«Societas delinquere non potest» dicevano i latini, ma l’antico brocardo è diventato all’improvviso anacronistico con il D.lgs 231/01 che ha introdotto la responsabilità da reato per l’ente; lasciando tuttavia qualche dubbio in giurisprudenza e dottrina sulla portata delle innovazioni introdotte. Di certo v’è, per ora, che in tali procedimenti penali non è ammessa la costituzione della parte civile: sarebbe stata infatti necessaria una disposizione ad hoc che la novella non contiene. Lo precisa la sentenza n. 2251/11 emessa dalla sesta sezione penale della Cassazione.
La gestione dell’azione civile nel processo penale non è un principio fondamentale dell’ordinamento, ma costituisce uno “strappo” alla tradizionale separazione dei due, diversi giudizi. Il Dlgs 231/01 non contiene alcun riferimento alla costituzione di parte civile e, anzi, il testo fa di tutto per ignorarla: segno che – spiegano i giudici – non si tratta di una lacuna nella normativa ma che il legislatore ha scelto consapevolmente di derogare all’applicazione degli articoli 74 Cpp e 185 Cp nei procedimenti ex articolo D.lgs 231/01. Inutile, a questo proposito, dividersi fra chi sottolinea la natura formalmente amministrativa della responsabilità introdotta dalla novella e chi ne evidenzia il carattere sostanzialmente penale: si tratta di una contrapposizione che, seppure appassionante per la dottrina, non risulta decisiva per escludere o ammettere la costituzione della parte civile. La scelta del legislatore, fra l’altro, potrebbe essere spiegata nel senso che non si può individuare un danno derivante dall’illecito amministrativo che sia diverso dal reato. Insomma: senza una precisa base normativa va escluso che nel processo D.lgs. 231/01 possa trovare ingresso un’azione civile nei confronti dell’ente.
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