martedì, Maggio 7, 2024
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PENSIONE PIGNORABILE OLTRE IL QUINTO: Sentenza Tribunale di Napoli

Con ordinanza del 28 maggio 2013, il Tribunale di Napoli, sez. distaccata di
Casoria, nell\’ambito di un giudizio di esecuzione mobiliare presso terzi, avente
ad oggetto il pignoramento delle somme derivanti da una pensione del debitore
versata su un conto corrente bancario, ha affermato che non sussistono, in
quanto non si applicano al caso di specie, i limiti di pignorabilità di un
quinto della pensione allorchè la pensione medesima venga versata su un conto
corrente bancario. Ciò in quanto il rapporto previdenziale e la natura
previdenziale delle somme percepite dal pensionato vengono a perdere suddetta
natura con il loro versamento sul conto corrente bancario, dando luogo ad un
nuovo e diverso rapporto di natura contrattuale, tra banca e correntista, non
soggetto per tal motivo ai limiti di pignorabilità della pensione tutt\’ora
previsti dalla normativa vigente.

Il principio sancito, per quanto già affermato da altri giudici di merito, va
a consolidare suddetto orientamento. Infatti, il denaro che affluisce sul conto
corrente perde la connotazione data dal titolo in base al quale lo stesso è
stato percepito; ne consegue che l\’azione esecutiva non soggiace ai limiti
previsti per i crediti retributivi o pensionistici aggrediti presso il terzo
pignorato, obbligato alla relativa erogazione (T. Bolzano, 03-02-2010; T.
Torino-Moncalieri, 27-12-2007). Va in proposito evidenziato che
l\’impignorabilità parziale di trattamenti pensionistici, è posta a tutela
dell\’interesse di natura pubblicistica consistente nel garantire al pensionato i
mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita (art. 38 cost.) e tale finalità è
ancora più marcata dopo l\’entrata in vigore della carta dei diritti fondamentali
dell\’Unione europea, efficace dal 1 dicembre 2009 (data in cui è entrato in
vigore il trattato di Lisbona), che, all\’art. 34, 3º comma, garantisce il
riconoscimento del diritto all\’assistenza sociale al fine di assicurare
un\’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti;
ne consegue che il pignoramento della pensione eseguito oltre i limiti
consentiti è radicalmente nullo per violazione di norme imperative e la nullità
è rilevabile d\’ufficio senza necessità di un\’eccezione o di un\’opposizione da
parte del debitore esecutato.

Diversa è la disciplina dei limiti di pignorabilità posti dall\’art. 545, 3º e
4º comma, c.p.c., in caso di esecuzione concorsuale, alla quale non sono
estensibili poiché in tal caso trova applicazione la normativa specifica
dell\’art. 46 l.fall., che affida al giudice il potere discrezionale di
determinare la eventuale devoluzione al fallito, e conseguente sottrazione
all\’acquisizione all\’attivo fallimentare, di una parte delle somme a lui dovute
a titolo di pensione.

Si evidenzia inoltre che l\’atto di pignoramento di un credito spettante
al debitore esecutato per pensione di invalidità è nullo, per impignorabilità
dell\’emolumento spettante a titolo di invalidità civile, poiché colpisce un bene
sottratto alla garanzia patrimoniale del creditore procedente. Ne consegue che
la nullità, in quanto assoluta per violazione delle norme imperative poste a
tutela della solidarietà sociale e dell\’uguaglianza sostanziale dei cittadini,
deve essere rilevata d\’ufficio dal giudice dell\’esecuzione, tenuto a verificare
che l\’esecuzione sia svolta in maniera coerente con il sistema normativo vigente
(in tal senso Cass., sez. III, 11-06-1999, n. 5761). I giudici di legittimità
sono partiti dalla considerazione che il divieto di pignorabilità della pensione
di invalidità non è previsto nell\’interesse esclusivo del debitore esecutato, in
quanto egli è portatore soltanto di un interesse mediato a far valere tale
divieto che ha, più ampiamente, invece, funzione solidaristica e protettiva dei
cittadini meno favoriti. A norma dell\’art. 1 d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180
(contenente il t.u. delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la
cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche
amministrazioni) non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti gli
stipendi, i salari, le paghe, le mercedi, gli assegni, le gratificazioni, le
pensioni, le indennità, i sussidi e i compensi di qualsiasi specie che lo Stato
e le pubbliche amministrazioni corrispondono ai loro dipendenti e pensionati,
salve le eccezioni contenute nel successivo art. 2 che riproducono,
sostanzialmente, i limiti quantitativi già indicati dall\’art. 545 c.p.c.
L\’impignorabilità di tali crediti è, senza dubbio, espressione di ragioni di
umanità e di dignità sociale, assicurazione del minimo indispensabile al
debitore ed alla sua famiglia, garanzia della possibilità di vivere del suo
lavoro ,
tutte ragioni che «si riassumono e si risolvono in altrettanti momenti,
costituzionalmente rilevanti della personalità e del diritto al lavoro» (SAITTA,
Rilevabilità d\’ufficio dell\’impignorabilità, in Riv. trim. dir. e proc. civ.,
1978, 1364).

Secondo la corte tali limitazioni alla responsabilità patrimoniale prevista
dall\’art. 2740 c.c., sono norme imperative, cogenti e in senso lato di diritto
pubblico; per questa ragione esse contengono un divieto di pignorabilità
assoluto che, in quanto tale, si impone a tutti i soggetti dell\’ordinamento e,
in primis, al giudice dell\’esecuzione che deve rilevare d\’ufficio la nullità del
pignoramento che abbia colpito beni impignorabili.
 

 

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