108/96. La Direttiva relativa ai contratti di credito ai
consumatori riferisce il TAEG agli aspetti informativi che devono essere
riportati in contratto e correttamente indica il costo del credito (TAEG) –
comprensivo per altro delle imposte – che ordinariamente verrà posto a carico
del consumatore e, distintamente, il tasso degli interessi in caso di ritardi
di pagamento e le eventuali penali. La Direttiva regola circostanze e finalità
diverse, rivolte a fornire ex ante una corretta rappresentazione dei costi:
appare del tutto inconferente far discendere dalla Direttiva il principio che per
il tasso di mora non si possa determinare il superamento della soglia. La
normativa sull’usura risponde a principi più stringenti: non ammette deroghe
che possano, come in passato, costituire canali di elusione.

[19]“La
riduzione equitativa ai sensi dell’art. 1384 c.c. risulta più confacente alle
sole singole ipotesi di clausola penale inserita consensualmente dalle parti
contrattuali che li legano, mentre mal si concilia con l’enorme mole di
contratti negoziati nel mercato del credito, ma in realtà predisposti
unilateralmente dalle banche e dagli intermediari autorizzati. Tali rapporti
contrattuali, invero, necessitano di paletti certi, predetermiῒῒῒti e quindi
facilmente conoscibili da tutti i contraenti, al fine di evitare effetti di
distorsione al regolare andamento del mercato del credito
”. (M.N. Mizzau,
Interessi moratori e relativo tasso soglia, in ‘I contratti bancari’, a cura di
Cesare Maria Bianca, Dike, 2013).

[20]Cass.
18 luglio 2002, n. 10428; Cfr. anche Cass. 16 aprile 1991, n. 4035.

[21]”Dalla
rilevazione ministeriale del TEGM restano escluse tredici tipologie di
operazioni (Sezione I – B2. Operazioni escluse): per es., posizioni
classificate in sofferenza, operazioni a tasso agevolato, ecc.). Benché
riconducibili alle categorie omogenee individuate negli appositi decreti
annuali, esse sono escluse per ragioni facilmente intuibili (e giustificate)
alla stregua della ratio sottesa a una soglia di usurarietà legata alle
condizioni di mercato: come spiega la nota metodologica dei decreti ministeriali,
‘non sono incluse nella rilevazione alcune fattispecie di operazioni condotte a
tassi che non riflettono le condizioni del mercato (ad es. operazioni a tassi
agevolati in virtù di provvedimenti legislativi)’. A tali operazioni non
potranno allora applicarsi le soglie dedotte dai decreti trimestrali per le
diverse categorie cui sono riconducibili: lo preclude la logica prima ancora
della legalità. Né le medesime soglie potranno essere utilizzate
analogicamente, in quanto – a parte il divieto previsto dall’art. 14 Disp.
Prel. C.c. (e 25, co. 2, Cost.) – proprio le ragioni che ne hanno determinato
l’esclusione dalle relative categorie non consentono certo un’assimilazione a
queste ultime ai fini dell’individuazione di una soglia (Cfr. anche V. Bellacosa,
voce Usura, in Dig. Disc. Pen. vol. XV, Torino, 1999,156)
”. (P. Capoti,
Usura presunta nel credito bancario e usura della legalità penale, in Riv.
Trim. Dir. Pen. Econ. 2007, 631 ss.; Il delitto di usura ‘bancaria’,
Università degli Studi di Padova, 2009).

[22]Decisione
n. 6111 del 27 novembre 2013, Collegio di Milano.

[23]Nessuna
edulcorazione del TEG è prevista dalla normativa francese alla quale si è
ispirata la legge 108/96, risultando il calcolo effettuato con l’ordinaria
formula del tasso effettivo di interesse, nel quale sono ricompresi tutti i
costi relativi al credito, applicato all’importo effettivamente utilizzato e
non a quello accordato inizialmente. Nella tabella dei tassi soglia, pubblicata
dalla Banca di Francia si riporta espressamente: “Pour apprécier le
caractère usuraire du taux effectiv global (TEG) d’un découvert en compte ou
d’un pret permanent, le montant à prendre en considération est celui du crédit
effectivement utilisé
.”

[24]Per
tali forme di finanziamento si fa, di regola, riferimento alla Categoria
residuale degli ‘altri finanziamenti”. In merito agli interessi di mora
previsti dalla legge 231/02 per le transazioni commerciali, questi vengono
parametrati al saggio di interesse del principale strumento di finanziamento
della BCE, maggiorato di otto punti. La legge lascia altresì nella
disponibilità delle parti di convenire un tasso di mora superiore. Per i limiti
d’usura, facendo riferimento alla Categoria residuale degli ‘Altri
finanziamenti’ alla quale tale tasso può essere raffrontato, il parametro di
riferimento fissato dalla legge risulterà di regola inferiore e l’eventuale
diversa pattuizione delle parti dovrà necessariamente rispettare i limiti
dell’art. 644 c.p.. In presenza di un difetto di coordinamento fra le due norme,
autorevole dottrina ritiene che: ‘in considerazione della natura imperativa
delle norme in tema di usura, qualora il tasso di interesse stabilito dalle
parti, in misura pari o addirittura inferiore a quello di cui all’art. 5 del D.
Lgs. 231/02 fosse contrastante con la disciplina di cui alla legge n. 108 del
1996, non potrebbe non essere considerato illecito, sia sotto il profilo
penalistico che sotto quello civilistico
’ (V. Pandolfini, Il nuovo tasso di
interesse legale per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (art.
5 D. Lgs. N. 231/2002), in GI, 2003)

[25]Mentre
non appare conforme alla legge prevedere una soglia per l’eventualità estrema
della mora, tanto più riferita ad un campionamento una tantum non
contemplato dalla norma, la Banca d’Italia potrebbe valorizzare la condizione
di mora riportata frequentemente nei contratti. L’art. 644 c.p. prevede che ‘Per
la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle
commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per
imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.’.
La presenza di
una condizione sospensiva rappresenta un onere per il cliente che è
valorizzabile alla stregua di un’opzione. Come per i finanziamenti in presenza
di un cap o un floor la relativa valorizzazione entra nella
determinazione del rendimento effettivo, così una valorizzazione della
condizione di mora potrebbe essere ricompresa nel calcolo del TEGM,
considerando la probabilità di insolvenza alla scadenza posta in rapporto alla
penalizzazione che tale condizione comporta. Tale operazione presenta qualche
complessità ma risulterebbe coerente con il disposto di legge risultando la
mora una condizione frequente nei contratti bancari, la presenza della quale
risulta a tutti gli effetti un onere.

In tal modo
tecnicamente la maggiorazione di mora entrerebbe nel calcolo del TEGM solo per
la percentuale di ricorrenza statistica. In altri termini, se la probabilità di
insolvenza alla scadenza, per una determinata classe di rischio, è pari al 10%,
il valore della maggiorazione del 2,1 punti rilevata dalla Banca d’Italia nella
rilevazione campionaria verrebbe ricompresa nel TEGM per 0,21 punti (rapportato
al periodo del finanziamento).

[26]In
analogia a quando, ad esempio, per rilevare il colesterolo fisiologicamente
presente nel sangue di una data popolazione, si escludono i soggetti affetti da
particolare patologie, che possono alterare l’indicazione del valore medio
fisiologico.

[27]Anche
entro la soglia, nel caso di abuso delle condizioni di difficoltà economica o
finanziaria, ricorrendo le condizioni previste nella seconda parte del comma 3
dell’art. 644 c.p., si ha usura (concreta).

[28]”Gli
interessi di mora sono esclusi dalla rilevazione del TEG in quanto riferiti a
situazioni di deterioramento del rapporto e a casi di inadempimento, che
normalmente determinano un inasprimento delle condizioni economiche
inizialmente applicate. L’eventuale inclusione degli interessi di mora nel TEG
andrebbe ad innalzare le soglie applicabili ai rapporti “normali”, lasciando
margini per ingiustificati incrementi nell’onerosità del finanziamento
.”
(Resoconto della consultazione sulla disciplina in materia di usura, Banca
d’Italia, 2009).

[29]Inizialmentel’incidenza
dei costi indotti dalla CMS, limitata alla Categoria delle Aperture di credito,
era modesta. Il dato censito dalla Banca d’Italia, nella rilevazione dei tassi
ai fini della determinazione del TEGM rileva solo la lievitazione intervenuta nell’aliquota,
non il livello di diffusione della sua applicazione: dalla Categoria delle
Aperture di credito, si è estesa successivamente alle Categorie delle
Anticipazioni e del Factoring. Dal ‘96, anno per il quale non è noto il dato
statistico, la CMS si è estesa sino all’84% dei rapporti di conto corrente nel
dicembre ‘08. (
Banca d’Italia, “Risultati della rilevazione sulle
commissioni applicate dalle banche su affidamenti e scoperti di conto”
, 13
febbraio 2010).

[30]La
Banca d’Italia, ad esempio, nell’aggregare i dati statistici rilevati presso
gli intermediari finanziari, ha ritenuto di impiegare la media aritmetica
semplice. La media aritmetica ponderata poteva costituire una corretta
metodologia alternativa, che avrebbe maggiormente valorizzato l’importo
relativo a ciascun credito, fornendo un valore medio di mercato tendenzialmente
più basso, che avrebbe portato a calmierare in termini più incidenti gli
importi di credito più bassi.

[31]Dal
‘96 ad oggi si sono succedute 9 versioni delle “Istruzioni per la rilevazione
dei tassi di interesse ai fini della determinazione delle soglie d’usura”, dal
‘98 pubblicate anche nella Gazzetta Ufficiale: 30 settembre 1996, 1 luglio
1997, 21 aprile 1998, 1 ottobre 1998 (G.U. n. 228 del 30/9/98), 2 agosto 1999 (G.U.
n. 196 del 21/8/99), 30 luglio 2001 (G.U. n. 195 del 23/8/01), 23 dicembre 2002
(G.U. n. 5 dell’8/1/03), 17 marzo 2006 (G.U. n. 74 del 29/3/06), 12 agosto 2009
(G.U. n. 200 del 29/8/09).

[32]Nelle
‘Istruzioni’ del ‘09, oltre ad estendere le spese da includere nel TEG, la
Banca d’Italia ha modificato anche la formula di calcolo, annualizzando anche
le commissioni, oneri e spese, rimuovendo la vistosa anomalia della precedente
formula, che aveva dato la stura, negli anni ‘00, ad una proliferazione di oneri
e spese: addebiti per € 100, se imputati trimestralmente a titolo di oneri e
spese incidevano nella formula per € 100, se imputati a titolo di interessi
incidevano per € 400.

[33]Comunicazione
della Banca d’Italia 3 luglio 2013.

