Consiglio Nazionale Forense
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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
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RASSEGNA STAMPA
12 dicembre 2008
Titoli dei quotidiani
Professioni
Il Sole 24 Ore
Ecco le Casse più esposte sui titoli a rischio tossicità
Il Sole 24 Ore
Approvati 69 studi validi anche per il passato
Il Sole 24 Ore
E’ polemica sulle modifiche alla class action
Italia Oggi
Class action solo dal 1 luglio 2008
Italia Oggi
Revisione retroattiva per gli studi
Repubblica
Pd e Idv:”Niente freni alla class action”
Giustizia
Il Sole 24 Ore
La Costituzione deve restare il terreo comune di confronto
Italia Oggi
Rispunta il nodo intercettazioni
Repubblica
La Bongiorno adotta l´allarme Grasso
“Intercettazioni, niente favori alla mafia”
Repubblica
“La Carta non è strumento di potere così Berlusconi torna a Cromwell”
Repubblica
Alta tensione sulla giustizia Bossi: “Berlusconi abbassi i toni”
Repubblica
Alfano al Csm: datemi gli atti sulla lite tra procure
Corsera
Bossi e Fini, pressing sui premier per il dialogo
Corsera
Il Cavaliere all’attacco di magistrati e Murdoch
Messaggero
Veltroni, dal premier mossa irresponsabile
Messaggero
Berlusconi attacca ma Bossi lo frena: devi dialogare
Messaggero
L’Anm contro le toghe di Salerno e Catanzaro: smarrita la ragione
Consiglio Nazionale Forense
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GIURISPRUDENZA
Il Sole 24 Ore
Anche internet e cellulari tra i beni di sostentamento
Il Sole 24 Ore
Condanne in un solo Paese
Italia Oggi
Il telefonino è un diritto
Italia Oggi
Stretta fiscale sul riciclaggio
FLASH
Consiglio Nazionale Forense
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Professioni
Previdenza
Marco lo Conte, Il Sole 24 Ore pag.8
Ecco le Casse più esposte sui titoli a rischio tossicità
La punta dell’iceber è l’esposizione ai titoli Lehaman Brothers, la banca statunitense che
ora è sintomo di tossicità. Quello che si vede meno è l’universo di obbligazioni strutturate
che in ragione della loro complessità e articolazione portano con sé elementi di opacità sui
cui ora la vigilanza vuole alzare il velo. La prima fotografia completa di come investono gli
Enti previdenziali dei professionisti è stata scattata davanti ala Commissione bicamerale
che vigila sulle Casse dei professionisti italiani. I dati comunicati al Welfare dalle stesse
casse parlano di un’esposizione di poco superiore a 125 milioni di euro, per una quota pari
allo 0,5% della parte mobiliare e dello 0,35% del totale. Percentuali che mediano tra lo
zero di enti come la Cassa del Notariato, l’Inpgi (giornalisti),o l’Epab (biologi) e le quote di
Casse che invece si vedono più esposte ai titoli Lehman. L’Onaosi (Opera nazionale per
l’assistenza agli orfani dei sanitari) ha investito due bond Lehman per 15 milioni di euro, il
5,63% del portafoglio titoli. Anche l’Epap, la Cassa pluricategoriale di attuari, chimici,
agronomi e ingegneri e geologi due bond, di cui uno per 10,7 milioni di euro scaduto il 16
settembre, il giorno dopo del fallimento Lehman. Perla Cassa forense, nessun titolo
strutturato ma si parla di un oscillazione pari allo 0,09% della parte mobiliare e dello 0,08%
del totale.
Class action
Giovanni Negri, Il Sole 24 Ore pag. 34
E’ polemica sulle modifiche alla class action
Consumatori in rivolta sul progetto del Governo di rimettere mano alla class action e di
rinviarne l’entrata in vigore. Quanto al merito, il blocco della retroattività, previsto
dall’attuale versione della norma, spesa fino al 1 gennaio 2009, e, quanto, all’entrata in
vigore, l’ipotesi di far slittare, probabilmente a metà 2009, il debutto dell’azione collettiva.
