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OMESSA SEGNALAZIONE DI OPERAZIONE SOSPETTA & CONDANNA DEL DIRETTORE DI FILIALE: Riflessione necessaria

OMESSA SEGNALAZIONE DI OPERAZIONE SOSPETTA & CONDANNA DEL DIRETTORE DI FILIALE: Riflessione necessaria

A leggere la sentenza nr.23017 del 30 ottobre 2009 della Cassazione Civile – Sezione V, riguardante l’oggetto, sorge spontanea la necessità di qualche riflessione sul significato della “Collaborazione attiva”, cui sono obbligati tutti i destinatari della vigente normativa[1].

Più precisamente, vorremmo tutti capire meglio il significato cui attribuire alla responsabilità che consegue ad una eventuale “Omissione” in tema di legislazione antiriciclaggio soprattutto quando, arrivando davanti al giudizio del Tribunale – sia pure monocratico – si giunge ad una ragionevole valutazione dei fatti [2].

Tutto nasce da una contestazione fatta al Direttore di una Filiale della CREDEM (Credito Emiliano SpA), per una asserita omessa Segnalazione di operazione sospetta, dove l’apposita Commissione permanente del Ministero dell’Economia e delle Finanze lo condanna, in solido con la banca,  ad una sanzione amministrativa di 75 milioni di lire.

A mente dell’articolo 22 della legge n.689/81, lo stesso, presentava ricorso al Tribunale il quale, giudicò che nessun obbligo di comunicazione incombeva all’opponente, partendo dalla considerazione che anche operazioni “connotate da anomalie oggettive potrebbero … risultare giustificate e non sospette se guardate alla luce delle notizie sul cliente conosciute dall’intermediario”; quindi annullò l’ingiunzione avendo rilevato che il caso in esame, obbiettivamente anomalo alla stregua dei parametri indicativi di operazioni sospette elaborati dalla Banca d’Italia (emissione reiterata di assegni al di sotto del limite di L. venti milioni), non dava tuttavia adito a dubbi tali da imporre la segnalazione giacché “la conoscenza dei soggetti coinvolti e della provenienza del denaro utilizzato rendevano perfettamente spiegabili le operazioni oggetto di contestazione. Infatti… tutti i soggetti coinvolti intrattenevano consolidati rapporti con il Credito Emiliano ed il denaro utilizzato proveniva dalla vendita di un complesso immobiliare di proprietà della società”, di cui era amministratore uno dei depositanti.[3]

Il passaggio di maggiore interesse contenuto nel ragionamento dell’organo giudicante di merito, quale il  Tribunale di Napoli, sembra essere quello in cui si dice:

“la conoscenza dei soggetti coinvolti e della provenienza del denaro utilizzato rendevano perfettamente spiegabili le operazioni oggetto di contestazione.”.

Ciò, soprattutto se consideriamo che tutti gli Indici di anomalia elencati nel Decalogo della Banca d’Italia[4], aggiungono sempre, alla tipologia di condotta – oggettiva o soggettiva – del cliente:

·       … non giustificata dall’attività svolta dal cliente …;

·       … soprattutto se non vi sono plausibili giustificazioni economiche o finanziarie …;

·       … qualora i rapporti non appaiono giustificati …;

·       … salvo che il cliente non rappresenti particolari esigenze … ;

·       … senza che il cliente fornisca adeguate spiegazioni sulla tardiva presentazione degli stessi … .

Ora,  prescindere dagli indici di anomalia, che certamente servono ad una valutazione di prima facie, appare giusto soprassedere dalla necessità dell’inoltro della Segnalazione di operazione sospetta se conosco approfonditamente il cliente, ma soprattutto la sua attività economica alla quale poter ragionevolmente ricondurre la tipologia e natura di operatività posta in essere attraverso la posizione dei conti della clientela.

A questa ragionevole conclusione del Tribunale che mandava assolto il malcapitato Direttore di filiale, si opponeva il Ministero dell’Economia e delle Finanze adducendo una presunta “insufficiente e contraddittorietà della motivazione.”

