venerdì, Aprile 26, 2024
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PREVIDENZA: Pensione di reversibilità, a quali figli spetta?

La pensione di
reversibilità spetta al figlio sposato del parente defunto, anche non inabile,
se, alla morte del lavoratore e/o pensionato, era ancora a carico di questi?
Come una persona può essere dichiarata inabile al lavoro e qual è l’iter da
seguire?

=============================

La pensione di reversibilità [1] spetta
ai 
figli
minori 
di 18 anni; agli studenti di scuola media
superiore o professionale fino a 21 anni; agli 
studenti universitari in
corso legale di studi e comunque non oltre 26 anni; ai 
figli maggiorenni inabili a
carico del lavoratore defunto.

Non
solo. 

La pensione
di reversibilità 
spetta anche
ai 
figli
adottivi 
e affiliati del lavoratore deceduto; ai figli nati dal precedente matrimonio del
coniuge del lavoratore deceduto; ai figli naturali riconosciuti, o
giudizialmente dichiarati, dal coniuge del lavoratore deceduto; ai figli
postumi nati entro il 300° giorno dalla data di decesso del padre; ai figli
che, avendo i requisiti per il diritto, alla data di morte del genitore, erano 
sposati.
Dunque, nel caso del lettore, il diritto alla pensione di reversibilità può
essere giustamente rivendicato dal figlio e l’Inps non potrà negare il
pagamento.

Sulla
questione, peraltro, è intervenuta proprio di recente la Cassazione che, con
una propria ordinanza
[1],
ha altresì chiarito che, in caso di 
morte
del titolare di pensione di invalidità
,
la pensione di reversibilità spetta a 
coniuge figli minorenni,
mentre ai 
figli
maggiorenni 
spetta solo qualora essi
siano riconosciuti 
inabili
al lavoro 
e ancora «a carico»
del genitore al momento della morte di quest’ultimo.

La
vicenda decisa dalla Corte riguarda il caso di un uomo che aveva chiesto il
riconoscimento del diritto alla 
reversibilità
della pensione di inabilità 
goduta dalla
madre convivente deceduta; alla sua richiesta, però, l’Inps aveva dato risposta
negativa, ritenendo che non sussistesse il requisito dello stato di inabilità.
Così il richiedente si è visto costretto a ricorrere al giudice, vincendo in
tutti i tre gradi di giudizio.

Come
una persona può essere dichiarata inabile al lavoro e qual è l’iter da seguire?

Abbiamo appena
detto che, in caso di morte del titolare di pensione di invalidità, poi, la
pensione di reversibilità spetta a coniuge e figli minorenni, mentre ai figli
maggiorenni spetta solo qualora essi siano riconosciuti inabili al lavoro e a
carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo.

Dunque, per
ottenere la pensione di reversibilità del lavoratore o pensionato defunto, il
figlio maggiorenne deve possedere due requisiti:

·deve essere stato dichiarato
dall’Inps «
inabile al
lavoro
»

·e, alla morte del genitore,
doveva essere ancora «
a
carico
» di quest’ultimo.

Ma quando una persona viene considerata inabile? Secondo
la Cassazione, il requisito dell’
inabilità va valutato
secondo un criterio concreto: avendo riguardo al possibile impiego delle
eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle
generali attitudini del soggetto, in modo da verificare la permanenza di una 
capacità lavorativa dello
stesso di svolgere attività idonee e tali da procurare una 
fonte di guadagno non simbolico [3].

In termini
pratici si deve trattare di un soggetto che – a causa di infermità o difetto
fisico o mentale – si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di
svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Tale
condizione fisica viene valutata dai 
medici
Inps
.

Quando
una persona è ancora a carico del genitore?

Una
persona (in questo caso il figlio del titolare della pensione) viene
considerato 
a
carico del defunto 
se si trova
nelle condizioni di non autosufficienza economica; in caso di 
figli maggiorenni inabili superstiti,
se la morte è avvenuta dopo il 31 ottobre 2000, la condizione della non
autosufficienza economica sussiste quando il reddito individuale del
superstite, dedotti i redditi non computabili per legge, non supera l’importo
del trattamento minimo della pensione maggiorato del 30%.

Per
trattamento minimo deve intendersi l’importo del trattamento minimo mensile di
pensione previsto dall’assicurazione generale obbligatoria maggiorato di un
dodicesimo della tredicesima mensilità 
[4]
[5]
. In particolare, un figlio può essere
considerato a carico quando il reddito non supera 
2.840,51 euro nell’anno
(leggi anche 
Reversibilità
figli, chi supera 652 euro la mese la perde
).


Inps, circolare n. 185/2915

OGGETTO:Linee guida e istruzioni operative in
materia di trattamento pensionistico ai superstiti – art. 22, legge 21 luglio
1965, n. 903

SOMMARIO:
Con la presente circolare si fornisce uno strumento riepilogativo delle
disposizioni vigenti in materia di pensione ai superstiti, volto a garantire
l’uniformità di erogazione delle prestazioni agli aventi diritto, superstiti di
pensionati e assicurati delle diverse gestioni dell’Istituto, comprese l’ex
IPOST, l’ex INPDAP e l’ex ENPALS.

Premessa

L’articolo 1,
comma 41, della legge dell’ 8 agosto 1995, n. 335 e successive modifiche e
integrazioni, ha disposto l’estensione della disciplina del trattamento
pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nel
regime dell’assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme esclusive e
sostitutive di detto regime (Decreto legislativo luogotenenziale18
gennaio 1945, n. 39; Legge 21 luglio 1965, n. 903).

L’articolo 7
del decreto legge del 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni,
nella legge del 30 luglio 2010, n. 122 e l’articolo 21 del decreto legge del 6
dicembre 2011, n. 201 convertito, con modifiche, in legge del 27 dicembre 2011,
n. 214 hanno disposto rispettivamente la soppressione dell’Ipost, a decorrere
dal 31 maggio 2010 e dell’Inpdap ed Enpals, a far data dal 1° gennaio 2012, con
attribuzione delle relative funzioni all’Inps, che è succeduto in tutti i
rapporti attivi e passivi degli Enti soppressi.

Alla luce di
tali disposizioni normative e al fine di garantireuniformità di trattamento
ai superstiti di pensionati e assicurati delle diverse gestioni dell’Istituto
si forniscono le seguenti linee guida in materia di trattamento pensionistico a
favore dei superstiti.

1.Ambito di applicazione

In caso di
morte di assicurato o pensionato, iscritto presso una delle gestioni
dell’istituto, per i familiari superstiti individuati dall’articolo 22 della
legge del 21 luglio 1965, n. 903 sorge il diritto a pensione ai superstiti al
ricorrere di una delle seguenti condizioni:

1. che
il dante causa sia titolare di pensione diretta (vecchiaia, anticipata,
anzianità, inabilità e pensione di invalidità) ovvero avendone diritto, ne
abbia in corso la liquidazione.

