venerdì, Maggio 3, 2024
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Lotta al riciclaggio: Le tante, troppe contraddizioni e insufficienze di un sistema che non funziona!

Lotta al riciclaggio: Le tante, troppe contraddizioni e insufficienze di un sistema che non funziona!

 

Con il Comunicato n.115 dell’Ufficio Stampa del Ministero dell’economia e finanze, è stato diramato un recente studio del Comitato di Sicurezza Finanziaria che ha valutato i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo in Italia per il periodo 2014/2018.

Tutti promossi, funziona tutto e nulla da segnalare!

Nella realtà, se si considera il livello di infiltrazione della criminalità organizzata in tutte le Regioni italiane, la pervasività del fenomeno del riciclaggio nella economia legale – soprattutto se ci riferiamo al mondo delle frodi fiscali e false fatturazioni, all’allarme corruzione nella pubblica amministrazione, alla commistione fra economia e politica che le cronache giudiziarie ci ricordano con cadenza quasi quotidiana – la situazione non mi pare affatto tranquilla.

Al netto dell’autonoma convinzione che ognuno di noi può trarre leggendo la relazione, penso che qualche intervento per migliorare la situazione nel suo complesso sia, non solo doverosa, ma utile per il funzionamento dell’intero dispositivo di contrasto.

L’ho detto più volte e l’occasione appare propizia per ricordarlo:

  • Flusso di ritorno delle informazioni– feedback – (art.41, 2° comma, D.lgs 231/07) Garantire l’applicazione della norma anche per consentire agli intermediari o professionisti interessati (segnalanti), di gestire al meglio le stesse posizioni, con particolare riferimento alla esigenza di assicurare la c.d. verifica rafforzata (ahimè sine die);
  • Consentire,allo scadere di un adeguato lasso di tempo dalla data dell’inoltro della Sos – si può immaginare un paio di anni – in assenza di riscontri che confermino i sospetti iniziali – sovente inesistenti e caratterizzati unicamente dal terrore di sanzioni che ahimè vive la periferia – la possibilità di riportare in bonis la posizione, sospendendo la reiterazione infinita della periodica verifica rafforzata;
  • Infiltrazione Criminalità organizzata

Avendo vissuto l’esperienza napoletana, ho contezza che il problema della “sospensione dell’operazione” nei confronti di soggetti sottoposti ad indagini penali rappresenti ancora oggi un gravissimo vulnus, sottovalutato e che esponga gli intermediari finanziari a gravi rischi di coinvolgimento anche inconsapevole in fenomeni di riciclaggio di denaro sporco. https://www.giovannifalcone.it/antiriciclaggio__una_storia/

  • Quadro sanzionatorio – Valutazione critica e oggettiva organi di vigilanza – L’esame di merito, oggettivo dei rilievi mossi dagli organi di polizia giudiziaria sul territorio – in primis della Guardia di finanza – potrebbero servire a migliorare il rapporto di collaborazione fra il centro e la periferia, uscendo dal clima di terrore oggi esistente. Non basta più applicare il metodo del “copia & incolla” da parte degli organi centrali che sposano in pieno e senza alcuna valutazione critica le contestazioni formulate in periferia. Tragedie di questa portata sono inaccettabili: https://www.giovannifalcone.it/antiriciclaggio-innocente/
  • Riciclaggio da Evasione fiscale – Un intervento definitivo da parte della Banca d’Italia, del Mef o chiunque altro in grado di spiegare che i soggetti obbligati alla “collaborazione attiva” in materia di lotta al riciclaggio di denaro sporco o finanziamento del terrorismo, non sono deputati al contrasto della evasione fiscale, incombenza questa, notoriamente devoluta all’Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza. Il riciclaggio da evasione fiscale, quale reato presupposto, scatta al superamento di determinate soglie di rilevanza penale e quindi di danno erariale in termini di imposta sottratta su base annua – ex art.4 e 5 del D.lgs 74/2000;
  • Best practice per posizioni già segnalate – Nessuno parla, tutti zitti per una situazione a dir poco incandescente https://www.giovannifalcone.it/21414-2/
  • Approccio basato sul rischio

Una cliente, titolare di un  rapporto continuativo presso una banca ha segnalato a Plus24 del Sole 24 Ore il gravissimo disagio vissuto per essersi vista bloccare il conto per verifiche e aggiornamenti da fare in ordine all’Adeguata verifica ai fini antiriciclaggio.

Parliamo, nello specifico di una cliente, privata consumatrice, titolare del rapporto di conto da decenni, dipendente che vive con il proprio reddito da lavoro e che, con il conto bloccato, ha dovuto vivere “a pane & acqua” per alcuni mesi – https://www.giovannifalcone.it/adeguata-verifica-la-burocrazia-uccide/.

Anche questa, come spesso accade, è una vicenda surreale, laddove un intermediario finanziario, nel terrore di sanzioni lunari, sbaglia, eccede e supera pure l’immaginazione in termini di applicazione burocratica e miope di una normativa nata per contrastare il riciclaggio di denaro sporco e finanziamento del terrorismo.

In modo  asettico, oggi, guardando il problema dall’esterno possiamo provare a chiederci?