La difesa erariale, nel successivo ricorso per cassazione, andava a sostenere;

a.    “che solo l’assoluta certezza circa la regolarità delle operazioni effettuate potrebbe essere al limite suscettibile di escludere l’obbligo di segnalazione”;

b.  pertanto, “anche un solo sospetto o la presenza di una minima anomalia farebbe scattare l’obbligo di segnalazione”, con la conseguenza che, nella fattispecie in esame, la norma sarebbe stata violata o falsamente interpretata dal Tribunale, mancando “l’assoluta certezza della regolarità delle operazioni quando uno dei soggetti coinvolti non solo aveva posto in essere un comportamento contrastante con gli indici di anomalia di operazioni sospette messi a punto dalla Banca d’Italia – e cioè richieste frequenti e per importi significativi di assegni circolari contro versamento di denaro contante -, ma non risultava nemmeno persona intestataria di conto corrente presso la dipendenza cui era stata rivolta siffatta richiesta”, consistente nell’emissione di quindici assegni circolari per un importo complessivo di L. 200.000.000, a fronte del versamento di contanti.

In conclusione, resisteva il Ministero,  che per far scattare l’obbligo di denuncia è sufficiente l’esistenza di un minimo sospetto circa la trasparenza dell’operazione” e che a determinare l’obbligo di segnalazione sia sufficiente, secondo la norma in esame, il “minimo sospetto”.

Il ricorso del Ministero è stato accolto e la sentenza del Tribunale praticamente “cassata”.

Oggi, non conosco il prosieguo della vicenda che, in qualche misura mi lascia molto perplesso,  laddove sembra intravedere un “automatismo” inconcepibile degli Indici di anomalia e Obblighi di segnalazione.

Voglio concludere con qualche esempio, rispondendo a qualche Indice di anomalia:

1.  (1.1) Ripetute operazioni della stessa natura non giustificate dall’attività svolta dal cliente ed effettuate con modalità tali da denotare intenti dissimulatori: Un soggetto che con cadenza quotidiana
o settimanale mi versa denaro contante, magari di poco al di sotto della soglia
obbligatoria di registrazione in AUI, anche arrivando a totalizzare su base
annua l’ammontare complessivo di 300 mila euro.

In modo ragionevole, se conosco in modo approfondito la moralità del cliente (come dedito al lavoro da una vita) e titolare di attività economica regolarmente registrata alla Camera di commercio e con una contabilità completa posta in essere  – immaginiamo ad un Distributore di carburanti, una Farmacia, un Super market etc. – NON faccio alcuna segnalazione, soprattutto se la movimentazione viene registrata su un conto di natura aziendale.

2.  (2.1) Prelevamento di denaro contante per importi rilevanti, salvo che il cliente non rappresenti particolari esigenze: Un soggetto, titolare di attività economica, Ditta individuale operante nel settore dell’agrigoltura, intestatario di un conto aziendale che ripetutamente preleva denaro contante per acquisti di piccole partite di prodotti agricoli.

A parte la necessità di avvertire tutta la clientela del divieto esistente di effettuare pagamenti per contanti in misura superiore ad una certa soglia – oggi pari o superiori a mille euro – come Responsabile di filiale non devo fare altro se si considera che:

·       Conosco l’origine della provvista – giunta sul conto aziendale con
strumenti tracciabili come bonifici o assegni e pertanto già fatturata
scongiurando da subito possibili accantonamenti in evasione o elusione fiscale;

·       Conosco bene il cliente che, da generazioni, svolge l’attività di
commerciante all’ingrosso e dettaglio di prodotti agricoli.

Con tali  informazioni,  attinenti alla “conoscenza del cliente e all’origine della provvista” nutro la ragionevole convinzione di NON fare alcuna Segnalazione di operazione sospetta.

Questo, evidentemente, fino a quando non arriva la Suprema Corte di Cassazione che forse … riuscirà a farmi cambiare idea!   

                                                  SENTENZA PER ESTESO

 
 
 

BANCHE   –
IMPOSTE E TASSE IN GENERE   –
SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEPENALIZZAZIONE
Cass. civ. Sez. V, Sent., 30-10-2009, n. 23017

 

 

REPUBBLICA
ITALIANA

 

IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE
TRIBUTARIA

 

Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott.
ALTIERI Enrico – Presidente

 

Dott.
BOGNANNI Salvatore – Consigliere

 

Dott.
MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere

 

Dott.
BERNARDI Sergio – Consigliere

 

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere

 

ha pronunciato la seguente:

 

sentenza

 

sul ricorso n. 20436/05 R.G. proposto da:

 

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro p. t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;


ricorrente –

contro

 

M.M., elettivamente domiciliato in Roma, via Cicerone, n. 28, presso lo studio Izzo,
rappresentato e difeso dall’Avvocato Riccardo Satta Flores per procura speciale a margine del controricorso;


controricorrente –

avverso la sentenza n. 1239/1994 del Tribunale di Napoli, in composizione monocratica,
depositata il 7.6.2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 24.9.2009 dal
relatore Cons. Dott. Giuseppe Vito Antonio Magno;

Udito, per il controricorrente, l’Avvocato Riccardo Satta Flores;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Apice Umberto, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

 


 

 

Fatto Diritto P.Q.M. 