“In questo caso – dicono le associazioni Federconsumatori e Adusbef – il Governo
mostrerebbe tutte le sue simpatie per chi, nel mercato,opera in maniera fraudolenta,
contro gli operatori economici che, invece, rispettano le regole e, naturalmente, contro i
cittadini che le subiscono. Chiederemo,già nella riunione del 17 dicembre del Consiglio
nazionale dei consumatori e utenti, di mettere in campo ogni iniziativa per sconfiggere tale
disegno di legge e studieremo la messa in campo di azioni dimostrative a sostegno della
promulgazione, immediata ed entro tempi rapidi previsti dalla stessa legge”.
L’emendamento che verrà presentato al Senato, probabilmente al collegato in materia di
giustizia civile, prevede una limitatissima retroattività, a luglio 2008, esclude che le
associazioni dei consumatori o comitati spontanei possano essere gli unici soggetti a poter
proporre l’azione e rende per lo meno problematico l’inserimento della materia finanziaria
tra quelle oggetto dell’azione collettiva. Tutti aspetti che hanno messo in allarme anche
l’opposizione, dal Pd all’Idv.
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Giovanni Galli, Italia Oggi pag. 36
Class action solo dal 1 luglio 2008
Stretta sulla class action. La possibilità per i consumatori di ricorrere a un\’azione collettiva
di risarcimento scatterà soltanto per gli illeciti avvenuti a partire dal 1° luglio 2008. Non
solo. Le associazioni dei consumatori non avranno più l\’esclusiva nel promuovere l\’azione
e i giudici avranno maggiore potere di filtro sull\’ammissibilità dei ricorsi. Con la forte
limitazione alla retroattività si vieta quindi di far ricorso collettivo sulle più note vicende che
hanno colpito i risparmiatori, da Cirio a Giacomelli, da Parmalat ai bond argentini. Sono
queste le principali modifiche che il governo ha intenzione di apportare alla disciplina della
class action attraverso un emendamento a uno dei collegati alla Finanziaria attualmente
all\’esame del parlamento. Tuttavia, il governo ha urgenza di fare chiarezza sulla disciplina
entro l\’anno dal momento che la manovra estiva (legge n. 133/2008) ha congelato fino al
31 dicembre l\’entrata in vigore della norma. La soluzione potrebbe essere quella di
posticipare ulteriormente l\’entrata in vigore della misura con il decreto Milleproroghe (che
dovrebbe essere esaminato dal Consiglio dei ministri giovedì prossimo) e poi intervenire in
uno dei tre provvedimenti con le modifiche. Nel testo licenziato mercoledì dal preconsiglio,
però, ancora non c\’è traccia della proroga della class action. Gli otto articoli del
provvedimento spaziano tra gli argomenti più disparati, dall\’Irap alle forze armate.
Innanzitutto, viene proposta la proroga al 31 dicembre 2010 l\’efficacia delle normative con
cui le regioni sono intervenute in tema di Irap e di tasse automobilistiche. Entro tale data,
infatti, si legge nella relazione, dovrebbe essere realtà il federalismo fiscale (il cui ddl è
attualmente al vaglio del parlamento) in attesa del quale occorre evitare situazioni di vuoto
legislativo. Sempre al 31 dicembre 2010 dovrebbero slittare poi le elezioni per il rinnovo
dei comitati degli italiani all\’estero, il cui mandato termina a marzo 2009. Grazie alla legge
459/2001 l\’istituzione della circoscrizione Estero e il voto politico per corrispondenza
hanno però profondamente mutato la portata della rappresentatività degli italiani all\’estero,
per cui si è avviata una riflessione sull\’istituto dei comitati. Di conseguenza non appare
opportuno procedere al rinnovo quinquennale dei consiglieri in vista di eventuali riforme
dei comitati. Slitta, invece, di un anno, al 31 dicembre 2009, la possibilità per il personale
militare di essere collocato in ausiliaria, a domanda, dopo 40 di servizio effettivo, mentre
sono prorogate al 2015 le disposizioni transitorie sulle promozioni annuali al grado di
maggiore dei capitani, e gradi corrispondenti, delle forze armate (dal 2009 si dovrebbe
applicare la norma di regime che prevede invece promozioni in numero fisso). Rimarranno
poi ancora per un anno nella disponibilità del ministero dello sviluppo economico le risorse
derivanti dalle sanzioni comminate dall\’Antitrust e destinate a iniziative a favore dei
consumatori. Gran parte di queste risorse sono assegnate dal collegato
internazionalizzazione, attualmente all\’esame del senato (AS 1195) al finanziamento della
social card. Per evitare che, nel caso tale previsione normativa non giunga in porto nel
corrente esercizio, le risorse non impegnate siano trasferite all\’economia, il governo ha
deciso di prorogare il termine di impegnabilità per un altro anno. Slitta infine di sei mesi
l\’applicabilità delle residue norme previgenti al codice delle assicurazioni private, nel caso
in cui non siano state ancora emanate le corrispondenti nuove disposizioni applicative del
codice stesso, per evitare situazioni di vuoto normativo.
