Una giornata da cani, non c’è che dire: il dipendente di banca è sequestrato dai banditi nella rapina messa a segno durante il trasporto di valori. Ma il risarcimento dei danni a carico del datore a favore dell’ostaggio non è affatto automatico. Anzi, il ristoro va escluso laddove il lavoratore non riesce a provare l’entità del danno alla salute né le ripercussioni negative sulle sue abitudini nella vita quotidiana. È quanto emerge da una sentenza emessa il 5 maggio 2011 dalla sesta sezione civile della Cassazione.
Onerato inadempiente
Inammissibile il ricorso del dipendente della banca: il lavoratore, peraltro, non riesce a dimostrare che si trovasse in servizio durante le tre rapine successive al suo sequestro compiute ai danni dell’istituto di credito. Dal ricorso per cassazione emerge una sola specifica deduzione, quella di un «disturbo da stress post traumatico con deflessione dell’umore»: un po’ poco per censurare la sentenza d’appello che invece esclude l’esistenza di un danno alla salute con un’affermazione non impugnata ad hoc come sarebbe stato necessario. Quanto all’ipotetico danno morale, manca l’indicazione delle ripercussioni negative sulla vita quotidiana del lavoratore determinate dalla brutta esperienza vissuta come ostaggio dei malviventi. Insomma: il danno non patrimoniale non è in re ipsa e sarebbe stato necessario indicare durata e gravità degli effetti deteriori riconducibili all’evento pregiudizievole.
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