In
tali casi la pensione ai superstiti assume la denominazione giuridica di
pensione di reversibilità;

2. che
il lavoratore deceduto abbia maturato i seguenti requisiti:

–15 anni
di assicurazione e di contribuzione oppure n. 780 contributi settimanali;

ovvero

–5 anni
di assicurazione e contribuzione oppure n. 260 contributi settimanali, di cui
almeno 3 anni oppure n. 156 contributi settimanali nel quinquennio precedente
la data del decesso.

In
tali casi la pensione ai superstiti assume la denominazione di 
pensione indiretta.

I superstiti
del titolare di assegno ordinario di invalidità sono considerati quali
superstiti di assicurato, non essendo l’assegno reversibile. Ai fini del
perfezionamento dei requisiti di assicurazione per il diritto al trattamento
pensionistico ai superstiti si considerano utili anche i periodi di godimento
dell’assegno di invalidità nei quali non sia stata prestata attività
lavorativa.

In favore dei
familiari superstiti di un lavoratore assicurato nel regime retributivo o
misto, nel caso in cui non sussista, alla data della morte del de cuius, il
diritto alla pensione indiretta, è riconosciuta una indennità per morte
rapportata all’ammontare dei contributi versati.

Il
diritto all’indennità è riconosciuto a condizione che nei cinque anni anteriori
alla data della morte dell’assicurato risulti versato o accreditato almeno un
anno di contribuzione. L’importo di detta indennità è pari a 45 volte
l’ammontare dei contributi base IVS versati in favore dell’assicurato nel
limite minimo di euro 22,31 e massimo di euro 66,93.

Per
i superstiti di assicurato il cui trattamento pensionistico è liquidato nel
sistema contributivo, in mancanza dei requisiti sopra indicati, è prevista,
invece, l’erogazione dell’indennità
una
tantum
.

Per ciò che
concerne le modalità e i termini di conseguimento di detta indennità si fa
rinvio alla circolare n. 104 del 16 giugno 2003.

Si rammentano
le disposizioni contenute nella legge 27 luglio 2011, n. 125, recepite nel
messaggio n. 16066 dell’8 agosto 2011, che escludono dal diritto alla pensione
di reversibilità o indiretta i familiari superstiti condannati con sentenza
passata in giudicato per omicidio del pensionato o dell’iscritto all’ente di
previdenza. Tali disposizioni confermano le istruzioni fornite con circolare n.
53576 A.G.O./193 del 27 settembre 1980.

Si rinvia, in
ultimo, alla circolare Inpdap n. 62 del 30 novembre 1995 di recepimento delle
disposizioni della legge dell’ 8 agosto 1995, n. 335 che estende, a far data
dal 17 agosto 1995, la disciplina vigente nell’assicurazione generale
obbligatoria alle gestioni previdenziali amministrate dall’Inpdap.

2.Destinatari

2.1 Coniuge
superstite

Il
conseguimento del diritto al trattamento pensionistico ai superstiti da parte
del coniuge dell’assicurato o del pensionato deceduto non è subordinato a
nessuna condizione soggettiva.

Il coniuge
cessa dal diritto al trattamento in parola se passa a nuove nozze.

In tale caso,
egli/ella avrà diritto ad un assegno pari a due annualità della pensione, ex
art. 3 del decreto legislativo luogotenenziale del 18 gennaio 1945, n. 39 nella
misura spettante alla data del nuovo matrimonio.

Anche il
coniuge separato ha diritto al trattamento pensionistico ai superstiti.

In
particolare, in caso di addebito della separazione, il coniuge separato
superstite avrà diritto alla pensione solo nel caso in cui risulti titolare di
assegno di mantenimento stabilito dal tribunale.

Si richiamano
le disposizioni impartite con:

·circolare n. 36 del 9
febbraio 1990 e messaggio n. 11631 del 10 luglio 2012, in tema di annullamento
del secondo matrimonio concordatario o celebrato con rito civile;

·circolare n. 84 del 14
giugno 2012 che prevede, per le pensioni aventi decorrenza 1° gennaio 2012, una
riduzione dell’aliquota percentuale, rispetto alla disciplina generale, nei
casi in cui: il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad un’età del
medesimo superiore a 70 anni; la differenza di età tra i coniugi sia superiore
a 20 anni; il matrimonio sia stato contratto per un periodo di tempo inferiore
a 10 anni.

2.2 Coniuge divorziato superstite

Il
secondo comma dell’articolo 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come
sostituito prima dall’articolo 2 della legge del 1 agosto 1978, n. 436 e
successivamente dall’articolo 13 della legge del 9 marzo 1987, n. 74 e dalla
legge del 28 dicembre 2005, n. 263 stabilisce che
“in caso di morte dell’ex coniuge e in
assenza di un coniuge superstite avente i requisiti di reversibilità, il
coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di
cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a
nuove nozze e sempre che sia titolare dell’assegno ai sensi dell’art. 5, alla
pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il
trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza”.

Pertanto, nel
caso in cui l’assicurato, a seguito di divorzio, non sia passato a nuove nozze,
il coniuge divorziato superstite ha diritto al trattamento pensionistico in
presenza delle seguenti condizioni:

1970.a) abbia la titolarità dell’
assegno periodico divorzile di cui all’articolo 5 della legge n. 898 del 1970.

Al riguardo,
si precisa che, in caso di liquidazione dell’assegno divorzile in un’unica
soluzione, il coniuge divorziato superstite che lo ha ricevuto perde il diritto
al trattamento pensionistico ai superstiti, venendo meno il legame patrimoniale
con il de cuius;

1. b)
non risulti passato a nuove nozze. Il passaggio a nuove nozze esclude il
coniuge divorziato dal diritto alla pensione ai superstiti anche se alla data
del decesso dell’assicurato o del pensionato il nuovo matrimonio risulti
sciolto per morte del coniuge o per divorzio;

2. c)
la data di inizio del rapporto assicurativo del
de cuiussia
anteriore alla data della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la
cessazione degli effetti civili del matrimonio;

3. d)
risultino perfezionati, in caso di decesso di assicurato, i requisiti di
assicurazione e contribuzione stabiliti dalla legge.

Per ciò che
concerne l’attribuzione della pensione ai superstiti al coniuge divorziato,
titolare di assegno periodico divorzile, si richiamano le istruzioni fornite
con circolari n. 132 del 27 giugno 2001 e n. 84 del 14 giugno 2012.

In
particolare, si rammenta che, in caso di concorso di coniuge divorziato e
coniuge superstite, mancando nella norma previsioni circa le aliquote di
pensione spettanti, la ripartizione sarà operata dal Tribunale a cui il coniuge
divorziato dovrà rivolgersi per ottenere il riconoscimento del proprio diritto
e la determinazione della relativa misura.

L’importo del
trattamento pensionistico complessivamente attribuibile al coniuge superstite e
al coniuge divorziato è pari al 60% della pensione già liquidata o che sarebbe
spettata all’assicurato deceduto.

La sentenza
del giudice costituisce giuridicamente il titolo per la determinazione
dell’ammontare delle relative quote spettanti.