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L.I, La Repubblica pag. 31
Pd e Idv:”Niente freni alla class action”
Associazioni dei consumatori ed opposizione in rivolta contro le modifiche alla Class action
a cui sta lavorando il governo. L´emendamento, non ancora formalizzato, riduce la
possibilità di chiedere risarcimenti a utenti e risparmiatori che hanno subito truffe e soprusi
prima del primo luglio 2008. Inoltre crea un meccanismo più complesso e costoso per chi
vuole denunciare una violazione di legge commessa da un´impresa o società a danno dei
clienti e costringerla, attraverso un unico processo, a pagare tutti i danneggiati. Andrea
Lulli, capogruppo Pd in commissione attività produttive della Camera, denuncia: «Lo
svuotamento della Class action che il governo ha intenzione di realizzare è un tradimento
delle attese che questa novità introdotta dal centrosinistra aveva suscitato nei cittadini.
Con un semplice emendamento tolgono forza all´azione risarcitoria collettiva riducendone i
campi di applicazione, sia temporali che per competenze». Antonio Borghesi, responsabile
Economia e vicecapogruppo idv alla Camera, promette battaglia in Parlamento: «La
restrizione del campo d´azione della class action che il governo intende mettere in atto è
un segnale gravissimo».Le associazioni dei consumatori, che in questa nuova versione,
perdono la titolarità ad avviare questo tipo di cause riporteranno le proprie rimostranze al
tavolo di lavoro con il ministero dello Sviluppo Economico previsto per mercoledì.
«Consideriamo gravissima la decisione di cancellare, nei fatti, la retroattività della class
action. Questo avviene in totale spregio di ogni diritto dei cittadini truffati, in diversi settori
tra cui quello bancario, con i risaputi casi di Parmalat, Cirio – affermano Federconsumatori
e Adusbef – in questo caso, il governo mostrerebbe tutte le proprie simpatie per chi, nel
mercato, opera in maniera fraudolenta, contro gli operatori economici che, invece,
rispettano le regole e, naturalmente, contro i cittadini».Anche l´Adoc si dice preoccupata:
«Dai ministri Scajola e Brunetta, ci è stato assicurato che il rinvio dell´entrata in vigore
della legge, prevista per lo scorso luglio, era da attribuire alla volontà del governo di
estendere la norma anche alla pubblica amministrazione – dichiara il presidente Carlo
Pileri – sembra invece che si voglia stravolgere tale normativa, esautorando le associazioni
dei consumatori dall´essere promotrici privilegiate dell´azione collettiva; eliminando la
retroattività, prorogando di ulteriore 6 mesi l´entrata in vigore, una beffa per il parlamento
che l´ha votata». Massimiliano Dona, segretario generale dell´Unione dei consumatori
chiede un´audizione parlamentare per le associazioni dei consumatori al momento della
conversione in legge. Mentre l´Adiconsum trova anche dei risvolti positivi nel nuovo testo:
«L´esecutività della sentenza e la condanna (nel precedente c´era solo l´accertamento di
un diritto); l´operatività di un filtro in tribunale; l´obbligo dell´impresa condannata di
depositare cautelativamente le somme del risarcimento in attesa dei vari gradi di giudizio».
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Studi di settore
Andrea Bongi, Cristina Bartelli, Italia Oggi pag.38
Revisione retroattiva per gli studi
La crisi economica consentirà una revisione degli studi di settore, ma solo con effetto
retroattivo. I nuovi studi di settore, ove più favorevoli al contribuente, potranno essere
applicati anche retroattivamente mentre è necessario, già dall\’esercizio 2009, procedere
ad un potenziamento dell\’elemento territoriale nella costruzione delle variabili di Gerico.
