lunedì, Maggio 6, 2024
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La politica in vetrina: Italia a caccia di Riforme!

La politica in vetrina: Italia a caccia di Riforme!

 

L’imperativo emerso dalle Considerazioni finali per il 2019, presentate ieri,  del nostro Governatore della Banca d’Italia – Ignazio Visco – corrisponde alla parola “RIFORME”.

A chiacchiere sembra facile, ne sento parlare da quando portavo i pantaloni corti e non si vede mai niente da quella fiscale, alla semplificazione nella pubblica amministrazione, dalla giustizia alla sanità per finire a tutto lo scibile umano.

Ad ascoltare le singole categorie, gli addetti ai lavori di questo mondo variegato, si ha la sensazione che in Italia non funziona niente e che, per tanti anni, si sia navigato a vista, alla carlona, senza un piano, un disegno, una prospettiva d’insieme.

La pandemia sanitaria del Covid-19 in atto, peraltro a livello mondiale che tanti danni ha provocato in termini di vite umane, sociali ed economici li stiamo già vedendo, avendo accentuato in termini esponenziali le tante fragilità che pure conoscevamo.

Oggi non bastano più gli slogan, oggi bisogna agire, scrivere le “RIFORME”, fare delle scelte e assumersi delle responsabilità.

La domanda che mi faccio e credo che si facciano in tanti: Un Paese che in 70 anni di repubblica Parlamentare che ha partorito 65 Governi, troverà la forza di realizzare obiettivi così ambiziosi per il sistema Paese?

E’ immaginabile pensare a RIFORME di questo spessore quando abbiamo, da svariati anni a questa parte, alleanze politiche di Governo che non sono d’accordo su nulla e che qualcuno, non a torto, li ha definiti “scappati di casa”?

Realisticamente parlando, con una classe politica insufficiente ed incapace di riformarsi per assumersi delle responsabilità, si potrebbe ricorrere al “popolo”, attraverso leggi di iniziativa popolare – ex 2° comma art.71 della Carta costituzionale che, a proposito della “Formazione delle leggi” (Sezione III), testualmente recita: “Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”.

Anche questa strada, allo stato attuale è irta di difficoltà laddove, dalla nascita della nostra Repubblica parlamentare tutte le iniziative della specie hanno fatto una brutta fine, significando che non sono mai state neanche calendarizzate.

Risultato: il popolo non ha diritto di parola e anche quando si vuole prendere il fastidio di raccogliere le firme, non interessa a nessuno e men che mai ai parlamentari in carica: storia di 70 anni!

Processo riformatore

Nel fallito tentativo di riforma del 4 dicembre 2016, una grandissima occasione persa, era stato previsto un riscontro entro sei mesi dal deposito delle firme, costringendo le forze politiche a prendere una posizione e dare una risposta al Comitato promotore.

Analogo tentativo riguardava l’esigenza di unicità del Titolo V della Costituzione, cercando di distribuire meglio l’autonomia delle Regioni e la responsabilità dello Stato centrale. Lo scempio cui abbiamo assistito in questo frangente della pandemia sanitaria ha meglio sottolineato l’importanza di quella riforma che non c’è stata: il popolo ha detto NO e molti, dei soloni di allora, si sono ricreduti sulla bontà di quella iniziativa: il tempo è galantuomo.

 

 

 

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