lunedì, Aprile 29, 2024
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PATRIMONIO: Che succede se il marito o la moglie fallisce?

Che succede se il marito o la moglie fallisce?

 

Fallimento del coniuge: la comunione dei beni si scioglie automaticamente ed è possibile vendere la propria metà di casa.

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Tenere in vita un’attività commerciale è sempre più difficile e il rischio di fallimento è sempre alle porte. Tanto è vero che il legislatore, a più riprese, ha cercato di togliere al fallimento quella connotazione negativa – anche da un punto di vista sociale – che aveva un tempo. Ma che succede se il marito o la moglie fallisce e i due coniugi sono in comunione dei beni?

Se una coppia di coniugi è in comunione dei beni e uno dei due viene dichiarato «fallito» dal tribunale, si scioglie automaticamente la comunione nel momento stesso del deposito della sentenza di fallimento. In altre parole la coppia di coniugi si considera in regime di separazione dei beni. Questo però non significa che i beni che ricadevano nella comunione vengono già divisi dalla sentenza del giudice, ma essi entrano in uno stadio di «comunione ordinaria», una sorta di comproprietà tra coniugi, che rimane fino a quando entrambi non trovano un accordo sulla divisione. Detta divisione può essere richiesta al giudice anche dal curatore fallimentare per conto del coniuge fallito.

A prevedere tale disciplina è lo stesso codice civile [1]che elenca le cause di scioglimento della comunione dei beni e tra queste indica il fallimento di uno dei due coniugi.

In ogni caso, la sentenza di fallimento incide solo sui rapporti patrimoniali dei coniugi e non su quelli personali. Questo significa che, pur passando in regime di separazione dei beni, marito e moglie si considerano ancora legalmente sposati e non separati (una cosa è infatti la separazione dei beni, un’altra la separazione legale).

Uno dei principali effetti del fallimento del marito o della moglie si riversa sulla casa coniugale che prima rientrava nella comunione. Se durante la comunione legale dei beni un coniuge non può mai vendere la propria metà, lo può fare quando invece cessa la comunione e si passa in un regime di «comunione ordinaria». In tal caso, il coniuge non fallito può vendere il suo 50% di proprietà ideale della casa. L’atto di vendita di metà della casa è quindi valido e ha effetto anche nei confronti dell’altro coniuge, anche se disapprova la vendita. È quanto chiarito dalla Cassazione con una sentenza di poche ore fa [2].

Secondo la Corte, quando si verifica una delle cause di scioglimento della comunione, i beni cadono in comunione ordinaria e il coniuge che ha conservato il potere di disporre della propria quota può alienarla «liberamente e separatamente». Di qui, dunque, la possibilità di vendere il bene per la propria metà anche senza il consenso dell’altro coniuge.

L’acquisto del terzo, poi, è perfettamente valido: non bisogna infatti confondere il vincolo matrimoniale, che persiste nel caso del coniuge fallito, con il nuovo regime dei beni che un tempo furono al suo servizio. Non è pensabile, in effetti, che un regime di circolazione limitato possa sopravvivere quando le originarie necessità funzionali sono venute meno, ad esempio perché uno dei suoi protagonisti ha perso il potere di disporre della componente patrimoniale. Non resta che pagare le spese di giudizio e il doppio contributo unificato.

note

[1]Art. 191 cod. civ.

[2]Cass. sent. n. 8803/17 del 5.04.2017.

Fonte: LLpT

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