venerdì, Maggio 3, 2024
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AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE: Qualche dubbio di troppo sul calcolo degli interessi!

 

Si parla tanto in questo periodo di usura bancaria, in ogni sua manifestazione: sugli affidamenti, sui conti correnti, sui finanziamenti e sui mutui.

Oggi mi soffermo su questi ultimi due
casi, per spiegarvi la differenza tra i più diffusi piani di
ammortamento e sul perchè le banche (ed anche illecitamente Equitalia)
scelgono sempre l‘ammortamento alla francese.

Didatticamente l’attività bancaria
dovrebbe esserecaratterizzata dal congiunto esercizio della raccolta
del risparmio tra il pubblico e dall’esercizio del credito. Si impiega
il denaro raccolto utilizzando forme contrattuali tra loro assai diverse
tanto che parlare di “contratto di credito” , seppur utile, ha solo la
funzione di evidenziare l’unico elemento comune alle varie fattispecie:
la concessione del credito.

Si tratta, dunque, di una categoria che
non presenta omogeneità dal punto di vista giuridico: il tratto comune è
di stampo economico, essendo contratti caratterizzati dalla possibilità
di utilizzazione temporaneo di denaro messo a disposizione , in varie
forme dalla banca. La nozione di contratto di credito, infatti,
identifica un’ampia categoria nella quale vengono compresi ad esempio il
mutuo, l’anticipo, lo sconto.

Nel nostro caso di tratta del mutuo ed
in particolare del calcolo matematico che è alla base della definizione
del piano di ammortamento.

Prodromico ad una più facile comprensione, è un succinto excursus sui concetti di matematica finanziaria impiegati.

Si definisce capitalizzazione, l’operazione che determina la valutazione di una somma ad una data posteriore a quella cui fa riferimento; attualizzazione se anteriore. Il contratto di mutuo quale forma di debito, prevede un
rimborso graduale della somma prestata attraverso il versamento
periodico di rate; formula meglio nota con l’espressione ammortamento
del debito. Nella pratica sono diffuse due forme di
ammortamento: uniforme o italiano e progressivo o francese. Per la
matematica finanziaria le differenze sono sostanziali.

Il primo presenta quale caratteristica, il prevedere quote capitale costanti; l’impostazione prende le mosse dal concetto di quota capitale: le quote
interessi nel tempo decrescono come la quota della rata.

Nell’ammortamento alla francese ad essere uguale non è la quota capitale, ma la rata:
così facendo si ottiene un valore “attuale” della somma concessa. Anche
qui col passare del tempo la parte di interessi decresce, mentre sale
quella capitale.

In sostanza in un mutuo dal lato della
banca si tratta di attualizzare il valore della somma al tempo “T”, per
il cliente di capitalizzarlo.

Una sentenza del Tribunale di Bari introduce la considerazione che il
sistema di ammortamento francese violi l’articolo 1283 c.c. in quanto
determina il calcolo dell’interesse su base composta e non semplice.

Dalle risultanze processuali si è
riscontrato, infatti, un mancato rispetto del sistema civilistico nel
calcolo del tasso ex art. 1283 c.c.. “IL metodo comporta una
restituzione degli interessi con una proporzione più elevata rispetto
all’ammortamento uniforme, in quanto contiene una formula di matematica
attuariale, giusta la quale l’interesse applicato è quello composto e
non già quello semplice”.

Abbiamo detto che il piano di ammortamento più utilizzato è quello francese.

Ma quali sono quindi in soldoni le differenze con quello italiano?

Quest’ultimo è composto da quota
capitale e quota interessi. La quota capitale è sempre costante, mentre
la quota interessi, va mano a mano decrescendo mentre all’inizio è al
massimo e si spiega perché per quanto riguarda le prime rate, gli interessi sono calcolati sull’intero capitale per cui si può dire che per i primi anni si pagano quasi esclusivamente interessi.

L’esempio che segue
consente di capire praticamente il funzionamento dei diversi piani di
ammortamento e il motivo per il quale banche e finanziarie preferiscono
quello alla francese.

Dati: capitale 40.000,00 euro,
tasso annuo del 6%, durata 10 anni (rata semestrale), è possibile
costruire i piani di ammortamento alla francese e all’italiana.

