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DIRITTI CIVILI: Sui matrimoni omosessuali decida il Parlamento

Fonte: cassazione.net=======================Spetta al Parlamento riconoscere le coppie omosessuali che hanno diritto di vivere liberamente ma questo obiettivo non si raggiunge solo attraverso il matrimonio che, per tradizione millenaria, si celebra fra un uomo e una donna.
Con queste motivazioni la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili e infondate le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Venezia e dalla Corte d’Appello di Trento in relazione agli articoli 93, 96, 107, 108, 143, 143bis e 156 bis del codice civile, nella parte in cui “sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso”.
Insomma secondo i giudici di Palazzo della Consulta non c’è discriminazione, almeno per come sono concepite le norme in Italia, fra etero e omosessuali. L’unione matrimoniale è infatti, allo stato attuale prevista dalle nostre leggi soltanto per un uomo e per una donna. In un significativo passaggio della sentenza, destinata ad incrementare le polemiche sui matrimoni gay, il Collegio ha messo nero su bianco che “l’art. 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Bene, “per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”. Nonostante questo, tuttavia, la Corte ha “escluso” che “l’aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio”. Ma non è ancora tutto. A sostegno della sua decisione la Consulta ha anche richiamato l’attenzione sulle norme approvate in altri paesi sostenendo che “è sufficiente l’esame, anche non esaustivo, delle legislazioni dei Paesi che finora hanno riconosciuto le unioni suddette per verificare la diversità delle scelte operate.
Per queste ragioni, conclude il Giudice delle Leggi, “spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni”.

https://www.giovannifalcone.it/upload/uno.pdf

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