Svolgimento del
processo 

 

1.1.- Il signor M.M., titolare della dipendenza n. (OMISSIS), della banca Credito Emiliano S.p.A., fece opposizione, con ricorso al tribunale di Napoli, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, contro il decreto emesso il 6.12.2001 (notificato il 22.3.2002) dal ministero dell’economia e delle finanze, dipartimento del tesoro, con cui gli era ingiunto il pagamento, in solido con la suddetta banca, della somma di L. 79.000.000, a titolo di sanzione per omessa segnalazione – in violazione del D.L. 3 maggio 1991, n. 143, art. 3, convertito nella L. 5 luglio 1991, n. 197, recante: “Provvedimenti urgenti per limitare l’uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l’utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio” – di operazioni asseritamente sospette, consistite nel versamento, anche da parte di soggetti non titolari di conto corrente presso la stessa dipendenza bancaria, di rilevanti somme di denaro (L. 395.000.000) in modo frazionato e parzialmente in contanti.

1.2.- Con la sentenza citata in epigrafe, pronunziata in contraddittorio delle parti, il tribunale giudicò che nessun obbligo di comunicazione incombeva all’opponente, partendo dalla considerazione che anche operazioni “connotate da anomalie oggettive potrebbero… risultare giustificate e non sospette se guardate alla luce delle notizie sul cliente conosciute dall’intermediario”; quindi annullò l’ingiunzione avendo rilevato che il caso in esame, obbiettivamente anomalo alla stregua dei parametri indicativi di operazioni sospette elaborati dalla Banca d’Italia (emissione reiterata di assegni al di sotto del limite di L. venti milioni), non dava tuttavia adito a dubbi tali da imporre la segnalazione giacchè “la conoscenza dei soggetti coinvolti e della provenienza del denaro utilizzato rendevano perfettamente spiegabili le operazioni oggetto di contestazione. Infatti… tutti i soggetti
coinvolti intrattenevano consolidati rapporti con il Credito Emiliano ed il denaro utilizzato proveniva dalla vendita di un complesso immobiliare di proprietà della società”, di cui era amministratore uno dei depositanti.

1.3.- Per la cassazione di tale sentenza ricorre il ministero dell’economia e delle finanze, con unico motivo; l’intimato M. M. resiste mediante controricorso, illustrato anche da memoria.

2.- Motivo del ricorso e replica del resistente.

2.1.- La sentenza del tribunale è censurata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione del D.L. 3 maggio 1991, n. 143, art. 3, comma 1, convertito nella L. 5 luglio 1991, n. 197, e successive modifiche ed integrazioni; e per insufficienza e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo.

2.1.1.- La difesa erariale sostiene che il giudice a quo, pur riconoscendo che la norma citata è inequivocabile nel prevedere, in determinati casi, uno specifico obbligo di segnalazione, tuttavia “ne relativizza la portata al punto da sminuire tale obbligo in un’opzione meramente discrezionale”; dovendosi invece ritenere, secondo una corretta interpretazione del citato art. 3 (come sostituito dal D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 153, art. 1), che il personale bancario è tenuto a collaborare attivamente nella lotta al riciclaggio, segnalando qualunque operazione sospetta, “nel senso che solo l’assoluta certezza circa la regolarità delle operazioni effettuate potrebbe essere al limite suscettibile di escludere l’obbligo di segnalazione”;
pertanto, “anche un solo sospetto o la presenza di una minima anomalia farebbe scattare l’obbligo di segnalazione”; con la conseguenza che, nella fattispecie in esame, la norma sarebbe stata violata o falsamente interpretata dal tribunale, mancando “l’assoluta certezza della regolarità delle operazioni quando uno dei soggetti coinvolti non solo aveva posto in essere un comportamento contrastante con gli indici di anomalia di operazioni sospette messi a punto dalla Banca d’Italia – e cioè richieste frequenti e per importi significativi di assegni circolari contro versamento di denaro contante -, ma non risultava nemmeno persona intestataria di conto corrente presso la dipendenza cui era stata rivolta siffatta richiesta”, consistente nell’emissione di quindici assegni circolari per un importo complessivo di L. 200.000.000, a fronte del versamento di contanti.