[34]Per
i finanziamenti ad utilizzo flessibile può, con l’esercizio dello ius
variandi
(art. 118 TUB), al momento della comunicazione unilaterale,
configurarsi una pattuizione originaria che, a pena di nullità, soggiace al
rispetto delle soglie d’usura. Ma l’esercizio dello ius variandi, anche
se frequente, non è sistematico: i criteri che presiedono la rilevazione della
Banca d’Italia si accostano ma non si sovrappongono ai criteri di verifica del
rispetto della soglia d’usura.

[35]”Perciò,
il Ministero del Tesoro (ed ora dell’Economia e delle Finanze), incaricato
dalla legge di ‘rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medio …..,
riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche’ (art. 2, comma 1 l.
n. 108/96), e per esso la Banca d’Italia, che si fa inviare i flussi
elettronici dei dati delle banche operanti in Italia, avrebbe dovuto farsi
inviare da queste ultime i tassi praticati in ogni trimestre soltanto per i
rapporti di nuova accensione o per cui fosse intervenuta modifica contrattuale
del tasso, perché – come già detto – non avrebbero dovuto rivestire importanza
i tassi a loro tempo convenuti sui rapporti vecchi che, per definizione, non
sono quelli ‘praticati nel trimestre’ di riferimento, ma quelli praticati in
epoca antecedente.
” (V. Tavormina, Banche e tassi usurari: il diritto
rovesciato., I contratti n. 1, 2014)

[36] Cass.
Pen. 18 marzo 2003, n. 20148.

[37]La
legge 108/96 fa espresso riferimento al ‘tasso effettivo globale …. riferito
ad anno
’ e la sua determinazione non è dissimile da quella prevista
dall’art. 121 del TUB, che alla lettera m) prevede ‘”tasso annuo effettivo
globale” o “TAEG” indica il costo totale del credito per il consumatore
espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito’
(in
quest’ultimo vengono ricomprese anche imposte e tasse, espressamente escluse
dall’art. 644 c.p.).

[38]Da
un’interrogazione del 20/12/06 (5-00529 Amendola e Fluvi), presso la VI
Commissione permanente, si evince che la menzionata Circolare fu disposta a
seguito di una richiesta del MEF – sollecitata a questo dall’ABI – di
precisare, in una Circolare della Banca d’Italia, la metodologia di calcolo
utilizzata per determinare la commissione di massimo scoperto soglia. Le
indicazioni riportate nella Circolare, tuttavia, non sono state riprese in alcun
decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

“Appare
assai singolare che, dopo otto anni dalla legge, palesandosi sempre più il
rischio penale della precaria interpretazione escludente le CMS dal TEG, sia
stata la Banca d’Italia ad essere invitata a fornire un’’interpretazione’ ad un
precetto penale, coniugando impropriamente la parziale delega in bianco rimessa
dalla legge all’organo amministrativo con il prestigio e la moral suasion che
storicamente caratterizza l’Istituto Centrale.

Con tali aspetti
di contorno la Circolare prestava il fianco ad una solida protezione dal reato
d’usura: pur riportando la CMS nell’alveo della verifica dell’usura – mutuando
lo schema tecnico già proposto dall’ABI per la mora – ne edulcorava
apprezzabilmente la portata, con la previsione della distinta soglia e del
sistema di compensazione fra il margine di esubero della Commissione e il
margine disponibile di interesse entro il limite di soglia. Risultando
l’intervento del tutto estraneo al proprio ambito funzionale e non potendo
assumere una veste dispositiva, veniva espresso come un’’indicazione’ dettata
dall’esigenza di fornire una possibile soluzione interpretativa ai dubbi
espressi dall’autorità giudiziaria e da altri organismi ma che tuttavia non era
in ogni caso vincolante ai fini dell’interpretazione della legge 108/96.

All’’indicazione’
dell’Istituto Centrale è seguita una generale acquiescenza da parte del sistema
bancario che si è, per lo più, prontamente adeguato ai criteri suggeriti. Un
analogo e sollecito adeguamento non si è riscontrato successivamente, quando il
Governatore Draghi,
nella
Relazione annuale, ha espresso l’avviso: “Abbiamo già in passato richiamato
l’attenzione sulla commissione di massimo scoperto, un istituto poco
difendibile sul piano della trasparenza. Va sostituita, dove la natura del
rapporto di credito lo richieda, con una commissione commisurata alla
dimensione del fido accordato, come avviene in altri paesi. Una simile
innovazione richiede un complesso adattamento della prassi delle banche. Essa
però dovrebbe essere avviata con decisione, proponendo il cambiamento ai nuovi
clienti, anche per evitare il rischio che la questione sia risolta con gli
strumenti imperativi della legge.
” (Cfr.: Criteri e modalità di
determinazione del tasso d’usura: ambiguità e contraddizioni. R. Marcelli in
assoctu.it).

Non sono
valse le ‘grida’ del Governatore: si è reso necessario il provvedimento
legislativo n. 2/09 e quello successivo n. 214/11, per ricondurre ‘a regola’
comportamenti per lungo tempo difformi da fondamentali principi di trasparenza
e causalità sanciti dall’ordinamento giuridico.

[39]Le
Istruzioni della Banca d’Italia prevedevano, sino al ‘09, che fosse “calcolata
la media aritmetica semplice della percentuale della commissione di massimo
scoperto, da calcolare, con le modalità indicate al punto C5 (sul massimo
scoperto), nei casi in cui essa è stata effettivamente applicata”. In altri
termini il valore della CMS – rilevato in un unico valore per le Categorie
Apertura di credito, Anticipazione e Factoring – si riferiva ad un aggregato di
operazioni diverso da
quello impiegato per i rispettivi interessi, in
quanto dal calcolo della media dell’aliquota delle Commissioni venivano escluse
le operazioni della Categoria alle quali non era applicata la CMS.

Se la CMS
avesse assunto già nel ‘96 una veste fisiologica – ricorrente più diffusamente
nelle operazioni di credito delle Categorie interessate – si sarebbe dovuto più
correttamente ricomprendere nella media delle CMS tutte le operazioni, comprese
quelle con CMS nulla, per non distorcere la finalità di rilevare il costo medio
del credito.

La media
impiegata, invece, non indica il costo mediamente applicato alle Categorie
interessate, bensì rileva un aspetto più particolare, cioè la CMS mediamente
applicata alla sotto-Categoria delle operazioni alle quali è stata applicata la
CMS, un indicatore di scarsa utilità pratica ed informativa nell’ambito della
rilevazione del TEGM. Così rilevata, l’aliquota media della CMS può risultare
apprezzabilmente più alta dell’effettiva incidenza media sul credito compreso
nelle Categorie interessate, soprattutto se l’applicazione della CMS non è
estesa ad un’ampia compagine di operazioni.

Escludere
dal calcolo della media le operazioni nelle quali la Commissione non viene
addebitata risulta matematicamente del tutto equivalente a comprenderle con CMS
pari alla media stessa. Di conseguenza, rispetto all’intera Categoria, la media
così rilevata viene a sovrastimare l’incidenza della CMS.

Per dirla
con Trilussa: se su dieci soggetti, cinque mangiano un pollo e cinque non ne
mangiano, per la statistica i soggetti censiti hanno mangiato mediamente mezzo
pollo, per la Banca d’Italia hanno mangiato un pollo intero.

La
rilevazione del valore del TEGM sull’intero aggregato delle operazioni delle
Categorie e la rilevazione, a parte, della CMS media, limitatamente al
sotto-aggregato delle operazioni che presentano un valore positivo della CMS
stessa, rende del tutto incoerente, dal punto di vista logico e tecnico,
l’algoritmo di calcolo che verrà proposto successivamente con la Circolare del
2/12/05. Se la CMS e gli interessi non hanno la stessa base di riferimento,
risultano prive di senso le forme di compensazione fra debordi della prima e
margini dei secondi previste nella Circolare: avendo escluso le operazioni per
le quali il costo della CMS è nullo, l’algoritmo proposto conduce ad
un’impropria sopravvalutazione della soglia.

[40]”Questa
condotta equivoca e ingiustificata della Banca d’Italia e del Ministero del
Tesoro, poi divenuto MEF, ha rappresentato per anni una palese violazione
dell’art. 644 comma 4 c.p. e dell’art. 2 comma 1 della legge 108/96, leggi di
rango primario, che non potevano essere derogate da atti amministrativi
contenenti normativa di rango subordinato alla legge. Ha inoltre dato la stura
a interpretazioni elusive del contenuto dispositivo del comma 3 dell’art. 644
c.p., oltre a giustificare in molti casi l’insussistenza del delitto di usura
bancaria per mancanza dell’elemento psicologico del reato
.”. (Flavio
Cusani, La relazione Banca cliente, Ed. Direkta, 2011).

[41]Il
rischio di credito è commisurato all’eventualità che la controparte
contrattuale non onori gli obblighi di natura finanziaria causando una perdita
per la controparte creditrice. Questa è l’eventualità estrema riferita al caso
in cui il debitore si rende insolvente. Ma una perdita di valore della
posizione creditoria può derivare anche da un deterioramento delle condizioni
economico-finanziarie del debitore da cui dipende la capacità di far fronte
agli impegni finanziari, pur non divenendo insolvente. In questo senso è
ricompresa nel rischio di credito anche una variazione inattesa del valore del
credito. Esistono quindi distinte gradualità del rischio di credito che
ricomprendono sia l’eventualità in cui la perdita creditizia si manifesti con
l’’insolvenza del debitore (default), sia il caso in cui la variazione del
valore dell’esposizione derivi dal deterioramento del merito creditizio della
controparte, rimanendo l’insolvenza un evento estremo.

Il tasso di
impiego, oltre ai costi del servizio comprensivi della remunerazione del
capitale di vigilanza e del margine di profitto, è determinato secondo la nota
formula:

(1+i) =
(1+r) x (1-PD) + PD x (1+r) x (1-LGD)

Dove: i =
tasso medio di raccolta; r = tasso di impiego; PD = probabilità di
default; LGD =
perdita in caso di default.

[42]In
generale una probabilità media di inadempienza intorno al 5% era ritenuta,
prima dell’attuale crisi, alta: in tale circostanza, volendo assicurare il
completo recupero di capitale, interessi e margine di intermediazione, si
renderebbe opportuno un premio al rischio di circa 5 – 6%. “Ma è soprattutto
nei confronti dei clienti che, per l’assenza di fonti certe di reddito o di
garanzie, presentano una più alta probabilità di non essere in grado di
rimborsare il credito, che il meccanismo dei tassi soglia provoca effetti
perversi. Quando la probabilità media di inadempienza di un portafoglio si
colloca su livelli molto alti, ad esempio, del 5 per cento (un prestito ogni 20
non viene rimborsato), si è in presenza di un mercato che può funzionare in
termini economici, ma che è di fatto messo al bando dalla legge 108. Il premio
per il rischio che una banca dovrebbe applicare su 20 prestiti di durata annuale
e di eguali dimensioni per recuperare la perdita totale del capitale e degli
interessi su uno di essi è infatti di circa 6 punti percentuali; uno
scostamento di 6 punti dalla media diventa illegittimo se il tasso medio scende
sotto il 12 per cento.”
(G. Carosio, Vice direttore Generale della Banca
d’Italia, intervento in Commissione permanente giustizia, sul tema ‘Prevenzione
dell’usura e evoluzione dei mercati creditizi’, 27 marzo 2007).

