Omicidio Willy Monteiro: a caccia di giustizia!
Fonti investigative confermano all’Agi che è stato escluso il movente razziale. Gli arresti restano quattro: Mario Pincarelli, 22 anni; Francesco Belleggia, 23 anni; Marco e Gabriele Bianchi, di 24 e 26 anni.
I due fratelli sono accusati di omicidio preterintenzionale con Mario Pincarelli e Francesco Belleggia.
La difesa dei fratelli Bianchi, già conosciuti alla cronaca giudiziaria per vicende della specie dice: “Non lo abbiamo toccato. Respingiamo ogni accusa. Siamo intervenuti per dividere, abbiamo visto un parapiglia e siamo arrivati. Siamo dispiaciuti e distrutti perché accusati di un omicidio che non abbiamo commesso”.
Con una difesa del genere, l’intero impianto accusatorio sembra essere messo in discussione e non è escluso, al termine dell’autopsia, il cui esito è atteso fra qualche giorno, che la morte sia la diretta conseguenza di un forte raffreddore.
Siamo abituati a tutto a cominciare dal capo di imputazione che si legge sulla stampa: Omicidio preterintenzionale, oltre l’intenzione (preter, oltre). Quattro energumeni – compresi i fratelli Bianchi, già conosciuti per precedenti per lesioni, droga, tatuaggi etc. – riempiono di botte – pugni e calci – un ragazzo di 21 anni che, a terra sanguinante chiede di smetterla.
Oltre l’intenzione dice l’accusa. In pratica, il gravissimo episodio di sangue viene equiparato al caso in cui una persona cade per effetto di uno schiaffo ricevuto e muore in quanto, sbatte la testa in uno spigolo cadendo.
Pensate uno schiaffetto che provoca una caduta. Pensate uno schiaffetto che provoca una caduta e la vittima muore – ex art.574 cp che prevede un carcere da 10 a 18 anni.
Omicidio volontario
Al netto dei risultati dell’autopsia tutti da interpretare, stante a quello che finora si è letto, anche considerata la personalità dei soggetti coinvolti, non si può non parlare di un evento cercato e voluto.
Infatti, uno dei testimoni oculari del gravissimo fatto di sangue, Federico, ancora sotto shock, l’amico 21enne che Willy, avrebbe cercato di difendere, pagando con la vita: “è morto per difendere me e io questa cosa non potrò mai dimenticarla. Sembravano dei folli, delle furie scatenate. Willy era buono, generoso e quando ha capito che il bersaglio ero io, si è messo in mezzo per placare gli animi ma quelli erano come impazziti. Venti minuti di terrore mentre Willy gridava di smetterla perché non riusciva più a respirare”.
Venti minuti di pazzia, tanto è durato l’incubo di cui stiamo parlando che la giustizia è chiamata a dirimere, distribuendo le responsabilità e le conseguenze secondo scienza e coscienza.