venerdì, Maggio 3, 2024
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KYC: cosa sono le procedure Know Your Customer e perché sono importanti

KYC: cosa sono le procedure Know Your Customer e perché sono importanti

Fonte: Money.it

Strumento fondamentale per banche, istituzioni finanziarie e professionisti per la prevenzione di frodi fiscali, furti d’identità, riciclaggio di denaro e terrorismo finanziario.

KYC: cosa sono le procedure Know Your Customer e perché sono importanti

Nate nel 2002, le procedure KYC sono diventate d’uso comune nelle attività online come strumento utile ad acquisire informazioni relative all’identità di clienti e utenti. Dal 2017 in Italia per aprire un conto bancario o di trading o per stipulare un contratto assicurativo è necessario compilare un questionario, adempiendo a specifici obblighi normativi. Ecco in quali casi è obbligatorio.

KYC: cosa sono le procedure Know Your Customer e perché sono importanti

Cosa sono le procedure KYC

KYC è l’acronimo di Know Your Customerconosci i tuo cliente, ossia un insieme di procedure utilizzate da aziende e istituzioni finanziarie per verificare l’identità dei propri clienti e valutare i potenziali rischi nel rapporto con essi allo scopo di proteggere l’azienda stessa e l’utente da tentativi di furto di identità, frodi online e pratiche di riciclaggio di denaro.

Tali procedure rientrano negli adempimenti normativi stabiliti dalle direttive europee sull’antiriciclaggio, definite AMLD (Anti Money Laundry Directives), recepite dall’Italia con il D.Lgs. n.90/2017, in contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, e dal successivo D.Lgs 125/2019 che ha introdotto il “Risk Based Approach”, estendendo l’obbligo ai prestatori di servizi di portafoglio digitale (exchange di criptovalute).

Perché sono importanti?

Lo scopo principale delle procedure KYC è di ridurre i rischi a cui la banca o l’istituzione finanziaria si espone quando inizia il rapporto con il cliente. Tramite queste procedure viene verificato che quanto dichiarato dal cliente sia veritiero, evitando pericolose conseguenze reputazionali, legali e commerciali.

Come funzionano le procedure KYC

Le procedure KYC prevedono la compilazione di un “Questionario per l’adeguata verifica della clientela” per la raccolta di informazioni sotto il profilo soggettivo e oggettivo del cliente. Nello specifico vengono esaminati:

  • l’identità del cliente (tramite documento di identità, passaporto o patente di guida),
  • il profilo giuridico,
  • l’attività svolta,
  • l’area geografica di residenza,
  • il comportamento tenuto nel momento dell’operazione,
  • la tipologia e la frequenza delle operazioni svolte

Chi è obbligato ad effettuare le verifiche KYC

La normativa europea stabilisce i soggetti obbligati ad effettuare le verifiche KYC:

  • Intermediari bancari e finanziari: banche, Poste Italiane, società di intermediazione mobiliare (SIM), società di gestione del risparmio (SGR), società di investimento a capitale variabile (SICAV), società di investimento a capitale fisso, mobiliare e immobiliare (SICAF);
  • Altri operatori finanziari: società fiduciarie e mediatori creditizi;
  • Professionisti: dottori commercialisti, esperti contabili, consulenti del lavoro e ogni altro soggetto che svolge attività in materia di contabilità o tributi;
  • Notai e avvocati: nel caso di operazioni svolte in nome o per conto dei propri clienti di natura finanziaria o immobiliare;
  • Revisori legali e società di revisione legale;
  • Altri operatori non finanziari: agenti immobiliari, commercianti d’arte, gestori di case d’asta, operatori professionali in oro, mediatori civili ed esercenti di attività di recupero stragiudiziale dei crediti;
  • Prestatori di servizi di valuta virtuale, compresi exchange di criptovalute (qui i migliori);
  • Prestatori di servizi di gioco.

Per poter operare in Italia e in Europa i principali exchange di criptovalute hanno dovuto sottostare all’obbligo del KYC e di conseguenza anche i loro clienti.
Coinbase è una delle piattaforme di scambio di criptovalute più sicure grazie all’adozione delle procedure KYC.

Più problematica invece è l’applicazione della procedura KYC per i cosiddetti un-hosted wallet, ovvero quei portafogli digitali che non vengono forniti da un intermediario ma sono gestiti direttamente.

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