[43]Alternativamente
e/o congiuntamente potrebbe risultare alterata la distribuzione dei tassi in
funzione dell’affidabilità della clientela; i maggiori premi delle iniziative a
più alto rischio, impediti dal vincolo della soglia, verrebbero ridistribuiti
sui tassi delle rimanenti iniziative della classe.

[44]Per
contro, il sistema di parametrazione delle soglie ai valori di mercato ha in sé
elementi di auto-equilibrio: un accumulo di operazioni accostate al limite di
soglia – indicatore, in talune circostanze, di prossimità del razionamento del
credito – più facilmente favorisce l’innalzamento della soglia stessa.
L’effetto tuttavia risulta più modesto per tassi bassi e si attenua
ulteriormente se la Categoria è meno omogenea e le differenze territoriali e
settoriali disperdono i tassi all’interno della Categoria stessa.

[45]Un
tasso soglia unico per l’intero universo avrebbe richiesto uno spreadsul tasso medio ben superiore, per non escludere forme diffuse di credito,
inducendo un limite assai lasco per talune forme di credito e assai rigido per
altre. La previsione di categorie (e classi di importo) omogenee, n. 25 al
momento, ciascuna con un proprio tasso medio di riferimento, nel ridurre
apprezzabilmente la dispersione intorno alla media, consente di comprendere
entro lo spread disposto dalla legge 108/96 la fisiologica generalità
delle operazioni della Categoria.

Nel corso
del 2010, prima dell’intervento modificativo operato dal legislatore con il
D.L. n. 70/11, i Tassi Effettivi Globali Medi si distribuivano dal 2,68% per laCategoria dei mutui a tasso variabile, al 17,39% per le categoriedel credito revolving, con un rapporto superiore a 1:6. Con l’allargamento
dello spread, introdotto dal D.L. n. 70/11, i tassi più bassi sono
lievitati sino ad oltre il doppio e il rapporto è sceso a 1:3.

[46]Considerato
che nel tasso effettivo si vengono sostanzialmente a fondere sia il tasso
corrispettivo che quello moratorio, non vi è dubbio alcuno che, più che
l’Ordinanza del Tribunale di Milano (L. Cosentini, 28/1/14, in Ex Parte
Creditoris) che limita la nullità conseguente all’usura alla clausola
moratoria, appare corretta la pronuncia della Corte d’Appello di Venezia (Sez.
III Civ., Presid. G. Silvestre, 18/2/’13, n. 342) che fa discendere
dall’usurarietà degli interessi la nullità e, tout court, la non debenza
di alcun interesse, sia esso corrispettivo che moratorio.

[47] Cfr. R.
Marcelli, ‘La mora e l’usura: criteri di calcolo’, 2014, in www.assoctu.it.

[48]E’
sempre più frequente nei contratti di finanziamento la previsione di un tasso
mora pari alla soglia d’usura, che si pone a ben quattro punti più il 25% sopra
il tasso medio di mercato.

[49]Poiché
la condizione contrattuale di mora è un onere, seppur eventuale, posto a carico
del cliente, una sua valorizzazione potrebbe essere ricompresa nella
rilevazione del TEGM (cfr. nota n. 23).

[50]La
CMS rilevata dalla Banca d’Italia, in presenza di tassi flettenti, è lievitata
da un minimo di 0,615 del ‘98 ad un massimo di 1,26 nel ‘05.

[51]“Ovviamente,
rilevato che l’individuazione di ciò che deve essere incluso nella
determinazione del tasso soglia discende direttamente dalla legge (art. 644
c.p.), non può che rilevarsi l’irrilevanza – ai fini della decisione in merito
al superamento del tasso soglia – del cambiamento delle istruzioni della Banca
d’Italia, le quali – in effetti – devono essere considerate meramente
esplicative del dettato normativo (che nel corso degli ultimi 3-4 anni non è
minimamente cambiato), di tal che alle stesse non è certamente consentito di
apporvi deroghe, ed analoghe considerazioni devono svolgersi con riferimento
alle norme transitorie emanate.

A voler
intendere diversamente (e quindi a volere attribuire alla Banca d’Italia il
potere discrezionale di decidere quale onere debba essere conteggiato e quale
meno), infatti, si dovrebbe concludere che la Banca d’Italia svolge non un
ruolo meramente tecnico nell’ausilio al Ministero del Tesoro
nell’individuazione del tasso soglia come delineato dal legislatore, ma un
ruolo in senso lato politico e prelegislativo, con annesso potere di
determinare addirittura quando (con il mutamento delle istruzioni e con la
disciplina transitoria introdotta) la stessa condotta possa essere considerata
illecita, il che – anche in considerazione – del principio di legalità e di
riserva di legge che informano la materia penalistica, non è ammissibile.

Infatti, a
tal riguardo era stato precedentemente detto che ‘in materia di usura,
l’eccezione di incostituzionalità sollevata in relazione al combinato disposto
dell’art. 644, comma 3, c.p. e dell’art. 2 della L. 7 marzo 1996, n. 108 per
contrasto con l’art. 25 Cost., sotto il profilo che le predette norme, nel
rimettere ad organi amministrativi la determinazione del ‘tasso soglia’, oltre
il quale si configura uno degli elementi soggettivi del delitto di usura,
violerebbe il principio della riserva di legge in materia penale, è
manifestamente infondata (La Corte ha affermato che il principio della riserva
di legge non viene violata dato che la citata legge indica in modo analitico il
procedimento da seguire per determinare i tassi soglia, affidando al Ministero
del Tesoro solo il limitato compito di ‘fotografare’ l’andamento dei tassi
finanziari, secondo rigorosi criteri tecnici)’ (Cass. Pen. Sez. II, 18/3/03, n.
20148).

Ne consegue,
pertanto, che, almeno al fine dell’individuazione dell’elemento oggettivo del
reato d’usura, le Istruzioni della Banca d’Italia non assumono carattere
vincolante per il giudice, il quale conserva sempre il potere di sindacare la
correttezza e la conformità delle predette istruzioni al dettato legislativo,
istruzioni che del resto assolvono fondamentalmente alla più limitata funzione
di fornire dei dati statistici al Ministero del Tesoro sulla base di comunicazioni
omogenee ricevute dagli operatori creditizi, e nulla più.”.
(Tribunale Ordinario di Alba, Sez.
I, Giudice Martinat, 15/12/10 n. 660). Ciò che discende dalla legge (art. 644
c.p.) è ciò che deve essere incluso nel tasso di interesse (per la verifica del
rispetto), non ciò che deve essere incluso nel tasso soglia: il riferimento
riportato in sentenza è presumibilmente dovuto ad un refuso.

[52]”Le
decisioni dell’Arbitro hanno difeso l’orientamento assunto dalla Vigilanza in
materia. Qualche volta anche a ‘oltranza’, se così si può dire. E’ il caso del
Collegio Napoli, n. 1364/2010 (massimata in n. 1.10.20), la quale ha tenuto ad
affermare, da un lato, che le imprese non possono non conformarsi alle
indicazioni della Vigilanza; dall’altro, che occorre seguire le indicazioni
della medesima perché, altrimenti, si finisce con il comparare dati non
omogenei. Entrambi i rilievi si manifestano alquanto avventurosi. In effetti,
la Banca d’Italia non potrebbe vietare alle banche di tenere comportamenti più
prudenti delle sue indicazioni, né risulta, del resto, che lo abbia fatto.
Quanto al confronto tra dati non omogenei, la petizione di principio del
ragionamento della decisione si mostra evidente: in effetti, la decisione
proprio non spiega la ragione per cui il dato ‘zoppo’ dovrebbe essere quello
della legge e non già quello della Banca d’Italia.
” (A.A. Dolmetta,
Trasparenza dei prodotti bancari. Regole. Ed Zanichelli, 2013).

[53]Cass. Pen. Sez. II, n. 20148/03.

[54]Costo
del denaro, commissioni di massimo scoperto ed usura
, in Nuova giur. Civ.
comm., 2008, UU, 53.

[55]Anche
per le spese relative a forme di assicurazione che accompagnano l’erogazione
del credito, serie perplessità insorgono nel criterio di inclusione indicato
dalla Banca d’Italia. Nelle Nota Metodologica di accompagno al D. M. 24/12/09 e
nelle FAQ si indica un criterio di calcolo che appare finanziariamente
scorretto. In particolare nella FAQ del novembre ‘10 alla domanda: “Per i
contratti di leasing, in considerazione della difficoltà di stima degli oneri
assicurativi per furto ed incendio relativi all’intera durata del contratto, è
stato stabilito che il calcolo del TEG debba tenere conto unicamente del premio
assicurativo noto relativo al primo anno (cfr. Nota Metodologica allegata al DM
del 24/12/09). Tale disposizione è applicabile anche a finanziamenti diversi
dal leasing che prevedano il pagamento di premi assicurativi con cadenza
periodica?
” si è fornita la risposta: “Si, anche per le altre categorie
di finanziamento va incluso nel TEG il premio assicurativo per furto e incendio
relativo unicamente al primo anno (ad esempio in caso di polizza su auto
acquistata tramite credito finalizzato o di polizza incendio per un immobile
acquistato tramite mutuo).
” Se l’impegno alla copertura assicurativa è
esteso all’intero periodo del contratto di finanziamento, la difficoltà di
stima dei futuri premi annuali di assicurazione non sembra una ragionevole
motivazione per escluderli.

[56]Corte
d’Appello Torino, 20/12/2013, Rel.: F. La Marca, Pres.: L. Grimaldi; Cfr. anche
Trib. Pordenone, P. Toffolo, 7 marzo 2012, in il caso.it; Trib. Ferrara,
Sangiuolo, 6/8/12 n. 1040; Trib. Taranto, G. Coccioli, 25/10/12 e da ultimo
Trib. Padova 14/3/14 E. Bellavitis, in Dirittobancario.it.

