giovedì, Maggio 2, 2024
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LAVORO: I limiti all’organizzazione del collaboratore

Sono un medico
veterinario, libero professionista, che collabora per 5 giorni la settimana,
dalle 10 alle 17, con un laboratorio di analisi veterinarie, emettendo regolare
fattura di collaborazione professionale a fine mese, sempre dello stesso
importo, ormai da 5 anni. Recentemente, il mio datore di lavoro mi ha convocata
per dirmi che dal mese prossimo dovrò lavorare 8 ore al giorno e rimanere in
laboratorio fino al raggiungimento dell’ottava ora, anche se ho ultimato già da
tempo tutte le mie mansioni. A tale aumento di ore di presenza coatta sul luogo
di lavoro, anche nel caso in cui non ci sia nulla da fare, non seguirà comunque
un corrispettivo aumento della retribuzione mensile. Tale comportamento è
legalmente accettabile per un libero professionista che, come me, porta sempre
e comunque a compimento ogni giorno le proprie mansioni previste dagli accordi
iniziali? Tale imposizione pregiudica inoltre la mia disponibilità di
collaborazione verso altri committenti.

I. C. – PADOVA

R I S P O S T A

Preliminarmente va osservato che, sulla
base dell’insegnamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità,
qualsiasi attività lavorativa può essere oggetto tanto di una prestazione di
lavoro subordinato, quanto di una collaborazione autonoma, a seconda delle
modalità con le quali viene esercitata. Il lavoratore autonomo è colui che si
obbliga nei confronti del committente a compiere verso un corrispettivo
un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di
subordinazione. Il prestatore di lavoro subordinato, invece, si inserisce
nell’organizzazione aziendale e collabora nell’impresa, prestando il proprio
lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione ed il
controllo dell’imprenditore.

Il carattere
distintivo essenziale del rapporto di lavoro subordinato rispetto a quello di
lavoro autonomo è che nel lavoro subordinato il prestatore di lavoro mette le
sue energie lavorative a disposizione dell’imprenditore che le impiega
esercitando il suo potere direttivo, organizzativo e disciplinare che si
estrinseca nell’emanazione di ordini specifici oltre che nell’esercizio di
un’attività di vigilanza e controllo nell’esecuzione delle prestazioni
lavorative.

Nel lavoro
autonomo, invece, il collaboratore rende la sua prestazione in completa
autonomia, sulla base della propria esperienza ed organizzazione senza
inserirsi nell’organizzazione aziendale letrui.

Nel caso di
specie, le direttive impartite dal committente, che vincolerebbero la
collaboratrice al rispetto pedissequo di determinati orari di lavoro,
indipendentemente dalla quantità di lavoro da gestire all’interno del
laboratorio di analisi, non sembrerebbero in linea con le caratteristiche di
una collaborazione autonoma, posto che il committente sembrerebbe avere più
interesse ad avere a sua disposizione le energie psicofisiche della
collaborazione e al suo inserimento nella organizzazione aziendale, con
conseguente limitazione della autonomia di quest’ultima.

DAL “IL SOLE 24 ORE” DEL23 MARZO 2015

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