venerdì, Maggio 3, 2024
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Appalti pubblici: La criminalità organizzata è più forte?

Appalti pubblici: La criminalità organizzata è più forte?

“…aumentano in modo esponenziale le Interdittive antimafia …”

A leggere  la prima pagina del Sole 24 Ore di oggi, troviamo: “Appalti, più 34% gli stop per mafia.”

Non è certamente una bella notizia e non è certo il momento di gioire o festeggiare, significando che la criminlità organizzata è diventata più invasiva e pericolosa nella nostra società. In proposito, non credo che l‘autrice dell’articolo “Manuela Perrone” si sia posta qualche problema od anche, come sto facendo io, sia sia posta qualche domanda per meglio comprendere la portata di quello che sta scrivendo.

Il comune denominatore caratterizzante l’allarmante contenuto dell’articolo, sembra ruotare, almeno a livello statistico, sulla crescita esponenziale delle “interdittive antimafia” emesse dai tanti Prefetti sul territorio. E’ un intervento discrezionale dell’Autorità pubblica sul territorio ed impedisce ad un’impresa di poter instaurare ovvero intrattenere qualsivoglia rapporto economico con la pubblica amministrazione a causa del fondato pericolo di infiltrazioni mafiose nella compagine societaria. Trattandosi di un provvedimento preventivo, precauzionale, per salvguardare gli interessi di legalità e trasparenza della pubblica amministrazione, con questo tipo di provvedimento amministrativo, si vuole circoscrivere l’influenza criminale di quella determinata impresa nello sviluppo economico del territorio. In pratica si dice che l’azienda, per esercitare la propria attività sul territorio, utilizza metodi violenti, scevri da ogni forma di sana concorrenza e fuori da una corretta dinamica imprenditoriale.

Interdittiva antimafia

Quando mi occupavo di antimafia, come Comandante della Sico della Guardia di finanza in Terra di Calabria (Sezione investigativa Criminalità Organizzata), avevo il principale compito di individuare persone fisiche o giuridiche appartenenti o contigui a fenomeni di mafia.

Gli elementi di base che venivano presi in considerazione ai fini dell’inoltro di una Segnalazione (Al Questore o al Procuratore della Repubblica) erano:

  1. Tenore di vita agiato e ben oltre i redditi imponibili dichiarati, anche avuto riguardo agli investimenti realizzati dall’indagato ovvero dalle persone con lo stesso conviventi (moglie e figli);
  2. La frequentazione più o meno assidua con soggetti di dubbia moralità, conosciuti sul territorio come personaggi contigui o appartenenti alla criminalità organizzata in quanto già condannati in modo definitivo ad una Misura di prevenzione – personale o patrimoniale – ovvero per associazione mafiosa ex art.416 Cp;
  3. Scheda economico sintetica sul Nucelo familiare della persona osservata (costi strumentali, numero dei figli, attività del coniuge etc.).

A queste premesse, se ricorrevano i presupposti si aggiungeva, ad abundantiam, che il soggetto attenzionato aveva una parentela stretta (figlio o congiunto) con persona già condannata definitivamente per mafia o reati attinenti alla crimnalità organizzata.

Nella realtà, voglio ricordare una esperienza pratica vissuta nel recente periodo quando, invece, contrariamente a quanto ho appena detto, mi è capitato di leggere una “Interdittiva antimafia” emessa nei confronti di una persona per bene conosciuta personalmente, titolare di un’attività economica sul territorio e destinatario paraltro, di una concessione pubblica nel Comune di residenza. Tale provvedimento risultava motivato dal solo fatto che lo stesso, ha avuto la sventura di avere un congiunto (con il quale peraltro aveva interrotto i rapporti da svariati anni), già condannato per reati di mafia – (1).

Il successivo “Controllo giudiziario” all’uopo richiesto ed applicato per un paio di anni, ex art. 34-bis d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice della legge antimafia e delle misure di prevenzione, ha definitivamente escluso ogni pregiudizio consentendo la revoca della stessa Interdittiva.

Analisi del fenomeno – Esagerazione culturale

Quando penso ad una esagerazione culturale, penso al provvedimento emesso solo e soltanto per un rapporto di parentela dello sventurato (fratello o figlio di soggetto già condannato per mafia), nei confronti del quale inizia una via Crucis indicibile nell’esercizio della sua attività economica e, a volte, addirittura, della sua stessa sopravvivenza.

Nel contempo, penso al demerito creditizio verso l’imprenditore che incappa in una indagine giudiziaria nei confronti del quale, la banca, assume da subito un atteggiamento di aperta ostilità provocando in qualche caso, anche il fallimento dell’impresa.

Capita infatti che, in situazioni simili, l’imprenditore venga “invitato” da parte della banca e per esigenze di auto tutela, a rientrare dagli affidamenti erogati con particolare celerità.