[57]“…
Non sembra lecito desumere che debba essere esteso agli interessi moratori, per
i quali è stata effettuata solo un’indagine ‘statistica’, lo stesso criterio
stabilito per i corrispettivi dalla legge, che ha espressamente previsto di
aumentare della metà i tassi medi risultanti dall’ultima rilevazione pubblicata
nella gazzetta ufficiale. L’applicazione analogica, al di fuori di un’espressa
statuizione di legge, farebbe si che l’individuazione del limite oltre il quale
dovrebbe essere ritenuto sempre sussistere il reato, sarebbe rimessa a una
semplice rilevazione, condotta per finalità dichiaratamente diverse e certo
inidonee a riempire di contenuto la fattispecie delittuosa dell’usura riguardo
agli interessi di mora. Infatti, le rilevazioni debbono avvenire con cadenza
trimestrale per la conseguente pubblicazione nella gazzetta ufficiale, affinché
ai contratti che saranno stipulati nel trimestre successivo siano applicati
tassi d’interesse nel rispetto dei limiti vigenti. Tutto ciò non avviene per la
rilevazione ‘una tantum’ effettuata per i moratori, che, dunque, non sono
oggetto di adeguamento nel tempo. Inoltre, si ricorda che differente è il
campione delle operazioni prese in esame: la base di calcolo dei dati da
segnalare è costituita, infatti, da tutti i rapporti ‘intrattenuti’, riguardo
alle aperture di credito in conto corrente, ai finanziamenti per anticipi su
crediti, documenti e sconto di portafoglio commerciale, al credito revolving e
al factoring; invece, per le altre operazioni – segnatamente per i mutui – si
tiene conto solo dei nuovi rapporti ‘accesi’ nel trimestre di riferimento.”
(Alessandro Cervini, Profili civilistici dell’usura e interessi di moratori. in
‘I contratti bancari’, a cura di Cesare Maria Bianca, Dike, 2013)

[58]”La
sussistenza di una disparità di vedute tra la Cassazione e le Autorità di
vigilanza non è certo una novità – né in sé, né tanto meno nel contesto
normativo dell’usura – e sta, per così dire, nell’ordine delle cose che è
connaturato al diritto vivente: in questa prospettiva, l’ultimo Comunicato
della Banca d’Italia sembrerebbe potere anche suonare, forse, come una «sorta»
di replica al più recente arresto del Supremo Collegio
(350/13)(…) A me,
per la verità, pare che a simile quesito possa darsi solo una risposta
negativa. Nell’interpretare le leggi le Autorità amministrative – quand’anche
di prestigio grande, com’è nel caso della Banca d’Italia – hanno per
definizione un ruolo subalterno nei confronti dell’Autorità giudiziaria.
Secondo i principi del sistema, inoltre, la funzione nomofilattica risulta
affidata alla Corte di Cassazione. Senza riserve di materie: già per questo
motivo, dunque, le rilevazioni trimestrali dell’usura devono mostrarsi specchio
fedele degli orientamenti consolidati di quella. D’altro canto, nell’ambito
della normativa sull’usura al Ministero dell’Economia e alla Banca d’Italia non
risulta affidato nessun potere secondario di specificazione dei precetti
primari di legge (secondo quanto capita talvolta nell’ambito della normativa di
protezione del cliente; così, ad esempio, nel caso dell’art. 117, comma 2,
TUB). Come puntualmente ha osservato proprio il Supremo Collegio, le
rilevazioni trimestrali non hanno la funzione di produrre opinioni, bensì
quella esclusiva di «fotografare» l’esistente. Di rilevare il fatto storico dei
tassi applicati dall’operatività, così; come pure di dare fotocopia alle
consolidate letture che del dato normativo esprima la Corte di Cassazione.”
(A. A. Dolmetta, A commento della Comunicazione Banca d’Italia 3/7/13: usura ed
interessi moratori, in ilcaso.it, 8 luglio 2013).

[59]”La
Banca d’Italia ha peraltro di recente riconosciuto che ‘gli interessi di mora
sono soggetti alla normativa anti-usura’, con la precisazione che, in relazione
ad essi, l’usura andrebbe accertata sulla base di un tasso soglia diverso,
risultante dalla maggiorazione di 2,1 punti percentuali dei tassi globali medi
periodicamente rilevati e pubblicati con decreti del ministero del Tesoro (ora
dell’Economia) ai sensi dell’art. 2, comma 1, n. 108 del 1996 (Chiarimenti in
materia di applicazione della legge antiusura 3 luglio 2013); maggiorazione che
– come si ricava in una nota illustrativa contenuta nei citati decreti –
corrisponde a quella rilevata come ‘mediamente stabilita contrattualmente per i
casi di ritardato pagamento’, a seguito di un’indagine statistica eseguita nel
2001 ‘ai fini conoscitivi’ dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio Italiano Cambi.
La legittimità dell’introduzione di un tasso soglia diverso e più elevato per
la rilevazione dell’usura, in presenza di interessi moratori, appare tuttavia
dubbia, se si considera che le norme in tema di usura non contemplano alcuna
deroga, né prevedono alcuna differenziazione del tasso soglia connessa alla
funzione assolta dall’interesse. Sarebbe d’altro canto incongruo ritenere che
l’usurarietà degli interessi moratori possa essere accertata sulla base di un
tasso soglia stabilito senza tener conto dei maggiori costi indotti, per il
creditore, dall’inadempimento del debitore.
” (ABF, Collegio di Roma,
decisione 260/2014).

Neppure il
dato del 2,1 punti percentuali sembra poter assumere utile rilievo ai fini
della detta comparazione, non rivestendo i necessari requisiti tecnici e
temporali posti dalla normativa sopra richiamata per le rilevazioni statistiche
integrative del dettato dell’art. 644 c.p.
” (ABF, Collegio di
Coordinamento, 19/3/2014).

[60]“Anche
se è comunque evidente che il servizio di compliance , di cui oggi dispongono
le imprese bancarie, non può non conoscere la sussistenza di un consolidato
orientamento della Corte di Cassazione e che di tanto lo stesso deve fare conto
necessario e adeguato. Salvo altrimenti accettare senza riserve il «rischio
legale» e il «rischio reputazionale» che derivano dall’ignorarlo
(consapevolmente o meno). Talvolta si legge – in funzione di legittimazione di
comportamenti bancari sulla linea della Vigilanza, seppur contrari agli
indirizzi della giurisprudenza, e proprio in materia di usura – che le banche
‘debbono strutturare la propria attività in osservazione delle disposizioni
emanate dalle autorità di vigilanza’ (…) E’ sicuro, d’altronde, che la Banca
d’Italia non ha vietato alle imprese bancarie la possibilità di tenere
comportamenti più prudenti di quelli dalla stessa indicati; né, del resto, lo
potrebbe mai fare vista se non altro la regola della ‘sana e prudente gestione’
(
A. A. Dolmetta, Op. cit.)

[61]Non
si dispone altresì di evidenza alcuna dei controlli esperiti sulla rispondenza
alle ‘Istruzioni’ dei dati forniti dagli intermediari ai fini della rilevazione
del TEGM: la delicatezza e rilevanza di un limite che si fonda sulla
correttezza stessa delle segnalazioni dei soggetti che lo subiscono,
esigerebbe, da un lato la previsione di specifiche sanzioni nel caso di
omissione o alterazione della segnalazione, dall’altro una maggiore trasparenza
e monitoraggio, a garanzia dell’affidabilità del presidio posto dalla legge
108/96. Nel contempo l’assenza di statistiche sui dati desunti dalla lunga
serie di rilevazioni ai fini della determinazione del TEGM impedisce una
corretta valutazione della dimensione ed evoluzione delle poste che
intervengono nel calcolo del TEG. La Banca di Francia, per analoghe
rilevazioni, ha predisposto studi ed analisi che consentono di valutare sul
piano dinamico l’andamento dei tassi praticati dagli intermediari nelle
categorie sottoposte a soglie d’usura.

[62]E’
passato un quinquennio da quando nel Resoconto della consultazione sulla
disciplina in materia di usura, Banca d’Italia 2009, si riportava: ‘E’ allo
studio una rilevazione degli interessi di mora, separata dal TEG, che potrà
fornire utili informazioni per le valutazioni sulla usurarietà dei tassi, anche
nei casi di morosità del debitore’
.

[63]Cassazione
Pen. II Sez., n. 46669/11

[64]Cfr.
Collegio Roma n. 267/11, n. 2853/12, n. 3936/12 (tasso extra-fido esteso
all’apertura di credito); Collegio Roma n. 498/11, Collegio Milano 273/12,
Collegio Napoli 361/13 (duplicazione costo del servizio)

[65]A.A.
Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole. Ed. Zanichelli,
2013.

[66]”Perché
sia integrata la c.d. usura in concreto (ipotizzata dal P.M. territoriale
ricorrente, alternativamente alla truffa, nell’ambito del presente
procedimento, e relativamente alla quale non risultano decisioni edite di
questa Corte Suprema, che, pertanto, sembrerebbe chiamata ad occuparsene per la
prima volta), occorre che:

– il
soggetto passivo versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria;

– gli
interessi pattuiti (pur se inferiori al tasso-soglia usurario ex lege) ed i
vantaggi e i compensi risultino, avuto riguardo alle ‘concrete modalità del
fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari’, comunque
‘sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero
all’opera di mediazione’.

Trattasi di
elementi il cui accertamento in concreto (diversamente dai casi di usura cd.
presunta) è rimesso alla discrezionalità del giudice. La condizione di
‘difficoltà economica’ si distingue da quella di ‘difficoltà finanziaria’ in
quanto:

– la prima
consiste in una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una
condizione patrimoniale di base nel complesso sana;

– la seconda
investe, più in generale, l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto
passivo, ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni.

Pur essendo
innegabile che le ‘difficoltà economiche o finanziarie’ costituiscano concetto
affine allo ‘stato di bisogno’ (art. 644 c.p., comma 5, n. 3), nondimeno è
evidente l’intenzione del legislatore di attribuire ad essi significati
differenti: a ciò induce già il dato letterale, ovvero la diversa terminologia
adoperata nel medesimo contesto (le distinte nozioni sono, infatti, evocate
dalla stessa norma, l’art. 644 c.p.), che rivela, a parere del collegio, la
trasparente intenzione del Legislatore di fare riferimento a situazioni
diverse, poichè, in caso contrario, sarebbe davvero incomprensibile l’impiego,
in una stessa norma, di distinti termini per indicare il medesimo concetto.

Alle
medesime conclusioni induce la considerazione della diversa natura giuridica a
ciascuno riconosciuta (le ‘difficoltà economiche o finanziarie’ contribuiscono
a integrare la materialità della c.d.usura in concreto; lo ‘stato di bisogno’
costituisce oggi mera circostanza aggravante).

(…) Vanno,
conclusivamente sul punto, affermati i seguenti principi di diritto:

‘Ai fini
dell’integrazione dell’elemento materiale della c.d. usura in concreto (art.
644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) occorre che il soggetto passivo versi in
condizioni di difficoltà economica o finanziaria e che gli interessi (pur
inferiori al tasso-soglia usurario ex lege) ed i vantaggi e i compensi
pattuiti, risultino, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso
medio praticato per operazioni similari, sproporzionati rispetto alla
prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione’.

