domenica, Aprile 28, 2024
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Anagrafica e registrazione archivio: Corretta attribuzione del codice attività!

Anagrafica e registrazione archivio: Corretta attribuzione del codice attività!

 

 

Il Decalogo della Banca d’Italia – edizione 2001 – “Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette”, riferendosi al personale bancario, testualmente, fra l’altro, afferma:

“Il personale deve essere sensibilizzato affinché nell’anagrafe clienti e nell’Archivio Unico Informatico siano esattamente inseriti tutti i dati anagrafici della clientela e correttamente riportato l’indicazione dell’attività economica svolta.”

In pratica, bisogna sempre distinguere, ai fini della operatività dei rapporti, il “privato consumatore” (conto corrente personale) dal titolare di un’attività economica (conto corrente aziendale) il quale, per definizione, causa la esistenza di una contabilità sottostante, rende più tranquilla la valutazione dell’intermediario ai fini degli obblighi antiriciclaggio.

Pratica operativa

In passato, l’Organo di vigilanza centrale della Banca d’Italia cercava di esercitare una sorta di moral suasion per convincere gli intermediari finanziari a censire correttamente la clientela nei propri archivi, attraverso l’esatta attribuzione dell’attività economica svolta.

Tramontata l’epoca della moral suasion, mi risulta che oggi, eventuali incongruenze rilevate in sede ispettiva vengono addirittura sanzionate.

Il problema verso la clientela si pone nei confronti dei titolari di attività individuali – servizi, commercio, professioni – che, convinti come sono di non dover giustificare niente a nessuno, confondono la “tasca destra con la sinistra”, difficilmente disposti ad accendere il doppio conto corrente: uno personale e uno aziendale, riferibile all’esercizio di un’attività economica.

L’anagrafica di un rapporto deve rispecchiare il codice dell’attività economica svolta, distinguendo dalla categoria 600 del privato consumatore.

Questa dovrebbe essere una regola di ordine generale ispirata dalle buone practice di qualunque banca.

Quello di fra transitare le risorse finanziarie, registrando le operazioni su un conto corrente intestato all’azienda, facilita di molto il compito del soggetto obbligato ai fini degli adempimenti antiriciclaggio.

Il conto aziendale, cioè intestato all’attività economica presuppone la esistenza di una contabilità (scritture contabili obbligatorie), lasciando fondatamente ritenere che la provvista transitata su tale conto sia stata regolarmente fatturata ed in regola con gli adempimenti fiscali.

Quando facevo il Responsabile aziendale antiriciclaggio in un Gruppo bancario – 1999/2007 – per convincere i titolari delle Ditte individuali ad accendere il doppio conto, mi limitavo a dire: “Se la Banca d’Italia vede che il tuo conto personale registra una movimentazione eccessiva, si allerta e informa la Guardia di finanza. Io, come banca, te lo dico per il tuo bene perché ti conosco e so che sei una persona laboriosa ed onesta amante del proprio lavoro”.

Nell’arco delle successive 24 ore, lo stesso cliente, imprenditore e titolare della Ditta individuale, veniva in filiale per accendere il secondo conto corrente a nome dell’azienda di cui era titolare.

Alla fine, tutti, spontaneamente, aderivano all’accensione del secondo rapporto di conto nel timore di ricevere una verifica fiscale da parte della Guardia di finanza.

 

 

 

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