Ammortamento francese:
Quota interessi = 40.000,00 x 3% (6%/2) = 1.200,00
Quota capitale = 2.688,63 – 1.200,00 = 1.488,63
Capitale residuo = 40.000,00 – 1.488,63 = 38.511,27

Numero rata

Importo rata

Quota interessi

Quota capitale

Capitale residuo

1

€ 2.688,63

€ 1.200,00

€ 1.488,63

€ 38.511,37

2

€ 2.688,63

€ 1.155,34

€ 1.533,29

€ 36.978,08

3

€ 2.688,63

€ 1.109,34

€ 1.579,29

€ 35.398,80

4

€ 2.688,63

€ 1.061,96

€ 1.626,66

€ 33.772,13

5

€ 2.688,63

€ 1.013,16

€ 1.675,46

€ 32.096,67

6

€ 2.688,63

€ 962,90

€ 1.725,73

€ 30.370,94

7

€ 2.688,63

€ 911,13

€ 1.777,50

€ 28.593,44

8

€ 2.688,63

€ 857,80

€ 1.830,83

€ 26.762,62

9

€ 2.688,63

€ 802,88

€ 1.885,75

€ 24.876,87

10

€ 2.688,63

€ 746,31

€ 1.942,32

€ 22.934,54

11

€ 2.688,63

€ 688,04

€ 2.000,59

€ 20.933,95

12

€ 2.688,63

€ 628,02

€ 2.060,61

€ 18.873,34

13

€ 2.688,63

€ 566,20

€ 2.122,43

€ 16.750,92

14

€ 2.688,63

€ 502,53

€ 2.186,10

€ 14.564,81

15

€ 2.688,63

€ 436,94

€ 2.251,68

€ 12.313,13

16

€ 2.688,63

€ 369,39

€ 2.319,23

€ 9.993,90

17

€ 2.688,63

€ 299,82

€ 2.388,81

€ 7.605,08

18

€ 2.688,63

€ 228,15

€ 2.460,48

€ 5.144,61

19

€ 2.688,63

€ 154,34

€ 2.534,29

€ 2.610,32

20

€ 2.688,63

€ 78,31

€ 2.610,32

-€ 0,00

Totale interessi = 13.772,57 euro

In caso di estinzione anticipata alla 10° rata si avrà la situazione che segue:

interessi rimborsati: 9.820,83 euro interessi risparmiati: 3.951,73 euro

capitale rimborsato: 17.065,47 euro capitale da rimborsare: 22.934,57 euro

Dunque a metà piano di ammortamento avrò già rimborsato la maggior
parte degli interessi, mentre il capitale da rimborsare è ancora molto
consistente (più della metà).

Ammortamento italiano:

Capitale residuo = 40.000,00 – 2.000,00 = 38.000,00
Quota interessi = 40.000,00 x 3% (6%/2) = 1.200,00
Rata = 1.200,00 + 2.000,00 = 3.200,00

Numero rata

Importo rata

Quota interessi

Quota capitale

Capitale residuo

1

3200

1200

2000

38000

2

3140

1140

2000

36000

3

3080

1080

2000

34000

4

3020

1020

2000

32000

5

2960

960

2000

30000

6

2900

900

2000

28000

7

2840

840

2000

26000

8

2780

780

2000

24000

9

2720

720

2000

22000

10

2660

660

2000

20000

11

2600

600

2000

18000

12

2540

540

2000

16000

13

2480

480

2000

14000

14

2420

420

2000

12000

15

2360

360

2000

10000

16

2300

300

2000

8000

17

2240

240

2000

6000

18

2180

180

2000

4000

19

2120

120

2000

2000

20

2060

60

2000

0

Totale interessi = 12.600,00 euro
Risparmio interessi = 13.772,57 – 12.600,00 = 1.172,57 euro

Quindi il piano di ammortamento
all’italiana, in questo semplice esempio, costa 1.172,57 euro in meno in
termini di interessi totali da rimborsare ! Immaginate cosa può
succedere su un mutuo di 30 anni!!!

In caso di estinzione anticipata alla 10° rata si avrà la situazione che segue:

interessi rimborsati: 9.300,00 euro interessi risparmiati: 3.300,00 euro

capitale rimborsato: 20.000,00 euro capitale da rimborsare: 20.000,00 euro

Dunque a metà piano di rimborso avrò già
rimborsato la maggior parte degli interessi, mentre il capitale da
rimborsare è perfettamente a metà percorso. Anche in questo caso la
banca si avvantaggia in quanto ha già incassato una quota consistente di
interessi (sempre inferiore, comunque, rispetto a quella prevista dal
piano di ammortamento francese).

Ecco perchè sono sempre maggiori
le sentenze contro l’utilizzo di questo piano di ammortamento, che
produce interessi passivi molto più alti di quelli già abbastanza
remunerativi dell’ammortamento all’italiana.

