L’antiriciclaggio nelle Linee guida dei commercialisti: Facciamo una prova sul campo!
Con l’intento di fornire un contributo di pensiero, costruttivo e pragmatico, nella complessa applicazione pratica del dispositivo di contrasto al riciclaggio e finanziamento del terrorismo da parte delle professioni contabili, in applicazione della vigente normativa di cui al d.lgs 231/07 e successive modificazioni, voglio tentare di tracciare un percorso riguardante la valutazione di una posizione, relativamente ad un cliente balzato alla cronaca giudiziaria.
Più precisamente, voglio partire dalle Linee guida del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Commercialisti ed Esperti contabili di cui ho parlato nel mio precedente articolo Commercialisti e Schede autovalutazione del rischio: Il malaffare si trova da un’altra parte! (giovannifalcone.it) .
Caso di cronaca
Qualche anno addietro, prima ancora della entrata in vigore delle Linee guida appena ricordate, gli organi di stampa portarono alla ribalta una ingente evasione fiscale posta in essere da grandi catene commerciali di distribuzione alimentare – Esselunga, Conad – attraverso l’annotazione di fatture per operazioni inesistenti emesse da varie cooperative di servizi operanti nel settore del facchinaggio, servizi di pulizia e trasporto – FALSE FATTURAZIONI & RICICLAGGIO: Coinvolgimento della banca o del professionista (giovannifalcone.it).
Il sistema di frode, collaudato da tempo in tanti altri settori dell’economia nazionale, ha consistito nel creare cooperative cartiere da parte di un tale Natale Sartori, aventi il compito di emettere i documenti fiscali che, pur senza versare l’Iva all’erario in quanto evasori totali, hanno consentito per anni a questi grandi clienti la possibilità di detrarsi l’imposta in danno dell’Amministrazione finanziaria totalizzando una frode di oltre trenta milioni di euro.
Oltre ai familiari più stretti dell’imprenditore (moglie e figlie) – definito il re delle cooperative – sono stati arrestati due professionisti (commercialista e avvocato) che, data la mole dell’evasione non potevano mancare, mentre un Funzionario di una importante Banca, indagato per aver omesso importanti controlli ai fini dell’applicazione della normativa antiriciclaggio.
Siamo alle solite mi viene da dire, senza avere la presunzione di raccontare nulla di nuovo.
A parte l’esigenza di spiegare cosa avrebbe dovuto fare la banca o il professionista per non incappare in vicende di tal fatta per cui faccio rinvio agli articoli citati, insieme a voi, vorrei fare una riflessione aggiornata dell’accaduto.
Mi spiego meglio: se all’epoca della nascita di queste Cooperative avessimo avuto le “Linee guida” di cui oggi discettiamo, avremmo corso gli stessi rischi?
La risposta è, a mio avviso: purtroppo SI!
Dico SI, perchè le ripetute Linee guida, con tutto l’armamentario allegato, non fanno alcun cenno sul da farsi e non aiutano in alcun modo la quotidiana operatività del professionista tenutario delle scritture contabili o per quanto qui interessa, lo stesso intermediario finanziario.
Parlano di tutto e di più ma meno di quel che serve e lo dico, avendo vissuto sul campo le problematiche di cui oggi parliamo prima come Ufficiale della Guardia di finanza e poi come Responsabile aziendale antiriciclaggio di un Gruppo bancario nella cui veste, per quel che serve, sono uscito indenne da ben cinque ispezioni dell’Organismo centrale di vigilanza (Uic).
Tali “Linee guida”, parlano di tutto lo scibile umano, arrivando anche ad indicare il colore degli occhi del cliente – Sartori di turno – ma non dicono nulla di ciò che serve per scongiurare i rischi normalmente temuti e che il rispetto di determinate procedure dovrebbe scongiurare.
In pratica, della genesi dell’attività economica di cui si parla – in questo caso parliamo di Cooperative Cartiere – non si dice assolutamente nulla e questo dimostra, oltre ogni ragionevole dubbio, la farraginosità ed approssimazione con cui tale documento è stato elaborato che, peraltro, riesce comunque a dire che i redattori del documento, l’antiriciclaggio lo hanno letto solo sui codici o sulle norme che, notoriamente, almeno dal mio punto di vista, potrebbe non bastare!
Dico questo perché il 90% delle frodi fiscali – quale principale reato presupposto al riciclaggio, è caratterizzato da condotte della specie che ruotano sulla vita delle cartiere e sulle false fatturazioni.
Conclusioni
Se vogliamo tentare di dare una risposta con l’intento di contrastare il malaffare, di fronte al dichiarato esercizio di un’attività economica – certificato dalla esibizione delle visure camerali, a cominciare dalla partita Iva, dello statuto e dell’atto costitutivo di una società, cooperativa di servizi o ditta individuale che sia -, soprattutto quando non si conosce la genesi dell’attività eco9nomica in discorso, bisogna assolutamente procedere ad alcuni adempimenti che reputo fondamentali, quali:
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Verifica di cantiere: riscontrare l’esistenza della struttura in relazione all’oggetto sociale dichiarato, know how dei soci coinvolti nell’iniziativa imprenditoriale, esistenza dei mezzi, personale dipendente etc. La Cassazione ha sempre detto che le fatture emesse da un’azienda senza personale “sono false”;
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Sede legale e operativa attività: concentrare il civico di uno studio commerciale, come il caso delle sette cooperative avviate dal signor Sartori, di per sé, deve costituire già un autonomo alert;
Se poi abbiamo la possibilità di visionare qualche scrittura contabile – come ad esempio dichiarazioni fiscali o bilancio di esercizio – ancora di più si potrà fare un’analisi del sangue certamente più attendibile o più vicina alla realtà.
Insomma, se riusciamo a fare quanto ho cercato di descrivere, sia pure in modo sommario, io penso che non servono le Linee guida e men che mai sapere il colore degli occhi o dei capelli di quello sventurato e potenziale cliente.