Sono queste, in estrema sintesi, le decisioni più importanti contenute nel documento
approvato ieri dalla Commissione degli esperti riunitasi a Roma. Per adesso dunque
l\’operazione studi di settore 2008 prosegue secondo l\’iter normativo imposto dalla
manovra estiva che prevede la loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale entro il prossimo 31
dicembre. La valutazione degli effetti della crisi economico finanziaria in atto saranno
valutati solo ad esercizio concluso potendo intervenire su tutti gli studi di settore anche
successivamente alla loro approvazione e pubblicazione purchè in tempi utili per il loro
utilizzo nella prossima dichiarazione dei redditi 2009. La commissione degli esperti, che ha
espresso il proprio parere favorevole all\’approvazione di 69 studi di settore oggetto di
revisione per l\’anno 2008, ha basato la propria posizione su di una serie di considerazioni
relative sia alla congiuntura in atto sia ai recenti interventi normativi in materia. In
particolare la commissione degli esperti, presieduta dall\’amministratore delegato di Sose,
Giampiero Brunello, ha evidenziato che: – il parere che la commissione deve rendere è
riferito alla capacità degli studi di settore di rappresentare la realtà economica alla quale si
riferiscono; – la generalizzata situazione di crisi che ha caratterizzato, in tempi e modi
diversi, l\’esercizio 2008, rende necessaria una valutazione selettiva e approfondita
dell\’impatto della stessa con riferimento ai singoli settori economici e alle diverse aree
territoriali; – una tale valutazione potrà essere effettuata, compiutamente, solo ad esercizio
2008 concluso; – la possibilità di interventi successivi finalizzati alla revisione congiunturale
delle variabili di Gerico è oggi espressamente prevista dall\’articolo 8 del dl n. 185/08. La
commissione ha anche già previsto il termine temporale entro il quale le eventuali revisioni
dovranno essere rese operative, individuando nel mese di marzo 2009 il tempo utile per
una tale operazione per non compromettere l\’esito delle dichiarazioni dei redditi relative al
periodo d\’imposta 2008. In ordine ai 69 studi di settore revisionati per l\’anno 2008 la
commissione degli esperti ha anche previsto un ulteriore esame degli stessi prima di un
loro utilizzo ai fini dell\’accertamento e dei controlli. Inoltre, sempre per gli studi di settore
esaminati nella riunione di ieri, la Commissione ha ottenuto il parere favorevole per una
loro applicazione retroattiva nei casi un cui gli stessi siano più favorevoli ai contribuenti
rispetto alle precedenti versioni. Grazie a quest\’ultima disposizione sarà così possibile
superare gli indicatori di normalità economica introdotti nel 2006 con una più ampia tutela
a favore dei contribuenti. All\’interno del parere della Commissione degli esperti si è inoltre
ritenuto di dover evidenziare, ancora una volta, come in realtà gli studi di settore non
costituiscono, assolutamente, una forma di catastizzazione del reddito dalle risultanze dei
quali possa scaturire in maniera automatica una pretesa impositiva non supportata da
ulteriori elementi. Non tutte le categorie rappresentate in seno alla Commissione degli
esperti hanno però condiviso i risultati raggiunti nella riunione di ieri. La Lapet si è infatti
dichiarata contraria all\’operazione indicando in un comunicato le motivazioni che l\’hanno
indotta a non approvare il parere della commissione. Si tratta di “un documento politico,
discriminatorio e tardivo che non avrebbe mai potuto trovare il nostro consenso” dichiara
espressamente il presidente Roberto Falcone.
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Soddisfazione e convincimento che alla fine il lavoro svolto dalla commissione degli
esperti sortirà gli effetti attesi è stata invece manifestata dall\’Istituto nazionale tributaristi
secondo il quale: “..entro il mese di marzo, come annunciato, si provvederà ad intervenire
sugli studi di settore tenendo conto degli effetti negativi della crisi in atto”. Plauso e
soddisfazione per i lavori svolti e i risultati raggiunti dalla Commissione degli Esperti anche
dall\’Ancot che sottolinea come l\’attività svolta sia in linea con quanto già stabilito nel
precedente incontro del 6 novembre scorso. Tutto rinviato dunque ai primi mesi del 2009.
Solo allora saranno noti gli interventi congiunturali sugli studi di settore. Passaggio
fondamentale a tal fine sarà la ricognizione delle risultanze dei lavori dei nuovi osservatori
regionali chiamati a predisporre un\’apposita relazione in tal senso entro il prossimo 31
gennaio.