Giusto per cronaca, ve ne riporto una delle tante:

Sentenza ammortamento alla francese, Tribunale d’Isernia

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL T R I B U N A L E CIVILE D I ISERNIA

in composizione monocratica in persona del Giudice dott. Oreste De Angelis, ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nella
causa civile di primo grado iscritta al numero …del ruolo generale degli
affari contenziosi dell’anno 2009, trattenuta in decisione all’udienza
del 17.3.2014 con l’assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. e
vertente

TRA

….., rappresentata
e difesa dall’ avv.to CARMINE DE BENEDITTIS in virtù di procura agli
atti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in
Campobasso, alla via Mazzini, 40/b

attore

E

…………………., in
persona del legale rapp. p.t., rappresentata e difesa dall’ avv.to
……………., elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv.to Benedetta
Iannone, sito in Isernia alla via ……………;

convenuto

OGGETTO: contratto di mutuo, interessi.

CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da verbale agli atti.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE [1][2]

Con
atto di citazione del 23/09/2009 la ………………… chiamava in giudizio la
BANCA ……………, per ottenere la ripetizione di somme indebitamente versate
nel corso del rapporto instaurato con contratto di mutuo, in ragione
dell’applicazione di tassi di interesse non conformi al patto
contrattuale sottoscritto tra le parti, e, in ogni caso, contrari ai
limiti di legge.

Chiedeva
dunque parte attrice in via principale: a) la restituzione della somma
di € 4.386,51, nel caso di riconosciuta applicazione di interessi
usurari, e dunque con azzeramento degli interessi dovuti; b) in
subordine, la restituzione della somma di € 2.712,21, nel caso di
riconosciuta applicazione del solo tasso di interessi legale.

Si
costituiva in giudizio la BANCA ……………………, la quale riteneva validamente
stipulato il contratto e le previsioni in esso contenute, predisposte
senza alcuna violazione di legge; chiedeva dunque il rigetto delle
pretese attoree.

La causa espletata la fase istruttoria veniva assegnata a sentenza con i termini di cui all’art. 190 c.p.c.

1.1.)- SULLA CAPITALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI NELL’AMMORTAMENTO “ALLA FRANCESE”

Il caso de quo verte,
nella sua parte essenziale, sull’applicazione, secondo quanto previsto
nel contratto, del c.d. piano di ammortamento alla francese, con
l’applicazione di un tasso effettivo diverso e superiore rispetto a
quello convenuto nella parte letterale del contratto di mutuo, con
un’operazione da considerarsi illegittima ai sensi degli art.1283 e 1284
c.c.

Il
piano di ammortamento alla francese è certamente il più diffuso e
praticato dagli istituti bancari; esso prevede che il mutuatario
provveda a versare periodicamente all’istituto mutuante, delle rate
costanti nel loro importo, ma non nella loro composizione.
Nell’ammortamento alla francese infatti, ad essere uguale non è la quota
capitale ma la rata nel senso che le con le prime rate si versano una
maggiore quota di interessi e minore di capitale. Nel tempo, la quota di
interessi decresce e si incrementa viceversa quella di capitale: ciò
vuol dire che nella prima metà delle rate versate, sarà stata restituita
una maggior quota di interessi, piuttosto che di capitale.

Tale tipologia di ammortamento, pur diffusamente praticata, presenta alcuni aspetti particolari.

Certamente
tale piano può essere non conveniente, ad esempio, ove si voglia
procedere ad una estinzione anticipata del mutuo, poichè con le prime
rate saranno stati versati solo interessi, mentre il capitale sarà per
la maggiore ancora da restituire. Sarà precluso in questo modo il tipico
vantaggio dell’estinzione anticipata di un muto: evitare il pagamento
di interessi non maturati.

Inoltre
si riscontra come rispetto ad un piano di ammortamento “all’italiana”,
alla fine del rapporto, a parità di tasso applicato, il piano di
ammortamento alla francese rende il costo del muto più elevato.

La
giurisprudenza di merito più recente è stata chiamata a valutare la
conformità alla legge di quei contratti di mutuo che, nel predisporre un
piano di ammortamento alla francese, provvedano all’instaurazione, non
percepibile da parte del mutuatario, di incremento degli interessi che
portano ad un discostamento tra il tasso individuato nel contratto e il
tasso effettivamente applicato nel corso del rapporto.

Più
precisamente, in taluni casi sottoposti all’attenzione dei giudici, è
emerso come tali contratti nascondano una “doppia anima”: da una lato il
contratto predispone l’applicazione di un tasso semplice, dall’altro,
nell’allegare il piano di ammortamento, si inseriscono clausole che
comportano l’applicazione di un tasso d’interesse composto, e dunque
generative di fenomeni anatocistici, che nel nostro ordinamento trovano
il limite dell’art. 1283 c.c. inoltre, al i là del fenomeno
anatocistico, si ritiene che tale tipologia di contratti si ponga in
violazione dell’art. 1284 c.c.

