Non solo non fa bene il suo lavoro. Ma aizza pure i colleghi contro l’azienda, incitandoli al sabotaggio. Legittimo il licenziamento per giusta causa contro l’addetto ai controlli che non effettua le verifiche di rito per ripicca verso il datore, mettendogli contro gli operai che lavorano in reparto: la massima sanzione disciplinare risulta proporzionata alla condotta addebitata all’incolpato, che pure non aveva alcun precedente disciplinare. È quanto emerge dalla sentenza n. 1074/11 della sezione lavoro della Cassazione.
Spetta al giudice di merito valutare se il provvedimento del datore sia stato adottato in ossequio al principio di gradualità della sanzione rispetto agli addebiti mossi al lavoratore. E stavolta la motivazione della Corte d’appello non fa una grinza. Ai fini della legittimità del licenziamento per giusta causa, infatti, conta sì il fatto “incriminato” nella sua oggettività ma rilevano anche gli aspetti soggettivi della circostanza. Va ritenuta grave la condotta dell’addetto ai controlli che non effettua la verifica sui prodotti imballati e invita i colleghi del reparto addetto a compiere atti di sabotaggio contro l’azienda: in questo caso non si può negare l’intensità dell’elemento psicologico nel comportamento del dipendente sanzionato laddove il lavoratore preposto a una funzione molto delicata nell’organizzazione produttiva, come il controllo finale del prodotto, pone in essere una condotta «ingannevole e surrettizia» attestando falsamente di avere effettuato le verifiche e invitando gli altri dipendenti al boicottaggio. Insomma: si configura la lesione del rapporto di fiducia con il datore che legittima il licenziamento.
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