Pertanto, in
tale fattispecie, le sedi, in attesa della notifica della sentenza del
Tribunale:

·verificheranno se sulla
pensione diretta del dante causa veniva trattenuto l’importo dell’assegno
divorzile e, in caso affermativo, accantoneranno cautelativamente una somma
mensile di pari importo dalla quota di pensione spettante al coniuge
superstite;

·non erogheranno al coniuge
divorziato alcuna quota di pensione;

·effettueranno i pagamenti
nella misura stabilita al soggetto avente diritto, ossia al coniuge superstite,
detraendo da detta quota, un importo pari all’assegno divorzile di cui al
precedente punto 1.

A decorrere
dal primo giorno del mese successivo a quello della notifica del provvedimento
del Tribunale, le sedi ripartiranno la prestazione tra gli aventi diritto che
abbiano presentato domanda di pensione, sulla base di quanto stabilito dal
Giudice.

Contestualmente
al primo pagamento, al coniuge divorziato verrà liquidata l’eventuale quota
cautelativamente accantonata.

2.3 Figli ed equiparati

Il
decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 8
gennaio 2014, n. 5, recante”modifica della normativa vigente al fine di
eliminare ogni residua discriminazione rimasta nel nostro ordinamento fra i
figli nati nel e fuori dal matrimonio, così garantendo la completa eguaglianza
giuridica degli stessi” ha disposto l’eliminazione dei riferimenti
presenti nel sistema normativo italiano a “figli legittimi” e “figli naturali”,
sostituendo i medesimi termini con quello di figlio.

Pertanto, ai
sensi dell’articolo 22 della legge del 21 luglio 1965, n. 903 hanno diritto
alla pensione ai superstiti i figli e le persone ad essi equiparati che alla
data di decesso dell’assicurato o del pensionato non abbiano superato il 18°
anno di età o, indipendentemente dall’età, siano riconosciuti inabili al lavoro
e a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo.

Per i
figli superstiti studenti che non prestino lavoro retribuito e a carico
del genitore defunto al momento della morte, il limite di 18 anni è elevato a
21 anni in caso di frequenza di scuola media o professionale
e a tutta la durata del corso di laurea, ma
non oltre al 26° anno di età, in caso di
frequenza dell’Università.

Si fa rinvio
ai paragrafi 3 e 4 per ciò che concerne la trattazione dello status di studente
e della verifica della sussistenza del requisito della vivenza a carico.

Sono equiparati ai figli:

·figli adottivi e affiliati
del lavoratore deceduto;

·figli del deceduto
riconosciuti o giudizialmente dichiarati;

·figli non riconoscibili dal
deceduto per i quali questi era tenuto al mantenimento o agli alimenti in virtù
di sentenza, nei casi previsti dall’art. 279 del codice civile;

·figli non riconoscibili dal
deceduto che nella successione del genitore hanno ottenuto il riconoscimento
del diritto all’assegno vitalizio, ai sensi degli articoli 580 e 594 del codice
civile;

·figli nati dal precedente
matrimonio del coniuge del deceduto;

·figli riconosciuti, o
giudizialmente dichiarati, dal coniuge del deceduto;

·minori regolarmente affidati
dagli organi competenti a norme di legge;

·nipoti minori, anche se non
formalmente affidati, dei quali risulti provata la vivenza a carico degli
ascendenti;

·figli postumi, nati entro il
trecentesimo giorno dalla data di decesso del padre (in tale fattispecie la
decorrenza della contitolarità è il 1° giorno del mese successivo alla nascita
del figlio postumo).

In caso di
presenza nel nucleo familiare del dante causa di figli, anche minori, del
coniuge superstite, le sedi verificheranno che il genitore naturale non abbia
l’obbligo di erogare somme a titolo di mantenimento dei medesimi.

In
tale ipotesi, le somme corrisposte dovranno essere valutate ai fini delle
verifica dell’effettivo mantenimento del minore da parte del
de cuius,
nonché del requisito della vivenza a carico in caso di figli maggiorenni
studenti o inabili.

2.4 Genitori

In assenza del
coniuge e dei figli o se, pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione
ai superstiti, il diritto al trattamento pensionistico in parola è riconosciuto
ai genitori dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di
quest’ultimo:

·abbiano compiuto il 65° anno
di età;

·non siano titolari di
pensione diretta o indiretta;

·siano a carico del
lavoratore deceduto (vedi par. 3)

Il genitore
che, dopo il conseguimento del trattamento pensionistico ai superstiti, diventa
beneficiario di un’altra pensione, perde il diritto alla pensione ai superstiti
con effetto dal primo giorno del mese successivo a quello di decorrenza della
nuova pensione.

2.5 Fratelli celibi e sorelle nubili

In assenza del
coniuge, dei figli o del genitore o se, pur esistendo essi non abbiano diritto
alla pensione ai superstiti, il diritto al trattamento pensionistico in
parola è riconosciuto ai fratelli celibi e sorelle nubili dell’assicurato o
pensionato che al momento della morte di quest’ultimo:

·siano inabili al lavoro;

·non siano titolari di
pensione diretta o indiretta;

·siano a carico del
lavoratore deceduto (vedi par. 3)

Il fratello o
la sorella che, dopo il conseguimento del trattamento pensionistico ai
superstiti, diventa beneficiario/a di altra pensione, perde il diritto alla
pensione ai superstiti con effetto dal primo giorno del mese successivo a
quello di decorrenza della nuova pensione.

Anche la
cessazione dello stato di inabilità e il sopravvenuto matrimonio determinano il
venir meno del diritto alla prestazione dal primo giorno del mese successivo a
quello di insorgenza delle cause predette.

3.Requisito del carico

L’articolo 22
della legge 21 luglio 1965, n. 903 subordina il riconoscimento del diritto a
pensione ai superstiti in favore dei figli ed equiparati di età superiore ai 18
anni, studenti o inabili, alla sussistenza in capo ad essi, alla data del
decesso del genitore, del requisito della vivenza a carico del deceduto.

I figli o
equiparati di età inferiore a 18 anni sono considerati a priori a carico del
dante causa.

Il requisito
del carico risulta verificato al ricorrere delle seguenti due condizioni:

1. a)stato
di bisogno del superstite, determinato dalla sua 
condizione di non autosufficienza
economica 
con riferimento alle
esigenze medie di carattere alimentare dello stesso, alle sue fonti di reddito,
ai proventi derivanti dall’eventuale concorso al mantenimento da parte di altri
familiari.

La condizione
della non autosufficienza economica sussiste quando il reddito individuale del
superstite, dedotti i redditi non computabili per legge, non supera l’importo
del trattamento minimo della pensione maggiorato del 30%.

Per
trattamento minimo deve intendersi l’importo del trattamento minimo mensile di
pensione previsto dall’assicurazione generale obbligatoria maggiorato di un
dodicesimo della tredicesima mensilità.

Sono escluse
dal computo dei redditi dei figli e equiparati superstiti, oltre le pensioni di
guerra dirette e indirette, le borse di studio, gli assegni di studio e le
pensioni ai ciechi civili.

In caso di
figli maggiorenni inabili superstiti, per i decessi intervenuti successivamente
al 31 ottobre 2000, ai fini dell’accertamento del requisito di non
autosufficienza economica si fa riferimento al criterio stabilito per il
riconoscimento del diritto a pensione nei confronti degli invalidi civili
totali, per i quali il limite di reddito è quello stabilito dall’articolo
14-septies della legge 29 febbraio 1980, n. 33, annualmente rivalutato.