Per quanto concerne il fenomeno anatocistico, si richiama sul punto la c.d. sentenza Mastronardi: “il
tasso nominale di interesse pattuito letteralmente nel contratto di
mutuo non si può volutamente maggiorare nel piano di ammortamento, né si
può mascherare un artificioso incremento nel piano di ammortamento,
poiché il calcolo d’interesse nel piano di ammortamento deve essere
trasparente ed eseguito secondo le regole matematiche dell’interesse
semplice. I contratti di mutuo per cui è causa sono mutui con rimborso
frazionato, in cui alla banca, durante il rapporto, si restituisce
ratealmente il capitale, originariamente prestato, prima della scadenza
finale del mutuo stesso: i mutui de quibus vengono estinti con una serie
di pagamenti effettuati dal debitore. La rata del mutuo con rimborso
frazionato si è calcolata però nel caso in esame, con la formula
dell’interesse composto, non prevista nella parte letterale del medesimo
contratto, che comporta la crescita progressiva del costo, comprendendo
di certo degli interessi anatocistici
”(Tribunale di Bari, 29/10/2008, n.113).

Nella
prassi sono stati ulteriormente riscontrati contratti strutturati in
modo da inserire con varie clausole molteplici modalità di calcolo degli
interessi, (e molteplici piani di ammortamento) necessariamente
alternative e non compatibili tra esse, in tali casi, viene in rilievo
una ulteriore conseguenza giuridica, dovuta al manifestarsi di una
indeterminatezza nell’oggetto del contratto, richiesta ex artt. 1418 e
1346 c.c. a pena di nullità.

Così su tali casi si è pronunziato il Tribunale di Milano: “le
clausole…pur apparendo di per sé analitiche…si risolvono, da un punto
di vista matematico-finanziario, in enunciati non danti luogo ad univoca
applicazione ma richiedenti una scelta applicativa tra più alternative
possibili, ciascuna delle quali comportante l’applicazione di tassi di
interesse diversi: il che vale a dire che tali clausole da un punto di
vista giuridico, non soddisfano i requisiti i determinatezza o
determinabilità del loro oggetto, richiesto dalla disciplina dei
contratti ex arttt. 1418,1346 c.c. a pena di nullità, come costantemente
affermato in tema di mutuo, dalla giurisprudenza di legittimità
” (Tribunale di Milano, 30 ottobre 2013).

Occorre
dunque valutare se nel contratto sottoposto all’attenzione del presente
giudizio e quindi all’attore , contenga o meno “insidie” nel senso di
clausole o istituti che siano non facilmente percepibili dal
sottoscrittore.

In
effetti il contratto sottoposto all’attenzione del presente giudizio,
presenta un piano di ammortamento alla francese e la predisposizione di
tassi variabili, cui il contratto fa preciso riferimento, calcolati
secondo gli indici definiti “prime rate ABI”.

È
da notarsi come il piano di ammortamento alla francese, rispetto ad un
piano di ammortamento all’italiana, consenta alla fine del rapporto, a
parità di tasso d’interesse applicato, un esborso totale di interessi
nel complesso maggiore nel primo caso rispetto al secondo, come emerge
dalle risultanze peritali espletate, tanto dal CTP, tanto dal CTU.

È
necessario stabilire, se, alla luce del contratto prodotto in giudizio,
fosse consentito a parte attrice poter conoscere l’effettivo costo del
mutuo chirografario, e, in caso di risposta negativa, accertare se fosse
legittimo che l’istituto bancario potesse percepire un costo del mutuo
maggiore di quanto parte contraente avrebbe potuto desumere facendo
riferimento ai dati presenti nel contratto stesso.

Per poter acquisire elementi utili per la decisione occorre fare riferimento sia alla CTU che alla CTP in atti.

2.1)-LE RISULTANZE DELLA CTU

Occorre
premettere che i quesiti sottoposti al CTU sono più limitati rispetto
all’oggetto sottoposto all’attenzione del Tribunale adito, nel senso che
al CTU dr………., è stato chiesto di valutare la sussistenza della
violazione dell’art. 1283 c.c. e/o di verificare l’applicazione di tassi
usurari nel rapporto de quo, mentre nell’atto introduttivo del
giudizio, parte attrice chiede all’adito Tribunale di individuare
eventuali illegittimità nel sistema di calcolo c.d. alla francese,
concernenti anche un’eventuale violazione della norma del 1284 c.c..

Il
CTU nelle operazioni peritali svolte effettua un raffronto tra il piano
di ammortamento alla francese elaborato dal CTP con il relativo computo
degli interessi, e un ulteriore piano di ammortamento con computo dei
tassi di interesse basato sul calcolo “prime rate ABI”. Da ciò non
emergono forti divergenze, essendo presente una differenza tra il primo e
il secondo volume di interessi totale calcolato, di poco più di € 36.