‘In tema di
c.d. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) la
‘condizione di difficoltà economica’ della vittima consiste in una carenza,
anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di
base nel complesso sana; la ‘condizione di difficoltà finanziaria’ investe,
invece, più in generale l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo,
ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni’.

‘In tema di
c.d. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) le
‘condizioni di difficoltà economica o finanziaria’ della vittima (che integrano
la materialità del reato) si distinguono dallo ‘stato di bisogno’ (che integra
la circostanza aggravante di cui all’art. 644 c.p., comma 5, n. 3) perchè le
prime consistono in una situazione meno grave (tale da privare la vittima di
una piena libertà contrattuale, ma in astratto reversibile) del secondo (al
contrario, consistente in uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile,
non tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma che
comunque, comportando un impellente assillo, compromette fortemente la libertà
contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni
sfavorevoli)’.

‘In tema di
c.d. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) le
‘condizioni di difficoltà economica o finanziaria’ della vittima (che integrano
la materialità del reato) vanno valutate in senso oggettivo, ovvero
valorizzando parametri desunti dal mercato, e non meramente soggettivo, ovvero
sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di difficile
accertamento ex post’.

‘In tema di
cd. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) il dolo
generico, oltre alla coscienza e volontà di concludere un contratto
sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari, include anche la
consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del
soggetto passivo e la sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi
pattuiti rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero
all’opera di mediazione’.

[67]Si
realizza, per altra via, quel facile aggiramento della norma che: “ove gli
interessi moratori venissero esclusi dal conteggio di quelli rilevanti ai fini
usurari, verrebbe facilmente realizzato mediante la previsione (attraverso
formule che non tarderebbero a divenire di stile) di termini di pagamento di
improbabile rispetto, idonei a rendere ‘normale’ e legittima la corresponsione
di interessi sostanzialmente usurari sotto forma di interessi moratori

(Tribunale Roma 10/7/98, FI, 1999, I, 343; conf. Tribunale Campobasso 3/10/00,
FI, 2001, I, 332; Tribunale Bologna 19/6/01, Cor. G., 2001, 1347).

[68]Una
posizione assai critica sull’introduzione della Categoria degli ‘Scoperti
senza affidamento
’ è riportata in due recenti lavori di A.A. Dolmetta: ‘Scoperti
senza affidamento e usura’,
inStudi in onore del prof. Abbadessa, e
‘Alle soglie dell’usura: tra apertura, sconfinamento e Scoperti senza
affidamento’
, il caso.it.

[69]”Un
conto è che lo sconfinamento si protragga nonostante le intervenute richieste
di pagamento (che per l’appunto risulta esatto dal creditore) e i solleciti
che, reiterati, la banca manda al cliente (nel prosieguo del tempo, pure
attivandosi per il recupero forzoso del dovuto): in un simile contesto, la
forma tecnica dell’operazione rimane inalterata, per quanto il debito non trovi
estinzione. Un altro conto, e ben diverso, è che invece non si muova per nulla,
che neppure vada a chiedere al cliente il saldo scoperto: così mostrando di non
avere – essa, prima di ogni altro soggetto – interesse a ricevere nell’immediato
la prestazione dovutale e di tollerare, e anzi di favorire, la persistenza
attuale e il protrarsi futuro del debito da sconfino dell’obbligato. Un
comportamento di questo tipo viene di fatto a produrre una situazione di
stabilità del rapporto che, sotto il profilo sostanziale, risulta equiparabile
– mi sembra di poter rilevare – a quella caratteristica dell’apertura di
credito. In materia, insomma, si manifesta cosa determinante la ragione, come
oggettivamente emergente dal comportamento tenuto dalla banca, per cui lo
sconfinamento viene a prolungarsi, e a prolungarsi ancora, nel corso del tempo.
In sostanza: un conto è che la situazione si imponga alla banca: un’altra è che
sia proprio essa a deciderla
”. (A.A. Dolmetta, ‘Scoperti senza affidamento
e usura, op. cit.).

[70]Non
si ha alcuna evidenza dei controlli, delle risultanze emerse e dei
provvedimenti adottati nelle ispezioni condotte dalla Banca d’Italia.

[71]La
variazione è risultata particolarmente marcata soprattutto per la Categoria
degli ‘Scoperti’ sino a € 1.500. L’aggregazione dei TEG segnalati dagli
intermediari è curata dalla Banca d’Italia attraverso la media aritmetica
semplice, non la media ponderata, e questo conduce ad una generale
sopravvalutazione del TEGM: le classi di importo più basso presentano
ordinariamente tassi più alti e una maggiore incidenza delle spese fisse.

[72]La
soglia d’usura dello scoperto di conto si colloca in Italia – pur considerando
la diversa base di riferimento – ben 10 punti sopra la soglia francese: 23,85%
e 22,86% contro il 13,33% in Francia.

[73]Le
‘Istruzioni’ della Banca d’Italia distinguono i fidi revocati dai fidi scaduti.
I primi, ancorché non saldati, sono esclusi dalla rilevazione, mentre i fidi
scaduti e non saldati continuano, anche nei trimestri successivi, ad essere
segnalati nella medesima Categoria, con riferimento all’ultimo fido accordato,
sino all’estinzione e/o al giro a sofferenza. In entrambi i casi di estinzione
del fido la verifica del rispetto della soglia dovrebbe essere effettuata con
riferimento alla Categoria del credito affidato e con l’ultimo fido accordato.
Ma non risulta che le procedure informatiche delle banche siano organizzate in
questo senso, né che la Banca d’Italia sia intervenuta con un chiarimento volto
a correggere tali comportamenti.

[74]Come
detto, si ritiene che per un fido revocato l’applicazione del tasso maggiorato
del 30% previsto per lo scoperto configura un esubero della soglia, in
un’ortodossa applicazione della normativa dell’usura, dovendosi riferire la
soglia alla Categoria dell’’Apertura di credito’ e non alla Categoria degli
‘Scoperti privi di fido’.

[75] “Come
possibile soluzione si potrebbe prevedere lo scorporo della componente
extra-fido e la classificazione della stessa nella Categoria attualmente riservata
agli ‘scoperti senza affidamento’, per le analogie che contraddistinguono le
due tipologie di operazioni. Tale Categoria presenta soglie strutturalmente più
elevate (quelle attuali sono del 21,9% e del 21,5% per le due classi d’importo
previste). Da un lato, tale innovazione consentirebbe agli intermediari di
applicare tassi più elevati per le operazioni extra-fido, dall’altro, lo
scorporo della componente extra-fido determinerebbe una riduzione delle soglie
usura per la Categoria ‘aperture di credito in conto corrente’. Si dovrà
inoltre valutare se l’accorpamento di extra-fido e scoperto senza affidamento
comporterà una riduzione dei tassi anche in quest’ultima Categoria, nel caso in
cui – come osservato in alcuni contratti – la prima tipologia sia caratterizzata
da tassi meno penalizzanti.”.

[76]Cfr.
anche A.A. Dolmetta . Alle soglie dell’usura: tra apertura, sconfinamento e
‘scoperti senza affidamento’, in ilcaso.it.

[77]Lo
sconfinamento dal fido è stato più recentemente definito dal D. Lgs. 141/10,
nell’ambito del credito al consumo, come “l’utilizzo da parte del
consumatore di fondi concessi dal finanziatore in eccedenza rispetto al saldo
del conto corrente in assenza di apertura di credito ovvero rispetto
all’importo dell’apertura di credito concessa
” e viene regolato nell’art.
125 octies. Lo sconfinamento si configura come una ‘tolleranza’ della
banca che acconsente, in via temporanea e precaria, al di fuori dell’apertura
di credito e per il quale permane il diritto di esigere l’immediato rimborso.

Secondo la
giurisprudenza e la dottrina prevalenti, pur potendo stipularsi la convenzione
di concessione di credito per facta concludentia (v. Cass. 01/07/05 n.
14470; Cass. 15/09/06 n. 19941), la tolleranza dell’intermediario che consenta
ripetuti sconfinamenti del conto, ovvero il ripetuto utilizzo del credito in
eccesso al fido accordato, non costituisce di per sé prova dell’avvenuta
stipula di una convenzione di concessione di credito o di aumento del credito
già accordato (così ABF Roma, n. 42/10), pur potendo tale reiterata condotta,
nel concorrere di ulteriori requisiti, assumere rilievo a tal fine (in tema, si
veda ad. es. Cass. 8/01/03 n. 58). Può pertanto ritenersi che, in difetto di
una pluralità di indici di una diversa volontà delle parti, la concessione di
sconfinamenti, ancorché ripetuti, non sia da ricondursi alla tipologia dei c.d.
“fidi di fatto”. “La tolleranza degli sconfinamenti da parte della banca non
integra una manifestazione di volontà idonea a superare le clausole pattuite
dalle parti perché l’aspettativa originaria del fatto che l’istituto di credito
paghi assegni anche quando l’esposizione creditoria superi il limite di fido
concesso non è di diritto, ma di fatto, priva di giuridica rilevanza; pertanto
il mancato pagamento di assegni emessi da un correntista su un conto che
presenta uno scoperto superiore a quello consentito e il conseguente protesto
di tali titoli non costituisce lesione di interesse riconosciuto e garantito
dall’ordinamento giuridico.
”. (Cass. Civ. Sez. I, 10/2/04 n. 2477).

[78]Un
sintomo di disfunzione è rappresentato dagli sconfinamenti sui fidi bancari, un
fenomeno che si colloca su livelli particolarmente elevati in talune regioni
meridionali. La prassi degli sconfinamenti può dipendere da carenze
organizzative delle banche. Essa influisce pesantemente sul costo effettivo del
denaro, per effetto delle maggiorazioni di tasso e delle commissioni di massimo
scoperto. E’ indicativa di comportamenti non trasparenti: la banca accorda un
fido inferiore a quello che serve al cliente, rendendosi peraltro disponibile a
mantenerlo di fatto al di sopra dell’accordato; il cliente dal canto suo
accetta questa impostazione, che lo pone in una situazione di debolezza nei
rapporti quotidiani con la banca
. (G. Berionne, Consiglio Superiore della
Magistratura, incontro di studio sul tema: ‘Usura e disciplina penale del
credito’, Frascati 1997).