Per i figli
inabili che si trovino nelle condizioni previste dall’articolo 5 della legge
del 12 giugno 1984 n. 222 e che si trovino nella impossibilità di deambulare
senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o che, non essendo in grado di
compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognino di un’assistenza continua,
il predetto limite deve essere aumentato dell’importo dell’indennità di
accompagnamento.

Come
illustrato nel punto 2.3 della circolare n. 15 del 2009, ai fini
dell’accertamento dei limiti decritti, devono essere presi in considerazione i
soli redditi assoggettati all’IRPEF, con esclusione dei redditi esenti
(pensioni di guerra, provvidenze economiche in favore di minorati civili) o
comunque non computabili agli effetti dell’IRPEF (rendite INAIL), secondo
quanto stabilito dall’ articolo 14-septies della legge 29 febbraio 1980, n. 33.

Nel caso di
figlio inabile coniugato, il diritto alla pensione in favore del medesimo è
subordinato alla circostanza che il figlio inabile, non disponendo il coniuge
di mezzi sufficienti al suo mantenimento, risulti a carico del genitore alla data
del decesso di quest’ultimo. Quindi, in tale ipotesi ai fini della verifica del
requisito del carico devono essere anche valutati gli eventuali redditi del
coniuge.

1. b)
mantenimento abituale del superstite da parte del dante causa. Tale condizione
si desume dall’effettivo comportamento di quest’ultimo nei confronti
dell’avente diritto.

In tale
valutazione assumono particolare rilevanza i seguenti elementi:

·la
convivenza
, ossia la effettiva comunione di tetto e di
mensa.

Per i figli di
età superiore a 18 e conviventi è necessario accertare lo stato di non
autosufficienza economica, mentre può, di norma, prescindersi dalla verifica
del mantenimento abituale.

·la
non convivenza
. In tal caso, per i figli di età superiore a 18
devono essere verificate entrambe le condizioni di non autosufficienza
economica e mantenimento abituale.

Ai fini del
mantenimento abituale occorre accertare che il dante causa concorreva in
manierarilevante e continuativa al mantenimento del superstite.

A tal fine
risulta necessario accertare, anche mediante un esame comparativo dei redditi
del dante causa e del superstite, se il primo concorreva effettivamente in
maniera rilevante e continuativa al mantenimento del figlio non convivente.

Non è
richiesto che l’assicurato o pensionato provvedesse in via esclusiva al
mantenimento del figlio non convivente. Una ipotesi particolare di concorso al
mantenimento si ha in caso di ricovero del superstite in un istituto di cura o
di assistenza con retta di degenza a carico di ente o persona diversa dal
lavoratore deceduto, il quale tuttavia forniva al medesimo, con carattere di
continuità, i mezzi di sussistenza. In tal caso il requisito del carico
sussiste purché il superstite non possa procurarsi altri mezzi di sussistenza.

4.Status di studente

Sono
considerati studenti, ai fini della concessione della pensione ai superstiti, i
figli superstiti che alla data di morte del dante causa:

1. a)
hanno un’età compresa tra i 18 e i 21 anni e frequentano la scuola media o professionale;

2. b)
hanno un’età compresa tra 18 e 26 anni e risultano iscritti all’università o a
scuole di livello universitario in un anno accademico compreso nella durata del
corso di laurea.

4.1 Figli studenti nell’ambito nel primo e
secondo ciclo di istruzione

La locuzione
legislativa di cui all’articolo 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 “scuola
media o professionale” deve essere letta alla luce della nuova articolazione
del sistema di istruzione e formazione che prevede i seguenti livelli di articolazione:

·scuola dell’infanzia;

·primo ciclo di istruzione,
suddiviso in scuola primaria della durata di 5 anni e scuola secondaria di
primo grado, che dura 3 anni;

·secondo ciclo di istruzione,
che si compone del sistema dell’istruzione secondaria superiore, della durata
di 5 anni, e dell’istruzione e formazione professionale, con percorsi di durata
triennale e quadriennale;

Pertanto, la
frequenza della scuola secondaria di primo grado o di una delle scuole
ricomprese nel secondo ciclo di istruzione dà diritto al riconoscimento/proroga
della pensione ai superstiti fino al ventunesimo anno di età.

Nulla è
innovato rispetto a quanto disposto in tema di frequenza di scuola media
o professionale.

A riguardo, si
rammenta che fanno parte del secondo ciclo di istruzione e formazione i corsi
di qualifica professionale svolti ai sensi della legge del 21 dicembre 1978, n.
845 e successive modifiche e integrazioni e i percorsi di istruzione e
formazione professionale (IeFP) di cui al decreto legislativo del 17 ottobre 2005,
n. 226.

Per i corsi di
qualifica svolti all’estero valgono le disposizioni per il riconoscimento dei
titoli esteri.

La pensione è
riconosciuta quando il decesso del lavoratore è avvenuto nel periodo di durata
del corso scolastico frequentato dal figlio superstite.

La durata del
corso nelle scuole secondarie e professionali va dal 1 settembre al 31 agosto
dell’anno successivo.

Qualora lo
studente frequenti l’ultimo anno di corso, il termine dell’anno scolastico è :

·30 giugno per la scuola
secondaria di primo grado;

·31 luglio per la scuola
secondaria di secondo grado.

Se il ciclo di
studi comprende più corsi che si susseguono con intervalli, sono considerati
periodi di frequenza anche gli intervalli tra un corso e l’altro.

In caso di
frequenza di singoli corsi la durata coincide con la durata effettiva del
corso.

In caso di
interruzione degli studi prima del termine dell’anno scolastico, il diritto a
pensione è riconosciuto se il decesso è avvenuto nel periodo che va dall’inizio
del corso stesso alla data di interruzione.

Nell’apposita
sezione intranet, cui si accede dal percorso:
intranet>direzione centrale
pensioni>Area Normativa e contenzioso amministrativo dell’Assicurazione
generale obbligatoria e dei fondi speciali>Istituti esteri>università e
scuole secondarie italiane
, è pubblicato
l’elenco delle scuole e università diverse da quelli statali, nonché estere e
dei relativi corsi attivati, la cui iscrizione dà diritto alla pensione ai
superstiti.

In caso di
attestazione di iscrizione ad un corso non presente in elenco le sedi
prospetteranno il caso alla direzione centrale pensioni attraverso la casella
di posta elettronica istituzionale “normativa.dcpensioni@inps.it”.

Le sedi
avranno cura di effettuare idonei controlli, anche a campione, sulla veridicità
delle certificazioni prodotte.

4.2 Figli studenti universitari

Perfeziona il
requisito dello “status di studente” ai fini del riconoscimento/proroga del
diritto a pensione ai superstiti per tutta la durata del corso, ma non
oltre il 26° anno di età, l’iscrizione a:

·università statali e non
statali riconosciute;

·altro tipo di scuola
legalmente riconosciuta cui si accede mediante diploma rilasciato a seguito del
completamento del secondo grado dell’istruzione superiore;

·corsi di livello universitario;

·scuole di specializzazione o
di perfezionamento, corsi di perfezionamento, corsi di integrazione e di
cultura annessi a facoltà universitarie, previsti dal Testo Unico sulla
istruzione superiore approvato con Regio Decreto 31 agosto 1933, n. 1592.