Tuttavia
occorre comprendere se le valutazioni espletate dal CTU risultano
coerenti con i quesiti peritali effettuati in questa sede processuale.

Il
CTU nell’espletare il raffronto sulla base dei calcoli effettuati non
ha rilevato alcunché. Ciò semplicemente perché risulta che nessun
confronto utile è stato espletato.

Oggetto
della controversia infatti, è quello di stabilire proprio se
l’ammortamento alla francese determini il pagamento di un volume di
interessi che risulta infine maggiore rispetto a quanto tale volume
dovrebbe costituire in base al tasso indicato letteralmente nel
contratto, e dunque, un discostamento dal tasso di interesse pattuito
contrattualmente, e stabilire inoltre, se tale fenomeno si registri in
seguito ad una capitalizzazione degli interessi non rispettosa del
dettame ex 1283 c.c., e/ o per violazione del 1284 c.c.

Il
problema dunque, non è tanto l’individuazione del tasso di interesse
convenzionalmente pattuito, che, come rilevato anche dal CTU, non muta
se non in misura irrisoria considerando i tassi “prime rate ABI”
richiamati nel contratto.

Il
problema è stabilire se l’applicazione di tale tasso in un piano di
ammortamento alla francese generi fenomeni anatocistici e/o usurari, e/o
di incremento del tasso non previsti (rectius, non percepibili) contrattualmente.

A ciò il CTU non ha fornito alcun dato esaustivo.

2.2)-LE RISULTANZE DELLA CTP DI PARTE ATTRICE

Nello stabilire se il tasso di interessi applicato al rapporto de quo fosse differente e più elevato di quanto pattuito nel contratto, il CTP
dott. …………….. ha provveduto a redigere un duplice piano di
ammortamento, per consentire un raffronto tra l’ammontare degli
interessi versati con piano di ammortamento con quota capitale costante,
e quelli invece versati con la predisposizione del piano di
ammortamento alla francese: ne è risultato che il totale degli interessi
pagati sulla somma è stato pari a 4.386,51 mentre il maggiore esborso
registrato rispetto a se il piano di ammortamento fosse stato a rate
costanti è stato pari ad € 2.712,21.

3.1)-SULLA CENSURABILITÀ DEL’ AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE

Sul tema la giurisprudenza di merito incontra invero notevoli oscillazioni.

Tendenzialmente,
così argomenta chi non riconosce alcun fenomeno anatocistico occultato
nel piano di ammortamento alla francese: “Ora, il metodo di
ammortamento alla francese, di per sé, non comporta alcuna forma di
anatocismo (come già è stato riconosciuto dalla dottrina e da questo
Arbitro in altre decisioni: v., p. es., le decisioni n. 1130/2011; n.
1280/2012). Le rate, comprensive di capitale e interessi, sono costanti.
Quindi, la restituzione del capitale è prevista secondo quote
crescenti. E la rata ingloba interessi, semplici (non composti), sempre
calcolati, al tasso nominale, sul residuo capitale da restituire (com’è
corretto: gli interessi essendo il corrispettivo del godimento del
denaro da altri concesso; cfr. l’art. 821, comma 3, c.c.)
.Quel
che è vero è che, nell’ammortamento alla francese, l’ammontare degli
interessi (della somma dovuta per interessi) è maggiore rispetto ad un
ammortamento del capitale per quote uguali: poiché nell’ammortamento
alla francese il capitale è da restituirsi secondo quote crescenti, a
parità di durata del mutuo, il suo ammortamento è più lento che se le
quote fossero uguali. Dunque, il tasso effettivo degli interessi è
maggiore”
(Collegio Arbitrale di Milano, decisione n.429 del 21.01.2013).

È
interessante dunque notare, nella soprarichiamata decisione, come, pur
negandosi un fenomeno anatocistico, si riconosca che il tasso effettivo
applicato si discosti poi dal tasso pattuito.