In una situazione di tal fatta, un cliente, persona fisica e privato consumatore, lavoratore dipendente con contratto a tempo indeterminato che vive di stipendio – o meglio cerca di vivere con lo stipendio banca permettendo – quale danno avrebbe potuto provocare in termini di violazione alla disciplina antiriciclaggio?

La banca, la Ing Direct, se non avesse bloccato il conto, qual è il rischio che avrebbe corso?

In base al principio dell’approccio basato sul rischio, l’intensità e l’estensione degli obblighi di adeguata verifica della clientela vanno modulati secondo il grado di rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

Tale approccio costituisce un’applicazione del più ampio principio di proporzionalità e mira a massimizzare l’efficacia dei presidi aziendali, razionalizzare l’uso delle risorse, ridurre gli oneri a carico dei destinatari.

Gli intermediari, pertanto, sono chiamati a esercitare responsabilmente la propria autonomia, considerando tutti i fattori di rischio suscettibili di incidere sull’esposizione a fenomeni di riciclaggio e/o di finanziamento del terrorismo.

  • Posto di lavoro & lotta al riciclaggio

L’episodio raccontato dalla sentenza di Cassazione nr. 21548/2019 riguardante il licenziamento di un Direttore di filiale di una banca che, secondo l’accusa non ha intercettato con la sufficiente diligenza e celerità situazioni di rischio, derivanti da una anomala operatività posta in essere da un cliente, dovrebbe indurre tutti ad una riflessione molto attenta e approfondita.

In pratica, per come si dedurrebbe dalla contestazione compendiata nella richiamata sentenza di legittimità,  nell’anno 2010, avrebbe omesso di fare una Segnalazione di operazione sospetta posta in essere da un cliente, imprenditore.

Nella vicenda, il medesimo dipendente era stato già assolto in sede penale dai reati di favoreggiamento reale al riciclaggio con la formula <<perché il fatto non sussiste>>.

L’assoluzione in sede penale significa che la condotta del dipendente, sia pure ritenuta illecita e contro le norme nella fase accusatoria, non è stata confermata dal giudizio finale dai giudici in quanto priva di dolo (coscienza e volontà).

Riflessione doverosa

Avendo conosciuto il cliente autore delle operazioni ritenute sospette nell’anno 1997 quando, nella veste di Comandante di un  reparto della Guardia di finanza di Bari, lo indagammo per una serie di frodi carosello all’Iva comunitaria, conosco bene il personaggio, peraltro scomparso prematuramente dopo alcuni anni.

Successivamente, tornando alla vicenda con cui ho esordito, mi sono anche occupato della difesa di un  altro direttore di filiale – dipendente da un’altra banca addirittura arrestato nella stessa operazione denominato “Domino”–  assolto in sede penale con formula piena.

Anche in questo caso lo stesso responsabile di filiale, destinatario delle analoghe contestazioni di cui alla sentenza di Cassazione, venne minacciato per un probabile licenziamento.

In questo caso, la vicenda si risolse positivamente laddove spiegammo sotto il profilo tecnico, quali erano state e quali devono essere le condotte di un  responsabile di filiale di una banca per assolvere in modo decoroso ai rigori della disciplina antiriciclaggio.

Se così è stato, ancora di più faccio fatica a comprendere le ragioni del licenziamento del Responsabile di filiale,  potendo ragionevolmente concludere che l’intero dispositivo di contrasto messo in piedi all’interno dell’istituto di credito interessato non appare in alcun modo adeguato.

Mi fermo qua per non infierire troppo!

  • Nessun obbligo antiriciclaggio per l’apertura della partita Iva

L’Esperto risponde del Sole 24 ha avuto modo di rispondere ad un  commercialista che chiedeva quali adempimenti avesse dovuto osservare in materia di antiriciclaggio alla domanda di un cliente che era interessato solo “ad aprire una partita IVA”.

La risposta fornita è stata “surreale” e oltre ogni ragionevole aspettativa: https://www.giovannifalcone.it/nessun-obbligo-antiriciclaggio-per-lapertura-della-partita-iva/

La domanda che tutti dobbiamo porci deve essere: se il l’esperto ha risposto con questa superficialità ed approssimazione, quelli che non sono esperti cosa fanno, cosa dicono?

Conclusioni

Per quanto trattasi di argomenti singolarmente già trattati, oggi ho voluto fare un riepilogo dei casi più eclatanti, surreali, fuori dal mondo che abbiamo registrato nel recente periodo nella complessiva azione di contrasto al riciclaggio di denaro sporco.

L’obiettivo, credetemi, non vuole essere quello di alzare polvere o di fare ammuina, come dicono a Napoli, ma solo per evidenziare le gravissime disfunzioni o comportamenti che se da un  lato vanificano lo sforzo dei processi normativi all’uopo elaborati, dall’altro, pongono l’osservatore od anche il soggetto obbligato attento ai processi, in gravi difficoltà.

Ovviamente, il compendio non è e non vuole avere la presunzione dell’esaustività, ma semplicemente una presa d’atto del problema sotto i diversi aspetti che ho colto e che mi sono capitati.

A volte mi chiedo: ma queste cose le vedo soltanto io?

 

 

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