Revisione contabile: Fischi necessari!
Anche le grandi società di revisione contabile, le cosiddette “Big Four” come la Deloitte, la Ernst / Young (EY). La Kpmg e la PricewaterhouseCopeers, cominciano a temere qualche fischio di troppo.
Due whistleblower infatti hanno cominciato ad alimentare queste paure, prima attraverso gli appositi canali interni per tentare di correggere le procedure in uso per la migliore correttezza e trasparenza contabile.
Non riuscendovi, Mauro Botta, di origine italia come lo stesso nominativo lo lascia intuire e Brett Whitaker, si sono messi a fischiare segnalando presunti illeciti ed asserite irregolarità alle competenti autorità di vigilanza.
Più che un fischio anonimo, si è trattato di una vera e propria denuncia presentata dal Botta e Whitaker, avendo contribuito a sottoscrivere una lettera inviata dalle autorità di vigilanza statunitensi alla Commissione sui servizi finanziari della Camera del Congresso dove sono stati convocati urgentemente in audizione proprio per parlare dei problemi dell’industria della revisione contabile insieme con l’ente chiamato a monitorare sulla stessa, ossia il Public Company Accounting Oversight Board (Pcaob). “Credo che un’audizione sia necessaria”, ha dichiarato Botta, ex dipendente di PricewaterhouseCoopers (Pwc) a Business Insider Usa.
Ma quali problemi hanno segnalato Botta e Whitaker?
Come tutti e come sempre verrebbe da dire.
In questi casi, le mezze verità o mezze bugie possono alterare in misura significativa i risultati di bilancio di grandi gruppi imprenditoriali quotati in borsa, alterando o drogando in definitiva la valutazione degli asset patrimoniali e quindi del valore delle azioni.
E’ ormai risaputo che i bilanci vengono adattati in funzione degli obiettivi che si intendono perseguire a cominciare dai dividendi ai soci e i compensi agli amministratori, a discapito, molto spesso, della solidità patrimoniale (stress test Bce docet!).
Dire la verità nei bilanci, può voler significare la necessità di dover fare degli accantonamenti a riserva, riducendo in qualche caso, anche in termini significativi, l’utile del bilancio di esercizio da distribuire per accontentare i tanti o troppi appetiti, spesso non sempre leciti.
Anche in Italia esiste un problema di bilanci irregolari se non addirittura falsi che pure sono stati correttamente vidimati da società di revisione. Emblematico il caso dei bilanci della Parmalat, di cui al crac scoppiato nel 2003, quando si apprese di bilanci regolarmente vidimati da primarie società di revisione erano spudoratamente falsi. La Parmalat che chiedeva soldi ai risparmiatori chiedendo l’acquisto di obbligazioni (bond), pur dichiarando alla Consob – a garanzia degli impegni assunti – la titolarità di un fondo alla Isole Cayman di svariati milioni di dollari – che, al momento opportuno, alla scadenza, si rivelò inesistente.
In pratica, per fare una equiparazione: è come se io comune cittadino, vado a chiedere un mutuo in banca per acquistare una casa dicendo nel contempo, di avere un armadio pieno di milioni di euro.
Un ossimoro: perché chiedo un prestito se tengo addirittura un armadio pieno di soldi!
La gravità, allora, non era tanto il falso dichiarato dai dirigenti Parmalat, ma la facilità con la quale a tale falso si è dato credito da parte della Consob e delle Autorità di vigilanza!