Il diritto a
pensione è riconosciuto quando il decesso del lavoratore avviene nel periodo di
iscrizione del figlio superstite ad uno degli anni accademici che costituiscono
il corso di laurea o il corso stabilito dagli statuti delle scuole di
perfezionamento.

Pertanto, solo
se l’anno accademico di iscrizione, durante il quale si è verificato il decesso
del lavoratore, è contenuto nel numero di anni previsto dal corso di studi si
può considerare realizzata la condizione richiesta per la concessione della
pensione.

Realizza tale
condizione l’iscrizione classificata “fuori corso” di uno studente che non
supera gli esami propedeutici, purché non siano stati superati nel complesso i
limiti di durata del corso legale; non la realizza l’iscrizione classificata
“in corso” quando tali limiti siano stati superati.

Il diritto non
può essere riconosciuto per un numero di anni superiore alla durata complessiva
del corso di laurea o diploma.

Hanno diritto
alla pensione ai superstiti anche gli studenti che, dopo aver ultimato o interrotto
un corso di studi, ottengano l’iscrizione ad altra facoltà o ad altro corso di
laurea. In tal caso se vengono riconosciuti utili, agli effetti del nuovo
corso, uno o più anni relativi al precedente corso, la durata del nuovo corso
si riduce del numero di anni accademici riconosciuti utili.

La qualifica
di studente universitario si perde comunque al compimento del 26° anno di età o
al conseguimento della laurea non seguito dall’iscrizione a un corso di
perfezionamento ovvero ad altro corso di laurea.

4.3 Durata dell’anno accademico e del corso di
laurea

Con messaggio
n. 26667 del 28 novembre 2008, in relazione alle innovazioni intervenute con
decreto ministeriale del 22 ottobre 2004, n. 270 in tema di riforma
universitaria e in relazione all’autonomia riconosciuta alle università di
disciplinare gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio nell’ambito
dei regolamenti di ateneo, prevedendo una data di inizio e di fine dell’anno
accademico diversa da quella compresa tra il 1 novembre e il 31 ottobre
dell’anno successivo, sono state fornite istruzioni operative alle sedi,
rispetto a cui nulla si innova e si precisa quanto segue.

Le prestazioni
previste in favore dei figli studenti universitari sono erogate di norma fino
al 31 ottobre dell’ultimo anno del corso di studi, fermo restando ovviamente il
limite del compimento del 26° anno di età.

I figli
studenti universitari iscritti all’ultimo anno del corso legale di studi,
nell’ambito del vecchio ordinamento didattico ovvero nel nuovo ordinamento, su
richiesta e previa produzione della documentazione, hanno diritto alla proroga
dell’erogazione della pensione ai superstiti per le sessioni di esame relative
all’ultimo anno accademico del proprio corso legale di studi, purché entro le
medesime sessioni completino il corso di laurea.

Per
documentazione necessaria ai fini della proroga è da intendersi la
certificazione/autocertificazione attestante l’avvenuto completamento del corso
di studi.

Pertanto, le
sedi sospenderanno il trattamento di reversibilità o indiretto alla data di
scadenza dell’anno accademico e, su richiesta dell’interessato che documenta
l’avvenuto conseguimento del titolo accademico, procederanno alla proroga della
pensione con contestuale liquidazione dell’arretrato fino al mese di conseguimento
del titolo accademico.

Si rinvia
all’informativa Inpdap n. 42 del 23 aprile 2002 che disciplina il periodo di
vacatio studii compreso tra il completamento del secondo ciclo di istruzione
(es. luglio 2015) e l’iscrizione all’università (es. novembre 2015). In tal
caso, il figlio superstite mantiene il suo status di studente ed ha diritto, al
ricorrere degli altri requisiti previsti dall’ordinamento, a percepire la quota
di pensione.

Medesimo
principio trova applicazione per ciò che concerne il mantenimento dello status
di studente nel periodo compreso tra il completamento del corso di laurea
triennale e l’iscrizione al corso di laurea specialistica.

In caso di
morte del genitore nel periodo compreso tra due differenti ordini di studio
(nell’intervallo di tempo compreso tra il secondo ciclo d’istruzione – es.
liceo – e l’istruzione superiore – es. Università – oppure nel periodo compreso
tra due livelli di istruzione secondaria – es. laurea triennale e
specialistica), il figlio o equiparato conserva lo status di studente ai fini
del riconoscimento del diritto alla pensione ai superstiti, a condizione che
l’iscrizione, successiva alla data del decesso del genitore, avvenga,
senza soluzione di continuità, entro la prima scadenza utile prevista per l’iscrizione
al ciclo di studi immediatamente successivo.

Si tratta,
infatti, di prosieguo all’interno della carriera formativa dello studente che
conserva il suo status.

Per ciò che
concerne le modalità di pagamento, le sedi, accertati tutti i requisiti di
legge per il riconoscimento/mantenimento del diritto al trattamento
pensionistico ai superstiti, porranno in pagamento la prestazione dal primo
giorno del mese successivo la data dell’avvenuta iscrizione, comprensiva dei
ratei arretrati.

4.4 Studente universitario a tempo parziale

A seguito
delle innovazioni introdotte con il decreto ministeriale del 22 ottobre
2004, n. 270 in tema di riforma universitaria, le università godono di ampia
autonomia nel disciplinare nell’ambito dei regolamenti di ateneo gli
ordinamenti didattici dei propri corsi di studio.

Ciò premesso,
nel caso di studente a tempo parziale occorre avere riguardo della durata
normale del corso di laurea.

Considerato
che l’iscrizione in qualità di studente a tempo parziale comporta il
conseguimento della laurea oltre la durata normale del corso di studi, la
pensione ai superstiti verrà sospesa al superamento di detto limite e
ripristinata, qualora in un momento successivo, tornino a verificarsi i
requisiti previsti dalla legge.

4.5 Validità dei titoli di studio esteri

Gli art. 170 e
332 del Regio Decreto 31 agosto 1933, n. 1592 prevedono che i detentori di
titoli accademici stranieri possano chiederne l’equivalenza con i
corrispondenti titoli italiani.

Pertanto, ai
fini del riconoscimento/proroga del diritto a pensione ai superstiti le sedi
acquisiranno il certificato di iscrizione estero, con indicazione della
tipologia e la durata del corso frequentato.

Tale
certificazione deve essere corredata di traduzione in lingua italiana
certificata conforme al testo straniero effettuata dalla rappresentanza
diplomatico-consolare italiana nello stato estero oppure da un traduttore
ufficiale, come previsto dall’art. 33 del Decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

In
caso di attestazione di iscrizione ad un corso non presente nella sezione
intranet
:
intranet>direzione centrale pensioni>Area Normativa e contenzioso
amministrativo dell’Assicurazione generale obbligatoria e dei fondi
speciali>Istituti esteri>università e scuole secondarie italiane,
le
sediattiveranno la procedura di cui al punto 4.1.