2.1.2.- In conclusione, secondo l’amministrazione ricorrente, il citato art. 3 dovrebbe essere interpretato “nel senso che per far scattare l’obbligo di denuncia è sufficiente l’esistenza di un minimo sospetto circa la trasparenza dell’operazione”; altrimenti si rischierebbe di vanificarne sostanzialmente la portata, quando si desse “prevalente credito a giustificazioni
rese a posteriori e per di più basate su valutazioni di carattere prevalentemente soggettivo”. 2.2.- Il resistente prospetta, in primis, l’inammissibilità della censura, sotto il duplice profilo della genericità, non essendo asseritamente indicati gli elementi probatori che avrebbero potuto indurre il giudice a quo a diversa conclusione, e della violazione del principio d’insindacabilità in cassazione delle valutazioni di merito; secondariamente, contesta che a determinare l’obbligo di segnalazione sia sufficiente, secondo la norma in esame, il “minimo sospetto”.

3.-Decisione.

3.1.- Il ricorso merita accoglimento, nei termini di ragione di seguito espressi; per conseguenza, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, mediante rigetto dell’opposizione proposta col ricorso introduttivo. Le spese (liquidate in dispositivo per la sola fase di legittimità, posto che il ministero non risulta costituito in tribunale), debbono far carico al resistente, per la soccombenza.

Motivi della decisione

4.1.- La censura è fondata, sotto il profilo della falsa applicazione di legge; non hanno pertanto rilevanza le eccezioni del resistente (v. par. 2.2), attinenti alla pretesa inammissibilità del motivo in relazione al vaglio del materiale probatorio.

4.2.-Lo scopo cui tende la normativa interessante la presente causa è quello, annunziato già nel titolo del più volte citato D.L. n. 143 del 1991, di contrastare i fenomeni criminali, limitando l’uso del denaro contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenendo “l’utilizzazione dei sistema finanziario a scopo di riciclaggio”; a tal fine, il legislatore – recependo anche direttive europee (cfr. D.Lgs. n. 153 del 1997) – intende reprimere alcune condotte di pericolo (Cass. n. 6647/2007) fra le quali, per quanto ora interessa, quelle operazioni che “per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza, induca(no) a ritenere” la possibile provenienza di denaro, beni o utilità, oggetto di dette operazioni, da taluno dei reati contemplati dagli artt. 648 bis e 648 ter c.p. (D.L. n. 143 del 1991, art. 3, comma 1, sostituito dal D.Lgs. n. 153 del 1997,art. 1, entrato in vigore il 1.9.1997, per segnalazioni effettuate dopo tale data, come prescrive il successivo art. 2, quindi applicabile alla controversia in esame).

4.2.1.-E’ necessario sottolineare, in proposito, che tenuto a segnalare simili operazioni è “il responsabile della dipendenza”, il quale ne riferisce al “titolare dell’attività”; quest’ultimo “esamina le segnalazioni pervenutegli e qualora le ritenga fondate tenendo conto dell’insieme degli elementi a sua disposizione, … le trasmette senza ritardo al questore del luogo dell’operazione, il quale ne informa l’Alto commissario e il nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza” (art. 3 cit., comma 2).

Altrimenti le archivia.

4.2.2.- Nelle ipotesi contemplate dall’art. 3, ossia nel caso di operazioni sospettabili di riciclaggio, la legge prevede dunque un duplice obbligo di segnalazione (cfr. Cass. n. 25134/2008), ugualmente sanzionato dal D.L. n. 143 del 1991, art. 5, comma 5: da parte del responsabile della dipendenza al titolare dell’attività, ossia all’organo direttivo della banca (art. 3, comma 1), e da parte di quest’ultimo al questore (comma 2).

E’ del tutto evidente che il potere di valutare le segnalazioni e di trasmetterle al questore solo se le ritenga fondate, in base all’insieme degli elementi a disposizione, spetta solo al titolare dell’attività; mentre il responsabile della dipendenza, come l’odierno resistente, ha un margine di discrezionalità più ridotto, dovendo segnalare al suo superiore “ogni” operazione che lo “induca a ritenere” che l’oggetto di essa “possa provenire” da reati attinenti al riciclaggio.

