Fonte: WSI – 24 aprile 2017, diAlessandra Caparello
Trading Floor: l\’analisi
tecnica del FTSE Mib
MILANO
(WSI) – Due banche su tre tra quelli minori rischiano il crack. A dirlo uno
studio diR&S
Mediobancapubblicato
da L’Espresso che svela i conti 2015 di 377 banche minori che hanno attivi
inferiori a 5 miliardi di euro.
Si
tratta per lo più di banche dicredito
cooperativo, banche popolari e società per azioni, vigilate
in modo indiretto dalla Bce attraversoBankitaliae il 66% di
esse è considerata a rischio, circa un terzo abbondantemente. Per stabilire il
livello di rischio, è stato usato come parametro il rapporto tra crediti
deteriorati netti e patrimonio netto tangibile.
“Quando il
rapporto supera il 100 per cento l’equilibrio
patrimoniale della banca comincia ad
essere compromesso”.
Le
peggiori banche
La
maglia nera, come peggior istituto in assoluto considerando tale parametro, èBanca di Teramo,
con crediti deteriorati netti pari a quasi otto volte il patrimonio netto
tangibile e sofferenze non garantite pari a più di due terzi i mezzi propri. A
seguire Cassa di risparmio di Cesena, con poco meno di mille dipendenti, oltre
13mila azionisti, e crediti deteriorati netti pari a sei volte il patrimonio
netto tangibile. Entrambe salvate per un soffio nel 2016 la prima mediante
lincorporazione in Banca di Castiglione Messer Raimondo e Pianella e la seconda
dal Fondo interbancario di tutela dei depositi.
Fari
puntati anche suCassa di San
Miniato, annoverata tra i 107 istituti mediamente
rischiosi, banca Atesina in Veneto con crediti per tre volte e mezzo il
patrimonio netto e svalutazioni per quasi tre volte i ricavi. Al Sud abbiamo
invece Banca popolare di Puglia e Basilicata (Bppb) concrediti
deteriorati netti superiori di una volta abbondante al patrimonio netto
tangibile e sofferenze non garantite pari al 10 per cento dei mezzi propri.
Oltre
al rapporto tra crediti deteriorati netti e patrimonio netto tangibile, altro
importante fattore che misura la rischiosità di un istituto è il rapporto tra
strumenti ibridi e capitale di vigilanza, ossia il capitale minimo che una
banca deve avere per soddisfare irequisiti di
vigilanzaprudenziale
stabiliti dallaBce.
“Gli strumenti
ibridi comprendono leobbligazioni
subordinateche
la vigilanza considera quasi capitale, includendole nella valutazione di
sicurezza patrimoniale della banca (…) Ibondsubordinati
possono dunque essere convertiti in azioni il cui valore può essere abbattuto,
fino al completo azzeramento, per coprire le perdite e ricostituire il capitale
della banca. E quanto più è alta nel capitale di vigilanza la percentuale di
strumenti ibridi tanto più è alto il rischio per il risparmiatore di perdere
l’investimento”.
Secondo
lo studio R&S di Mediobanca, l’incidenza di strumenti ibridi è altissima
nel caso di Cassa di Cesena, il 54%, Credito salernitano,Cassa di San Miniato,
Banca di Frascati, Bcc di Cagliari, Ubae e Banca di Castel Goffredo e tante
altre.
Cosa
ha fatto labanca centrale
Da qui la domanda spontanea.
Cosa ha fatto la Banca centrale? Ha denunciato le irregolarità?
“Alcunebanche localisono
state ispezionate più volte, ma a far scattare l’allarme sono stati spesso
gruppi di piccoli azionisti. Altre volte è stata la magistratura a scoprire il
marcio. Sono decenni che Bankitalia arriva ultima sul luogo del delitto. (…)
C’è un male profondo da estirpare nel sistema bancario (…) altrimenti altri
crack potrebbero abbattersi sui piccoli investitori”.