4.6 Studenti laureati che accedono a tirocinio

Il decreto
ministeriale del 25 marzo 1998, n. 142 chiarisce gli ambiti e le modalità
relative ai tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della
legge del 24 giugno 1997 n. 196.

Nello
specifico, il tirocinio formativo e di orientamento non consente il
mantenimento dello status di studente, con conseguente impossibilità di
riconoscimento o proroga del diritto alla quota di reversibilità.

4.7 Figli studenti iscritti a corsi di formazione
artistica e musicale (conservatori)

L’iscrizione
ai corsi di formazione artistica e musicale (conservatori), come da circolare
n. 76 del 21 luglio 2008 e nota operativa Inpdap n. 25 del 14 maggio 2009, è
equiparata, a decorrere dall’anno accademico 2005/2006, all’iscrizione ai corsi
universitari ed è, quindi, utile ai fini del riconoscimento del diritto/proroga
della pensione ai superstiti.

Resta fermo
che la qualifica di studente universitario si perde comunque al 26° anno di età
o al conseguimento della laurea non seguito dalla iscrizione a un corso di
perfezionamento ovvero altro corso di laurea.

4.8 Diritto alla pensione ai superstiti.
Iscrizione a Istituti Tecnici Superiori (ITS).

Come chiarito
con messaggio n. 1893 del 16 marzo 2015, l’iscrizione a I.T.S. deve essere
equiparata all’iscrizione a corsi universitari ed è quindi da ritenersi utile
ai fini del riconoscimento del diritto e/o proroga della pensione ai
superstiti.

La qualifica
di studente universitario si perde con il conseguimento del diploma I.T.S., nei
limiti di durata del percorso previsto dal bando, e comunque al compimento del
26° anno di età in caso di iscrizione ad un successivo corso di laurea o
perfezionamento.

4.9 Figli studenti universitari iscritti a
singoli corsi

Con nota del 5
febbraio 2010, il Ministero dell’Istruzione ha precisato che gli studenti
iscritti a singoli corsi previsti dall’ordinamento degli studi di un ateneo
sono da ritenersi studenti universitari per il tempo necessario al relativo
espletamento (frequenza delle lezioni e svolgimento dell’esame conclusivo).

4.10 Figli studenti iscritti a master

Il comma 8,
dell’articolo 3 del decreto ministeriale del 3 novembre 1999, n. 509 come
modificato dall’art. 3 del decreto ministeriale del 22 ottobre 2004, n. 270,
dispone che “in attuazione dell’art. 1, comma 15 della legge del 14 gennaio
1999, n. 4 le università possono attivare, disciplinandoli nei regolamenti
didattici di ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione
permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea o laurea
specialistica, alla conclusione dei quali sono rilasciati i master universitari
di primo e secondo livello”.

Ne consegue,
dunque, che i master universitari (anche stranieri se equivalenti a quelli di
pari grado in Italia), attivati nei modi e termini di cui ai citati decreti,
sono ricompresi tra i corsi di perfezionamento o di specializzazione la cui
frequenza non fa venire meno il diritto alla pensione di reversibilità.

4.11 Figli studenti vincitori di borsa di
mobilità Erasmus presso una facoltà straniera

Come precisato
dal Ministero dell’Istruzione, il vincitore di una borsa di mobilità Erasmus
presso una università straniera conserva, per tutta la durata del beneficio, lo
status di studente universitario, iscritto presso l’università di origine.

4.12 Figli studenti che frequentano un corso di
dottorato di ricerca

La frequenza
di un corso di dottorato di ricerca, previsto dall’articolo 4, legge 3 luglio
1998, n. 210, e successive modifiche e integrazioni, non fa venire meno lo
status di studente universitario.

Fatta salva
l’autonomia riconosciuta alle università di disciplinare gli ordinamenti
didattici dei propri corsi di studio, l’avvio dei corsi di dottorato coincide
con quello di inizio dell’anno accademico.

L’articolo 12
del decreto ministeriale dell’ 8 febbraio 2013, n. 45 ribadisce che, per
effetto di quanto disposto dalla legge dell’8 agosto 1998 n. 315, i
soggetti beneficiari di borse di studio per la frequenza di corsi di dottorato
di ricerca sono obbligati all’iscrizione alla gestione separata ex articolo 2,
comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, a far data dal 1 gennaio 1999,
quali destinatari di tutte le disposizioni concernenti la materia contributiva
e pensionistica della gestione stessa.

Come precisato
con circolare n. 101 del 5 maggio 1999, l’ammontare della borsa per la
frequenza al corso di dottorato di ricerca, non è inquadrabile, in base alle
norme del t.u.i.r., tra i redditi di lavoro autonomo, ma tra i redditi
assimilati a quelli di lavoro dipendenti.

Pertanto, la
frequenza di un corso di dottorato di ricerca, è utile ai fini del
riconoscimento o proroga del diritto a pensione ai superstiti nei limiti di
quanto precisato nel paragrafo 5.

Per quanto
riguarda il valore di dottorati di ricerca svolti all’estero si rimanda al
procedimento istruttorio di verifica delle certificazioni straniere.

5.Figli
studenti titolari di pensione ai superstiti che percepiscono piccoli redditi.
Sent. Corte Costituzionale n. 42 del 1999

Con sentenza
n. 42 del 22-25 febbraio 1999, la Corte Costituzionale ha dichiarato non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 22 della legge
del 21 luglio 1965, n. 903, sollevata con riferimento al mancato riconoscimento
del trattamento pensionistico ai superstiti nei confronti di figlio studente
che svolge attività lavorativa.

La
Corte ha argomentato che “
la
percezione di un piccolo reddito per attività lavorativa, pur venendo a
migliorare la situazione economica dell’orfano, non gli fa perdere la sua
prevalente qualifica di studente; sicché la totale eliminazione o anche la
semplice decurtazione della quota di pensione di reversibilità si risolverebbe
in una sostanziale lesione del diritto agli studi con deteriore trattamento dello
studente, in contrasto con i principi di cui agli articoli 3, 4, 34, 35 della
Costituzione”
.

Il diritto al
trattamento pensionistico ai superstiti si collega, infatti, all’impossibilità
dell’orfano studente di procurarsi un reddito in conseguenza della dedizione
agli studi: pertanto, la prestazione di un lavoro retribuito come motivo di
esclusione della quota di pensione non può riguardare attività lavorative
precarie, saltuarie e con reddito minimo, ma solo le normali prestazioni
durature e con adeguata retribuzione.

Con la
predetta sentenza la Corte ha peraltro riconosciuto che ogni situazione deve
essere di volta in volta valutata e che l’eventuale individuazione di un
particolare limite reddituale spetta agli interpreti o al legislatore.

In assenza di
una previsione legislativa, si considera non ostativo del diritto alla pensione
ai superstiti lo svolgimento di attività lavorativa dalla quale derivi un
reddito annuo inferiore al trattamento minimo annuo di pensione previsto
dall’assicurazione generale obbligatoria maggiorato del 30%.

Pertanto, in
caso di attività retribuita che non pregiudica la prevalente qualifica di
studente, il superstite ha l’onere di comunicare tempestivamente all’Istituto
il reddito annuo presunto, nonché ogni variazione dello stesso.