4.2.3.- Anche nell’ambito di questo più ristretto margine di giudizio, il responsabile della dipendenza deve controllare, per vero, che sussistano elementi tali da far ritenere sospetta l’operazione; ma si tratta di elementi essenzialmente oggettivi stabiliti
dalla stessa legge
– caratteristiche, entità, natura o “qualsivoglia altra circostanza” oggettivamente significativa – o ulteriormente specificati dalla Banca d’Italia; laddove gli elementi (pur sempre di carattere oggettivo) riferibili al cliente, che il responsabile della dipendenza è pure tenuto a considerare, sono la capacità economica e l’attività svolta: ciò significa, evidentemente, che l’entità (ad es.) dell’operazione non può essere elevata a sospetto se risulta che il soggetto operante è dotato di alta capacità economica.

4.2.4.- Una di tali caratteristiche oggettive, menzionata espressamente dalla norma e ricorrente nel caso di specie, consiste nella “effettuazione di una pluralità di operazioni non giustificata dall’attività svolta da parte della stessa persona”; ciò significa che anche una pluralità di operazioni, ciascuna delle quali eventualmente inferiore al limite tollerato dalla legge, può non indurre alcun sospetto, e quindi non richiedere di essere segnalata, se il soggetto operante svolge notoriamente un’attività economica che, per sua natura, comporta la necessità di ricorrere ad una “pluralità di operazioni”; altrimenti, la segnalazione è obbligatoria.

4.3.- Nel caso di specie, il tribunale annota che gli “indici di anomalia”, predisposti dalla Banca d’Italia in quanto significativi di operazioni sospette, “segnalano la necessità di ulteriori approfondimenti da parte dell’intermediario sulla base della totalità delle informazioni di cui dispone”; e conclude nel senso che “la conoscenza dei soggetti coinvolti e della provenienza del denaro utilizzato” valgono ad esentare da sospetti la reiterata emissione di assegni (ciascuno inferiore a L. venti milioni), che pertanto non meritava di essere segnalata.

4.3.1.- Questo ragionamento costituisce falsa applicazione della normativa in esame, sia perché la debita valutazione da parte dell’intermediario (organo direttivo della banca) dell’operazione segnalata, alla luce di tutti gli altri elementi a sua disposizione (art. 3, comma 2), non compete al responsabile della dipendenza bancaria (art. 3, comma 1), come si è spiegato al par. 4.2.2; sia perché i dati relativi al cliente, che il responsabile di agenzia può legittimamente apprezzare, non sono quelli menzionati dal tribunale (conoscenza personale del soggetto e provenienza del denaro), bensì la capacità economica ed il tipo di attività svolta da costui: elementi diversi da quelli presenti e considerati nella fattispecie in esame.

4.4.- Le ragioni svolte giustificano la decisione (par. 3.1).

5.- Dispositivo. <!–
.-
dispositivo.

P.Q.M.

 

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della lite. Condanna il resistente al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.200,00 (duemiladuecento), di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – tributaria, il 24 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2009

 

 


 

 

D.L. 03/05/1991 n. 143, art. 

 

L. 05/07/1991 n. 197

 

D.Lgs. 26/05/1997 n. 153, art.  

 


[2] “””1.1.- Il signor M.M., titolare della dipendenza n. (OMISSIS), della banca Credito Emiliano S.p.A., fece opposizione, con ricorso al tribunale di
Napoli, ai sensi della 
L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, contro il decreto emesso il 6.12.2001 (notificato il 22.3.2002) dal ministero dell\’economia e delle finanze, dipartimento del tesoro, con cui gli era ingiunto il pagamento, in solido con la suddetta banca, della somma di L. 79.000.000, a titolo di sanzione per omessa segnalazione – in violazione del D.L. 3 maggio
991, n. 143,
 art. 3, convertito nella L. 5 luglio 1991, n. 197, recante:
“Provvedimenti urgenti per limitare l\’uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l\’utilizzazione del sistema finanziario
a scopo di riciclaggio” – di operazioni asseritamente sospette, consistite nel versamento, anche da parte di soggetti non titolari di conto corrente
presso la stessa dipendenza bancaria, di rilevanti somme di denaro (L.395.000.000) in modo frazionato e parzialmente in contanti.”””


[3]La parte colorata rappresenta parte integrale della sentenza del Tribunale di Napoli, ripresa nella sentenza di Cassazione che qui ci occupa

[4]https://www.giovannifalcone.it/205/decalogo_banca_d_italia_.html

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