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BANCARI: Il premio fedeltà va computato nel Tfr


(Cassazione, Sezione lavoro, sentenza 19.11.2015 n. 23701)



LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:Dott. STILE Paolo –
Presidente -Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel.
Consigliere -Dott. MANNA Antonio –
Consigliere -Dott. DORONZO Adriana –
Consigliere -Dott. TRICOMI Irene –
Consigliere –


ha pronunciato la seguente: sentenza


sul ricorso 26910/2011 proposto
da:CASSA DI RISPARMIO DI VENEZIA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in personadel
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata inROMA,
PIAZZALE CLODIO 32, presso lo studio dell\’avvocato SGOTTOCIABATTINI
LIDIA, che la rappresenta e difende unitamente agliavvocati PAOLO TOSI e
ANDREA UBERTI, giusta delega in atti;
– ricorrente –


contro


P.G. C.F. (OMISSIS),
elettivamentedomiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 144, presso lo
studiodell\’avvocato GIUDICE ANTONELLO, che lo rappresenta e
difendeunitamente all\’avvocato ALFREDO ZABEO;

controricorrente –


avverso la sentenza n. 513/2011 della
CORTE D\’APPELLO di VENEZIA,depositata il 26/08/2011 r.g.n.
156/2011;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del21/10/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;udito
l\’Avvocato UBERTI ANDREA;udito l\’Avvocato ZABEO ALFREDO;udito il P.M.
in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.FINOCCHI GHERSI
Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.


Fatto


La Corte di Appello di Venezia,
confermando la sentenza del Tribunale di Venezia, accoglieva ladomanda
del lavoratore in epigrafe proposta nei confronti della Cassa di
Risparmio di VeneziaS.p.A. di cui era dipendente, diretta ad ottenere
l\’accertamento del suo diritto al computo nel TFRdel premio di fedeltà
previsto dalla contrattazione collettiva integrativa aziendale.


A base del decisum la Corte del merito
poneva il fondante rilevo secondo il quale il premio difedeltà andava
computato nella base del calcolo del TFR poichè trovava la propria fonte
nellaprotrazione dell\’attività lavorativa per un certo tempo ed era
rigorosamente collegato allosvolgimento del rapporto di lavoro sicchè
aveva i requisiti di dipendenza dal rapporto stesso e dinon
occasionalità di cui all\’art. 2120 c.c..


Aggiungeva, poi, la predetta Corte che
dalle disposizioni dei CCNL del 1994 e del 1991 non sievinceva in modo
certo ed inequivoco la volontà di escludere dal TFR un compenso, quale
quellodel premio di fedeltà, contraddistinto da uno scopo gratificativo
e nel contempo connesso allaprotrazione dell\’attività lavorativa per
un certo tempo.Avverso questa sentenza la Cassa di Risparmio di Venezia
S.p.A. ricorre in cassazione sulla basedi tre censure.


Resiste con controricorso la parte intimata.


Vengono depositate note illustrative.


Diritto

Con la prima censura la società
ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell\’art.
2120c.c., art. 12 disp. att. gen., in combinato disposto con l\’art. 28
CIA Carive del 3.4.1992, sostieneche il premio fedeltà previsto
dall\’art. 28 del CIA Carive 3.4.1992 avendo natura occasionale nonpuò
essere, ai sensi dell\’art. 2120 cc,computato nel TFR. Con la seconda
censura la società,allegando violazione dell\’art. 112 c.p.c., in
relazione alle norme contrattuali, prospetta che la Cortedel merito si è
pronunciata oltre i limiti del ricorso introduttivo del giudizio
ignorando che solonelle note conclusionali il lavoratore ha preso
posizione in ordine all\’art. 45 del CCNL ACRI19.12.1994.


Con il terzo motivo, la società
deducendo violazione dell\’art. 45 del CCNL ACRI del 19.12.94
inrelazione all\’art. 2120 c.c., nonchè violazione degli artt. 1362,
1363 e 1366 c.c., in relazione all\’art.45 del CCNL ACRI 19.12.1994,
critica la sentenza impugnata per aver i giudici di appello ritenutoche
le parti sociali non abbiano inteso con la denunciata norma
disciplinare anche la base dicalcolo del TFR elencando quali voci
computare e quindi escludendo quelle non contemplate.