Analogamente la giurisprudenza dei Tribunali che condivide tale impostazione adotta termini e osservazioni dello stesso tenore: “con
il termine “piano diammortamentoallafrancese” (ovvero “a rata
costante”) dovrebbe intendersi unicamente il piano che preveda rate di
rimborso costanti nel tempo, ipotesi all’evidenza consentita solo in
caso di mutui a tasso fisso; tale espressione (e metodologia) viene
tuttavia estesa anche ai mutui a tasso variabile, con la particolarità
che il piano diammortamentoè simulatamente calcolato sulla base del
tasso vigentealladata di stipulazione (come se dovesse rimanere
costante), e ciò consente di individuare, in ciascuna rata, la quota di
capitale in restituzione (tanto che a volte il piano diammortamentoin
tali casi riguarda il solo capitale), potendosi poi conteggiare per
ciascuna rata la quota di interessi, in base al tasso variabile, sul
capitale via via residuo al netto delle restituzioni di capitale
effettuato con le rate precedenti (ne conseguiranno rate non costanti
nella loro entità). In ogni caso la “condizione di chiusura” risponde a
una precisa regola matematica, e il CTU, nel caso di specie, ha
riscontrato il rispetto da parte della banca di quella precisa
“condizione di chiusura” che nell’ammortamentoallafranceseviene
definita “condizione iniziale”; il CTU ha rilevato che la formula
matematica in questo caso “utilizza la legge di sconto composto”, ma
unicamente al fine di individuare la quota capitale da restituire in
ciascuna delle rate prestabilite (criterio che in alcun modo si pone in
danno del mutuatario, essendo assicurato e agevolmente verificabile –
che la somma di tali quote sia pari all’importo mutuato), mentre non va
ad incidere sul separato conteggio degli interessi, che nel piano
diammortamentoallafranceserisponde alle regole dell’interesse
semplice
(Tribunale di Milano, 5 maggio 2014).

Ancora, aderisce alla medesima impostazione la giurisprudenza di merito beneventana: “Non
può invece essere condivisa la tesi secondo la quale il piano
diammortamentoc.d. “allafrancese” sarebbe da considerarsi comunque
illegittimo in quanto produttivo di interessi anatocistici.

Il
piano diammortamento”a scalare” prevede che il debitore
rimborsiallafine di ogni anno (o di altro intervallo temporale) e per
tutta la durata del piano, una rata costante posticipata, tale che al
termine del periodo stabilito il debito sia completamente estinto, sia
in linea capitale che per interessi.

Come
si è detto, ogni rata costante si compone di una quota interessi e di
una quota capitale; l’importo della rata costante dell’ammortamentoin
parola è calcolato, sulla base della somma dovuta per capitale, del
tasso di interesse e del numero delle rate, tramite l’utilizzo del
principio dell’interesse composto, in virtù del quale “si rendono uguali
il capitale mutuato con la somma dei valori attuati di tutte le rate
previste dal piano diammortamento”.

Il
principio dell’interesse composto non provoca tuttavia alcun fenomeno
anatocistico nel conteggio degli interessi contenuti in ogni singola
rata. In ciascuna rata la quota interessi è costituita dagli interessi
sui debito residuo del periodo precedente: nella prima rata gli
interessi si calcolano sulla somma concessa in mutuo. In ciascuna rata
la quota capitale è la differenza fra la rata costante è la quota
interessi e il debito residuo è la differenza fra il debito residuo
della rata precedente e la quota capitale della stessa.

Quando
le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il
tasso di interessi e il numero delle rate, non è più possibile alcun
intervento successivo del mutuante, il quale non ha la possibilità di
suddividere la rata fra quota capitale e quota interessi, poiché tale
suddivisione è già contenuta nella definizione di una rata costante di
quel determinato importo. In sostanza, una volta raggiunto l’accordo
sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso
mediante un numero predefinito dì rate costanti, la misura della rata
discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali; il
rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo tasso e con
un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il
pagamento di rate costanti di quel determinato importo
” (Tribunale di Benevento sr.Antonietta Genjovese 19.11.2012, n.1936).

Insomma,
delle due l’una: o il piano di ammortamento alla francese nasconde
interessi antocistici oppure no. Nel presente giudizio non è consentito a
questo giudice fornire risposta a tale quesito, poiché le operazioni
peritali non hanno chiarito il punto.

Ma
esaminando la domanda di parte attrice , si rileva che la stessa non
mira solo ed esclusivamente, alla ricerca di una violazione del 1283
.c.c. ma anche del 1284 c.c.

Di
conseguenza l’esame dell’adito Tribunale va incentrato anche sulla
sussistenza di quest’ultima violazione non prima di aver dato risposta
al quesito se parte attrice avrebbe potuto avere cognizione, mediante
l’analisi del piano di ammortamento allegato alla parte letterale del
contratto, del maggiore esborso cui sarebbe andata incontro.

La
risposta a tale quesito, esaminati gli atti di causa non può che essere
negativa , in quanto il piano allegato agli atti è solo parzialmente
sviluppato. Solo operando un confronto con ulteriori analisi di calcolo
sarebbe stato possibile riscontrare i maggiori oneri sostenuti.

Tale
confronto, assente nella CTU, è reso possibile dall’analisi della CTP,
che consente di cogliere i discostamenti, a parità di tasso applicato
alle quote capitale, ora costante, ora crescente, della porzione di
interessi effettivamente sostenuta quale costo del mutuo.

