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Scandalo finanziario  Wirecard: analogie con la Parmalat!

Scandalo finanziario  Wirecard: analogie con la Parmalat!

 

Wirecard, una vergogna senza precedenti nella storia tedesca.

Questa è la definizione attribuita allo scandalo finanziario, truffaldino, di malaffare, scoppiata nel recente periodo e sta colpendo migliaia di risparmiatori, anche italiani.

Alla fine, a leggere le notizie che trapelano si ha la conferma che ogni mondo è Paese. Ci sono amministratori interessati ad apparire e giammai essere, società di revisione che certificano l’attendibilità di bilanci che nessuno verifica, organi di controllo istituzionali che tutto fanno meno che controllare e alla fine la giostra si ferma, quando inizia il pianto dei risparmiatori truffati.

A parte i tanti scandali finanziari che hanno coinvolto il mondo delle banche, mi viene in mente la storia della Parmalat, il colosso alimentare italiano, multinazionale a tutto tondo, quotata in borsa, fallita nel 2000 per il ladrocinio degli amministratori che, a garanzia dei bond emessi, certificavano l’esistenza di un deposito multimiliardario alle Cayman.

Deposito ovviamente esistente solo sulla carta e puntualmente riportato nei bilanci falsi che nessuno ha verificato e alla scadenza delle obbligazioni, il colosso alimentare si è rivelato insolvente, il fondo nel paradiso fiscale era fasullo, vuoto e i soldi avevano preso altre strade.

E’ come dire che vado in banca a chiedere un mutuo per l’acquisto di una casa per civile abitazione e, invece di fornire una fonte di reddito come garanzia di solvibilità, gli dico che tengo “un fondo milionario alle Cayman” e la banca accetta questa fandonia.

Finanche un bambino di dieci anni capirebbe che la giustifica non sta in piedi, ma le nostre società di revisione e organi di controllo sono creduloni, sono buoni, altruisti alla “velemose bene”.

Quando succedono questi disastri del malaffare e tanti risparmiatori ci rimettono le penne, si ha la sensazione che i bilanci, puntualmente certificati dalle società di consulenza – prima la Deloitte, mentre oggi la Ernest & Yong – non dico esaminati ma non vengono neanche letti.

Analogie del malaffare

Il Ceo di Wirecard, Markus Braun, con le dimissioni è stato subito arrestato e rilasciato su cauzione, dopo che due banche filippine hanno negato l’esistenza di un malloppo di circa due miliardi di euro.

Prima il malloppo stava alle Cayman, questa volta nelle Isole Filippine ma il sistema è identico.

Scoperto l’ammanco, il 22 giugno u.s., a pochi giorni dal fallimento, la società ammette che gli 1,9 miliardi non sono mai esistiti nello stato patrimoniale dei bilanci.

I controlli scattano dopo e mai prima.

Infatti, l’Esma, il supervisore della Unione Europea che protegge gli investitori e interviene a salvaguardia della salvaguardia del sistema finanziario, avvia un’indagine per verificare l’adeguatezza del comportamento delle autorità di vigilanza tedesche.

Conclusioni

Il crac tedesco di una grande entità finanziaria non è che l’ultimo in ordine di tempo.

Mi chiedo: l’investitore istituzionale o, ancora peggio, il comune  risparmiatore di chi deve fidarsi?

Ancora: a cosa servono le società di certificazione dei bilanci se al momento opportuno si scoprono essere tutti falsi senza che nessun controllore lo rilevi in tempo utile?

Responsabilità: esiste un modo per chiamare in una sorta di responsabilità in concorso tutte queste figure che, con la loro inerzia, corruzione,  hanno favorito ed allungato questi processi di malaffare?

Ancora una volta, le parole non servono, servono le azioni e per questo mi offro volontario: la prossima volta che qualcuno dichiara di possedere qualche “malloppo” allocato in qualunque parte del pianeta, mi offro volontario per la verifica: solo rimborso spese!

 

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