La seconda censura non è scrutinabile
poichè la società, in violazione del principio diautosufficienza non ha
trascritto, almeno nella parte che interessa, il testo del ricorso
introduttivodel giudizio così impedendo a questa Corte qualsiasi
sindacato di legittimità.


Nè risulta osservato il disposto
dell\’art. 369 c.p.c., n. 4, che impone a pena d\’improcedibilità,
didepositare insieme al ricorso gli atti processuali sui – quali lo
stesso si fonda.


Le altre censure, che in quanto
strettamente connesse dal punto di vista logico giuridico vannotrattate
unitariamente, sono infondate.


Occorre preliminarmente rilevare che,
come affermato da questa Corte in plurime occasioni,l\’abbandono da
parte del legislatore del 1982 della nozione di “continuità” ravvisabile
nel vecchiotesto dell\’art. 2121 c.c., e la sostituzione del sistema di
determinazione del trattamento di finerapporto non più basato, come in
passato, sull\’ultima retribuzione percepita, ma sulla sommatoriadi
quote di retribuzione annue accantonate, ha condotto la prevalente
giurisprudenza a nonassegnare rilievo alla ripetibilità e/o alla
frequenza delle erogazioni ma a far leva sulla “qualità”dell\’emolumento
corrisposto, dando così rilevanza al titolo della erogazione,
riscontrando dettaconnessione ogni volta che vi sia un collegamento tra
un certo evento correlato al rapportolavorativo e l\’emolumento stesso:
è stato dato, così, decisivo rilievo, come da ultimo annotato daCass.
21 luglio 2014, n. 16591, alla derivazione eziologica tra erogazione
della prestazione erapporto lavorativo escludendo solo quelle
prestazioni collegate a ragioni aziendali del tuttoeventuali,
imprevedibile e fortuite (cfr. ex plurimis, Cass. 5 giugno 2000, n.
7488; si veda ancheCass. 2 agosto 2002, n. 11607;id. 5 febbraio 2003,
n. 1693; 9 aprile 2008, n. 9252; 21 aprile 2008, n. 10303).


Tra quest\’ultime non può certo essere
compreso il premio di anzianità la cui derivazioneeziologica, come
accertato dalla Corte del merito, dal rapporto lavorativo è evidente,
con laconseguente sua computabilità nella base di calcolo del
trattamento di fine rapporto; quindi, inmancanza di esplicita –
esclusione, deve ritenersi facenti parte della base di calcolo del
t.f.r..Nè può sottacersi che questo giudice di legittimità ha già
affermato che in tema di trattamento difine rapporto, premesso che la
nozione di retribuzione accolta dall\’art. 2120 c.c., comma 2,prescinde
dalla ripetitività regolare e continua e dalla frequenza delle
prestazioni e dei relativicompensi, i quali vanno esclusi dal calcolo
del trattamento di fine rapporto solo in quantosporadici ed
occasionali, tali essendo le prestazioni collegate a ragioni aziendali
del tuttoeventuali, imprevedibili e fortuite, il premio fedeltà è
computabile nella base di calcolo ai finidella determinazione del
trattamento medesimo, trovando la propria fonte di
riferimentosostanziale nella protrazione dell\’attività lavorativa per
un certo tempo ed essendo rigorosamentecollegato allo svolgimento del
rapporto di lavoro, anche se non alla effettiva prestazione
lavorativa(Cass. 9 aprile 2008, n. 9252).