[79]La
Cassazione penale, seppur in circostanze diverse, ha chiarito la necessità di
riferire la verifica del rispetto della soglia d’usura ai distinti
finanziamenti. In una prima occasione (Cass. Pen. Sez. II, n. 745/05) si
afferma: “Non giova, perciò, richiamarsi al complesso dei rapporti economici
esistenti tra l’imputato e la parte lesa per un conteggio globale degli
interessi da quest’ultima dovuti, interessi che, in tal modo valutati e
conteggiati, non supererebbero, a quanto si assume, la soglia legale. Quel che
rileva è che in alcuni rapporti (quelli, appunto, per cui vi è contestazione),
quella soglia è stata largamente superata, integrandosi in ciò il reato d’usura
continuata addebitato.
”. Più recentemente (Cass. Pen. Sez. III, n.
43840/09) viene ribadito: “(…) per l’individuazione della natura usuraria
degli interessi, nel caso in cui tra il soggetto agente e la vittima intercorra
un complesso rapporto economico, occorre avere riguardo ai singoli episodi di
finanziamento e quindi alle specifiche dazioni o promesse, non potendosi
procedere al calcolo globale degli interessi dovuti in virtù della pluralità
dei prestiti.”.

[80]Le
‘Istruzioni’ della Banca d’Italia riportano: “Se si registrano utilizzi
superiori al fido accordato la classe di importo rimane determinata in base
all’ammontare del fido accordato
”. Nei chiarimenti forniti dalla Banca
d’Italia, alla domanda: “In quale Categoria devono essere segnalati gli
sconfinamenti rispetto al fido accordato sui conti correnti affidati?
”,
viene fornita la risposta: “Gli sconfinamenti rispetto al fido accordato
rientrano tra le aperture di credito in conto corrente (Cat. 1.a o 1.b) sia ai
fini della segnalazione sia per la verifica dell’eventuale usurarietà delle
condizioni applicate.”
. Dalla domanda e dalla risposta si può evincere che
lo sconfinamento sia oggetto di un’apposita segnalazione, distinta da quella
relativa all’affidamento concesso. Questo sembrerebbe ulteriormente avvalorato
dalla risposta fornita alla domanda successiva: “In un finanziamento
revolving su carta di credito può verificarsi un’estensione del credito
attraverso la concessione di ulteriori linee di finanziamento. E’ ammessa una
segnalazione unica nella Categoria 9 (Credito revolving)?”
, alla quale
viene fornita la risposta: “Sì, in caso di mera estensione del credito con
le stesse caratteristiche del finanziamento revolving in essere può essere
prodotta una segnalazione unitaria
.”.

Sembrerebbe
evincersi che la condizione per un’unitaria segnalazione sia l’applicazione
delle medesime condizioni, desumendo, a contrario e più in generale, che
l’estensione di ogni finanziamento, intervenuta a condizioni e caratteristiche
diverse, debba essere assoggettata a specifica e distinta segnalazione: nella
circostanza tale estensione, non definita contrattualmente, andrebbe rapportata
alla connessa massima variazione intervenuta nel trimestre.

In altro
punto delle risposte ai quesiti, tuttavia, in merito alla variazione in via
temporanea dell’accordato, si precisa che, se formalizzata, vanno tenute
distinte le segnalazioni dei due contratti, prima e dopo la variazione. Se non
formalizzata, la segnalazione rimane unica, ma non si fa riferimento ad una
uniformità di condizioni.

Una
situazione analoga si riscontra nella circostanza di fidi, scaduti ma non
revocati, che, protraendosi nel tempo, con la lievitazione degli interessi,
oneri e spese sconfinano e, con il riferimento all’ultimo fido accordato,
vengono ad esorbitare le soglie d’usura.

[81]Se,
ad esempio, per una soglia d’usura dell’11%, viene previsto un tasso del 10%
per il fido di € 100 e il 12% per l’extra-fido, la pattuizione non esclude la
concessione di un credito superiore a € 200, che porterebbe il tasso praticato
complessivamente al di sopra della soglia dell’11%.

[82]Verrebbe
altresì meno la remora ad un’estensione e durata dell’extra fido costituita
dalla circostanza che le ‘Istruzioni’ prevedono nella formula di calcolo il
rapporto degli oneri al fido accordato, per cui il debordo dal fido induce una
limitazione maggiore nel TEG applicato.

[83]Gli
interessi collettivi ad un corretto funzionamento del mercato del credito, che
nella visione del legislatore sembrano accostare e travalicare quelli del
singolo, ampliano la prospettiva nella quale si colloca il testo dell’art. 644
c.p. riformulato dalla legge 108/96. Il credito, sia esso rivolto agli
investimenti che al consumo, costituisce il volano dello sviluppo economico: la
regolarità del mercato e l’opera di calmiere dei tassi praticati alla
generalità della clientela trovano fondamento e legittimità nell’art. 41 della
Costituzione, ponendo un presidio agli indebiti riflessi che possono
derivare da scelte degli intermediari eccessivamente protese al conseguimento
di profitti economici. “Una scelta legislativa dunque dalla quale traspare
l’evidente intento di delineare la disciplina dell’usura in chiave
tendenzialmente oggettiva, caratterizzando la fattispecie come una violazione
del rapporto di adeguatezza delle prestazioni, secondo parametri predefiniti ed
obiettivi che necessariamente non possono non tener conto delle leggi di mercato
e del variabile andamento dei tassi che da esse conseguono. Attraverso
l’abbandono del tradizionale requisito per così dire soggettivistico
dell’abuso, e la sua sostituzione con il rilievo del tutto prevalente che nella
struttura delle fattispecie finisce per assumere il requisito – tutto economico
– della sproporzione tra la prestazione del mutuante e quella del mutuatario,
la prospettiva della tutela sembra dunque essersi spostata dalla salvaguardia
degli interessi patrimoniali del singolo e, se si vuole, dalla protezione della
personalità del soggetto passivo, verso connotazioni di marcata
plurioffensività, giacché accanto alla protezione del singolo, vengono
senz’altro in gioco anche – e forse soprattutto – gli interessi collettivi al
corretto funzionamento dei rapporti negoziali inerenti alla gestione del
credito ed alla regolare gestione dei mercati finanziari. (…) dovendo
l’iniziativa economica, in base allo stesso precetto costituzionale, non
soltanto non porsi in contrasto con l’utilità sociale, ma addirittura ‘essere
indirizzata e coordinata ai fini sociali’: il che evidentemente evoca – quale
ulteriore parametro di riferimento che viene senz’altro in discorso, alla luce
delle segnalate innovazioni che l’art. 644 c.p. presenta sul piano del relativo
oggetto giuridico – anche la protezione offerta all’esercizio del credito
dall’art. 47 della Carta fondamentale.”
(Cassazione penale, Sez. II
18/3/03, n. 20148).

[84]Il
credito al consumo è divenuto uno strumento ampiamente utilizzato per fronteggiare
i disallineamenti temporali fra le risorse disponibili e le esigenze che si
presentano in maniera talvolta imprevista. L’accesso ai servizi bancari è ormai
divenuto una necessità sociale, risultando il conto bancario il crocevia dei
rapporti intrattenuti fra i componenti l’aggregato sociale.

[85]In
alcuni Stati americani, dove è consentito il prestito a giorni, il ‘pay-day
loan’
, con costi che ragguagliati ad anno si attestano su un tasso del
500%, si è riscontrata un’ampia diffusione di tale forma di credito, sospinta
da offerte che fanno presa su debolezze culturali o necessità impellenti. Tale
pratica, definita dalla Consumer Federation americana ‘strozzinaggio legale’ è
ora vietata in numerosi Stati d’America.

The
Economist (3/6/99) riporta che i finanziatori dei ‘pay-day loan’ offrono
un piccolo ammontare di denaro, da 100 a 300 dollari, per un breve periodo di
tempo, in cambio di un assegno che non viene depositato ma restituito a fronte
del pagamento in contanti dell’importo finanziato maggiorato del 20-25% o,
alternativamente, rinnovato in un nuovo finanziamento contro assegno. Per
questo tipo di finanziamento è unicamente richiesta la presenza di un conto
bancario e la prova di un regolare stipendio. Quando il tasso di interesse per
tali prestiti è ricondotto all’anno si perviene a tassi impressionanti.
L’osservatorio del Chicago Sun Time dell’Illinois ha accertato un tasso medio
annuo del 569%.

Il Vittoria
(16/11/13) riporta che un certo numero di persone che lottano con i prestiti
hanno disabilità intellettuali: pensano ai soldi facili, ma non capiscono le
implicazioni di ciò che stanno facendo. Riforme nazionali mirano a proteggere i
membri più vulnerabili dai prestiti predatori dei ‘pay-day loan’ e dalla
spirale del debito che tali prestiti possono provocare. I problemi iniziano
infatti quando si manca il pagamento e si incorre nelle penalità. Il passo
successivo è un altro prestito e così la spirale comincia.

[86]Contrari
ad una regolamentazione dell’usura che impedirebbe transazioni mutualmente
vantaggiose: Baudassé e Levigne “pourquoi et comment légiferer sul l’usure?”,
revue d’Economie Financière, n. 58,2000; Blitz e Ling, “The Economics of
usury Regulation
”, Journal of Political Economy, 1965. Favorevole per gli
effetti sociali svolti da una regolamentazione: K. Avio “An Economic
Rationale for Statutory Interest Rate Ceillings
”, Review of Economics and
business, 1973.

[87]In uno studio curato nel 2010 presso i Paesi della Comunità
Europea si riporta: “While modern interest rate ceilings are typically
imposed administratively, courts in germany have transformed the ancient
subjective principle of good morals into a modern objective interest rate
ceiling, a process that would in principle be open to Member States with non
interest rate ceiling; some initial forms of this may also be identified in
Estonia, Spain and Sweden.

▪ From the perspective of the contractual
interest rate itself there are three countries with an absolute ceilingin the tradition of usury, and this does not seem to have impact on the economy
(Greece, Ireland and Malta).

▪ Countries which use relative interest rate
ceilings
based on an average market rate, multiplied by a quota such as
that applied in France of one-third, or based on a money market rate multiplied
by four, as in Poland, have developed fairly new systems with a high degree of
effectiveness (Belgium, Estonia, France, Germany, Italy, the Netherlands,
Poland, Portugal, Slovakia, Spain Slovenia).”
(iff/ZEW
(2010): Study on interest rate restrictions in the EU, Final Report for the EU
Commission DG Internal Market and Services, Project N. ETD/2009/IM/H3/87,
Brussels/Hamburg/Mannheim; submitted by Prof. Dr. Udo Refner, Sebastien
Clerc-Renaud, RA Michael Knobloch).