In caso di
superamento del limite di cui sopra, le sedi procederanno all’immediata
sospensione del trattamento pensionistico e al recupero delle somme
indebitamente erogate nel corso dell’anno di riferimento.

Si rammenta
che, ai fini dell’accertamento della condizione reddituale di cui sopra,
rilevano i soli redditi derivanti da qualsiasi attività di lavoro.

Trattandosi di
un nucleo familiare con figlio studente, da solo o in concorso con
altri familiari, non si applicano le disposizioni dell’articolo 1, comma
41, legge dell’8 agosto 1995, n. 335.

5.1 Impiego in lavori socialmente utili e
svolgimento di borsa lavoro

L’articolo 8
del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468 e successive modifiche,
riguardante la “revisione della disciplina sui lavori socialmente utili a norma
dell’articolo 22 della legge 24 giugno 1997, n. 196”, sancisce che
l’utilizzazione dei lavoratori socialmente utili non determina l’istaurazione
di un rapporto di lavoro e non prevede tra i trattamenti pensionistici incompatibili
con lo svolgimento con dette attività la pensione ai superstiti.

Analogamente,
lo svolgimento di borsa lavoro, ai sensi del comma 5 del decreto legislativo
del 7 agosto 1997, n. 280, non comporta l’istaurazione di un rapporto di
lavoro.

Pertanto, l’impiego
in lavori socialmente utili e lo svolgimento di borsa lavoro da parte del
figlio studente titolare di pensione ai superstiti non comportano la
sospensione della pensione in quanto dette attività non configurano, a norma
dell’articolo 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, come prestazione di lavoro
retribuito.

5.2 Diritto alla pensione ai superstiti in
costanza di attività svolta nell’ambito dei progetti di servizio civile

Con messaggio
n. 22604 del 15 giugno 2005, è stato previsto che la partecipazione da parte
del figlio studente titolare di pensione di reversibilità ai progetti di cui al
decreto legislativo del 5 aprile 2002, n. 77 recante la “Disciplina del
Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001 n.
64”, non comporta la sospensione del trattamento pensionistico.

6. Figli inabili che svolgono attività
lavorativa

L’ articolo
22, legge 21 luglio 1965, n. 903 annovera tra i beneficiari del trattamento
pensionistico ai superstiti i figli di qualunque età riconosciuti inabili al
lavoro e a carico del genitore al momento della morte. Hanno, inoltre, diritto
alla prestazione i figli minori divenuti inabili tra la morte del genitore e il
compimento della maggiore età.

L’inabilità
richiesta per il diritto a pensione ai superstiti, ai sensi dell’articolo 2
legge 12 giugno 1984, n. 222 presuppone che il soggetto
“a causa dell’infermità o difetto fisico
o mentale, si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere
qualsiasi attività lavorativa.”

Al riguardo,
si richiama la circolare n. 15 del 6 febbraio 2009, con cui sono state recepite
le disposizioni contenute nell’articolo 46 del decreto legge 31 dicembre 2007,
n. 248 che ha modificato la disciplina del riconoscimento/mantenimento del
diritto alla pensione ai superstiti nei confronti dei figli inabili che
svolgono attività lavorativa.

7.Nipoti

La circolare
n. 195 del 4 novembre 1999 fornisce istruzioni operative ai fini
dell’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 180 del 12-20
maggio 1999, che ha sancito l’incostituzionalità dell’articolo 38 del decreto
del Presidente della Repubblica del 26 aprile 1957, n. 818 nella parte in
cui non prevede, fra i soggetti equiparati ai figli, anche i nipoti purché
minori all’atto del decesso dell’ascendente.

Pertanto, i
nipoti minori e viventi a carico degli ascendenti assicurati, anche se non
formalmente affidati, sono considerati destinatari diretti e immediati della
pensione ai superstiti al ricorrere delle condizioni di non autosufficienza
economica e mantenimento abituale.

Come
confermato dal Coordinamento generale legale dell’istituto conservano il
diritto al trattamento pensionistico ai superstiti:

·fino a 21 o 26 anni, i
nipoti studenti, minori di età alla data della morte dell’ascendente;

·senza limiti temporali, i
nipoti minori divenuti inabili tra il decesso del dante causa e il compimento
della maggiore età.

Ai fini
dell’accertamento del diritto a pensione ai superstiti, si richiamano le
disposizioni impartite con circolari n. 213 del 18 dicembre 2000 e n. 132 del 7
dicembre 2007.

In
particolare, nel caso in cui il minore non risulti orfano, la presenza di uno
od entrambi i genitori non è ostativa al riconoscimento del diritto alla
pensione ai superstiti, purché sia accertata l’impossibilità dei genitori di
provvedere al mantenimento del figlio, non svolgendo alcun tipo di attività
lavorativa e non beneficiando di alcuna fonte di reddito.

Al fine di
stabilire se il nipote possa essere considerato a carico degli ascendenti, il
requisito dell’assenza di reddito in capo ai genitori è soddisfatto anche ove i
genitori stessi siano proprietari della casa di abitazione principale, poiché
il reddito da essa derivante, ovvero la rendita catastale, costituisce un
reddito virtuale e non effettivo. Per reddito è da intendersi, infatti, una
percezione materiale di denaro a qualsiasi titolo percepita.

Diverso il
caso in cui il genitore svolga attività lavorativa autonoma alla data di morte
dell’ascendente: in tal caso lo svolgimento dell’attività stessa, seppur in
perdita, è ostativa al riconoscimento del diritto alla pensione.

Il diritto
acquisito alla pensione di reversibilità in favore del nipote minore
vivente a carico dell’ascendente non deve essere revocato né sospeso nel
momento in cui, ad una data successiva il decesso del dante causa, il genitore
riprenda l’attività lavorativa o diventi titolare di redditi che potrebbero
consentirne il mantenimento.

Le sedi
esperiranno ogni opportuno accertamento allo scopo di accertare che il minore
sia effettivamente a carico dell’ascendente.

8.Misura della pensione ai superstiti

La pensione ai
superstiti decorre dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso
del pensionato o dell’assicurato e spetta in una quota percentuale della
pensione già liquidata o che sarebbe spettata all’assicurato. Le aliquote di
reversibilità sono stabilite nelle seguenti misure:

– coniuge
solo: 60%;

– coniuge e un
figlio: 80%;

– coniuge e
due o più figli: 100%.

Qualora
abbiano diritto a pensione soltanto i figli, ovvero i genitori o i fratelli o
sorelle, le aliquote di reversibilità sono le seguenti:

– un figlio:
70%;

– due figli:
80%;

– tre o più
figli: 100%;

– un genitore:
15%;

– due
genitori: 30%;

– un fratello
o sorella: 15%;

– due fratelli
o sorelle: 30%;

– tre fratelli
o sorelle: 45%;

– quattro
fratelli o sorelle: 60%;

– cinque
fratelli o sorelle: 75%;

– sei fratelli
o sorelle: 90%;

– sette o più
fratelli o sorelle: 100%.