Tanto premesso va evidenziato che se
pure è fondata la tesi secondo la quale, ai sensi dell\’art. 2120c.c.,
comma 2, la contrattazione collettiva è abilitata a definire liberamente
la retribuzione utile aifini del calcolo del trattamento di fine
rapporto, escludendovi o includendovi qualsiasi voce,spettando
all\’autonomia delle parti determinare il peso che questa forma di
retribuzione differitadeve assumere nell\’economia del rapporto,
tuttavia quando la contrattazione collettiva nondisponga altrimenti si
applica, pur con riferimento alle singole voci – in denaro o in natura
-erogate a titolo non occasionale, la regola della onnicomprensività
della retribuzione.


Analogamente va ritenuto quando la
contrattazione collettiva non sia chiaramente edunivocamente espressiva
della volontà delle parti contraenti a livello nazionale di escludere
unadeterminata tipologia di emolumento dal computo del t.f.r. (cfr.
Cass. 21 luglio 2014, n. 16591cit.; Cass. 23 marzo 2001, n. 4251; id. 5
novembre 2003, n. 16618; 8 gennaio 2003, n. 96).


Nel caso di specie, non è revocabile
in dubbio, che l\’interpretazione fornita dalla Corte territorialedelle
disposizioni contrattuali invocate dalla ricorrente, e cioè l\’art. 40
del CCNL ACRI del19.3.1987 e art. 45 del CCNL ACRI del 19.12.94, non
contrastando affatto con il loro tenoreletterale, sia corretta per
quanto riguarda l\’identificazione della comune intenzione delle
partitrovando questa riscontro, ex art. 1362 c.c., u.c., nel successivo
CCNL del 1999 (art. 65) dove leparti, a differenza della precedente
contrattazione collettiva, definiscono la retribuzione diriferimento
per il calcolo del trattamento di fine rapporto con analitica
elencazione dei singolielementi utili.


Del resto questa Corte proprio con
riferimento al settore del credito ha ritenuto corretta
taleinterpretazione, non senza sottolineare, condivisbilmente, che
l\’art. 65 CCNL del 1999, stipulato insostituzione del precedente CCNL
del 1994, nel prevedere una elencazione tassativa degliemolumenti che
costituiscono la retribuzione annua di riferimento per il calcolo del
TFR,stabilisce espressamente, all\’u.c., che nei confronti del personale
destinatario del contrattocollettivo del 1994 continua ad applicarsi
quest\’ultimo contratto (Cfr. Cass. 6 marzo 2009, n. 5569;id. 15 marzo
2010, n. 6204), sicchè per detto personale è irrilevante il richiamato
art. 65 quanto, alcomputo del premio di fedeltà nel TFR. Consegue che,
muovendo dalla premessa della mancanzadi un intervento derogatorio
delle parti collettive, correttamente la sentenza impugnata ha
fattoriferimento alle previsioni di legge, valutando la natura dei
compensi in esame alla stregua delcriterio di dipendenza dal rapporto e
non di occasionalità.


Ed infatti, in tema di trattamento di
fine rapporto, premesso che la nozione di retribuzione accoltadall\’art.
2120 c.c., comma 2, prescinde dalla ripetitività regolare e continua e
dalla frequenza delleprestazioni e dei relativi compensi, i quali vanno
esclusi dal calcolo del trattamento di finerapporto solo in quanto
sporadici ed occasionali, tali essendo le prestazioni collegate a
ragioniaziendali del tutto eventuali, imprevedibili e fortuite, il
premio di anzianità erogato al lavoratore inoccasione del 20^ anno di
anzianità è computabile nella base di calcolo ai fini
delladeterminazione del trattamento medesimo, trovando la propria fonte
di riferimento sostanzialenella protrazione dell\’attività lavorativa
per un certo tempo ed essendo rigorosamente collegatoallo svolgimento
del rapporto di lavoro, anche se non alla effettiva prestazione
lavorativa (sivedano Cass. 21 luglio 2014, n. 16591 cit.; id. 18 agosto
2004, n. 16171; id. 9 aprile 2008, n.9252; 24 febbraio 2009, n. 4418).


Il ricorso in conclusione va rigettato.


Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna
la società ricorrente al pagamento delle spese giudizialiliquidate in
Euro 100,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per compensi oltre accessori di
legge.


Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 ottobre 2015.



Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2015

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