[88] “Per
quanto l’opinione sia diffusa in letteratura, la trasparenza non si esaurisce
nell’informazione. Intere tematiche della vigente normativa di trasparenza
bancaria non risultano oggettivamente raccordabili con l’idea di un semplice
flusso di notizie, pur orientato, che dal produttore va verso il cliente. Né le
vanno dati – o riconosciuti – compiti sostitutivi: per dirla in breve, sapere
che le uova sono marce non le fa diventare fresche.Pensare che una riduzione
delle asimmetrie informative conduca a riequilibri, o a parità di forza delle
posizioni è una mistificazione. L’informazione non rende in specie
un’operazione equilibrata, posto se non altro che l’equilibrio è misura di
rapporto oggettiva. Tanto meno l’informazione potrebbe surrogare l’adeguatezza:
in un’ora non si diventa professionisti. E meno ancora l’informazione del
cliente viene da sé a rendere diligente l’agire dell’impresa.
” (A.A.
Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Zanichelli, 2013).

[89]Cfr.
R. Marcelli, ‘La soglia d’usura ha raggiunto un livello pari a 100 volte
l’Euribor: il presidio di legge è un argine o una copertura?
’, 2013, in www.assoctu.it.

[90]“a
oltre dieci anni dall’entrata in vigore della legge, e alla luce del mutato
contesto in cui gli intermediari operano, appare necessario tornare a
riflettere sul tema dell’opportunità della fissazione in via amministrativa di
tassi bancari soglia (…) La riduzione dei tassi registrati nel periodo è stata
molto significativa, per effetto dell’ingresso dell’Italia nell’Unione
monetaria europea, dell’intonazione generale espansiva della politica monetaria
e dell’aumento della concorrenza nel mercato bancario. In questo quadro
generalmente positivo per la disponibilità di credito, il meccanismo dei tassi
soglia previsto dalla l. 108 ha invece avuto effetti distorsivi.”
(Giovanni
Carosio, intervento in Commissione permanente Giustizia del Senato del
27/3/07).

La
menzionata flessione dei tassi non trova particolare riscontro nei valori del
TEGM. Dalle considerazione del Vicedirettore della Banca d’Italia emerge che, o
la flessione dei tassi è concreta e il TEGM rilevato dalla Banca d’Italia
fornisce un’informazione distorta, o, più plausibilmente, quest’ultimo fornisce
una stima, presumibilmente per difetto, del tasso medio praticato nel mercato
del credito, e non vi è stato, almeno per talune categorie di credito, alcuna
flessione dei tassi.

[91]Mentre
il mercato dei capitali offre alle grandi imprese apprezzabili opportunità per
raccogliere risorse finanziarie, la gran parte delle piccole e medie imprese
possono contare soltanto sul finanziamento bancario: per altro per queste
ultime la misura del rischio è più complessa rispetto alle grandi imprese per
le quali esiste una maggiore abbondanza di informazioni pubbliche; solo
stabilendo rapporti prolungati nel tempo si pone in condizione la banca di
apprezzare correttamente il rischio dei finanziamenti concessi.

Anche per
tali motivi le PMI italiane si caratterizzano per l’elevato indebitamento e la
scarsa liquidità. I tassi applicati alle PMI risultano particolarmente elevati
e non sempre rispecchiano il rischio di credito dell’impresa.

[92]Poco
più dell’85% delle imprese non ha obblighi contabili, in quanto non costituite
nella forma di società di capitale e le esigenze di carattere informativo
necessarie per l’applicazione delle regole prudenziale introdotte da Basilea
non possono essere soddisfatte appieno. Il rapporto con l’intermediario assume
peculiarità poco formali e strutturate e la conoscenza della realtà aziendale
si fonda scarsamente su analisi puntuali dei vari indicatori reddituali,
finanziari e patrimoniali: le analisi risultano per lo più sintetiche e il
patrimonio ricopre un ruolo centralissimo, come dimostra la ormai consueta
richiesta ai propri clienti da parte della banca di fornire garanzie personali.

[93] G.
Berionne, Usura e Disciplina penale del credito, CSM, Frascati, 1997.

[94]Il
Governatore Draghi, in un articolo pubblicato sull’Osservatore Romano, a
commento dell’Enciclica Caritas in veritate, così si esprimeva: “Un
modello in cui gli operatori considerano lecita ogni mossa, in cui si crede
ciecamente nella capacità del mercato di autoregolamentarsi, in cui divengono
comuni gravi malversazioni, in cui i regolatori dei mercati sono deboli o prede
dei regolati, in cui i compensi degli alti dirigenti d’impresa sono ai più
eticamente intollerabili, non può essere un modello per la crescita del mondo
”.

[95] “com’è
intuitivo, inserire un’operazione in una categoria di carattere residuale – e
in cui sono mescolati insieme, tra le altre cose, anche ‘credito su pegno’,
‘crediti connessi con delegazione di pagamento’, ‘mutui chirografari’ -, se può
sollevare dubbi sulla portata dell’ampiezza, assicura che questa ‘categoria’
non ha nemmeno un minimo di omogeneità. D’altro canto, più si procede a
distinzioni e frammentazioni, più si viene a complicare un meccanismo la cui
ragione d’essere sta, all’opposto, nella semplificazione. E’ da chiedersi, a
questo punto, se non sia senz’altro meglio risolvere il problema – più che con
una categoria residuale priva di oggettivo significato o con un’insensata
moltiplicazione di categorie – affidandosi a una valutazione costruita caso per
caso (sulla base della sola indicazione di genere, cioè)
.” (A.A. Dolmetta,
Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Ed. Zanichelli, 2013).

[96]‘Più
si segmenta il mercato del credito in distinte categorie più omogenee, più si
riduce la variabilità all’interno della categoria e meno stringente risulta,
per ciascuna categoria, lo spread posto pari al 25% più 4 punti percentuali. Da
un punto di vista tecnico un allargamento del numero delle categorie risulta,
in qualche misura, equivalente ad un ampliamento dello spread. (…) Se per le
aperture di credito si prevede la partizione nelle classi di rischio A e B,
ipotizzando un tasso medio originario della categoria pari al 6% al quale
corrisponde un tasso medio del 4% per la partizione A e un tasso medio dell’8%
per la partizione B, la soglia d’usura passerebbe dall’11,50% (6% + ¼ di 6% + 4
punti) al 14% (8% + ¼ di 8% + 4 punti), potendo l’intermediario bancario, nella
sua discrezionalità, spostare agevolmente il credito dalla partizione A alla B.
E’ quello che si è fatto con lo scorporo, dalla categoria delle aperture di
credito, di quelle prive di fido e quello che si prevede di introdurre con lo
scorporo del credito extra-fido dal credito affidato. Con questi interventi la
Banca d’Italia esercita un ruolo attivo nel diritto, un compito ‘creativo’ che
le risulterebbe precluso. Avrebbe più senso e ragionevole sintonia con il
principio di legge separare le aperture di credito garantite da quelle non
garantite, per l’elemento oggettivo della garanzia che modifica la natura e il
rischio del credito, oltre che l’onere a carico del cliente.’
(R. Marcelli,
La soglia d’usura ha raggiunto un livello pari a 100 volte l’Euribor: il
presidio di legge è un argine o una copertura?, 2014, in www.assoctu.it).

[97]“Si
è osservato che si è trasfigurata l’usura da fattispecie di contrasto di
condotte pericolose intrinsecamente illecite – quelle del ‘cravattaro’ e della
criminalità organizzata – a fattispecie di regolamentazione di un’attività
pericolosa lecita: l’attività bancaria o di intermediazione finanziaria, e, più
in generale, di esercizio del credito. Che la direttrice della tutela (recte:
dell’intervento) penale sia ormai vieppiù prevalentemente orientata verso il
corretto funzionamento del mercato (ufficiale) del credito è confermato dal
recente provvedimento legislativo – il d.l. 29 novembre ‘08, n. 185 conv. L. 28
gennaio ‘09, n. 29 – che, nel disciplinare finalmente la controversa
“commissione di massimo scoperto”, non ha mancato di considerarne la rilevanza
ai fini dell’art. 644 c.p., così implicitamente riconoscendo alle banche il
ruolo di attrici protagoniste del nuovo delitto di usura.

L’usura
bancaria palesa ontologica distanza, sul piano empirico e criminologico, con il
corrispondente fenomeno attribuibile alla criminalità ‘comune’, specie organizzata.
Sostenere che l’usura ‘comune’ e l’usura ‘bancaria’ sono fenomeni
ontologicamente differenti (e che pertanto necessitano di una risposta
differenziata), non significa in alcun modo escludere che l’esercente una
legale attività di credito possa macchiarsi del reato d’usura: significa,
semplicemente, che l’usura è altro dall’eccesso nelle condizioni di credito, il
quale ultimo può ben assumere rilievo giuridico, ma non nell’ambito di una
fattispecie penale di usura. Volendo ricorrere ad una semplificazione, ed
esprimendosi un po’ brutalmente, si può dire: anche il banchiere può essere un
cravattaio, ma affermare che il banchiere che eccede i tassi è sempre un
cravattaio non è corretto, anzi è inaccettabile.”
(Cfr. R. Borsari, Il delitto di
usura ‘bancaria’ come figura ‘grave’ esclusa da benefici indulgenziali. Profili
critici
, in. Riv. Trim. dir. Pen. econ. 1/2/09).

[98]Secondo
un sondaggio realizzato per Plus 24 da Ipr Marketing, il 68% degli italiani
ritiene squilibrato il rapporto dei clienti con la banca e ‘quasi la metà
degli italiani, ovvero il 45%, ritiene che non ci sia nessuno a sorvegliare le
banche. Solo il 22% ritiene che questo sia un compito della Banca d’Italia
’.
(A. Criscione, Sole 24 Ore, Plus 24, 5 luglio ‘14)

[99]Le
più recente riforma francese delle Categorie di credito sottoposte alle soglie
d’usura è quasi esclusivamente rivolta a contrastare l’effetto dell’échelle
de perroquet
e a favorire un maggiore accostamento dell’offerta del credito
alle effettive esigenze del consumatore. Indépendamment
des explications avancées sur le comportment des organismes prêteurs, le
mécanisme même des taux d’usure comporte des effets se traduisant par une
hausse des taux. L’application d’un coefficient à des observations sur les taux
moyens pratiqués, a pour consequence d’entraîner le relèvement progressif des
taux plafonds, dés lors que les étlablissements de credit ont tendance à
tarifer des taux d’intérêt se rapprochant du niveau de l’usure (effet dit
‘d’échelle de perroquet’). De la même manière, le caractère endogène du mode de
fixation de l’usure pourrait se traduire par un baisse des taux plafonds en cas
de diminution des taux d’intérêts moyens effectivement pratiqués. (…) Les
données issues des observations de la Banque de France en octobre 2008 confirment
l’accumulation des taux d’intérêt des credits non échéancés (credits
renouvelables et decouverts bancaires) au voisinage de l’usure.
” (Rapport
sur les modalités de fixation du taux de l’usure, J.L. Lépine, F. Laloue,
fevrier 2009).

