sabato, Maggio 4, 2024
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LA POLITICA IN VETRINA: Burocrazia di sistema, come combatterla!

LA POLITICA IN VETRINA: Burocrazia di sistema, come combatterla!

Dopo i furbetti del cartellino, le migliaia di amministratori delle
partecipate pubbliche salvati dalla Corte costituzionale con la sentenza
n251/2016, anche le Banche popolari oggi gioiscono grazie al Consiglio di Stato
che ha definito i dubbi di legittimità costituzionale della Riforma delle
Banche popolari “non manifestatamente infondati”.

Ogni riforma presenta i suoi ostacoli che possiamo definire una Burocrazia
di sistema laddove, si arzigogola sulle virgole.

Speriamo bene!

Fonte: il Sole 24 Ore

BUONA LETTURA

I cavilli e la qualità

Di Luigi
Zingales

Dopo il
blocco di parte della riforma della Pubblica amministrazione da parte della
Corte Costituzionale, giovedì il Consiglio di Stato ha bloccato parte della
riforma delle banche popolari.

Il Consiglio di Stato ha definito come “non manifestatamente infondati” i
dubbi di legittimità costituzionale sollevati da vari ricorsi sulle restrizioni
imposte al diritto di recesso dei soci quando le società cooperative vengono
trasformate in società di capitali. Se dovesse prevalere il No al referendum,
tre delle quattro riforme fondamentali del Governo Renzi (il quarto essendo il
Jobs Act) rischierebbero di essere invalidate. Il nervosismo tra gli operatori
economici è crescente: sembra che in Italia i famosi lacci e lacciuoli non
esistano solo nel mondo dell’economia, ma anche in quello del diritto. Il Paese
sembra incapace di cambiare. Peggio, in qualsiasi settore l’incertezza sulle
regole è tale da rendere rischioso operare. La colpa sarebbe degli
azzeccagarbugli nostrani, che si divertono a filosofeggiare in punta di
diritto, mentre il Paese cade a rotoli.

Senza dubbio c’è molto di vero in questa visione. Nel nostro diritto la
forma spesso prevale sulla sostanza e, come ho spesso ripetuto, la patria del
diritto finisce per essere la tomba della giustizia. Ciononostante non si può
fare di ogni erba un fascio. Un sistema di diritto, quello che gli inglesi
chiamano “rule
of law
”, è una condizione essenziale per il funzionamento di un buon
sistema economico. Questa “rule of law” prevede non solo la certezza del
diritto, ma anche il rispetto delle regole fondamentali da parte innanzitutto
dello Stato.

Ieri sul Financial Times, Larry Summers criticava l’accordo raggiunto dal
presidente eletto Trump per mantenere la produzione dei condizionatori Carrier
in Indiana. Nonostante il buon fine (di mantenere posti di lavoro) Summers
criticava il metodo: favoritismi ad hoc che violano il principio di
imparzialità su cui si basa il funzionamento di un buon sistema di mercato. In
altri termini, in economia – a differenza che in politica – il fine non
giustifica i mezzi, soprattutto quando si mette a rischio la credibilità delle
regole fondamentali del gioco: il diritto di proprietà, l\’imparzialità delle
regole, ecc.

È in quest’ottica che dobbiamo analizzare la decisione del Consiglio di
Stato. Io condivido appieno le finalità della riforma. Le banche popolari,
soprattutto quelle che erano cresciute a dismisura, erano diventate dei giganti
dai piedi di argilla. Grazie ad una rete clientelare, in molti casi i vertici
avevano assunto un potere indiscusso che, come tutti i poteri indiscussi, non
poteva che condurre ad abusi e disastri. Riformare questi aspetti delle
Popolari era sacrosanto e il vizio principale della riforma è che arrivata
troppo tardi.

Detto questo, per uno come me, che crede fortemente nel diritto di
proprietà e nella libera contrattazione, la riforma è stata un po’ violenta.
Non sono un giurista e quindi non posso giudicare con competenza se e in che
termini questa riforma abbia violato la Costituzione. Ma da economista posso
dire che le limitazioni al diritto di recesso dei soci mi sembrano infrangere
il fondamentale diritto di proprietà e libera contrattazione (senza menzionare
il nostro principio costituzionale della tutela del risparmio). Il diritto di
recesso è stato sacrificato invocando la Capital Requirements Directive
(CRD-IV), che permette di far prevalere le ragioni di stabilità finanziaria sui
diritti degli azionisti. Ma è la stessa logica che ha portato a ritenere che il
collocamento indiscriminato delle obbligazioni e dei subordinati alla clientela
fosse giustificato, perché aumentava la stabilità del nostro sistema
finanziario.

L’Italia ha bisogno di riforme, ma non conta il numero: conta la qualità.
Qualsiasi riforma non è necessariamente meglio di nessuna riforma. Il costo di
una riforma mal fatta non si limita al costo diretto degli errori, ma include
il costo, in termini di consenso per tutte le riforme, che questi errori
producono. Oggi gli alberi rimasti di quella foresta pietrificata che era il
nostro sistema bancario gioiscono perché vedono nella decisione del Consiglio
di Stato una rivincita. I difensori dello status quo si sentono legittimati e
rialzano la cresta. Non possiamo permetterci che costoro prevalgano. Per
evitare che questo succeda, non possiamo solo protestare contro alcuni giudici
cavillosi, dobbiamo migliorare la qualità (anche tecnica) delle riforme.

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