9. Articolo 1, comma 41, legge n. 335 dell’8 agosto
1995

Gli importi
dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del
beneficiario (coniuge, genitori fratelli e sorelle), nei limiti di cui alla
Tabella F della legge dell’8 agosto 1995, n. 335.

Il trattamento
derivante dal cumulo dei redditi con la pensione ai superstiti ridotta non può
comunque essere inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora
il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente
precedenti quella nella quale si colloca il reddito posseduto.

I limiti di
cumulabilità non si applicano nel caso in cui il beneficiario faccia parte di
un nucleo familiare con figli minori, studenti o inabili, individuati secondo
la disciplina dell’assicurazione generale obbligatoria. Essi trovano, pertanto,
applicazione nei casi di pensione ai superstiti spettante al solo coniuge
ovvero ai genitori o fratelli e sorelle e non trovano invece applicazione nei
casi in cui siano titolari della pensione figli minori, studenti o inabili, da
soli o in concorso con il coniuge.

Predette
disposizioni fanno salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in
godimento alla data di entrata in vigore della stessa legge di riforma con
riassorbimento sui futuri miglioramenti.

Ai fini di
detta cumulabilità, con circolari n. 234 del 25 agosto 1995 e n. 38 del
20 febbraio 1996 sono stati precisati i redditi del beneficiario da
valutare: redditi assoggettabili all’IRPEF, al netto dei contributi
previdenziali e assistenziali, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto
comunque denominati e relative anticipazioni, del reddito della casa di
abitazione e delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. In
ogni caso non è valutato l’importo della pensione ai superstiti su cui deve
essere eventualmente operata la riduzione.

Nel caso in
cui il superstite sia titolare di più pensioni ai superstiti, tali pensioni
sono escluse dal computo dei redditi da valutare al fine dell’applicazione
della normativa in parola.

Si rinvia al
messaggio n. 17203 del 25 ottobre 2013, che disciplina i casi in cui il reddito
relativo all’assegno vitalizio, collegato ad una carica ricoperta per
l’esercizio di un mandato pubblico, rilevi o meno ai fini dell’applicazione
dell’abbattimento della pensione di cui alla menzionata tabella F.

10.Disposizioni finali

Le domande di
pensione non ancora definite e quelle relative ad eventi morte successivi alla
data di pubblicazione della presente circolare dovranno essere definite tenendo
conto dei chiarimenti in essa forniti.

Per quanto non
previsto espressamente continuano ad applicarsi le disposizioni già operanti in
materia.

Il Direttore Generale

 

 

 

 

LA
SENTENZA

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L,
ordinanza 20 ottobre – 19 dicembre 2016, n. 26181

Presidente
Curzio – Relatore Mancino

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1.
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di
relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.
2. Leucci V. ha agito per il riconoscimento del diritto alla reversibilità
della pensione di inabilità goduta dalla madre convivente deceduta, negato
dall’INPS per insussistenza del requisito dello stato di inabilità.
3. L’INPS, costituendosi in giudizio, aveva eccepito l’insussistenza
del requisito dell’inabilità al momento del decesso della
congiunta e del requisito della vivenza a carico.
4. Il primo giudice riteneva sussistenti i requisiti della vivenza a carico e
dello stato di inabilità e, per l’effetto, accoglieva la domanda.
5. La sentenza veniva gravata dall’INPS che contestava la sussistenza dello
stato inabilitante.
6. La Corte d’appello di Lecce, aderendo alle conclusioni dell’ausiliare
officiato in giudizio – nel senso della sussistenza di patologie invalidanti
del 100 per cento e della sussistenza del beneficio reclamato dall’l.1 2011 (in
tal senso le conclusioni del ctu) – e in considerazione della genericità delle
osservazioni critiche dell’istituto appellato, accertava la sussistenza del
requisito dell’inabilità e riconosceva il diritto dell’attuale è rimasto
intimato con decorrenza dalla data indicata dall’ausiliare e, in sede di
correzione della sentenza, dal 1 ° ottobre 2006.
7. Avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso, affidato ad un articolato
motivo, con il quale deduce la violazione di plurime disposizioni di legge.
8. L’intimato non ha resistito.
9. Secondo il costante orientamento di questa Corte, l’accertamento del
requisito della “inabilità” (di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 8) richiesto
ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità ai figli
superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un
criterio concreto, ossia avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali
energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali
attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche nel caso del mancato
raggiungimento di una riduzione del cento per cento dell’astratta capacità di
lavoro, la permanenza di una capacità dello stesso di svolgere attività idonee
nel quadro dell’art. 36 Cost. e tali da procurare una fonte di guadagno non
simbolico (cfr. ev lurimmmis Cass. n. 12765/2004; Cass. 21425/2011).
10. Nella specie la Corte territoriale, mutuando conclusioni formulate dal
consulente tecnico d’ufficio, puntualmente allegate al ricorso per cassazione
(del tenore: “tutte le patologie sopra riportate sono sicuramente già presenti
al momento del decesso della madre e pertanto meritevoli del riconoscimento
della pensione di reversibilità”) ed estranee all’ambito del giudizio tecnico
affidato all’ausiliare, non ha compiuto alcun
accertamento sulle residue capacità lavorative dell’intimato e, dunque, nessuna
verifica ha operato, in concreto, sulla permanenza o meno di una capacità del
soggetto di svolgere un’attività tale da procurargli una fonte di guadagno che
non fosse meramente simbolica e nel ritenere che l’interessato fosse totalmente
inabile al lavoro.
11. Va anche ribadito che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in caso
di morte del titolare di pensione di invalidità, la pensione di reversibilità
spetta al coniuge e ai figli minorenni, mentre ai figli superstiti maggiorenni
spetta soltanto se essi siano riconosciuti inabili al lavoro e a carico del
genitore al momento del decesso di quest’ultimo; l’inabilità al lavoro
rappresenta, pertanto, un presupposto del diritto alla pensione di
reversibilità del figlio maggiorenne e, quindi, un elemento costitutivo
dell’azione diretta ad ottenerne il riconoscimento, con la conseguenza che la
sussistenza di esso deve essere accertata anche d’ufficio dal giudice (tanto
che a nulla rileva che l’istituto previdenziale non abbia tempestivamente
eccepito la carenza del suddetto presupposto (v., e:\\: imi/tis Cass. n.
1367/98, Cass. n. 2204/81; da ultimo, Cass.sez.sesta-I, nn. 11966/2015,8023/2016).
12. In conclusione, all’accoglimento del ricorso segue la cassazione della
sentenza impugnata e, per essere necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa deve essere rinviata alla stessa Corte d’appello, in diversa
composizione, affinché provveda a nuovo esame del gravame alla luce dei
principi esposti e alla regolamentazione delle spese del giudizio di
legittimità.

P.Q.M.

La
Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Lecce, in diversa
composizione.

[1]Regolata
dalla legge 153/1969 e dalla legge 335/1995.

[2]Cass. ord. n. 26181/16 del 19.12.2016.

[3]Cass. sent. n. 21425/2011.

[4]Art. 14-septies L. 29 febbraio 1980, n. 33.

[5]Inps, circolare n. 185/2915.

Fonte:
http://www.laleggepertutti.it/

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