[100] “Proprio
il rilievo che assume la procedura amministrativa per l’integrazione del reato
ha fatto sorgere dei dubbi di costituzionalità della norma. Sul punto è
intervenuta questa Sezione che ha statuito che: “In tema di usura è
manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità del combinato
disposto degli artt. 644, terzo comma cod. pen. e 2 della legge 7 marzo 1996 n.
108 per contrasto con l’art. 25 Cost., sotto il profilo che le predette norme,
nel rimettere la determinazione del “tasso soglia”, oltre il quale si configura
uno degli elementi oggettivi del delitto di usura, ad organi amministrativi,
determinerebbero una violazione del principio della riserva di legge in materia
penale” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20148 del 18/03/2003 Ud. Rv. 226037). Con tale
pronunzia la Corte ha osservato che il principio della riserva di legge è
rispettato in quanto la suddetta legge indica analiticamente il procedimento
per la determinazione dei tassi soglia, affidando al Ministro del tesoro solo
il limitato ruolo di “fotografare”, secondo rigorosi criteri tecnici,
l’andamento dei tassi finanziari. Non v’è dubbio che la legge abbia determinato
con grande chiarezza il percorso che l’autorità amministrativa deve compiere
per “fotografare” l’andamento dei tassi finanziari. Questo percorso postula
l’intervento della Banca d’Italia che nella sua qualità di Organo di vigilanza
deve fornire le dovute istruzioni alle banche ed agli operatori finanziari
autorizzati per la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi praticati
dal sistema bancario e finanziario in relazione alle categorie omogenee di
operazioni creditizie.

E tuttavia
questo intervento tecnico per “fotografare” l’andamento dei tassi finanziari
postula comunque delle scelte interpretative da parte dell’Organo di vigilanza
tanto in merito alla classificazione delle operazioni omogenee rispetto alle
quali effettuare la rilevazione dei tassi medi effettivamente praticati nel
trimestre, quanto in merito all’individuazione “delle commissioni,
remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese (…) collegate all’erogazione del
credito”, che devono essere incluse nelle rilevazioni statistiche, quanto delle
voci che devono essere escluse, in quanto imposte o tasse, ovvero oneri non
collegati all’erogazione del credito.
(Cassazione, 19/2/10, n.12028).

[101]La
discriminazione in parola si riferisce esclusivamente alle Categorie: Apertura
di credito in c/c; Scoperti senza affidamento; Finanziamenti per anticipi su
crediti e documenti, sconto di portafoglio commerciale, factoring e credito
revolving.

[102]Un’ulteriore
criticità viene sollevando la commissione di istruttoria veloce, per
l’incidenza che talvolta viene assumendo in rapporto agli interessi e che ‘ingenera
il sospetto che, in realtà, e contro lo spirito della legge, la banca non abbia
mai effettuato l’istruttoria veloce, ed abbia invece nei fatti considerato la
CIV una sorta di equipollente di altre commissioni, variamente denominate
(indennità di sconfinamento, penale di sconfino, ecc..) invalse nella prassi
bancaria in epoca antecedente all’introduzione dell’art. 117 bis TUB.

(ABF, Collegio di Roma, n.3260/14). Nella circostanza rimane carente la
trasparenza della parametrazione di tale commissione ai costi effettivamente
sostenuti dall’intermediario, il cui controllo è rimesso esclusivamente
all’Organo di Vigilanza.

[103]I
dati del TEGM rilevati dalla Banca d’Italia, nonostante l’impiego della formula
del TEG che induce un’apprezzabile sottovalutazione del tasso effettivo, risultano
marcatamente superiori a quelli di una diversa rilevazione, riportata nel
Bollettino statistico, riferita al TAEG, l’effettivo costo del credito, anche
se tale rilevazione esclude le esposizioni inferiori a € 30.000, il ventre
‘molle’ e ‘allargato’ del Paese dove si concentra numericamente la parte
rilevante delle esposizioni creditizie più deboli. Sembra potersi dedurre che
la flessione dei tassi, conseguente all’ingresso dell’Euro, abbia riguardato,
quasi esclusivamente, i crediti di più elevato importo.

[104]Come
hanno evidenziato le vicende della CMS, le scelte della Banca d’Italia
dispiegano frequentemente un velo di opacità sui contenuti operativi della
norma penale, ponendo un ostacolo all’ineludibile presupposto della
responsabilità penale, costituito, appunto, dalla chiarezza, riconoscibilità e
tassatività dell’effettivo contenuto precettivo della norma penale: “Accade
così che, nei processi per usura bancaria, là dove siano in discussione
questioni tecnico-civilistiche (…) i consulenti ed i periti formulino ognuno,
in un ideale contraddittorio con se stesso, più di un’ipotesi ricostruttiva,
con esiti differenti quanto al superamento della soglia individuata; e capita
di leggere, in tali casi, che il giudice dia atto della scientificità di tutti i
pareri espressi dai consulenti di parte e d’ufficio, nonché dell’esistenza di
una reale incertezza e lacunosità tecnica del settore, prima di giungere ciò
nonostante alla pronuncia della sussistenza dell’elemento oggettivo del reato,
reputando corretto riferirsi all’una piuttosto che all’altra delle letture.

La normale,
quasi scontata assoluzione dell’imputato sul piano dell’elemento soggettivo,
nei casi in esame, non fa che convincere ulteriormente del fatto che nella
tassatività della norma si aprono talune falle, alla luce delle quali la
condotta del singolo, pur ritenuta oggettivamente illecita, viene tuttavia,
ritenuta non integrante il reato per mancanza dell’elemento soggettivo.
” (A. Boido, Usura e diritto
penale
, 2010 CEDAM).

[105]”Le
stesse regole di mercato inducono spinte al profitto che esasperano i
comportamenti ‘aggressivi’ sino al limite di legge ed oltre: con l’indesiderato
riflesso di sospingere ai margini del mercato proprio quegli intermediari più
cauti che cogliendo la discrasia fra norma di legge e disposizione
amministrativa vengono adottando comportamenti prudenziali a rispetto dell’una
e dell’altra. E’ naturale e consequenziale che l’imprenditore bancario adotti
strategie di mercato che massimizzino i profitti, nell’ambito delle regole
definite dalle norme e dalle indicazione della Banca d’Italia: la patologica
proliferazione di commissioni, oneri e spese, a cui si è assistito negli ultimi
quindici anni, è tutta riconducibile alla discrasia insita nella norma
amministrativa che ha prevalso sulla norma di legge, discriminando, nella
formula del TEG, gli interessi dalle altre competenze. Motivi opportunistici di
bilancio hanno suggerito agli operatori bancari di privilegiare le difformi
indicazioni della Banca d’Italia rispetto alla incontrovertibile formulazione
dell’art. 644 c.p., confidando nella generale moratoria che le recenti sentenze
della Cassazione penale hanno dovuto riconoscere per il periodo precedente il
2010.”.
(R. Marcelli, ‘La soglia d’usura ha raggiunto un livello pari a
100 volte l’Euribor: il presidio di legge è un argine o una copertura?
’,
2013, in www.assoctu.it.).

[106]..
La legge 108/96, imperniata sull’oggettivo squilibrio delle prestazioni
dedotte in contratto, rappresenta il punto di arrivo di una precisa tendenza –
espressa già qualche anno prima dal legislatore in materia di credito al
consumo, ove assume preminente rilievo la nozione di ‘tasso annuo effettivo
globale’ (TAEG) /cfr. art. 122 TUB) – volta ad identificare il concetto di
‘interesse pecuniario’ con il ‘costo del denaro’. Va da sé che ciò comporta
inevitabilmente una metamorfosi del bene giuridico protetto dalla norma penale
(art. 644 c.p.), che non potrebbe essere più identificato – come la dottrina
dominante era orientata a ritenere in passato – con il patrimonio individuale o
con la libertà di autodeterminazione (negoziale) della vittima, ma va
individuato nel corretto e razionale svolgimento delle relazioni di credito
.”
(A. Maniaci, Le regole sugli interessi usurari, in Il Mutuo e le altre
operazioni di finanziamento, Ed. Zanichelli).

[107]Cassazione
Pen. n. 46669/11.

[108]Non
si può trascurare che la ‘Babele’ giuridica che si è venuta a determinare,
nonostante la posizione assunta dalla Cassazione, possa essere proprio la
risultante di una sostanziale carenza dei principi costituzionali che
presiedono la portata applicativa della norma penale. ” (…) non può sfuggire
che la fonte primaria non determina i modelli matematici (la formula) da
utilizzare per il computo della ‘media’ e che, ovviamente, a criteri di calcolo
diversi corrispondono soluzioni diverse ovverosia ‘soglie’ differenti. (…)
Inoltre la classificazione delle operazioni – adempimento annuale che consente
l’operatività in concreto della fattispecie incriminatrice, dal momento che
alla singola classe corrisponde un determinato tasso soglia – è demandata alla
scelta del tutto discrezionale dell’autorità amministrativa; autorità alla
quale viene, peraltro, riconosciuto il potere di procedere alla classificazione
secondo criteri del tutto indeterminati e privi di reale contenuto, almeno
fintanto che vengano apprezzati in linea teorico-astratta quali parametri ‘la
natura’, ‘l’importo e la durata’ del finanziamento ovvero il beneficiario e le
garanzie da questi prestate in ragione del ‘rischio’ dell’operazione, criteri
che, al contempo, concorrono a formare i ‘dati’ sulla base dei quali vengono
effettuate le rilevazioni che conducono alla individuazione del tasso effettivo
medio globale. E, per giunta, la articolazione interna di simili classi (di
operazioni) per ‘categorie omogenee’ non è minimamente pre-determinata, in modo
che si finisce per affidare (addirittura) all’interprete-operatore giudiziario il
compito di qualificare il negozio intercorso fra le parti e, quindi, collocare
l’operazione in una, piuttosto che in altra, categoria tipologica; (…) Ora è a
tutti nota la posizione da tempo assunta in materia da parte della Corte
costituzionale: oltre la determinazione della pena va riservata alla legge ‘la
sufficiente specificazione del fatto’ ovvero la determinazione del ‘contenuto
politico essenziale’ del divieto. Il rinvio ad un atto sub-legislativo
(peraltro, preesistente) risulta in tale ottica conforme ai principi di riserva
di legge e di determinatezza nella misura in cui non ‘perduri la facoltà
dell’amministrazione di mutare, sostituire o abrogare l’atto stesso’ e sempre
che consista nella pura e semplice attività di specificazione di meri elementi
tecnici da effettuare sulla scorta dei criteri indicati dalla legge in modo
preciso, così da non creare inammissibili ‘incertezze sul contenuto essenziale
dell’illecito penale
” (R. Rampioni, La fattispecie di usura presunta nel
crogiolo della pratica applicativa. Il ‘nodo’ della commissione di massimo
scoperto mette a nudo il non sense della delega politica ad organi
tecnici. Cassazione penale, 2012).

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