Nell’accordo, per usare la parole della giurisprudenza beneventana richiamata, vero è che “le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il tasso di interessi e il numero delle rate” e vero è che con la predisposizione del piano “non
è più possibile alcun intervento successivo del mutuante, il quale non
ha la possibilità di suddividere la rata fra quota capitale e quota
interessi, poiché tale suddivisione è già contenuta nella definizione di
una rata costante di quel determinato importo”, e
soprattutto vero è che “la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali”, ma tale misura non è affatto percepibile da parte del mutuatario.

Sussiste
una certa indeterminatezza, che nell’immediato non è percepita, poiché
il tasso indicato contrattualmente è di certo rispettato, e di certo è
rispettato il piano di ammortamento. Ma l’applicazione del tasso così
individuato ad un piano di ammortamento con quote di interesse
decrescenti e di capitale crescente genera un maggiore esborso del costo
complessivo del mutuo.

E
dunque, se il tasso di interesse “è” il costo del mutuo, tale costo non
è chiaramente delineato nel contratto, perché con un piano di
ammortamento alla francese, il tasso pattuito e quello effettivamente
applicato sono fisiologicamente discostati, ma patologicamente non
percepiti dal contraente, poiché nel contratto è allegato solo un piano
parzialmente sviluppato non in grado di far cogliere al cliente il
maggior onere a cui dovrà sottostare.

Che si tratti di anatocismo o meno, ritiene questo giudice di non poter avere a disposizione gli elementi per poterlo dire.

Ma
di certo è possibile affermare che si è ingenerata una indeterminatezza
e una incertezza circa uno degli elementi dell’accordo: se il contratto
nella sua parte letterale richiama l’applicazione di un tasso, che poi
sviluppato (rectius, applicato) nel piano di ammortamento si
estrinseca in misura superiore (e ciò è emerso nella CTP di parte
attrice), si genera la contemporanea presenza di due tassi inseriti nel
rapporto contrattuale, uno apparente ed uno effettivo, e dei due solo il
primo è percepibile dal mutuatario.

Sussistendo
dunque quella che possiamo definire incertezza o indeterminatezza del
tasso sussiste una violazione dell’art. 1284 c.c., nonché dell’art. 117
TUB, commi 4 e 6, e di conseguenza, occorre procedere, mediante la c.d.
sostituzione automatica di clausole, ad applicazione del tasso di
interesse legalmente determinato, per effetto del combinato disposto ex
1418, 1346, 1284 c.c.

4.1)-SULLA PRESENZA DI TASSI USURARI E SULLA QUALIFICAZIONE DEL CONTRATTO DI MUTUO.

Nel caso di specie parte attrice chiede accertarsi la usurarietà del tasso effettivamente praticato dall’istituto bancario.

Si contesta che il rapporto creditizio nel caso di specie costituisca un mutuo, poiché assente è una garanzia reale.

In verità la comune volontà delle parti ha ab initio qualificato il rapporto come di mutuo chirografario, altrettanto si
richiama il termine mutuo nell’allegato capitolato dell’istituto
bancario allegato, ed infine, altrettanto è tale termine utilizzato nel
piano di ammortamento allegato al contratto.

Occorre stabilire se il nomen juris che le parti hanno fornito al rapporto ne dia una corretta
qualificazione. Ebbene, pacificamente si ritiene che la distinzione tra
prestito personale e mutuo consista nel fatto che quest’ultimo è un
rapporto più esteso nel tempo, poiché destinato ad uno scopo più
“impegnativo” o “gravoso”, che se parte integrante dell’accordo stesso,
porta a poter delineare il c.d. mutuo di scopo.

Il rapporto contrattuale oggetto del presente giudizio ha avuto una durata di cinque anni.

La
circostanza poi che parte convenuta ritenga che non si tratti di mutuo
perché non sussiste una garanzia reale che lo affianca non ha alcun
rilievo, anzi proprio perché oltre al termine mutuo è possibile notare
l’ulteriore termine “chirografario”, è possibile dire che l’istituto
bancario ha aborigine ritenuto di aderire ad un rapporto
di mutuo con assenza di garanzia reale, (definito correntemente
“ipotecario”), ma ad un rapporto di mutuo “chirografario”, così definito
perché racchiude la “garanzia”, per così dire, nella sola
sottoscrizione effettuata dal mutuatario.

Quanto
alla questione del superamento dei tassi soglia dunque, vanno presi
come riferimento i tassi soglia predisposti per i contratti di mutuo.