Antonio Criscione, Il Sole 24 Ore pag. 31
Approvati 69 studi validi anche per il passato
Approvazione con riserva per gli studi di settore in revisione per quest’anno. La
Commissione di esperti si è riunita ieri per validare i 69 studi in evoluzione quest’anno e
applicabili (in linea teorica) al 2008 ma ha – soprattutto – approvato un documento con i
quale si ipoteca l’effetto sul prossimo Gerico. Un ulteriore intervento è previsto a fine 2009,
dopo la presentazione delle dichiarazioni dei redditi per avere il quadro completo e
procedere ai correttivi che tengano conto anche degli effetti della crisi. Alla Sose (società
per gli studi di settore) è in preparazione un questionario che si rivolgerà direttamente ai
contribuenti per riceverne i dati ritenuti significativi per dare conto degli effetti della crisi in
atto. Il documento approvato ieri non ha trovato d’accordo i tributaristi Lapet, poiché il
documento rifiuta l’idea di correzioni selettive per una crisi generalizzata I tributaristi Int
invece affermano “la propria fiducia nella Commissione nella certezza che si provvederà
ad intervenire tenuto conto degli effetti della crisi in atto” Sulla stessa posizione anche
Confcommercio e Confartiginato. Assenti i consulenti del lavoro che si erano già astenuti
sul precedente documento della commissione.
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Giustizia
Intercettazioni
Mauro Romano, Italia Oggi pag. 3
Rispunta il nodo intercettazioni
Alla fine è quasi sempre lì che si va a parare. Perché dietro allo tsunami giudiziario che ha
imperversato negli ultimi giorni, così come in tutte le altre occasioni più o meno simili, ci
sono le intercettazioni. L\’arma investigativa, usata a più non posso dalle procure della
penisola, è un autentico incubo per Silvio Berlusconi. Al punto che ieri il presidente del
consiglio, dopo l\’annuncio di voler completare la riforma della giustizia cambiando la
costituzione a colpi di maggioranza, ha rilanciato un suo cavallo di battaglia: riformare il
sistema delle intercettazioni limitando il loro utilizzo soltanto ai reati più gravi, come quelli
di mafia e terrorismo. Berlusconi è tornato alla carica sul punto da Bruxelles, dove era
impegnato in un vertice del Ppe. «Credo di aver convinto abbastanza chi allora pensava
che si dovesse fare diversamente», è stato il commento dal premier, che ha annuciato un
emendamento ad hoc. Il fatto è che Berlusconi è un po\’ stretto tra due fuochi: da una parte
l\’attrito aspro con l\’opposizione sulla questione della riforma della giustizia; dall\’altro il non
facilissimo rapporto con alcune fette della maggioranza, in primis la Lega. L\’attuazione del
federalismo fiscale, obiettivo prioritario del Carroccio, aveva spinto Umberto Bossi ad
aprire all\’opposizione, soprattutto per quel che riguarda la costituzione di una commissione
bicamerale incaricata di seguire da vicino la stesura dei decreti delegati (il tutto,
naturalmente, una volta che il disegno di legge delega verrà definitivamente approvato
dalle camere). Proprio per questo, sempre nella giornata di ieri, lo stesso Bossi è
intervenuto senza tanti complimenti, chiedendo al premier di «abbassare i toni». La
tensione, però, rimane piuttosto alta. A dare un contributo in tal senso ha pensato il leader
di Pd, Walter Veltroni, che ha accusato di «comportamento irresponsabile» il presidente
del consiglio. Berlusconi, ha detto l\’ex sindaco di Roma, «deve accettare il fatto che esiste
un\’opposizione. Pensa di poter decidere lui chi deve fare l\’opposizione, ma se lo deve
togliere dalla testa». A dir la verità, dopo il richiamo di Bossi, Berlusconi ha anche provato
a mostrarsi più conciliante. «Se in parlamento ci fosse la possibilità di sederci a un
tavolo», ha infatti successivamente precisato il presidente del consiglio, «io non pongo un
ostacolo a questo. Anzi, se riescono in parlamento a collaborare per rendere più facile la
via delle riforme benissimo». Il problema è che a chiudere ogni spiraglio di dialogo è
intervenuto il presidente dell\’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, che come sempre non ha
lesinato toni severi. Berlusconi, ha argomentato l\’ex pm di Mani pulite, «vuole deformare la
giustizia per sottoporre i giudici, e in particolare i pm, al potere del governante di turno.