Tali provvedimenti, assunti nella immediatezza della vicenda giudiziaria, possono provocare nella vita dell’impresa, effetti dannosi irreversibili di tale entità da provocarne il dissesto definitivo e quindi infliggere anzitempo una condanna ben superiore a qualunque giudizio processuale.

Personalmente, mi è capitato di scorgere in questi atteggiamenti, una gestione superficiale e ipocrita che, se da un lato non aiuta l’attività investigativa della magistratura, dall’altro interferisce con modalità impropria in una corretta dinamica imprenditoriale.

A mio avviso, invece, in presenza di una indagine giudiziaria ed indipendentemente dalle ipotesi accusatorie, nessun allarmismo parrebbe giustificarsi a condizione che:

  1. il “fido bancario” sia stato concesso sulla base di una valutazione attenta, ponderata e costruttiva nel rispetto della normativa vigente;
  2. il cliente non ha mai dato luogo a rilievi, per trasparenza nella condotta, per la puntuale osservanza delle regole contrattuali ed etica professionale, pur nell’ambito dei rispettivi ruoli e funzioni;
  3. l’analisi dei rapporti in essere, avuto riguardo alla operatività nel loro complesso, abbia sempre risposto alla tipologia e natura dell’attività imprenditoriale (modalità di alimentazione e/o di addebito dei conti correnti gestiti coerentemente all’attività economica esercitata, emolumenti ai dipendenti, pagamento imposte e tasse etc.);
  4. i costi sostenuti ovvero i ricavi conseguiti, risultino strumentali all’esercizio della riferita e dichiarata attività economica.

Se ho esercitato nel tempo questa funzione di attento osservatore dei rapporti, ancora meno si comprende qualunque atteggiamento di chiusura se non di aperta ostilità in danno del malcapitato cliente incappato nelle infernali maglie della giustizia.

Ancora, non possiamo omettere di ricordare quanto la stessa Uif della Banca d’Italia ha denunciato il 4 luglio 2023, quando ha detto che il 30% delle Segnalazioni di operazioni sospette risultano prive di criticità e fanno perdere solo tempo.

Tale percentuale, su 155mila Sos inoltrate dai soggetti obbligati – in primis banche e professionisti –  nell’anno 2022, corrisponde a circa cinquantamila Sos.

Da ultimo, se in circa venti anni, abbiamo registrato 31.500 arresti illegali (Misure cautelari improprie e senza prove), possiamo immaginare o almeno temere che, con la stessa superficialità si sta operando in questo settore di lotta alla mafia?

Lo dico questo, nel mentre le tante campane suonano una situazione tragica, anzi drammatica, oltre ogni immaginazione, dove il Sole 24 Ore, sembra essere il capostipite che scrive e pubblica dei film senza alcuna valutazione critica o almeno di comune buon senso.

Ormai, anche leggere il quotidiano economico per eccellenza – il Sole per l’appunto – è diventato un sacrificio, un salto ad ostacoli.

Pazienza, me ne farò una ragione!

Conclusioni

L’unico consiglio che mi sento di dare ai Responsabili di filiale di banche o professionisti – legali o contabili – è quello di non limitarsi alle apparenze e di leggere, in modo attento e puntuale, il contenuto delle “Interdittive”. Da tale lettura, bisogna comprendere i presupposti in base alle quali è stata emessa e se effettivamente ci troviamo di fronte a soggetto contiguo od in affari con la criminalità organizzata.

Ciò detto, possiamo ancora sostenere di essere circondati da migliaia di mafiosi che, senza arte ne parte stanno condizionando la nostra vita?

Personalmente, nutro qualche dubbio!

===

(1) L’interdittiva antimafia è un provvedimento di prevenzione patrimoniale adottato dal prefetto territorialmente competente, con l’obiettivo di tutelare l’ordine pubblico, la libera concorrenza tra le imprese e il buon andamento della pubblica amministrazione, contrastando le infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico ed imprenditoriale nazionale. L’interdittiva antimafia può essere impugnata dall’impresa destinataria, che può adire il giudice amministrativo al fine di essere ammessa al controllo giudiziarioTuttavia, il controllo giudiziario può essere precluso in caso di interdittiva antimafia irrevocabile 1.

La sentenza n. 19154/2023 della Cassazione penale ha stabilito che l’impresa può accedere al controllo volontario solo in caso di impugnazione dell’interdittiva originaria, non anche dopo la formazione del giudicato su tale provvedimento 1.

La recente sentenza del 13 maggio 2021, n. 23330, della VI sezione della Cassazione penale ha affermato che l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario su istanza di parte, a seguito dell’interdittiva antimafia, non è automatica ma dipende dalla verifica dell’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa che è rimessa al giudice, a cui spetta, pertanto, accertarne preliminarmente, la sussistenza dei presupposti 2.

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