Nella
CTU il consulente ha ritenuto di dover effettuare una comparazione
invece, con i tassi soglia previsti per i prestiti personali, e dunque,
non ha fornito elementi utili alla cognizione dell’adito Tribunale
peraltro neanche esaminando tutta la documentazione da parte della banca
che ha invocato, infondatamente, la scadenza del termine decennale per
la conservazione degli atti ben sapendo che il termine decorreva dalla
chiusura del rapporto avvenuta nel gennaio 2002.

La
CTP di parte attrice invece, ha individuato un superamento dei tassi
soglia, partendo dal corretto inquadramento del contratto in essere tra
le parti come contratto di mutuo chirografaro.

Procedendo
dunque alla comparazione tra tasso applicato e tasso soglia, i periodi
nei quali si registra un esubero degli stessi sono, secondo il CTP di
parte attrice, dal 01.10.98 fino alla fine del rapporto.

Ma
la indicazione parziale del superamento del tasso soglia, che pure vi è
stato, operata dal CTP dr. …………………(realizzatasi dal 1998) non è
sufficientemente documentata al fine di poter quantificare l’esatto
ammontare dell’indebito e quindi del credito dell’attore in conseguenza
dell’applicazione della normativa del superamento del tasso usurario
onde si ritiene di accogliere la domanda proposta in via subordinata da
parte attrice in quanto, come sopra illustrato, vi è stata violazione
dell’art. 1284 c.c. e quindi andava applicato al rapporto in essere il
tasso legale e quindi la banca convenuta tenuta alla restituzione della
somma di €. 2.712,21 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo,
così come da calcolo in atti.

Le
spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo alla luce
del D.M. 55/14, poiché l’attività difensiva è terminata dopo la sua
entrata in vigore (cfr. sul punto Cass. Sez. Unite n. 17406/12, nonché
Cass. 18920/12).

Valutati
dunque i parametri di cui all’art. 4 comma 2 e 3 Reg.cit., tenuto conto
dello scaglione di riferimento e di quanto statuito dall’art. 1 comma 7
Reg. cit., si stima equa la liquidazione indicata in dispositivo.

P.Q.M.

il
Tribunale di Isernia, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda,
istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:

  1. Ritenuto illegittimo, rispetto alle
    previsioni letterali del contratto, il sistema di ammortamento
    concretamente applicato al contratto di mutuo per cui è causa ed
    applicato, per l’effetto di tale illegittimità, il tasso di interesse
    legale al rapporto in esame, condanna la BANCA …………………… in persona del
    legale rappresentante pro-tempore alla restituzione in favore di
    …………….. della somma di €. 2.712,21 maggiorata di interessi legali dalla
    data della domanda al soddisfo;
  2. Condanna la BANCA ………………….. in
    persona del legale rappresentante pro-tempore al pagamento in favore di
    ………………… delle spese relative al presente giudizio che si liquidano in
    complessivi € 2.630,00 (di cui €.200,00 per spese, €. 405,00 per
    la fase di studio, €. 405,00 per la fase introduttiva, €. 810,00 per la
    fase istruttoria ed €. 810,00 per la fase decisoria) oltre 15%, per
    spese forfettarie IVA e CPA come per legge;
  3. Pone definitivamente a carico della
    BANCA ………………………….. in persona del legale rappresentante pro-tempore, le
    spese di CTU così come liquidate in favore del dr. ………………..;
  4. dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva come per legge.

Isernia,28.7.2014.

Il Giudice

(Dott. Oreste De Angelis)


[1] Ai sensi dell’art. 132 c.p.c., nel testo in vigore dal 4.7.2009 ed
applicabile anche ai procedimenti pendenti in primo grado è omesso lo “svolgimento del processo”

[2] Ai sensi dell’art. 118 disp.att. c.p.c. nel testo in vigore dal 21/6/2013 ex Dl.69/13 “ la motivazione della sentenza di cui all’articolo 132, secondo
comma,n.4), del codice consiste nella concisa esposizione dei fatti
decisivi e dei principi di diritto su cui la decisione è fondata, anche
con esclusivo riferimento a precedenti conformi ovvero mediante rinvio a
contenuti specifici degli scritti difensivi o di altri atti di causa”.

Mi permetto una piccola osservazione:
se i Tribunali, piuttosto che considerare gli interessi versati nel
corso dell’intero mutuo, andassero a verificare rata per rata, OGNI
MUTUO SAREBBE AFFETTO DA USURA EX LEGGE 108/96 E QUINDI NULLO.

Nell’esempio qua sopra, basta guardare le prime rate: il rapporto interessi/capitale è circa del 50%, non è usura questa?

Sarebbe ora che qualcuno sottoponesse
la questione di costituzionalità dell’applicazione dell’ammortamento
alla francese, che, come sempre in Italia, rappresenta come dimostrato
un unico ed ennesimo vantaggio verso le banche.

Fonte: altervista.it

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