Egli non vuole riformare la giustizia, ma fare in modo che non funzioni».
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Liana Milella, La Repubblica pag. 6
La Bongiorno adotta l´allarme Grasso “Intercettazioni, niente favori alla
mafia”
Se la ricordano tutti la battuta più terribile pronunciata da Berlusconi appena due
settimane fa a proposito di intercettazioni: «Propongo di bloccarle tutte per un anno».
Solita riunione sulla giustizia a Palazzo Grazioli tra gli alleati, e quelli della Lega e di An
restano allibiti. Lui insiste: «Se la moratoria è proprio impossibile allora stringiamo la lista
al massimo, solo reati gravissimi». Ieri la querelle si ripropone pari pari. Il premier
annuncia un emendamento al ddl del governo (presentato a giugno, è alla Camera) per
limitare gli ascolti solo a mafia e terrorismo. Lega e An non ci stanno, respingono, come
inammissibile, pure la proposta Ghedini di ricorrere, per gli altri reati, alle intercettazioni
preventive, quelle fatte dalla polizia, che non finiscono neppure nel processo. E non
assurgono mai al rango di prova. Niet. Tutto deve restare com´è. Il presidente del
Carroccio a Montecitorio Roberto Cota lo ufficializza: «A noi il testo del governo va bene
così». Carolina Lussana di rincalzo: «I reati contro la pubblica amministrazione devono
rimanere dentro». Su quelli già puntò i piedi il delfino di Bossi e ministro dell´Interno
Roberto Maroni: «O stanno dentro o io non voto». L´aennina Giulia Bongiorno, presidente
della commissione Giustizia della Camera, tiene ugualmente il punto: «Quei reati non si
toccano. Sono e devono restano intercettabili. Anzi. Dopo aver ascoltato le annotazioni del
procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ho deciso che farò mie le sue osservazioni e
presenterò altrettanti emendamenti». Che ampliano la lista dei reati e superano lo
sbarramento dei delitti fino ai dieci anni di pena e l´elenco striminzito di singoli delitti del
ddl (pubblica amministrazione, ingiuria, minaccia, usura, molestie al telefono). Quando
parla a Bruxelles Berlusconi non sa che alla Camera, di buon mattino, Grasso ha messo in
fila i gravi difetti del ddl sulle intercettazioni, dalla lista dei reati, alla durata massima fino a
tre mesi, per finire alla stretta sugli ascolti ambientali. Limiti che renderanno «più difficili se
non impossibili le indagini sulla mafia». La Bongiorno ascolta, prende nota, decide che
«farà suoi» quegli appunti. Berlusconi invece da già per scontato il consenso degli alleati.
Dice sicuro: «Credo di aver convinto abbastanza chi allora pensava si dovesse fare
diversamente». In quell´ «abbastanza» si cela il primo scontro assicurato per il nuovo
anno tra Berlusconi con i suoi berluscones Angelino Alfano (ministro Guardasigilli) e
Niccolò Ghedini (suo consigliere giuridico) e gli alleati. I primi decisi a fare del ddl una
tagliola sulle intercettazioni, sulla possibilità per il pm di chiederle (solo per reati fino a
dieci anni), sulla decisione di concederle (non più il solo gip ma un tribunale collegiale),
sulla divulgazione (segreto totale fino al processo), sulle pene (carcere fino a tre anni) per
chi comunque le pubblica. Con l´intenzione si stringere ancor di più una maglia già
strettissima: ascolti solo per mafia e terrorismo. Inutilmente Piero Grasso batte sui reatimezzo,
bancarotta, traffico di rifiuti, truffa aggravata, turbata libertà degli incanti, che
resterebbero già oggi fuori dalle intercettazioni e non consentirebbero di iniziare a scoprire
i business delle cosche. Inutilmente segnala che sarebbe un colpo per le indagini sulla
mafia poter mettere microspie solo laddove si presuppone che venga commesso un reato,
e non, per esempio, nelle sale colloqui del carcere o negli uffici di polizia dove i mafiosi
parlano tra loro. Le parole di Grasso fanno impressione, Lega e An tengono duro. Per loro
il testo può solo essere migliorato. Proprio in direzione opposta da quanto chiede il
Cavaliere.
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La riforma della Giustizia
Valerio Onida, Il Sole 24 Ore pag. 17
La Costituzione deve restare il terreo comune di confronto
Coloro che, nello schieramento oggi all’opposizione, non hanno appoggiato né promosso
nella scorsa legislatura, il rafforzamento della procedura di revisione costituzionale (…)
oggi avrebbero di che pentirsi, vedendo il Presidente del Consiglio annunciare il rifiuto
della condivisione e l’intendimento di varare riforme costituzionali a maggioranza, da
convalidare eventualmente con il voto popolare del referendum. Speriamo che siano solo
annunci, cui no facciano seguito fatti (…) il rischi che si corre altrimenti è di perdere l’idea
che la Costituzione non è e non può essere materia di deliberazioni di uno schieramento
contro l’altro, ma deve (continuare ad) essere il terreno comune nel quale tutti si
riconoscono, e a partire dal quale ci si confronta poi sulle scelte politiche. Le eventuali
riforme dovrebbero dunque essere il frutto di una ponderata e condivisa valutazione circa
la necessità di aggiornare o modificare questa o quella regola, per ottenere risultati di
maggiore funzionalità delle istituzioni, senza allontanarsi dai principi (…). Il tema di oggi è
la giustizia. Le inefficienze e le situazioni di cattivo funzionamento degli apparati giudiziari
e delle loro attività sono sotto gli occhi di tutti: lentezza dei processi, incertezza del diritto,
eccessiva autoreferenzialità di certi magistrati, mancanza di risorse personali, strumentali
e finanziarie, riflessi corporativi delle varie “caste” (sono tante),fenomeni di abuso dei
propri diritti e poteri, a spese della giustizia, da parte dei diversi protagonisti della vicenda
processuale, interazioni perverse tra sistema politico, sistema giudiziario e sistema
mediatico etc; Ma cosa c’entra tutto ciò con la Costituzione? La maggior parte, se non tutti,
questi problemi richiedono, per essere affrontati con successo, migliore organizzazione,
capi ufficio più autorevoli e capaci anche di controllare e di (saggiamente) comandare,
migliori prassi di coordinamento, meno individualismi, formazione dei magistrati rivolta a
promuovere attitudini e atteggiamenti conformi a tali esigenze, rispetto da parte di tutti dei
rispettivi ruoli istituzionali. In molti casi ciò può essere fatto con prassi più adeguate, in
alcuni casi si può fare attraverso leggi ordinarie (una maggiore separazione delle funzioni
tra giudici e pm, una riorganizzazione degli uffici delle Procure, una diversa formazione e
articolazione del Csm). Sommariamente pericoloso, invece, sarebbe l’indebolimento della
assoluta indipendenza della magistratura, giudicante e requirente,rispetto ai poteri politici
(…). Inutile invocare il modello dei Paesi anglosassoni. Lì funziona 8quando funziona)
sulla base di un costume e di una cultura per cui anche un pubblico accusatore, e anche
un giudice, nominato dal Governo (peraltro non senza controlli e spesso a vita) esercita le
sue funzioni in modo indipendente dallo stesso potere che lo ha nominato. Da noi
mancano premesse culturali e di costume, prima che istituzionali, perché questo possa
avvenire. Molti politici (non tutti)cercano immunità, non rispetto dei loro diritti e del loro
ruolo esercitato con trasparenza. Il magistrato nominato (o addirittura eletto) con sistemi
da spoil system si sentirebbe prima di tutto impegnato 8molto di più di quanto, in ipotesi,
avviene oggi per i magistrati “politicizzati” a favore dei propri mandanti o patroni. Se
proprio si volesse intervenire con modifiche alla Costituzione altri semmai dovrebbero
essere i problemi da affrontare: i criteri sempre meno difendibili di riparto della
giurisdizione fra giudici ordinari e amministrativi; la storica commistione dei componenti del
Consigli di Stato, delle funzioni di consulenza del governo e di quelle giurisdizionali; la
“storica” riserva alle Camere dei “giudizi” in materia elettorale; e anche il possibile
arricchimento del sistema di tutela dei diritti attraverso la previsione di appositi
procedimenti di ricorso nel caso di violazioni, da parte di qualsiasi autorità. Di diritti
fondamentali della persona.
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